11147 18- NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 3 maggio 2014

20140501 15:14:00 red-emi

ITALIA – 27 aprile 1937 Gramsci, l’anniversario della morte viaggia on line con successo, nel frastuono delle santificazioni
Intervista a Lidia Menapace: La Costituzione non va riformata, va attuata!
1° MAGGIO – E’ tutto pronto per il tradizionale concerto del primo maggio 2014, Festa del Lavoro, in programma alle 15 di oggi in piazza San Giovanni a Roma.
EUROPA – SPAGNA c’è una Syriza anche in Galizia, e vola al 14%
AFRICA & MEDIO ORIENTE – Turchia, stretta repressiva in vista del Primo Maggio: mano libera ai servizi segreti
MONDO/TERRA – India /strage dei contadini / Per oltre sessanta dei suoi ottantotto anni, Krishnammal Jagannathan, per tutti Amma (mamma) è stata giorno e notte impegnata ad affermare nella sua India i diritti dei senzaterra fuoricasta (un binomio quasi fisso) e quelli di madre natura. Secondo la tragica mappatura, che incrocia diverse fonti, in dodici anni sono state uccise 908 persone in 35 paesi, in testa è il BRASILE (con 448 morti), seguito da HONDURAS (109), FILIPPINE (67), e poi PERÙ, COLOMBIA, MESSICO. Il 2012 è stato l’anno più sanguinoso..
ASIA & PACIFICO – Australia . Dal 2011 sono raddoppiati gli italiani che partono per "la terra dei sogni". Un avventura, una sfida, una scommessa. / INDIA LA STRAGE DEI CONTADINI / Per oltre sessanta dei suoi ottantotto anni, Krishnammal Jagannathan, per tutti Amma (mamma) è stata giorno e notte impegnata ad affermare nella sua India i diritti dei senza­terra fuoricasta (un binomio quasi fisso) e quelli di madre natura
AMERICA LATINA – VENEZUELA «Fascismo contro i diritti umani» Venezuela. A Roma il ministro degli Esteri Elias Jaua parla delle proteste contro il suo governo.
AMERICA SETTENTRIONALE – Per capire situazione Russia-Ucraina- “Europa" ragioniamo su rapporti USA-Cina

ITALIA
27 aprile 1937 GRAMSCI, L’ANNIVERSARIO DELLA MORTE VIAGGIA ON LINE CON SUCCESSO, NEL FRASTUONO DELLE SANTIFICAZIONI
La grande carnevalata di San Pietro è riuscita ad oscurare oggi la ricorrenza della morte di Antonio Gramsci, un uomo che ripeteva che "il Vaticano rappresenta la più grande forza reazionaria esistente in Italia".
Settantasette anni fa, il 27 aprile 1937 Gramsci si spegneva dopo anni e anni di detenzione nelle carceri fasciste. Impossibile dimenticare la statura di chi ha illuminato con le sue azioni e i suoi scritti la vita culturale e politica del nostro Paese. E continua a darci le "dritte" giuste per capire il presente. “Voi fascisti porterete l’Italia alla rovina, e a noi comunisti spetterà salvarla!“, fu la risposta che Antonio diede al giudice che gli aveva appena comminato 20 anni e 4 mesi di carcere e gli aveva chiesto che cosa avrebbero fatto i comunisti qualora l’Italia fosse entrata in guerra. Da allora il Bel Paese ha fatto un lungo giro, ma sta tornando lì.
Un modo orginale per ricordare questo grande pensatore e uomo politico è stata sicuramente l’iniziativa di Francesca Ferri3 in collaborazione con scritture brevi (di Francesca Chiusaroli). L’idea è stata quella di aprire un hastag su Gramsci (Gramsci) in prossimità dell’anniversario della morte. Dal 25 ad oggi sono stati scritti una vera e propria valanga di tweet, poi raccolti in storify, dove se ne possono leggere quasi mille, ma in realtà sono molti di più.
"Il desiderio era quello di raggiungere una platea variegata per sollecitare la riflessione culturale – sottolinea Francesca Ferri – in un momento di forte buio culturale. La campagna è stata un successo e per un momento è anche comparsa nel trend topic". "A parte la piacevole sorpresa di entrare in contatto con nuove persone, a decine – aggiunge Francesca – più o meno della stessa estrazione culturale e politica, è venuta fuori l’esigenza di far vivere gruppi di studio". "Tra le tante segnalazioni che ci sono arrivate – aggiunge Francesca – c’è, per esempio, l’inaugurazione prossima dell’Università popolare per iniziativa di Raul Mordenti". Insomma, uno di quei casi in cui "l’off line" riesce ad essere trainato dall’on line. O meglio, per dirla con altre parole, uno di quei rari casi in cui l’on line non si richiude su se stesso.
Un "evento" tweet funzionale non alla mera rievocazione, ma che ha mobilitato energie e sviluppato confronti. "Per contaminare basta andare preparati – precisa Francesca -. Bisogna cogliere il momento giusto e, soprattutto, fare massa on line per evitare il rischio di non essere bannati. E poi tanta sensibilità, rispetto, e tanti argomenti".
Nei tweet, il tema più battuto è stato quello dell’odio verso gli indifferenti. Un odio culturale quello di Gramsci che voleva mettere in risalto la necessità di assumersi le proprie responsabilità nei confronti della storia quando questa apre i varchi a tutti, ovvero al popolo. “Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che «vivere vuol dire essere partigiani». Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. […] Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? […] Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.” (da Indifferenti, La città futura, numero unico, 11 febbraio 1917). di fabio sebastiani

MONZA / 25 APRILE
INTERVISTA A LIDIA MENAPACE: LA COSTITUZIONE NON VA RIFORMATA, VA ATTUATA!
A 90 anni, LIDIA MENAPACE si sente sottotenente partigiana. «Stamattina ero a Monza per la cerimonia ufficiale che mi ha provocato un po’ di rabbia e tristezza. Un corteo con la messa al seguito in cui nessuno ha mai pronunciato le parole resistenza, libertà, partigiani. Alla fine, siamo rimasti un gruppetto nel parco a celebrare il 25 aprile come si deve. Molto meglio qui all’Arena di Verona dove si può ricordare come il rico­vero dei sol­dati ita­liani dopo l’8 settembre sia stato il primo esempio di difesa popolare nonviolenta».

RESISTENZA E LIBERAZIONE “ATTUALIZZATE” DALL’ARCOBALENO?
A me fa sempre venire…l’asma sentir par­lare di memoria condivisa. Allora la scelta era netta: dalla parte del nazifascismo oppure la Resistenza. Oggi si tratta di stare dalla parte della Costituzione per cui l’Italia è una Repubblica (non l’interesse privato delle lobby) fondata sul lavoro (non sul cemento, sulle speculazioni, sulle oligarchie). Significa anche smettere di pensare agli F35, rispettare fino in fondo l’articolo 11 e restituire la sovranità al popolo e ai territori.
INSOMMA, IMPEGNO DIRETTO PER NON ARRENDERSI AL PENSIERO UNICO. UN PO’ COME NEL 1943–45?
Ricordo bene il primo sciopero alle Officine meccaniche Sant’Andrea di Novara. Nel regime fascista era vietato, addirittura un reato. Davanti ai cancelli, gli operai hanno incrociato le braccia di fronte ai nazisti che alla fine se ne sono andati. Ecco, il lavoro come fondamento della nuova Italia. Come i contadini dell’Appennino che distribuivano il raccolto alla popolazione. Da staffetta partigiana, ho sempre rimosso dal cervello i nomi per paura di poterli fare sotto tortura. Ma non dimentico una faccia e qui all’Arena ne ho riviste tante…
E IL FUTURO? QUAL È L’ALTERNATIVA A RENZI?
Io sto sempre con Rosa Luxemburg: socialismo o barbarie. Sono più che convinta che la nostra Costituzione più che riformata deve essere attuata. Mi batto per una legge di iniziativa popolare, strumento vero di democrazia diretta come ha dimostrato l’approvazione del testo sulla violenza alle donne. Una proposta semplice: realizzare il secondo comma dell’articolo 1, restituendo davvero al popolo l’esercizio della sovranità. Il contrario di ciò che ispira Renzi: meno controlli, contrappesi, garanzie favoriscono la cultura un po’ autoritaria. Renzi mi ricorda tanto Fanfani. E l’alternativa, come dimostra proprio il 25 aprile all’Arena, è il tessuto resistente di soggetti. Gli stessi che rivendicano il sacrosanto diritto di difendere il territorio in Valsusa, a Niscemi o Vicenza dove perfino decidono gli Usa sulla testa dei cittadini… Il Manifesto di Ernesto Milanesi

ROMA
PRIMO MAGGIO 2014 ROMA, DIRETTA LIVE E STREAMING: FESTA DEI LAVORATORI. Pronti per il concerto del primo maggio 2014 a Roma? Il tradizionale e imperdibile appuntamento verrà come sempre trasmesso in diretta tv da Rai Tre, che offrirà ovviamente anche il live streaming sul sito rai.tv, al canale dedicato alla diretta del palinsesto della terza rete pubblica (Clicca qui per vedere il Concertone). Le telecamere inizieranno ad accendersi fin dalle 14.55 per un’anteprima (intitolata “Le nostre storie – Accordi e disaccordi delle nostre radici, della nostra memoria e del nostro domani) che ci porterà fino alle 16.00, quando l’evento di Piazza San Giovanni entrerà nel vivo. Il primo maggio non è solo sinonimo di musica ma anche un momento di protesta, riflessione e di rivalsa sociale. In attesa della diretta streaming del concerto del primo maggio 2014 a Roma giungono voci di momenti di tensione in Turchia durante la manifestazione. La zona rossa è sempre Istanbul e Piazza Taksim, dove la polizia turca ha disperso con potenti getti d’acqua e gas lacrimogeni centinaia di manifestanti che, sfidando il divieto del governo Erdogan di organizzare raduni nella giornata del 1° maggio, si erano riuniti nel luogo simbolo della protesta anti-governativa. Sono tornate alla carica, in Francia, anche le Femen che hanno protestato contro il Front National di Marine Le Pen con la scritta Fascist Epidemic scritta sul seno (le attiviste sono state portate via dalla polizia). E’ tutto pronto per il tradizionale concerto del primo maggio 2014, Festa del Lavoro, in programma alle 15 di oggi in piazza San Giovanni a Roma. Tanti gli artisti pronti ad esibirsi nel corso della maratona musicale promossa da Cgil, Cisl e Uil e condotta dal regista e attore Edoardo Leo, la giornalista Francesca Barra e Dario Vergassola: da Rocco Hunt a Piero Pelù, dai Tiromancino ai Modena City Ramblers. In attesa dell’inizio, ecco alcune immagini delle prove sul palco allestito nella piazza romana in un video apparso su YouTube

EUROPA
EU
L’EUROPA DELLE DONNE / I funzionari dell’Unione europea hanno un senso dell’umorismo pungente. Recentemente la Commissione europea ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla parità di genere. Nel mostrare i risultati, la Commissione ha intitolato il comunica-to stampa in modo promettente: la parità di genere si avvicina a velocità costante. Meraviglioso. Ma quale velocità costante? Al ritmo attuale per raggiungere lo stesso stipendio tra donne e uomini ci vorranno ancora settant’anni, per portare il livello di occupazione femminile in Europa al 75 per cento ce ne vorranno trenta e per un’eguale rappresentanza in parlamento ne serviranno venti. L’Unione che si prepara alle elezioni europee vuole sfoggiare i propri successi, ma non sempre è credibile. L’uguaglianza di genere in Europa non aumenta a velocità costante. In alcuni stati si va in retromarcia e tra i singoli paesi ci sono grandi differenze.
Della riduzione della disuguaglianza di reddito e dell’"euro delle donne" si è già parlato per anni. La consapevolezza del problema, tuttavia, non ha garantito il cambiamento, poiché il divario salariale medio in tutta l’area dell’Unione è al 16,7 per cento. Le disuguaglianze tra donne e uomini in pensione sono ancora più forti, con una differenza media del 39 per cento a favore dei maschi. Non c’è da meravigliarsi dunque che sempre più spesso le anziane europee siano povere. Rispetto alle donne, gli uomini fanno più lavori retribuiti, ma i lavori domestici gravano ancora in gran parte sulle spalle delle donne. La Commissione calcola che conteggiando insieme le ore del lavoro retribuito e di quello domestico, il tempo lavorativo settimanale delle donne è più lungo di dieci ore rispetto a quello maschile.
Nel confronto tra i paesi europei, la Finlandia è uno di quelli che, insieme alla Svezia, se la cava-no meglio. Nei paesi nordici il numero delle parlamentari è alto. In Ungheria nella scorsa legisla-tura le donne occupavano appena il 9 per cento dei seggi, e con le recenti elezioni la situazione non è migliorata.
Nella maggior parte dei paesi le candidature per le elezioni europee di maggio non favoriscono la parità di genere. Molti grandi partiti europei hanno dato l’esempio, candidando ai posti migliori solo uomini (Helsingin Sanomat, Finlandia)

BOEMIA – MORAVIA
PRAGA
TSIPRAS A PRAGA, LA SINISTRA NEL «DESERTO ORIENTALE»
Lunedì 28 aprile arrivano a Praga il presidente del Partito della Sinistra Europea (Pge) Pierre Laurent e il candidato per la presidenza della Commissione Europea Alexis Tsipras. Quest’ultimo affronterà una fitta giornata, con un dibattito alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Carlo, un volantinaggio per le strade di Praga e infine un incontro nella sede del Partito Comunista della Boemia e della Moravia (Kscm), membro osservatore del Pge.
I vertici del Partito della Sinistra Europea arrivano al confine orientale della loro organizzazione. Secondo gli ultimi sondaggi il Kscm è l’unica organizzazione affiliata al Pge nel centro-est Europa ad avere una possibilità concreta di portare dei propri eletti nel Parlamento Europeo. A dieci anni dall’entrata nell’Ue dei Paesi del centro-est Europa il Partito della Sinistra Europea non è riuscito a radicarsi nella regione, dove negli ultimi anni si sono invece rafforzate non poco le organizzazioni neofasciste. Per ora il Pge si è affidato soprattutto alla politica estera condotta dalla tedesca Die Linke, la cui fondazione Rosa Luxembourg Stiftung ha saputo intrecciare negli ultimi anni una serie di importanti rapporti con le realtà attive in questa parte d’Europa. Sebbene grazie a questo lavoro esista un vivace scambio intellettuale, non si sono sviluppate organizzazioni politiche rilevanti su piano elettorale. Questa debolezza si ripercuoterà inevitabilmente anche sul successo di Tsipras nella corsa per la presidenza della Commissione Europea. L’arrivo a Praga di Laurent e Tsipras quindi rimarca una rinnovata attenzione verso una zona a lungo trascurata.
Una visita, che non potrà non affrontare il tema cruciale della crisi ucraina, verso cui il Pge ha assunto un atteggiamento cauto, chiamando a un negoziato in sede Onu tra le parti coinvolte. Una posizione più articolata è stata assunta dal Kscm. Sebbene i deputati comunisti non abbiano votato la risoluzione di condanna della secessione della Crimea, presentata alla Camera dei deputati ceca, alcuni dirigenti più in vista del partito hanno criticato fortemente la Russia. «Con il comportamento in Ucraina, la Russia ha assunto lo stesso atteggiamento imperiale, che hanno avuto le potenze occidentali, quando sono intervenute in violazione al diritto internazionale in Jugoslavia, in Afghanistan, In Iraq e in Libia», ha detto Jiri Dolejs, vice­segretario generale del partito. Un altro tema importante sarà anche il ruolo giocato dai Paesi del centro-est Europa all’interno dell’Ue. È indubbio che l’accesso al mercato comune abbia rafforzato le economie dell’area grazie a un forte flusso di investimenti (e di delocalizzazioni) dagli Stati membri più anziani e alle risorse piovute dai fondi europei. Lo spazio per il dumping sociale e territoriale si sta però riducendo, mentre le risorse destinate ai fondi europei risentiranno in negativo della restrizione del budget comunitario e dell’entrata di nuovi Paesi come la Roma­nia e la Bulgaria (Il Manifesto di : Jakub Hornacek)

PORTOGALLO
II 25 aprile, nel quarantesimo anniversario della fine della dittatura, migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione contro l’austerità a Lisbona.

SPAGNA
C’È UNA SYRIZA ANCHE IN GALIZIA, E VOLA AL 14%
Stiamo lottando per salvare il nostro popolo dalla crisi umanitaria innescata dalle politiche neoliberiste di austerità che uniscono la sinistra di Galizia, della Spagna e dell’Europa» — spiega al manifesto e al quotidiano greco Avgi Yolanda Diaz, deputata nel parlamento locale e segretaria della Sinistra Unita (Esquerda unida) di Galizia. Alexis Tsipras oggi è nella regione spagnola per l’inizio della cam­pagna elettorale della «Syriza di Galizia», come è stata soprannominata la lista unitaria che da «extraparlamentare» un anno e mezzo fa oggi veleggia al 14%.

LE FORZE DI DESTRA E IL SETTORE FINANZIARIO STANNO FESTEGGIANDO PERCHÉ L’ECONOMIA SPAGNOLA È IN CRESCITA…
È LA SOLITA CORTINA FUMOGENA DELLA DESTRA. Gli indicatori sociali ed economici mostrano una tragica realtà. Per la povertà infantile, ad esempio, oggi la Spagna viene paragonata alla Romania. A questo ci hanno condotto le politiche dei socialisti e dei conservatori. In Galizia la povertà infantile supera il 20%. Tanti bambini e ragazzi hanno problemi ad avere anche un pasto al giorno. Ci troviamo di fronte a una crisi umanitaria. E il comune di A Coruña, guidato dal partito popolare, multa le persone che cercano nella spazzatura per trovare qualcosa per mangiare! Mentre gli indici della disoccupazione si trovano a livelli tragici: i lavoratori e i pensionati diminuiscono e i diritti dei lavoratori vengono cancellati.

IN GALIZIA AVETE FATTO UNA GRANDE BATTAGLIA CONTRO GLI SFRATTI E I PIGNORAMENTI DELLE CASE PER EVITARE, TRA LE ALTRE COSE, ANCHE I SUICIDI…
Avevamo il dovere di aiutare le persone e di prevenire i suicidi provocati dagli sfratti e dai pignoramenti delle banche. In Galizia e in tutta la Spagna facciamo una grande battaglia per salvare la nostra gente. Abbiamo utilizzato ogni mezzo legale per opporci e siamo arrivati anche alla Corte di Giustizia Europea. Lottiamo per salvare le persone dalle banche e si continua a dare soldi alle banche.

ORA VI PREPARATE ALLE ELEZIONI EUROPEE RIPROPONENDO IL MODELLO DI «SYRIZA DI GALIZIA»…
Un anno e mezzo fa abbiamo creato la «Syriza di Gali­zia», una larga alleanza della sinistra nella quella partecipano tutti coloro che sostengono la necessità di una federazione repubblicana in Spagna e tutti coloro di sinistra che hanno una visione nazionalista. Da allora lavoriamo tutti insieme per allargare la nostra lista, avendo compreso che la sinistra in Galizia deve dare una battaglia unita con tutta la sinistra spagnola ed europea contro l’austerità. Ci unisce il bisogno di rovesciare queste politiche, perche distruggono le nostre società. Non possiamo essere divisi mentre ci distruggono. CON SYRIZA IN GRECIA, il Fronte della sinistra in Francia, la Linke in Germa­nia, in tutti i paesi la sinistra dà la sua battaglia unita, sia nel Sud che nel Nord Europa. Dobbiamo fermare l’impoverimento delle nostre società, perché la povertà uccide. Siamo la maggioranza sociale che è stata colpita dalla loro crisi. Per cacciarli, ora dobbiamo trasformarci anche in una maggioranza politica. Per questo anche in Galizia e Spagna abbiamo unito le nostre forze.

OGGI COMINCIA LA VOSTRA CAMPAGNA ELETTORALE, CON LA PRESENZA DI ALEXIS TSIPRAS.
Per noi Alexis Tsipras rappresenta il simbolo della contrapposizione ai potenti, contro l’ingiustizia, contro gli oligarchi della finanza, contro tutti quelli che creano la povertà e il dolore alle persone. Non ci sono parole per ringraziare Tsipras e Syriza per le vostre lotte, che ci hanno indicato la strada della speranza e del rovesciamento di queste politiche. Siamo orgogliosi che la Sinistra Europea abbia come candidato per la presidenza dell’eurocommissione un combattente come Tsipras. Dobbiamo dare collettivamente un colpo alla troika.

E L’ITALIA?
Abbiamo visto con grande soddisfazione che anche in Italia la sinistra sociale e politica si è unita e dà battaglia contro le politiche neoliberiste delle grandi coalizioni che applicano l’austerità. Non dobbiamo dimenticare che la Sinistra Unita ha cominciato nel 1986 il suo percorso unitario e si rafforza in tutto il paese, perché solo l’unità della sinistra può fermare l’austerità. In Galizia abbiamo fatto tutti un passo indietro per fare un grande salto in avanti, facendo incontrare le due principali culture di sinistra. Non vogliamo l’Europa dei ricchi e quella dei poveri, l’Europa del Nord e quella del Sud, l’Europa dell’aumento della forbice delle ingiustizie sociali. Siamo la maggioranza sociale in Portogallo, in Spagna, in Italia, in Grecia. Possiamo vincere democraticamente questa grande battaglia comune. Dobbiamo parlare con la nostra gente per convincerla. Dobbiamo rovesciare l’Europa dell’austerità e dell’autoritarismo. (Il Manifesto di Argyrios Panagopoulos)

RUSSIA
II 22 aprile Pavel Durov (nella foto), fondatore del social network russo Vk, ha annunciato di aver lasciato il paese in polemica con il governo, che voleva costringerlo a rivelare ai servizi segreti dell’Fsb i dati personali degli utenti.

MOLDOVA
LIBERI DI VIAGGIARE / Dal 28 aprile i cittadini dell’ex repubblica sovietica della Moldova potranno viaggiare nell’Unione europea senza il visto. "È una giornata storica e una vittoria per tutti", riferisce il quotidiano Ziarul National, citando le parole pronunciate dal primo ministro Iurie Leancà durante una conferenza stampa all’aeroporto di Chisinàu. "Ciascuno di noi ha dovuto vivere momenti imbarazzanti nel chiedere il visto o nell’esibire il passaporto moldavo alla frontiera. Noi vogliamo che i cittadini moldavi non si sentano mai più in soggezione di fronte ai loro pari europei". La liberalizzazione dei visti è accolta positivamente anche dai mezzi d’informazione della Romania, paese che ha forti legami linguistici e culturali con la Moldova. Come scrive un’accelerazione l’ha data la situazione ucraina: "Era tutto già in programma al summit del Partenariato orientale dello scorso novembre, ma se Putin nel frattempo non avesse annesso la Crimea, per raggiungere l’obiettivo ci sarebbe voluto più tempo". Secondo il settimanale, la cancellazione dell’obbligo di visto "rappresenta la riparazione di un grande torto storico", e per i giovani moldavi è "la realizzazione di un sogno, contagioso e benefico: quello di poter viaggiare liberamente nell’Ue e condividere le esperienze dei loro coetanei occidentali".

SERBIA
II 27 aprile è entrato in carica il nuovo governo conservatore guidato da Aleksandar Vucic.

MACEDONIA
DOPPIA VITTORIA PER LA DESTRA
Il partito di destra Vmro-Dpmne, al governo in Macedonia, ha vinto le elezioni presidenziali e politiche del 27 aprile. Il presidente Gjorge Ivanov {nella foto) è stato confermato con il 55 per cento dei voti, mentre Stevo Pendarovski, dei socialdemocratici dell’Sdsm, si è fermato al il 41 per cento. Vmro-Dpmne ha anche ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento, grazie al 43 per cento dei voti e al premio di maggioranza. I socialdemocratici sono il secondo partito con il 25,3 per cento dei voti. Poi ci sono i due partiti della minoranza albanese: Dui e Dpa, con il 13,7 e il 5,9 per cento dei voti. Il quotidiano Nova Macedonia commenta la conferma al potere di un partito fortemente autoritario: "La destra dice che ha vinto la saggezza del popolo, mentre i socialdemocratici non si assumono la responsabilità per la sconfitta e parlano di brogli. La verità è che la maggioranza dei cittadini ha scelto il governo che voleva e lo ha fatto per connivenza con il suo fascismo in miniatura, che si è diffuso nelle case, nelle scuole e anche per le strade". Il nuovo parlamento macedone

SLOVENIA
UNA CRISI DI LEADERSHIP
La prima ministra Alenka Bratusek ha perso la battaglia per guidare il suo partito, Pozitivna Slovenija (Ps). Come nuovo leader è stato eletto Zoran Jankovic, scelta che potrebbe avere conseguenze anche per il governo: i partner di coalizione di Bratusek avevano infatti annunciato di non voler continuare a governare con un Ps guidato da Jankovic, minacciando di far cadere Bratusek e chiedere nuove elezioni. Una soluzione sbagliata, scrive Delo: "Un gran numero di partiti entrerebbe in parlamento e non sarebbe facile formare una coalizione. La leggerezza con cui il Ps si sta distruggendo è il segno che la paralisi politica in cui si trova il paese da cinque anni dipende da politici irresponsabili e incapaci e non da difetti del sistema

MONDO/TERRA
India /strage dei contadini / Per oltre sessanta dei suoi ottantotto anni, Krishnammal Jagannathan, per tutti Amma (mamma) è stata giorno e notte impegnata ad affermare nella sua India i diritti dei senzaterra fuoricasta (un binomio quasi fisso) e quelli di madre natura. Racconta spesso il secondo evento decisivo della sua vita – il primo fu l’incontro con il mahatma Gandhi. Erano gli anni ’70 e malgrado l’indipendenza i latifondisti continuavano a sfruttare i braccianti e a commettere atrocità. In un villaggio del Tamil Nadu, dopo un lungo sciopero di protesta decine di lavoratori, donne, bambini, uomini, vecchi, furono chiusi in un capannone e arsi vivi come punizione. Alla notizia, Krishnammal arrivò sui luoghi dal Bihar – dove stava partecipando alla campagna gandhiana per il “dono della terra” o bhoodan — e non se ne andò più. In Tamil Nadu fondò il Movimento Lafti per la liberazione dei braccianti e per una vera riforma agraria, insieme al marito Jagannathan (Appa, papà), morto l’anno scorso a 100 anni.
UNA LONGEVITÀ QUASI MIRACOLOSA, QUELLA DI AMMA E APPA. Perché non sono pochi gli attivisti ambientalisti e per i diritti sulla terra a morire prematuramente, in modo violento, in tutti continenti. Il 17 aprile, ogni anno il Movimento Sem terra (Mst) del Brasile e i gruppi di appoggio ricordano l’anniversario della strage di rurali senza­terra in lotta nell’Eldorado dos Carajas nello stato brasiliano del Parà, nel 1996. E sono passati 25 anni dall’assassinio, sempre in Brasile, del leader dei seringueiros Chico Mendes il quale disse, poco prima di morire: «Avevo creduto di battermi per gli alberi del caucciù che ci davano lavoro. Poi mi sono accorto che stavo lottando per la foresta amazzonica.
Adesso realizzo che mi sto impegnando per l’umanità».
Saltando in un altro continente e in un’altra foresta minacciata, pochi giorni fa è stato vittima di un attentato ed è grave il capo guardiano del Parco nazionale del Virunga nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), il belga Emmanuel de Merode. Del resto continua lo stillicidio di guarda­parco uccisi – 150 in venti anni — dai bracconieri e da chi ha interessi nelle attività estrattive, in questo parco nella regione dei Grandi laghi che ospita gli ultimi gorilla di montagna e che è patrimonio dell’umanità.
LA GIORNATA PER LA TERRA è un’occasione per rendere omaggio ai caduti per la Terra e per la terra, puntando il dito sui mandanti impuniti e sui loro conniventi. Lo ha fatto l’organizzazione ambientalista e per i diritti umani Global Witness, pubblicando alcuni giorni fa il rapporto Deadly Environment. The dramatic rise in killing of environmental and land defenders (Ambiente mortale. Il drammatico aumento degli assassinii di difensori dell’ambiente e della terra) che si riferisce al per iè podo fra il gennaio 2002 e il dicembre 2013. I paesi in esame sono 74, tutti in Asia, Africa, Centro America e America del Sud. Là sono localizzate le vittime. I paesi mandanti d’Occidente non sono nell’elenco.
Secondo la tragica mappatura, che incrocia diverse fonti, in dodici anni sono state uccise 908 persone in 35 paesi. Quali sono i posti più pericolosi? Secondo la conta dei morti di Global Witness, basata in particolare su Huri­Search – The Human Rights Search Engine (http://www.hurisearch.org), in testa è il Brasile (con 448 morti), seguito da Honduras (109), Filippine (67), e poi Perù, Colombia, Messico. Il 2012 è stato l’anno più sanguinoso.
Peraltro, secondo il rapporto, se le vittime censite si concentrano in alcuni paesi dell’America centrale e del Sud e in alcuni Stati dell’Asia, è probabilmente perché in quei luoghi c’è un numero maggiore di movimenti e gruppi in lotta, ma anche di organizzazioni in grado di documentare.
Il rapporto individua la causa delle violenze nella «competizione per le risorse che si è intensificata nell’economia globale costruita intorno alla crescita e al consumo sempre maggiore». Spiega che «molti dei minacciati o colpiti sono senzaterra, gruppi indigeni, movimenti contadini, ecologisti che si oppongono all’accaparramento dei suoli, alle attività estrattive, alle monocolture, alla deforestazione provocata dal prelievo di legname o dall’espansione di allevamenti e monocolture». Nel mirino in particolare sono le comunità indigene, i cui diritti sulle terre non sono riconosciuti dai potenti interessi che li tacciano di essere «contro lo sviluppo».

Regna sovrana la regola dell’impunità: fra il 2002 e il 2013 sono stati condannati solo dieci responsabili, per l’1% dei casi dunque… C’è una cultura endemica dell’impunità. Fa eccezione ad esempio il caso del raccoglitore di noci nella foresta e attivista José Claudio Ribeiro da Silva – Zé Cláudio — e di sua moglie Maria do Espírito Santo uccisi nello stato del Pará il 24 maggio 2011. Sono stati però condannati gli esecutori materiali, ma non l’allevatore probabile mandante.
Ma i responsabili multinazionali non pagano mai. Perfino quando riconoscono – rarissimamente – i torti. Ad esempio l’International Finance Corporation, branca della Banca mondiale per i prestiti a privati, di recente ha ammesso di non aver saputo proteggere i diritti sociali e ambientali accordando 30 milioni di dollari alla compagnia di agribusiness Dinant, accusata di omicidi e d’evizioni forzate in Centroamerica e in particolare in Honduras.
Per una panoramica delle lotte contro le ingiustizie ambientali è utile consultare l’Atlante globale della rete Ejolt (www.Ejolt.org), della quale fa parte il Centro di documentazione dei conflitti ambientali (Cdca). Il Manifesto di Marinella Correggia

MEDIO ORIENTE & AFRICA
SIRIA
DAMASCO
BARILI ESPLOSIVI SU ALEPPO / Il 29 aprile un colpo di mortaio ha raggiunto una scuola di Damasco, causando almeno 14 morti, mentre a Homs altre 45 persone hanno perso la vita in una serie di esplosioni. Pochi giorni prima ad Aleppo una troupe della Bbc aveva filmato gli effetti devastanti dei bombardamenti con barili esplosivi, che si ritiene abbiano causato migliaia di vittime nel nord della Siria dall’inizio dell’anno. L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche ha annunciato che invierà una missione in Siria per indagare sui presunti attacchi con il cloro.

TURCHIA
STRETTA REPRESSIVA IN VISTA DEL PRIMO MAGGIO: MANO LIBERA AI SERVIZI SEGRETI
Nuova stretta repressiva in Turchia. In vista del Primo Maggio, le cui celebrazioni sono state per l’ennesima volta vietate dal Governo, sono stati rafforzati i poteri dei servizi segreti. Il capo dello stato turco Abdullah Gul ha firmato la contestata nuova legge voluta dal premier islamico Recep Tayyip Erdogan che di fatto concede agli agenti un’ampia immunita’, denunciata come incostituzionale e liberticida dall’opposizione.
"ERDOGAN COME MUSSOLINI E HITLER"
La nuova normativa, pubblicata due giorni fa sulla Gazzetta Ufficiale turca, contribuisce a fare della Turchia uno “stato di polizia”, sentenzia il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu. La legge, approvata a meta’ aprile dal parlamento, nel quale il partito islamico Akp di Erdogan ha la maggioranza assoluta, conferisce ai servizi segreti del Mit guidati da Hakan Fidan, vicino al premier, poteri rafforzati, in particolare in materia di intercettazioni, e riconosce loro una generale immunita’. Kilicdaroglu ha annunciato che il suo partito il Che presenterà un immediato ricorso alla corte costituzionale.
Secondo l’opposizione la normativa e’ l’ultimo tassello della stretta autoritaria impressa al paese da Erdogan in risposta all’esplosione degli scandali di corruzione che coinvolgono decine di personalita’ del regime e lo stesso premier. In un recente intervento davanti ai deputati Chp Kilicdaroglu ha tracciato un parallelo fra Erdogan, da un lato, Benito Mussolini e Adolf Hitler, dall’altro: questi ultimi "sono arrivati al potere con le elezioni ma presto hanno iniziato a confondere loro stessi con lo stato". La Corte costituzionale turca ha di recente bocciato un’altra legge ‘liberticida’ per l’opposizione, sul controllo da parte del governo del Csm turco, come pure il blocco di twitter deciso da Erdogan a fine marzo.
PRIMO MAGGIO, I SINDACATI PRONTI AD ANDARE IN PIAZZA
Pochi giorni fa alcune decine di attivisti e sindacalisti erano stati fermati e portati in una vicina questura. Tra questi anche Erdal Kopal, il segretario del comparto trasporti del Disk. Il Kesk (che rappresenta i dipendenti pubblici), intanto, ha annunciato la propria partecipazione al Primo Maggio. Nei giorni scorsi altre realtà avevano dichiarato la propria volontà di contestare attivamente il divieto partecipando alla manifestando del Primo Maggio, da esponenti del “Comitato Solidarietà con Taksim” passando per l’Associazione degli Ingegneri e degli Architetti di Turchia (TMMOB) fino all’Associazione dei Medici di Turchia (TTB). Attraverso distinti comunicati hanno annunciato la propria mobilitazione anche numerosi partiti di sinistra tra i quali l’HDP (Partito Democratico dei Popoli), il curdo BDP (Partito della Pace e della Democrazia), l’EMEP (Partito del Lavoro), l’ÖDP (Partito della Libertà e della Democrazia), l’ESP(Partito Socialista degli Oppressi).Il Primo maggio del 1977, un attacco fascista provocò la morte di 36 manifestati, falciati dal fuoco di cecchini naturalmente mai identificati e processati. Una strage di matrice governativa che, incredibilmente, viene da allora presa a pretesto dai vari governi per impedire che proprio in quella piazza i sindacati rivendichino i diritti economici e politici dei lavoratori.
TURCHIA
ANKARA SI SCUSA CON GLI ARMENI
In occasione del novantanovesimo anniversario dei massacri, il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha presentato le condoglianze del governo ai discendenti dei circa 1,5 milioni di armeni uccisi nel 1915 dall’esercito ottomano perché sospettati di appoggiare la Russia durante la prima guerra mondiale. È la prima volta, sottolinea il quotidiano Hiirriyet, che Ankara compie un gesto simile. La Turchia, infatti, nega che si sia trattato di un genocidio pur riconoscendo che ci sono stati dei massacri. Erdogan ha definito " INUMANO" quanto accaduto, sottolineando che la Turchia ha compiuto vari passi per la riconciliazione e ha esortato l’Armenia a fare altrettanto. Un atteggiamento distensivo che manca invece in politica interna: il 24 aprile il parlamento turco ha approvato una legge che rafforza i poteri di sorveglianza sulle persone dei servizi segreti e l’immunità dei loro agenti. La legge, spiega il quoti-diano Zaman, "prevede fino a dieci anni di reclusione per i giornalisti che pubblicano informazioni riservate". Inoltre Erdogan chiederà agli Stati Uniti l’estradizione del suo ex alleato Fethullah Gùlen, che accusa di volerlo rovesciare.

IRAN
REPRESSIONE A EVIN
Il 17 aprile nel carcere di Evin, a Teheran, sono scoppiati scontri tra le guardie penitenziarie, affiancate dai pasdaran, e i prigionieri politici della sezione 350, che protestavano per le loro condizioni di carcerazione. La repressione è stata particolarmente violenta: decine di detenuti sono stati gravemente feriti a colpi di bastone, altri rinchiusi in regime d’isolamento. La notizia, diffusa dal sito Kalame, ha suscitato indignazione tra i parenti delle vittime, che hanno manifestato davanti al ministero della giustizia e alla sede della presidenza. Altri detenuti del carcere di Evin e di altre prigioni iraniane hanno indetto uno sciopero della fame in segno di protesta. Le pressioni dell’opinione pubblica hanno spinto le autorità a concedere per la prima volta visite familiari ai prigionieri politici, che hanno confermato ai visitatori le notizie sulla repressione violenta.

EGITTO
IL CAIRO
L’EGITTO SEMPRE PIÙ AUTORITARIO / Mohammed Badie, guida suprema dei Fratelli musulmani d’Egitto, è stato condannato a morte. E con lui, il 28 aprile, altre 682 persone vicine al suo partito. Non è chiaro se le sentenze saranno eseguite, ma rivelano due cose. Innanzitutto, quanto è profonda la repressione in Egitto. E poi il ritorno dell’autoritarismo, che ha caratterizzato il paese dal colpo di stato militare del 1952.
Questa sentenza ha fatto passare in secondo piano un’altra decisione. Un tribunale del Cairo ha dichiarato illegale il movimento giovanile 6 aprile, nato tre anni fa, protagonista della "prima-vera" egiziana e del rovesciamento di Hosni Mubarak. Non sono perseguitati solo i Fratelli musulmani, che nell’anno in cui sono andati democraticamente al governo e fino al golpe della scorsa estate non hanno certo teso la mano agli altri partiti. Ma anche il grappo progressista che all’inizio della primavera aveva fatto sperare in una graduale transizione democratica nel paese.
In previsione delle presidenziali di fine maggio, che il generale Al Sisi ha tutte le probabilità di vincere, il regime militare egiziano sta dando un giro di vite. Il suo desiderio di controllare totalmente la società, usando metodi antidemocratici, è sempre più evidente. Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno criticato questi metodi, ma le loro critiche non hanno avuto alcun effetto.
Considerando illegali sia i Fratelli sia i progressisti, i militari egiziani mandano un messaggio: il potere è nelle nostre mani e non accettiamo limiti, né interni né esterni. Tutto questo mette molto a disagio la Casa Bianca. Proprio all’università del Cairo, infatti, Barack Obama ha tenuto uno dei discorsi più importanti del primo mandato, in cui chiedeva una nuova fase nei rapporti tra Stati Uniti e mondo arabo. Ora il regime egiziano risponde con gesti inaccettabili, anche se Washington resta il suo principale alleato. E questo avviene poco dopo che Al Sisi ha scelto Mosca come destinazione per il suo primo viaggio all’estero, rafforzando i legami con Putin e trattando l’acquisto di armi, finanziato dall’Arabia Saudita e dagli Emirati, suoi alleati nel golfo Persico. Il crescente autoritarismo dei militari preoccupa sia gli egiziani sia i governi occidentali. (La Vanguardia, Spagna)
IL CAIRO
GIUSTIZIA SOMMARIA
Gli Stati Uniti e l’Onu hanno duramente criticato la sentenza di una corte egiziana che il 28 aprile ha condannato a morte 683 presunti estremisti islamici, tra cui la guida dei Fratelli musulmani Mohammed Badie, per la morte di un poliziotto e gli scontri a Minya del 14 agosto 2013. Il giudice ha inoltre commutato in ergastolo 492 condanne a morte delle 529 emesse il 24 marzo per gli stessi fatti.

IRAQ Quasi cento persone sono morte il 28 e il 29 aprile in una serie di attentati in varie zone del paese alla vigilia delle elezioni legislative.

SUD SUDAN
II 25 aprile il governo ha scarcerato quattro ex alti funzionari vicini all’ex vicepresidente e attuale leader ribelle Riek Machar. Il 28 aprile sono ripresi i colloqui ad Addis Abeba.

YEMEN
II 29 aprile 15 soldati e 12 terroristi di Al Qaeda sono morti in un’offensiva dell’esercito nel sud del paese.

RDC
II 22 aprile almeno 74 persone sono morte in un incidente ferroviario vicino a Kamina, nel Katanga. Secondo la Croce rossa congolese, le vittime potrebbero essere però più di cento.

REP-CENTROAFRICANA
MUSULMANI IN FUGA
A Bangui non rimangono quasi più abitanti di religione islamica da quando, il 27 aprile, i soldati del contingente Misca hanno scortato verso il nord 1.300 musulmani che vivevano assediati dai miliziani antibalaka. Il convoglio è stato attaccato da uomini armati e negli scontri sono morte due persone, scrive Jeune Afrique. Pochi giorni prima a Boguila, nel nord del paese, un gruppo di rapinatori ha preso di mira un ospedale di Medici senza frontiere, uccidendo sedici persone, tra cui tre operatori locali dell’ong, che ha sospeso le sue attività a Boguila. L’attacco è stato attribuito a miliziani vicini agli ex ribelli di Séléka.

SUDAFRICA
VENT’ANNI DI DEMOCRAZIA
"Mentre ci prepariamo alle quinte elezioni legislative dalla fine dell’apartheid e il partito di governo si vanta dei risultati ottenuti, il paese s’interroga sui successi e sui fallimenti degli ultimi vent anni", scrive il settimanale sudafricano Mail & Guardian. Il 27 aprile 1994 i sudafricani votarono nelle prime elezioni libere, a cui partecipò anche la maggioranza nera della popolazione. Il 7 maggio torneranno alle urne per eleggere i loro rappresentanti in parlamento. L’African national congress (Anc, al potere dal 1994) e il presidente Jacob Zuma – che spera di assicurarsi un secondo mandato – non corrono il rischio di essere battuti. Ma il diritto di voto ottenuto nel 1994 non basta più a far sognare i sudafricani, scrive Jeune Afrique. I due terzi dei giovani nati dopo che Nelson Mandela diventò presidente non sono neanche iscritti alle liste elettorali. Alcune figure di spicco, come l’arcivescovo Desmond Tutu, hanno fatto sapere che non voteranno per l’Anc. Altri hanno invitato gli elettori a boicottare le legislative.

ASIA & PACIFICO
AUSTRALIA
DAL 2011 SONO RADDOPPIATI GLI ITALIANI CHE PARTONO PER "LA TERRA DEI SOGNI". UN’AWENTURA, UNA SFIDA, UNA SCOMMESSA. ECCO CHI L’HA VINTA
Per gli aborigeni l’Australia è da sempre il Dreamtime, il tempo del sogno. Per tanti oggi è diventata il Dreamland, la terra dei sogni: lo dimostrano i 18.610 connazionali che a fine 2013 si trovavano laggiù con un visto di residenza temporaneo. Un esodo inarrestabile: gli italiani che si trasferiscono nella nuova America sono il 116% in più di tre anni fa. Ma chi sono? Giovanissimi in cerca di avventura, laureati stufi di buste paga da 800 euro e professionisti in fuga dalla crisi, che mollano tutto per ricominciare dall’altra parte del mondo. «L’Australia, con i suoi spazi immensi, è sinonimo di libertà». «Attrae il fatto di poter cambiare Impiego e casa con facilità». Persino la burocrazia non è una zavorra: la domanda per partire si compila online in poco tempo (suwww.immi.gov.au). E il Paese apre le porte a tanti.
Con pragmatismo anglosassone lo stesso governo pubblica l’elenco dei professionisti, senza limite di età, di cui ha più bisogno e che invita a trasferirsi laggiù: tra questi ingegneri, architetti e infermieri. Se invece non si ha ancora un solido curriculum, si può chiedere il cosiddetto "working holiday visa", il visto di lavoro-vacanza, che permette ai ragazzi fino ai 31 anni di stare nel Paese per 12 mesi. Al termine, se non si è ancora assunti, si può accettare uno dei posti da 3 mesi disponibili nell’agricoltura e nell’allevamento. In questo modo si va fuori dalle città e lontani dalle spiagge, ma si ha diritto a un anno supplementare di permanenza con il working holiday. Ma anche a chi non ha qualifiche particolarità superato i 31 anni e non vuole abbandonare il sogno australiano, resta una chance: il visto per studenti. Che impone due obblighi: frequentare un corso, per esempio di lingue o universitario, e lavorare al massimo 20 ore alla settimana. La scelta migliore è andare a lezione di inglese perché, come conferma Benny Scarcelli, «molti arrivano con una conoscenza troppo scarsa della lingua e impreparati ad affrontare concretamente un continente così diverso dall’Europa». La terra promessa è un miraggio? «Qui non è l’eldorado. Andare avanti costa fatica e tanti tornano a casa. Per chi riesce a restare, però, i sacrifici sono ripagati».

COREA DEL SUD
LA PRESIDENZA SOTTO ACCUSA.
Il 29 aprile la presidente Park Geunhye si è scusata pubblica-mente per non aver evitato il naufragio del traghetto Sewol, in cui sono morte 300 persone, e per la risposta inadeguata all’emergenza. Il primo ministro Chung Hongwon si era dimesso tre giorni prima. Le scuse di Park, a lungo invocate, sono arrivate tredici giorni dopo il disastro, troppo tardi secondo i suoi avversari. Sul sito ufficiale della presidenza è nato un dibattito sulle responsabilità di Park così acceso che ha mandato in tilt il server, scrive il Dong-AIlbo

FILIPPINE e STATI UNITI
MANILA
L MESSAGGIO DI OBAMA
Con la sosta a Manila il 28 aprile, in occasione della firma di un nuovo accordo sulla sicurezza tra Stati Uniti e Filippine, si è conclusa la visita del presidente americano Barack Obama in Asia. Obama e il presidente filippino Benigno Aquino hanno assicurato che il patto, che fornirà alle truppe statunitensi un maggiore accesso alle basi militari locali, non mira al contenimento della Cina. Tuttavia, scrive la Bbc, Obama ha anche appoggiato l’iniziativa legale di Manila contro Pechino nella disputa di un tratto di mare. Qualche giorno prima a Tokyo aveva chiamato con il nome giapponese le isole reclamate dalla Cina.

CINA
SILENZIO ELOQUENTE
Il nome di Zhou Yongkang, ex capo della sicurezza cinese e uno degli uomini più potenti del paese, è scomparso dai giornali. Il detto "nessuna nuova, buona nuova" non vale in Cina, dove al contrario l’assenza dai mezzi d’informazione può indicare che un alto funzionario è caduto in disgrazia, scrive il South China Morning Post. La cen-I sura del nome di Zhou rafforza
l’ipotesi che possa essere presto accusato formalmente di corruzione, mentre secondo alcune indiscrezioni Zhou sarebbe già agli arresti domiciliari. Nell’ambito del più grande scandalo di corruzione degli ultimi anni, il cerchio intorno all’ex responsabile della sicurezza interna si sta stringendo. Centinaia di fami-liari, amici, funzionari e dirigenti a lui vicini, molti legati al settore dell’energia, sono indagati o in carcere. E all’inizio di aprile un suo fedelissimo, Guo Yongxiang, è stato espulso dal partito per aver intascato tangenti.

BANGLADEH
DHAKA
Un anno dopo la tragedia del Rana Plaza, l’edificio che ospitava laboratori tessili a Savar, alla periferia di Dhaka, e che il 24 aprile 2013 è crollato uccidendo più di 1.100 persone e ferendone duemila, poco è cambiato, scrive The Age. L’estesa copertura dei mezzi d’informazione internazionali e le promesse di aiuti provenienti in particolare dagli Stati Uniti e dall’Unione europea-le destinazioni principali dei capi di abbigliamento prodotti in Bangladesh – avevano fatto sperare che le condizioni di lavoro e di sicurezza nelle fabbriche sarebbero migliorate. Ma le famiglie delle vittime aspettano ancora i risarcimenti, molti clienti delle fabbriche, come la statunitense Walmart, sono restii a finanziare il fondo internazionale per le vittime, e l’associazione dei produttori del settore se n’è lavata le mani sborsando solo l’equivalente degli stipendi dovuti agli operai del Rana Plaza

AFGHANISTAN
VERSO IL BALLOTTAGGIO
Il 26 aprile la commissione elettorale indipendente ha diffuso i risultati delle elezioni presidenziali del 5 aprile. "Nessuno dei candidati ha ottenuto la maggioranza assoluta", scrive Al Jazeera, "quindi il successore di Hamid Karzai si deciderà al secondo turno". Al ballottaggio del 28 maggio si affronteranno l’ex ministro degli esteri Abdullah Abdullah, che al primo turno ha ottenuto il 44,9 per cento dei voti, e l’ex economista della Banca mondiale Ashraf Ghani, arrivato secondo con il 31,5 per cento. I due sfidanti potrebbero trovare un accordo per formare | una coalizione di governo e rinunciare al ballottaggio, scrive l’Afghanistan Analyst Net-work. Ma l’ipotesi più probabile è che si voti il 7 giugno.

BRUNEI
II 22 aprile il governo ha rinviato l’introduzione della sharia, la legge islamica, annunciata nell’ottobre scorso dal sultano Hassanal Bolkiah.

CINA
II 28 aprile decine di migliaia di operai in sciopero han-no ripreso il lavoro nella fabbrica di scarpe del gruppo Yue Yuen a Dongguan. L’azienda ha promesso di riprendere il pagamento dell’assicurazione sanitaria e dei sussidi per la casa.

TAIWAN
Trentamila persone hanno bloccato il 27 aprile una strada della capitale Taipei per protestare contro la costruzione

AMERICA LATINA
VENEZUELA
Intervista al ministro degli Esteri Elias Jaua «Fascismo contro i diritti umani» Venezuela. A Roma il parla delle proteste contro il suo governo del fascismo», dice al manifesto il ministro degli Esteri venezuelano, Elias Jaua. A quasi due mesi dalle proteste violente che, nel suo paese, hanno provocato 41 morti e oltre 650 feriti, Jaua è venuto a Roma per assistere alla canonizzazione dei due papi in Vaticano, e per incontrare il Direttore generale della Fao, José Graziano da Silva. La tappa conclusiva di un viaggio presso diversi organismi internazionali fra i quali l’Unesco.

CHE COSA INTENDE PER NUOVO FASCISMO? L’OPPOSIZIONE VI ACCUSA DI ESSERE UNA DITTATURA CHE REPRIME PACIFICI STUDENTI.
Abbiamo deciso di effettuare questa campagna internazionale proprio per fare chiarezza: per spiegare e denunciare presso gli organismi multilaterali del sistema delle Nazioni unite e altre istituzioni con che cosa ci stiamo scontrando, quale pericolo ha dovuto affrontare la società venezuelana durante i 15 anni di governo socialista: una corrente fascista che, dal colpo di stato del 2002 a oggi ostenta le stesse facce, gli stessi interessi e le stesse pratiche. Non ha proposte, ma un unico intento: far cadere il governo con mezzi violenti scavalcando la volontà popolare ribadita nel corso di 18 elezioni. Una posizione con un elevato livello di xenofobia nei confronti di altri nostri fratelli caraibici, soprattutto verso i medici cubani. Un’ondata di intolleranza verso settori sociali specifici del popolo venezuelano, come si vede dagli obiettivi presi di mira sia nel corso delle violenze postelettorali seguite alle presidenziali del 14 aprile 2013, sia durante le proteste di questi mesi: strutture pubbliche, scuole, centri medici e centri educativi, asili nido con i bambini dentro.
PERCHÉ VI SIETE RIVOLTI ALL’UNESCO?
Siamo stati all’Unesco insieme a studenti dei settori popolari aggrediti da gruppi armati di opposizione che vogliono spingere il popolo a una guerra­civile. L’Unesco ci ha riconosciuto come paese libero dall’analfabetismo, quinto per matricole universitarie al mondo e secondo in America latina, ci ha premiato per aver favorito l’accesso alla tecnologia mediante la distribuzione gratuita di computer portatili ad alunni e studenti, ha rico­nosciuto in due occasioni manifestazioni della nostra cultura, come patrimonio dell’umanità. Abbiamo denunciato le azioni violente di sindaci e di governatori di opposizione, che avrebbero dovuto garantire il rispetto dei diritti umani e invece hanno promosso e istigato alla loro violazione: bruciando università e centri educativi hanno negato il diritto all’istruzione, attaccando le sedi della televisione pubblica e dei media comunitari hanno violato il diritto alla comunicazione libera e plurale. E per questo lo stato ha dovuto applicare la legge e sanzionarli, anche con il carcere.

LA FAO HA INTITOLATO UN PROGRAMMA DI LOTTA ALLA FAME ALLO SCOMPARSO PRESIDENTE HUGO CHAVEZ. MA PER LA DESTRA IL SOCIALISMO BOLIVARIANO È UN MODELLO PERDENTE, CHE PROVOCA PENURIA ALIMENTARE E INFLAZIONE. E RESTA COMUNQUE DA SRADICARE UN 7% CIRCA DI POVERTÀ ESTREMA. COSA AVETE CHIESTO A GRAZIANO DA SILVA?
L’anno passato, la Fao ha premiato il Venezuela per aver sconfitto la fame in poco tempo, per aver abbassato la soglia di povertà estrema dal 26% in cui si trovava nel ’98, a meno del 7%. Una fascia che è comunque tutelata da coperture sociali estese, a partire dal sistema delle Case di alimentazione che forniscono cibo gratuito. Nel Programma del Plan della Patria, avviato da Chavez, assunto dal presidente Nicolas Maduro e ratificato dal parlamento per volontà del popolo, c’è il fermo proposito di sradicare la povertà estrema in sei anni. Compito dell’offensiva che stiamo portando avanti è anche quello di trovare risorse necessarie, nella diversificazione dell’economia, per rompere questo zoccolo duro di povertà estrema. Alla Fao abbiamo denunciato la violazione del diritto umano all’alimentazione da parte dell’opposizione che ha distrutto tonnellate di alimenti destinati ai settori popolari e danneggiato le reti di distribuzione alimentare.

IL PRESIDENTE DI FEDECAMARAS SI È DICHIARATO MOLTO SODDISFATTO DEI COLLOQUI DI PACE. VUOL DIRE CHE AVETE RIVISTO I PROGRAMMI A FAVORE DELLA CONFINDUSTRIA?
La direzione politica della rivoluzione non si negozia senza mandato del popolo. Questo abbiamo detto all’opposizione. Il modello socialista non è negoziabile: permette l’esistenza del settore privato, sia a livello nazionale che internazionale, ma subordinato agli interessi popolari. Chiunque voglia investire in Venezuela deve rispettare i diritti dei lavoratori e il processo politico che il popolo si è dato, i diritti sociali che ha costruito durante la rivoluzione. Le multinazionali che investono nel settore petrolifero lo hanno accettato.

LE RELAZIONI PRIVILEGIATE CON CINA E RUSSIA, MIRANO AD ARCHIVIARE I RAPPORTI COMMERCIALI CON GLI STATI UNITI?
Il nostro programma strategico è basato sulla visione di un nuovo mondo multipolare, non su una polarizzazione basata su un qualche paese-guida. Favo­riamo la costruzione di diversi poli di sviluppo economico, sociale, politico, uno dei quali vorremmo fosse costituito dall’America latina. Contiamo di vendere un milione di barili di petrolio alla Cina, ma anche all’India, ai Brics e naturalmente ai nostri fratelli caraibici in base a scambi solidali che, se venissero meno, porterebbero alla destabilizzazione del continente: di questo dovrebbe tener conto la destra e chi la sostiene. Vogliamo anche continuare a vendere il petrolio agli Usa. Magari impiegassero la loro potenza per favorire il benessere dei popoli e non per le guerre. Continueremo anche ad aiutare i poveri del Bronx attraverso le nostre raffinerie locali, fornendo loro carburante gratuito per l’inverno. Lavoriamo per un nuovo equilibrio in cui i popoli — e gli stati, di cui rispettiamo le differenze -, possano complimentarsi: ma senza ingerenze e manovre destabilizzanti. Gli organismi delle nazioni sudamericane hanno dimostrato di avere un ruolo fondamentale nella risoluzione dei con­flitti. Anche ora in Venezuela. Queste difficoltà possono forse rallentare i nostri progetti, ma non fermeranno l’avanzata di un’alternativa al capitalismo in tutto il continente. ( da il manifesto di : Geraldina Colotti)

PANAMA
UN SUCCESSORE PER MARTINELLI
Il 4 maggio i panamensi andranno alle urne per eleggere il successore del presidente conservatore Ricardo Martinelli. Il candidato di Cambio democratico, il partito al potere, è José Domingo Arias, che in caso di vittoria avrà come vice Marta Linares, moglie di Martinelli. Arias è in testa nei sondaggi da-vanti a Juan Carlos Navarro del Partido revolucionario democratico, scrive La Prensa.

BOLIVIA
II 25 aprile l’esercito ha licenziato settecento soldati che erano in sciopero per chiedere migliori condizioni di lavoro e la fine delle discriminazioni razziali nelle caserme.

MESSICO
L’esercito ha avviato il 28 aprile un parziale disarmo dei gruppi di autodifesa costituiti alcuni mesi fa nel Michoacàn.

COLOMBIA
SINDACO REINTEGRATO
Il 23 aprile il presidente colombiano Juan Manuel Santos, a capo di un governo di centrodestra, ha reintegrato l’ex guerrigliero Gustavo Petro come sindaco di Bogotà. Il reintegro era stato ordinato il giorno prima da un tribunale di Bogotà in base a un parere espresso dalla Commissione interamericana dei diritti umani. Petro, simbolo della sinistra, era stato destituito il 19 marzo per presunte irregolarità nel passaggio dal privato al pubblico del servizio di gestione della nettezza urbana. "Il caso Petro potrebbe avere gravi conseguenze istituzionali e dimostra che il sistema giudiziario è nel caos", scrive Semana.

BRASILE
Secondo un articolo di Patricia Campos Mello pubblicato sulla Folha de Sào Paulo, l’agenzia di sicurezza privata statunitense Academi ha addestrato ventidue agenti della polizia brasiliana a Moyock, in North Carolina, in vista dei prossimi Mondiali. Secondo il tenente Ricardo Nogueira della polizia di Sào Paulo il corso, "Maritime interdiction of terrorism", si è basato sull’esperienza antiterrorismo degli Stati Uniti.
Academi è la nuova ragione sociale di Blackwater, una delle principali aziende appaltatoci di forniture militari durante le prime fasi dell’occupazione in Iraq e in Afghanistan. L’azienda è stata accusata dell’uccisione di diciassette civili iracheni durante il massacro di piazza Nisour nel 2007. Quasi tutti i suoi dipendenti sono ex militari. Come si legge nei dispacci di Wikileaks, gli Stati Uniti hanno deciso di rafforzare il supporto alle attività antiterrorismo perché considerano i Mondiali una fonte di rischi, ma anche un’opportunità di affari per le imprese nazionali. C’è stato però un difetto di trasparenza: la cifra investita dall’ambasciata statunitense nelle attività di addestra-mento (2,2 milioni di dollari negli ultimi due anni) è stata rivelata solo ora. Restano molte domande. Il ministero della giustizia brasiliano dovrebbe spiegare quanti corsi sono stati finanziati da Washington e chi erano gli addestratori. E, soprattutto, è questo l’addestra-mento che serve alle forze dell’ordine in Brasile ( da San Paolo Natalia Viana)

AMERICA SETTENTRIONALE
CANADA
II 25 aprile la corte suprema ha bocciato un progetto di riforma del senato proposto dal governo di Stephen Harper.
CANADA
L’ESERCITO DEGLI ABUSI
Ogni giorno, cinque militari canadesi, uomini e donne, sono vittime di violenza sessuale. Lo denuncia un’inchiesta pubblicata da due settimanali del Canada, Maclean’s e L’actualité. I giornalisti delle due riviste sorelle, una anglofona e una francofona, hanno avuto accesso a documenti dell’esercito secondo i quali dal 2002 al 2012 sono state sporte in media 178 denunce per violenza sessuale ogni anno. Secondo un sondaggio condotto dalle stesse forze armate su 2.200 militari, una donna su dieci è stata vittima di violenze nel 2012. Ma dietro le cifre ufficiali si nasconde una realtà molto più brutale, perché solo un’aggressione su dieci viene effettivamente denunciata. Questo porta la stima delle violenze nell’esercito, avvenute sia in Canada sia nelle basi militari in Afghanistan, a 1.780 all’anno. Thomas J. Lawson, il capo di stato maggiore della difesa canadese, ha ordinato l’apertura di un’indagine interna. Maclean’s aveva pubblicato un’inchiesta che denunciava le violenze sessuali nell’esercito già nel 1998, quando il Canada decise di affidare i casi di violenza sessuale al giudizio delle corti marziali invece che ai tribunali civili.

STATI UNITI
PENA DI MORTE IN DECLINO
Diciannove condanne a morte sono state eseguite nel 2014 ne-gli Stati Uniti, sette delle quali in Texas. Entro la fine dell’anno ne sono previste altre 14. Nel 2013 solo la Cina, l’Iran, l’Iraq e l’Arabia Saudita hanno superato gli Stati Uniti per numero di esecuzioni capitali, scrive l’Economist. Se tutte le condanne previste per il 2014 saranno eseguite, il bilancio sarà di 33 esecuzioni, il dato più basso dal 1994 e inferiore di due terzi al picco del 1999, quando furono messe a morte 98 persone.

USA/CINA
PER CAPIRE SITUAZIONE RUSSIA-UCRAINA-"EUROPA" RAGIONIAMO SU RAPPORTI USA-CINA
DALLA PAGINA FB DELL’ECONOMISTA JOSEPH HALEVY DELL’UNIVERSITÀ DI SIDNEY SOCIALIZZIAMO UN INTERVENTO ASSAI INTERESSANTE:
Non si può capire la situazione Russia – Ucraina -"Europa" se non si parte dal rapporto USA-Cina. La procedura per formarsi un quadro d’insieme non è semplice.
Alcuni consigli:
(1) NON TRATTARE PUTIN come una specie di surrogato progressista faute de mieux è questo che rende la sinistra ovunque totalmente imbecille e comincio a credere che lo sia sempre stata). Non è così, in tutti i sensi. A cominciare dal fatto che Putin venne scelto dalla vecchia nomenclatura comunista- KGB (è stato il KGB ed esclusivamente il KGB a tener insieme la Russia durante Eltsin dato che stava andando a pezzi) per bloccare la sicura vittoria dei neo-comunisti alle prime elezioni post-Eltsin. Tutto venne fatto dagli USA direttamente e soprattutto via "europa" per sostenere e rafforzare il potere di Putin prima come premier poi come presidente succeduto a Eltsin. L’elemento saliente di quel periodo è la seconda guerrra cecena (1999-2001). La strategia militare elaborata da Putin implicò delle perdite fortissime tra i civili residenti in Cecenia (sia ceceni che russi) e questa violazione dei diritti umani non venne mai denunciata politicamente e formalmente dagli "occidentali" perchè troppo importante era Putin in relazione ad un possibilissimo ritorno al potere dei (neo) comunisti
(2) NON TRATTARE LA CINA COME QUALCOSA di ROSSO PERCHE’ C’E’ il PCC AL POTERE (altro fatto che rende una grossa parte della sinistra completamente scema senza possibilità d’appello).
Il modo migliore, a mio avviso, di intepretare la Cina è vederla come un fenomeno ultra-bismarckiano. Ovviamente la formazione di una potenza bismarckiana delle dimensioni della la Cina pone dei problemi per l’altra potenza. La visione elaborata già nel 1999 dalla Rand Corporation in proposito mi sembra condivisibile sebbene non includa esplicitamente una componente economica. Il termine coniato presso la Rand è congage (neologismo derivante da confront and engage).A formularlo fu Zalmay Khalilzad, afghano emigrato negli USA diventato sotto Bush figlio ambasciatore USA a Kabul dopo il 2001, poi ambasciatore in Iraq dopo il 2003 ed infine ambasciatore USA all’ONU. Nel paper della Rand Corporation, linkato sotto, Khalilzad spiega dal lato geopolitico perchè con la Cina gli USA non possono avere soltanto rapporti di cooperazione amichevole o di solo conflitto. Congage unifica cooperazione e scontro. Economicamente si capisce meglio però. Pochi hanno colto la dimensione duale e contraddittoria degli interessi USA in Cina ma basta studiarsi, leggendo il WSJ e l’International New York Times, Walmart, Apple, e la General Electric per coglierli. Quelli sono in Cina per rifornire, in primo luogo, il mercato USA, in secondo luogo, il resto del mondo, in terzo luogo per vendere sul mercato cinese in crescita asfissiante (letteralmente). Il successo della loro presenza in Cina dipende dalla crescita cinese che è organizzata dallo Stato bismarckianamente. Questa crescita significa capacità di mettere in piedi in breve tempo grosse strutture industriali con ampie economie di scala e con ritmi di lavoro parossistici. Conferisce una dimensione concreta alla globalizzazione. Prendete il caso Apple I-pad-I-phone ecc: sono progettati negli USA, prodotti da una società di Taiwan ma localizzata in Cina perchè a Taiwan e nemmeno negli USA avrebbero potuto costruire, in poco tempo e con tutte le infrastrutture di collegamento, un insieme di impianti che occupano oltre 700 mila persone. Ma ciò significa che si è creato uno iato crescente tra gli interessi economici del capitale USA e la capacità dello Stato USA di garantirne gli interessi in maniera coerente (vedi le discussioni USA sulla necessità di far rivalutare la moneta cinese, lo Yuan: a non volerlo sono proprio le società USA che operano dalla Cina). Fino alla fine degli anni 90 il mantenimento della egemonia USA si fondava sul ruolo della spesa pubblica federale (senza la quale il sistema militar politico finanziario non funzionerebbe) e sul ruolo del dollaro che permettevano e permettono il controllo delle cruciali zone energetiche del medioriente. Nel suo libro The Grand Chessboard: American Primacy And Its Geostrategic Imperatives (N.Y. Basic Books, 1998) Zbigniew Brzezinski sostenne che il controllo dell’arco energetico che va dall’Arabia Saudita all’insieme del medio-oriente pemette di tenere al guinzaglio simultaneamente sia il Giappone che l’UE. Giustissimo per quel periodo. Da allora la Russia è emersa come superpotenza energetica e la Cina come fulcro della produzione industriale mondiale, nonché come asse dei meccanismi finanziari sui mercati delle materie prime, del carbonio ecc. Insieme alla finanziarizzazione degli Oceani e soprattutto dell’Artico, la dinamica dei prodotti finanziari globali non è certo determinata dal debito pubblico italiano e dallo spread, bensì dalla Cina. La formazione di un continuum economico tra Cina-Russia-Europa (Germania) è nei piani sia cinesi che tedeschi e russi. La parte più debole meno coordinata è quella russa perchè il processo di disgregazione dell’URSS apertosi nel 1991 è lungi dall’essersi concluso. La Russia è una superpotenza energetica ma come forza statuale è ancora nel day-after del 26 dicembre del 1991. Per gli USA è essenziale che non si formi alcun continuum euroasiatico altrimenti entrerebbe seriamente in crisi la capacità dello Stato americano di proteggere coerentemente gli interessi del capitale USA.
IL DOCUMENTO DELLA RAND CITATO DA HALEVY: http://www.rand.org/content/dam/rand/pubs/issue_papers/2006/IP187.pdf
ALCUNE ORE DOPO HALEVY HA SCRITTO UN ALTRO POST CHE POSSIAMO CONSIDERARE UN’APPENDICE AL PRECEDENTE INTERVENTO:

Vorrei proprio sapere dov’è l’ideologia nel mio post su USA-Cina. Proprio per sgombrare il terreno da incrostazioni ideologiche che, riguardo la Russia di Putin, non avrebbero ragion d’essere, ho premesso che
(a) bisogna evitare di vedere Putin ed il suo regime come il surrogato di qualcosa di progressista. Non lo è. Nel suo regime non c’è alcun spazio per la ricostruzione di sindacati e/o di movimenti socialisti che non siano anche nazionalistici e sciovinisti. L’anno scorso il vecchio (ultra novantanne) Yegor Ligachev già membro del Politiburò del PCUS e numero 2 della Segreteria durante Gorbachev , accusò il partito comunista russo di oggi di essere diventato unicamente un partito statalista-nazionalista. Il che significa che il regime di Putin impedisce ogni ricostruzione di movimenti progressisti.
(b) Anche riguardo la Cina non bisogna cadere nell’abbaglio in base al quale essendo un’organizzazione politica chiamata Partito Comunista Cinese al governo allora la Cina è comunista nel senso che ha un governo volto ora allo sviluppo (vieppiù soffocante) ma un bel giorno invece… e che come tale si erge da contrappeso agli USA. Questa visione è sbagliata da cima a fondo ed essa è sì ideologica perchè deriva dall’ascrivere al PCC degli obiettivi che non ha e – qualora li avesse avuti (ci sono molti dubbi su ciò) – ha abbandonato da tempo.
Secondo me la sinistra che si vuole comunista in un paese come l’Italia che ha avuto un vasto popolo comunista (questo fenomeno è stato capito da pochissime persone tra le quali Leonardo Sciascia ed un grande politologo americano della Corn

 

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