11056 8 Notizie dall’Italia e dal Mondo 22 febbraio 2014

20140221 13:51:00 guglielmoz

ITALIA – Roma / Anche, anche Moody’s conferma: c’è il rischio di un intervento pubblico di sostegno. / Federazione sindacale mondiale: campagna mondiale contro la disoccupazione.
VATICANO – il nuovo segretario di stato Vaticano / La Curia di Parolin senza protagonismi
EUROPA – UCRAINA / KIEV. Cullati dall’illusione che in Ucraina non sarebbe successo nulla prima della fine delle Olimpiadi di Soci, gli occidentali si sono svegliati il 19 febbraio con le immagini del centro di Kiev messo a ferro e a fuoco.
EU. L’europarlamento boccia la troika: “ha fatto danni epocali” . Risoluzione in commissione lavoro.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – NIGERIA. È salito a 121 il numero dei morti negli attacchi del 16 febbraio in due villaggi dello stato di Borno attribuiti al gruppo islamico Boko haram, scrive Vanguard. "La Nigeria è in guerra",
ASIA & PACIFICO – COREA DEL NORD / PYONGYANG. / The Independent, Regno Unito / Le "atrocità indicibili" in corso in Corea del Nord saranno anche sconvolgenti, ma purtroppo non sono una sorpresa.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – CARACAS. OBAMA entra a gamba tesa e chiede la liberazione di LOPEZ – leader del partito antichavista Volontà Popolare, resterà in prigione in custodia cautelare fino all’inizio del suo processo. A stabilirlo è stato il tribunale venezuelano
AMERICA SETTENTRIONALE – Washington / Un americano su quattro non sa che la Terra gira intorno al Sole Il risultato di un sondaggio della National Science Foundation con domande su scienza, fisica e biologia: le risposte corrette sono state i media 6,5 su 10

ITALIA
ROMA
CHI SI NASCONDE NELL’OMBRA DI RENZI? …..La destra repubblicana neocon e quella israeliana, l’Arabia Saudita, Morgan Stanley, Mediobanca, De Benedetti e Caltagirone. Dietro Renzi non c’è spazio per il Quinto Stato.(di Franco Fracassi)
Quando negli anni Ottanta Michael Ledeen varcava l’ingresso del dipartimento di Stato, al numero 2401 di E Street, chiunque avesse dimestichezza con il potere di Washington sapeva che si trattava di una finta. Quello, per lo storico di Los Angeles, rappresentava solo un impiego di facciata, per nascondere il suo reale lavoro: consulente strategico per la Cia e per la Casa Bianca. Ledeen è stato la mente della strategia aggressiva nella Guerra Fredda di Ronald Reagan, è stato la mente degli squadroni della morte in Nicaragua, è stato consulente del Sismi negli anni della Strategia della tensione, è stato una delle menti della guerra al terrore promossa dall’Amministrazione Bush, oltre che teorico della guerra all’Iraq e della potenziale guerra all’Iran, è stato uno dei consulenti del ministero degli Esteri israeliano. Oggi Michael Ledeen è una delle menti della politica estera del segretario del Partito democratico Matteo Renzi.
Forse è stato anche per garantirsi la futura collaborazione di Ledeen che l’allora presidente della Provincia di Firenze si è recato nel 2007 al dipartimento di Stato Usa per un inspiegabile tour. Non è un caso che il segretario di Stato Usa John Kerry abbia più volte espresso giudizi favorevoli nei confronti di Renzi.
Ma sono principalmente i neocon ad appoggiare Renzi dagli Stati Uniti. Secondo il "New York Post", ammiratori del sindaco di Firenze sarebbero gli ambienti della destra repubblicana, legati alle lobby pro Israele e pro Arabia Saudita.
In questa direzione vanno anche il guru economico di Renzi, Yoram Gutgeld, e il suo principale consulente politico, Marco Carrai, entrambi molti vicini a Israele. Carrai ha addirittura propri interessi in Israele, dove si occupa di venture capital e nuove tecnologie. Infine, anche il suppoter renziano Marco Bernabè ha forti legami con Tel Aviv, attraverso il fondo speculativo Wadi Ventures e, il cui padre, Franco, fino a pochi anni fa è stato arcigno custode delle dorsali telefoniche mediterranee che collegano l’Italia a Israele.
Forse aveva ragione l’ultimo cassiere dei Ds, Ugo Sposetti, quando disse: «Dietro i finanziamenti milionari a Renzi c’è Israele e la destra americana». O perfino Massimo D’Alema, che definì Renzi il terminale di «quei poteri forti che vogliono liquidare la sinistra».
Dietro Renzi ci sono anche i poteri forti economici, a partire dalla Morgan Stanley, una delle banche d’affari responsabile della crisi mondiale. Davide Serra entrò in Morgan Stanley nel 2001, e fece subito carriera, scalando posizioni su posizioni, in un quinquennio che lo condusse a diventare direttore generale e capo degli analisti bancari.
La carriera del giovane broker italiano venne punteggiata di premi e riconoscimenti per le sue abilità di valutazione dei mercati. In quegli anni trascorsi dentro il gruppo statunitense, Serra iniziò a frequentare anche i grandi nomi del mondo bancario italiano, da Matteo Arpe (che ancora era in Capitalia) ad Alessandro Profumo (Unicredit), passando per l’allora gran capo di Intesa-San Paolo Corrado Passera.
Nel 2006 Serra decise tuttavia che era il momento di spiccare il volo. E con il francese Eric Halet lanciò Algebris Investments.
Già nel primo anno Algebris passò da circa settecento milioni a quasi due miliardi di dollari gestiti.
L’anno successivo Serra, con il suo hedge fund, lanciò l’attacco al colosso bancario olandese Abn Amro, compiendo la più importante scalata bancaria d’ogni tempo.
Poi fu il turno del banchiere francese Antoine Bernheim a essere fatto fuori da Serra dalla presidenza di Generali, permettendo al rampante finanziere di mettere un piede in Mediobanca.
Definito dall’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani «il bandito delle Cayman», Serra oggi ha quarantatré anni, vive nel più lussuoso quartiere di Londra (Mayfair), fa miliardi a palate scommettendo sui ribassi in Borsa (ovvero sulla crisi) ed è il principale consulente finanziario di Renzi, nonché suo grande raccoglietore di denaro, attraverso cene organizzate da Algebris e dalla sua fondazione Metropolis.
E così, nell’ultimo anno il gotha dell’industria e della finanza italiane si sono schierati uno a uno dalla parte di Renzi. A cominciare da Fedele Confalonieri che, riferendosi al sindaco di Firenze, disse: «Non saranno i Fini, i Casini e gli altri leader già presenti sulla scena politica a succedere a Berlusconi, sarà un giovane». Poi venne Carlo De Benedetti, con il suo potentissimo gruppo editoriale Espresso-Repubblica («I partiti hanno perduto il contatto con la gente, lui invece quel contatto ce l’ha»). E ancora, Diego Della Valle, il numero uno di Vodafone Vittorio Colao, il fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio e l’amministratore delegato Andrea Guerra, il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera con la moglie Afef, l’ex direttore di Canale 5 Giorgio Gori, il patron di Eataly Oscar Farinetti, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Romiti, Martina Mondadori, Barbara Berlusconi, i banchieri Fabrizio Palenzona e Claudio Costamagna, il numero uno di Assolombarda Gianfelice Rocca, il patron di Lega Coop Giuliano Poletti, Patrizio Bertelli di Prada, Fabrizio Palenzona di Unicredit, Il Monte dei Paschi di Siena, attraverso il controllo della Fondazione Montepaschi gestita dal renziano sindaco di Siena Bruno Valentini, e, soprattutto, l’amministratore delegato di Mediobanca Albert Nagel, erede di Cuccia nell’istituto di credito.
Proprio sul giornale controllato da Mediobanca, "Il Corriere della Sera", da sempre schierato dalla parte dei poteri forti, è arrivato lo scoop su Monti e Napolitano, sui governi tecnici. Il Corriere ha ripreso alcuni passaggi dell’ultimo libro di Alan Friedman, altro uomo Rcs. Lo scoop ha colpito a fondo il governo Letta e aperto la strada di Palazzo Chigi a Renzi.
Il defunto segretario del Psi Bettino Craxi diceva: «Guarda come si muove il Corriere e capirai dove si va a parare nella politica». Gad Lerner ha, più recentemente, detto: «Non troverete alla Leopolda i portavoce del movimento degli sfrattati, né le mille voci del Quinto Stato dei precari all’italiana. Lui (Renzi) vuole impersonare una storia di successo. Gli sfigati non fanno audience».

ROMA
ANCHE, ANCHE MOODY’S CONFERMA: C’È IL RISCHIO DI UN INTERVENTO PUBBLICO DI SOSTEGNO / Man mano che si avvicina il mese di aprile, in cui saranno noti i risultati degli stress-test della Bce cresce la tensione nel mondo degli istituti di credito. Soltanto una settimana fa in Italia si discuteva di “bad company”, ovvero di una banca in cui far confluire le cifre “in rosso” dei bilanci, escludendo che ci fosse bisogno di un intervento pubblico. In realtà, come già sottolineammo, l’intervento pubblico serve. A metterlo in evidenza è Moody’s, che per le banche italiane parla di rischio crescente di ricorrere agli aiuti pubblici o di caricare delle perdite sugli obbligazionisti junior (bail in). Anche perché gli istituti di credito sembrano essere entrati, chi più chi meno, nell’avvitamento tra recessione e taglio dei crediti. Quindi, secondo Moody’s la crescita delle sofferenze continuera’ anche nel 2014 malgrado i segnali di stabilizzazione dell’economia del paese.
Secondo l’agenzia di rating le banche piu’ deboli comprese nella lista delle 15 che sono sottoposte dall’esame Bce, potrebbero vedere indeboliti maggiormente i loro bilanci. Nel caso l’esame dovesse evidenziare una mancanza di capitale questa dovrebbe essere coperta da risorse private o aumenti di capitale. Opzioni che, la crescita delle sofferenze, rende piu’ difficili aumentando la possibilita’ di interventi pubblici o di bail in. Piu’ in generale Moody’s nota come le sofferenze in Italia colpiscano sempre piu’ la redditivita’ degli istituti di credito e che si concentrino maggiormente nelle Pmi. Un aumento che inoltre costringera’ le banche a limitare i prestiti con un effetto a catena sull’economia.
Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia, la scorsa settimana aveva detto che proprio in funzione degli esami della Bce potrebbe aprirsi una fase di fusioni bancarie, e che gli aumenti di capitale necessari potrebbero raggiungere la ragguardevole cifra di 16 miliardi. Dove li prendono banchieri e finanzieri privati 16 miliardi?
Intanto gli analisti inziano a fare le prime stime sui risultati degli esami della Bce. Secondo quanto riporta il ‘Telegraph’, Davide Serra, capo esecutivo di Algebris, consulente del governo britannico in materia, prevede uno scenario poco rassicurante, con un buco intorno ai 50 milardi di euro nei bilanci delle banche

SARDEGNA
CAGLIARI
Sardegna, va a sinistra, stravince l’astensionismo. Alle elezioni per il rinnovo del Consiglio e della Giunta Regionale in Sardegna, a vincere è stato l’astensionismo. Ieri, infatti, ha votato solo poco più del 47% degli aventi diritto. Intanto, a poche ore dall’inizio dello spoglio delle 773.349 schede non sono ancora disponibili dati ufficiali sull’esito delle elezioni in Sardegna, sembra uscire confermato il testa a testa, previsto dai sondaggi, fra il presidente Ugo Cappellacci, ricandidato per il centrodestra, e l’avversario del centrosinistra Francesco Pigliaru, sostenuto anche da sovranisti e dagli indipendentisti di Irs. Staccata l’outsider Michela Murgia, candidata di Sardegna Possibile, che non sembra riuscita, come anche gli altri candidati, nell’impresa di convincere gli indecisi e soprattutto a scalfire il crescente partito dell’astensionismo in Sardegna. Seguono gli altri tre in corsa per la presidenza: il deputato Mauro Pili (Coalizione del popolo sardo), Pier Franco Devias (Fronte Indipendentista Unidu) e Gigi Sanna (Movimento Zona Franca).
Alle 22 di ieri aveva votato appena il 52,23 per cento degli aventi diritto (1.480.409 elettori, di cui 725.331 uomini e 755.078 donne, distribuiti in 1.836 sezioni), contro il 67,57% delle analoghe consultazioni del 2009. La provincia dove si è votato di più è Nuoro, con il 56,54%, maglia nera invece per Carbonia Iglesias, che si è fermata al 48,83%. Basse le percentuali anche ad Oristano (49,71%) e Medio Campidano (49,92%). Leggermente meglio, invece, in provincia di Cagliari, dove si sono recati alle urne il 51,38% degli elettori, e in Gallura, dove la percentuale è arrivata al 52,27%

ROMA
FEDERAZIONE SINDACALE MONDIALE: CAMPAGNA MONDIALE CONTRO LA DISOCCUPAZIONE. Dieci intense ore di dibattito, 43 interventi, la presentazione del nuovo sito web e dell’inno del WFTU composto da un musicista nepalese, l’adesione di 56 nuove organizzazioni di tutti i continenti – per l’Europa il forte sindacato dei trasporti britannico RMT – questi i numeri dell’appuntamento annuale che dopo JOHANNESBURG e LIMA ha toccato ROMA per riconvocarsi nel 2015 in GABON.
Il confronto ha evidenziato la forte espansione in tutti i continenti e in tutti i settori che ha raggiunto la ragguardevole cifra di 86 milioni di aderenti.
Verificato il raggiungimento degli obiettivi 2013 si è deciso di lanciare una campagna mondiale di lotta alla disoccupazione; ad organizzare lotte e mobilitazioni sono chiamati sia gli Uffici regionali e sub regionali che le UIS, unioni internazionali di categoria. In europa la iniziativa centrale si terrà’ il 3 ottobre a Lisbona organizzata dalla Cgtp-in in occasione del 69* anniversario della fondazione dell’FSM.
"E’ stato compiuto un passaggio politico importante – ha dichiarato Pierpaolo Leonardi membro Italiano del Presidential Council dell’Ufficio Internazionale e ribadisce la scelta di combattere l’Unione europea come polo della competizione inter imperialista e di allargare le relazioni ai Paesi dell’area del Mediterraneo".
Messaggi di solidarietà ai popoli in lotta per la propria autodeterminazione sono stati approvati all’unanimità ed uno speciale messaggio e’ stato inviato agli arrestati a Roma e a Napoli il 13 febbraio per aver lottato per i diritti dei disoccupati e dei senza casa "il conflitto non si arresta, esigiamo la immediata liberazione di tutti gli arrestati" chiedono con forza al ministro degli interni Italiano i 61 membri del Presidential Council.

ROMA
LA CAMERA HA APPROVATO IN VIA DEFINITIVA IL DECRETO SULL’ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI CHE COSI’ DIVENTA LEGGE.
Niente piu’ finanziamento pubblico diretto e indiretto ai partiti, quindi: questa la principale novita’ del decreto legge, fortemente voluto dal Governo Letta, che introduce nuove norme sulle modalità con cui affrontare i costi della politica e che oggi e’ stato convertito in legge dalla Camera.
Al posto del finanziamento, donazioni e agevolazioni fiscali per la contribuzione volontaria dei cittadini attraverso detrazioni per le erogazioni liberali e destinazione volontaria del 2 per mille Irpef. In altre parole, sara’ il singolo cittadino che, con una firma, deciderà a chi destinare una parte della propria contribuzione. Inoltre l’accesso ai fondi viene condizionato al rispetto di requisiti di trasparenza e democraticità cui dovranno attenersi le formazioni politiche che, da ora in poi, dovranno risultare regolarmente iscritte in un apposito registro.
Per essere ammessi, tra l’altro, sara’ necessario presentare adeguati statuti che rispettino i principi della democrazia interna e addirittura la creazione di un sito internet che assicuri la confutabilità’ a chiunque delle regole che gestiscono la vita di ogni singola formazione, come anche dei bilanci. Fondamentali l’introduzione di un tetto alle donazioni pari a 100 mila euro, l’introduzione di una detrazione per le erogazioni liberali pari al 26% per gli importi da 30 a 30 mila euro, l’assoggettazione a Imu degli immobili dei partiti politici, la possibilita’ di destinare il 2 per mille Irpef ai partiti, la previsione di un apposito codice di autoregolamentazione delle raccolte telefoniche di fondi, l’applicazione progressiva della abrogazione con la riduzione parziale dei contributi diretti che cesseranno completamente nel 2017, l’estensione al personale dei partiti della disciplina sul trattamento straordinario di integrazione salariale e di contratti di solidarietà.

VATICANO
IL NUOVO SEGRETARIO DI STATO VATICANO / La Curia di Parolin senza protagonismi
MENO IMMAGINE E PIÙ SOSTANZA: è in arrivo una nuova figura di Segretario di Stato Vaticano, a capo di una Curia che sarà anch’essa nuova, più piccola e funzionale, ricondotta a un puro ruolo di servizio. A una Curia senza protagonismi si addice un Segretario di Stato di basso profilo, più incisivo nell’aiuto al Papa — questo è ciò che conta — ma senza immagine pubblica. O con poca immagine.
È L’IMPRESSIONE CHE SI RICAVA DALL’INTERVISTA DELL’ARCIVESCOVO PIETRO PAROLIN — che è segretario di Stato dal 15 ottobre e che diventerà cardinale il 22 febbraio — all’Avvenire di ieri: ricca di affermazioni impegnative ma tutte in funzione di supporto all’iniziativa papale, senza — si direbbe — alcuna accentuazione soggettiva.
IL MIO STILE — HA DETTO PAROLIN — «NON PUÒ ESSERE» CHE QUELLO DI PAPA FRANCESCO, uno stile «nel quale mi sento profondamente identificato». E l’ha riassunto con cinque parole certamente bergogliane ma che non sono mai risuonate, tutte insieme, sulla bocca di un Segretario di Stato: «semplicità, apertura, vicinanza, serenità e gioia».
PIÙ AVANTI HA AFFERMATO CHE BISOGNA «LAVORARE SODO PER DIVENTARE PIÙ UMANI, più accoglienti, più evangelici»: e parlava dei curiali. Parolin negli anni romani ha sempre svolto un’intensa attività di aiuto a persone anziane e sole, ed è anche per questi tratti «evangelici» che Bergoglio l’ha voluto come primo collaboratore.
IL PAPA HA CHIESTO A OGNI STRUTTURA DI CHIESA — Papato incluso — di realizzare una «conversione pastorale» ed ecco Parolin che applica al suo ufficio quella parola d’ordine dicendo che la Segreteria di Stato dovrà assumere con «totale disponibilità » quell’impegno di trasformazione e diventarne anzi «un modello per l’intera Chiesa».
NON È DIFFICILE SEGNALARE LA COERENZA con cui il Segretario di Stato viene perseguendo questo obiettivo. Il Papa abita al Santa Marta e va al Palazzo vaticano solo per il lavoro, e così fa Parolin. Quand’era sottosegretario ai rapporti con gli Stati, negli anni 2002-2009, aveva — come prevede l’organigramma della Segreteria — un proprio appartamento all’interno del Vaticano, ma ora che è al vertice non l’ha più. L’esempio di spoliazione dal proprio appartamento che ha dato il Papa sta comportando una revisione degli appannaggi.
PAROLIN AFFERMA NELL’INTERVISTA CHE LA RIFORMA DELLA CURIA che si va preparando dovrà renderla «uno strumento agile e snello, meno burocratico e più efficace», al servizio «del Papa e dei Vescovi, della Chiesa universale e delle Chiese particolari ». Si sa quanto sia difficile ottenere che una struttura di governo dimagrisca, tuttavia ci sono segni che su questo fronte la linea Bergoglio-Parolin sia drastica: già si sono visti, nell’apparato della Segreteria, pensionamenti senza sostituzioni. La cura dimagrante pare sia partita.
SULL’ITALIA, CIOÈ SUL RAPPORTO TRA LA CEI E LA SEGRETERIA DI STATO, Parolin dice una frase rivelatrice in risposta alla domanda su chi abbia l’ultima parola in materia di rapporti con la politica: ricorda che Francesco ha indicato il «dialogo» con le istituzioni come compito dei vescovi, aggiunge che vi sarà «sinergia» tra le diverse istanze ecclesiastiche e conclude ricordando che «l’animazione cristiana dell’ordine temporale è compito specifico dei laici». Questa è per l’appunto un’idea centrale della veduta bergogliana: il gregge ha il suo fiuto per trovare la giusta via in quella materia, ha detto più volte Francesco. È tempo dunque di smetterla con l’interrogativo su quale porpora o quale zucchetto abbia l’ultima parola «in temporalibus», cioè nelle cose di questo mondo

EUROPA
UCRAINA
KIEV
IL DESTINO DELL’UCRAINA Le Monde, Francia / Cullati dall’illusione che in Ucraina non sarebbe successo nulla prima della fine delle Olimpiadi di Soci, gli occidentali si sono svegliati il 19 febbraio con le immagini del centro di Kiev messo a ferro e a fuoco. Dopo tre mesi di scontri tra un’opposizione filoeuropea che si mobilita resistendo anche al freddo dell’inverno e un regime sostenuto da Mosca che fa la politica del tanto peggio tanto meglio, la violenza sembra aver raggiunto un punto di non ritorno. La morte di almeno 25 persone, per lo più tra i manifestanti ma anche tra le forze di sicurezza, ha radicalizzato le posizioni. Oggi a Kiev nessuno si fida più di nessuno.
La situazione nella capitale e in diverse regioni del paese è instabile e pericolosa. L’Ucraina è un’ex repubblica sovietica e conta molti ex militari bene addestrati. Tra i suoi 45 milioni di abitanti circolano molte armi. I dirigenti dell’opposizione, divisi sulla strategia da seguire, hanno sempre meno controllo su quello che ormai è un movimento insurrezionale. Intanto il presidente Viktor Janukovic non finisce di stupire: dopo essersi dato malato due settimane fa, la sera del 18 febbraio non ha voluto parlare al telefono con la cancelliera Angela Merkel né con il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso.
A fine gennaio, dopo i primi morti di questa crisi, Barroso aveva minacciato il presidente ucraino di sanzioni se la repressione fosse continuata. A quanto pare è arrivato il momento per l’Unione europea di imporle. Sanzioni mirate, personali, dirette contro i dirigenti responsabili della repressione e i loro investimenti nelle capitali europee. Il problema è che queste sanzioni rischiano di essere inutili. La spirale della crisi è sempre più forte, e oggi nessuno, né a Bruxelles né a Mosca, è in grado di prevedere come finirà. Ma se vogliamo aiutare gli ucraini a ritrovare da soli la via del dialogo, è fondamentale che l’Unione parli con una voce sola e ferma. La cacofonia nelle reazioni dei paesi europei alla drammatica svolta di questi giorni è vergognosa. Il problema non è fare all’Ucraina promesse impossibili da mantenere, ma riaffermare con forza e unità i valori alla base dell’Unione, per cui migliaia di ucraini si battono da mesi. L’Europa deve usare i mezzi di pressione di cui dispone. È il minimo che ci si aspetta dai suoi leader.

EU
L’EUROPARLAMENTO BOCCIA LA TROIKA: “HA FATTO DANNI EPOCALI” . Risoluzione in commissione lavoro. Il documento che approderà nell’aula dell’europarlamento condanna senza mezzi termini il "salvataggio" di Ue, Fmi e Bce in GRECIA, PORTOGALLO, SPAGNA e IRLANDA. I popolari: "La colpa del disastro è dei socialisti" ( di Jacopo Rosatelli da Il Manifesto)
GRECIA, PORTOGALLO, IRLANDA e CIPRO sono i Paesi oggetto dei « piani di salvataggio » ad opera dell’Unione europea, attraverso la troika formata da Com¬missione europea, Bce e Fondo monetario. Risultato? «Le politiche di aggiustamento e le riforme strutturali nei quattro Paesi hanno condotto a drammatiche quote di disoccupazione, a una percentuale storica di posti di lavoro perduti, e a un peggioramento delle condizioni di lavoro». A dirlo nero su bianco è la Commissione lavoro e affari sociali del Parlamento europeo, che ha approvato ieri a larga maggioranza una risoluzione di bilancio dell’operato della troika.

GB
GRAN BRETAGNA, LA CHIESA CATTOLICA CONTRO LA RIFORMA DEL WELFARE: "UNA VERGOGNA"
Una "vergogna": cosi’ il primate della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles, arcivescovo di Westminster Vincent Nichols, ha definito la riforma del welfare del governo conservatore di David Cameron che, secondo il religioso, lascia la gente "in balia della miseria". Un provvedimento gia’ criticato ieri dall’Arcivescovo anglicano di Westminster.
Secondo Nichols, che a breve sara’ consacrato cardinale da Papa Francesco insieme ad altri 18 prelati da tutto il mondo, la riforma ha due conseguenze: "La rete di protezione che garantisce che le persone non vengano abbandonate alla fame e alla miseria e’ stata fatta a pezzi, non esiste piu’". Inoltre – aggiunge Nichols – in questo contesto, l’amministrazione dell’assistenza sociale e’ diventata sempre piu’ punitiva

RUSSIA
SOCHI, RILASCIATA NELLA NOTTE VLADIMIR LUXURIA. E ‘ stata rilasciata nella notte dalla polizia russa che l’aveva fermata ieri poco dopo il suo arrivo a Sochi perche’ aveva sventolato una bandiera arcobaleno con al scritta ‘gay e’ ok", una provocazione contro la nuova legge russa che prevede il divieto di propaganda gay. Il suo non e’ stato un arresto ma un fermo.
A quanto si e’ appreso a Sochi, l’attivista LGBT, primo transgender del parlamento italiano, "non ha subito alcuna violenza ne’ intimidazione" a differenza di quanto lei stessa aveva riferito ad Imma Battaglia, presidente onorario di Gay Project. Per questa sera a Roma davanti all’ambasciata era stato organizzato un sit in di protesta.
Dopo essere stata rilasciata nella notte, Vladimir Luxuria ha fatto sapere che nella giornata odierna assisterà ai Giochi olimpici in corso di svolgimento a Sochi. Luxuria si trovava a Sochi, infatti, per realizzare un servizio delle Iene e per oggi aveva in programma di assistere ad una partita di hockey, uno degli sport prediletti dal presidente russo Vladimir Putin, portando con se la bandiera con i colori dell’arcobaleno.

GERMANIA
BERLINO / LO SCNDALO EDATHY / Der Spiegel, Ad appena due mesi dall’entrata in carica, la grande coalizione di Angela Merkel è nell’occhio del ciclone. Il motivo è lo scandalo nato intorno a Sebastian Edathy, deputato dell Spd indagato per possesso di materiale pedopornografico. Nell’ottobre del 2013, spiega Der Spiegel, l’allora ministro dell’interno Hans-Peter Friedrich, esponente della Csu, avvertì i vertici dell’Spd che Edathy era nel mirino dei magistrati. Il ministro parlò allora con Sigmar Gabriel, presidente dell’Spd e attuale ministro dell’economia. A sua volta Gabriel si rivolse a Frank-Walter Steinmeier, oggi alla guida del ministero degli esteri, e a Thomas Oppermann, attuale capogruppo dei socialdemocratici al Bundestag. Il 14 febbraio 2014, quattro giorni dopo l’inizio dello scandalo, Friedrich, ministro dell’agricoltura nel nuovo governo di Merkel, si è dimesso. Edathy aveva lasciato il Bundestag tre giorni prima, ufficialmente per motivi di salute. Il caso, osserva il settimanale, "rischia di provocare un terremoto nel governo, perché il leader della Csu, Horst Seehofer, e ampi settori della Cdu si sentono ingannati dai vertici dell’Spd e ora vogliono che qualcuno paghi".

BELGIO
I BAMBINI E LA DOLCE MORTE 7 II13 febbraio i deputati belgi hanno adottato una modifica alla legge sull’eutanasia del 2002 che estende ai bambini la facoltà di scegliere di porre fine alla propria vita. Come spiega Le Soir, in Belgio la discussione sul tema è stata molto pacata e, stando ai sondaggi, circa il 73 per cento dei cittadini è favorevole al provvedimento. Le critiche, tuttavia, non sono mancate e sono arrivate soprattutto dal mondo cattolico. "I bambini so-no influenzabili?", si chiede De Morgen. "Sono davvero in grado di fare scelte autonome e ragionate su temi di estrema importanza? E perché accordargli il diritto a morire quando altri diritti gli sono preclusi? Perché allora non consentirgli di sposarsi, di votare, di avere rapporti sessuali?". Chi difende il testo, invece, spiega Le Soir, "insiste sulle ‘rigide condizioni’ previste dalla legge: il minore dovrà ‘trovarsi in una situazione medica senza via d’uscita e tale da pro-vocare il decesso in tempi brevi’ ed essere costretto a subire ‘sofferenze fisiche costanti e insopportabili’. La sua capacità di capire ‘l’irreversibilità della morte’ sarà poi determinata caso per caso da un’equipe medica e da uno psicologo". "I bambini malati hanno a che fare quotidianamente con la morte, e non è ve-ro che non chiedono mai di morire", scrive De Standaard. "La legge è giusta, perché non c’è un’età per soffrire

UNGHERIA
II 14 febbraio il parti-to di estrema destra Jobbik, noto per le sue posizioni antisemite, ha organizzato una riunione politica in un’ex sinagoga a Esztergom. All’esterno circa cento manifestanti antifascisti hanno denunciato la provocazione degli attivisti di Jobbik, guidati dal leader Gabor Vona {nella foto).

SPAGNA
II licenziamento del di-rettore e fondatore del Mundo Pedro Ramirez ha causato un effetto domino nell’editoria spagnola. Anche il direttore del Pais, Javier Moreno, è stato rimosso. Al suo posto dovrebbe arrivare Antonio Cano
SPAGNA
I migranti di Ceuta / La pressione migratoria su Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole in Marocco, è in aumento. Dopo la morte, il 7 febbraio, di 15 migranti "che cercavano di passare a nuoto il confine di Ceuta schivando i proiettili di gomma della guardia di frontiera", scrive eldiario.es, la polizia di Madrid ha dichiarato che in Marocco ci sono trentamila persone in attesa di entrare in territorio spagnolo. Come spiega El Pais, con gli arrivi dalle Canarie ormai interrotti, le principali porte d’ingresso per i migranti sono diventate Ceuta e Melilla.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
TURCHIA
PASSI INDIETRO SULLA GIUSTIZIA
Il 15 febbraio il parlamento turco ha approvato, con 210 voti a favore e 28 contrari, la riforma della giustizia proposta dal primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Il voto è arrivato dopo una maratona parlamentare di venti ore, segnata anche da tafferugli tra i deputati. Secondo i partiti d’opposizione, la legge che amplia il potere dell’esecutivo nella nomina dei giudici e dei procuratori – ha l’obiettivo di insabbiare le inchieste per corruzione che da quasi due mesi stanno mettendo in difficoltà il governo guidato dal partito islamico e conservatore Akp. "Gran parte dei passi avanti sull’indi-pendenza del settore giudiziario fatti con la riforma del 2010 sono annullati da questa nuova legge", scrive Hurriyet.

LIBANO
Bir Hassan/Beirut
ATTACCO SUICIDA A BEIRUT: 8 MORTI E128 FERITI. È di otto morti e 128 feriti ii bilancio del duplice attentato suicida compiuto ieri a Bir Hassan, nella zona meridionale di Beirut, controllata dal movimento sciita Hezbollah. L’attacco ha preso di mira la sede del centro culturale iraniano ed è stato uno dei più sanguinosi tra quelli che negli ultimi mesi hanno colpito la periferia sud della capitale libanese. A realizzarlo due kamikaze delle Brigate Abdullah Azzam, un gruppo jihadista di orientamento qaedista che aveva rivendicato lo scorso novembre un altro duplice
attentato contro l’ambasciata iraniana a Beimi Uno dei due kamikaze di ieri è un Covane di Arsal, cittadina sunnita tra libano e Siria, roccaforte del sunnismo radicale a favore dell’opposizione armata siriana. Nel comunicato di rivendicazione le Brigate Abdullah Azzam hanno scritto di aver voluto colpire il ‘partito del diavolo» (Hezbollah) perché mantiene suoi guerriglieri in Siria in appoggio all’esercito governativo agli ordini di Bashar Assad. A inizio settimana il leader di Hetboiiah, Hassan Nasrallah, aveva escluso il ritiro dei combattenti sciiti dalla Siria sino a quando diversi Stati arabi della resone continueranno a sostenere con armi e finanziamenti i ribelli siriani. In precedenza il leader sunnita Saad Hariri aveva avvertito che la partecipazione di hezbollah alla guerra civile siriana mette a rischio la stabilità del Libano e solo qualche giorno fa ha formato un governo di unità nazionale dopo 10 mesi di paralisi politica totale.

IRAQ
Quarantanove persone so-no morte il 18 febbraio in una serie di attentati a Baghdad e a Hilla.

IRAN
II 18 febbraio sono ricominciati a Vienna i negoziati per un accordo definitivo sul programma
nucleare iraniano.

ARABIA SAUDITA
II 16 febbraio Somayya Jabarti è diventata la prima donna a dirigere un quotidiano, la Saudi Gazette.

NIGERIA
È salito a 121 il numero dei morti negli attacchi del 16 febbraio in due villaggi dello stato di Borno attribuiti al gruppo islamico Boko haram, scrive Vanguard. "La Nigeria è in guerra", ha dichiarato il governatore Kashim Shettima, sottolineando che i terroristi sono meglio armati e più motivati dei militari nigeriani. Anche se negli stati di Borno, Adamawa e Yobe vige lo stato d’emergenza, dall’inizio del 2014 gli attacchi di Boko haram hanno causato centinaia di morti e distrutto centinaia di case. In seimila sono scappati in Ciad, Niger e Camerun (nella foto, sfollati nel campo Mararaba-Madagali, 18 febbraio 2014).

UGANDA
MUSEVENI CI RIPENSA, FIRMERÀ LA LEGGE ANTMSAY
All’inizio si era rifiutato di promulgare la legge che criminalizza ferocemente i gay in Uganda, ma solo perché al momento della votazione in aula mancava il numero legale. Dopo il rapporto stilato dalla commissione medica incaricata di approfondire l’argomento, nel quale si sostiene che l’omosessualità non è un fattore genetico ma un comportamento sociale deviato, il presidente Yoweri Museveni (nella foto) ci ha ripensato e ha fatto sapere di essere orientato a dare il suo placet finale al provvedimento. Neanche le forti pressioni dell’amministrazione Usa (l’Uganda è il miglior alleato di Washington nella regione e Obama è tornato domenica scorsa a criticare duramente la legge minacciando il taglio dei fondi per I progetti di cooperazione con il paese africano) sembrano in grado di far desistere Muse-veni dal suo proposito. La legge che arriva a prevedere l’ergastolo per i casi più recidivi preoccupa anche l’Unaids, l’agenzia Onu per la lotta all’Hiv, in quanto i gay malati di Aids, nel timore di essere incriminati potrebbero non rivolgersi alle strutture sanitarie.

SUD SUDAN
FINE DELLA TREGUA, À MALAKAL SI TORNA A COMBATTERE / I pesanti scontri registrati ieri a Malakal, capitale dello stato dell’Upper Nile, segnano la fine ufficiale del cessate-il-fuoco siglato lo scorso 23 gennaio in Etiopia tra i rappresentanti del presidente sud-sudanese Salva Kiir e quelli del suo ex vice Riek Machar. L’esercito regolare e i ribelli si accusano a vicenda di aver rotto la tregua attaccando le posizioni dell’avversario. I miliziani in particolare parlano anche di raid compiuti contro le loro basi a sud e a est della città da elicotteri d’assalto ugandesi. Le truppe di Kampala erano intervenute a sostegno dei governativi durante la vera s propria guerra civile che ha sconvolto da dicembre il più giovane stato del mondo e hanno mantenuto la loro presenza nel paese anche dopo l’accordo. Malakal è un crocevia essenziale per la produzione petrolifera di tutta la regione e proprio per la sua importanza strategica era stata al centro di furiose battaglia anche in gennaio, fino alla riconquista da parte delle truppe governative.
SUD SUDAN
II 18 febbraio, nonostante la tregua, i ribelli hanno lanciato un’offensiva per riconquistare la città di Malakal.

REP. CENROAFRICANA
OPERAZIONI DI DISARMO / Il 15 febbraio i soldati francesi e quelli dell’Unione africana hanno cominciato una vasta operazione di disarmo degli antibalaka, i combattenti dei gruppi di autodifesa a maggioranza cristiana, accusati di aver commesso atrocità contro i musulmani, scrive Jeune Afrique. Ma alcuni importanti leader di queste milizie sono sfuggiti all’arresto.

LIBERIA
ESTRADIZIONI ILLEGALI IN COSTA D’AVORIO/ L’agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) in Liberia denuncia la deportazione di 14 rifugiati della Costa d’Avorio accusati dal governo ivoriano di essere dei mercenari. Sembra che nessuno di loro abbia avuto neanche un processo e lo stesso governo liberiano si dice ignaro dell’accaduto. Semplicemente, a tre anni dall’epilogo della guerra civile in Costa d’Avorio e dalla destituzione del presidente Laurent Gbagbo, i cittadini ivoriani sono stati presi nottetempo dalle forze di sicurezza liberiane e consegnati atte autorità del paese confinante. Paradossalmente, per portare i rifugiati al di là del fiume che segna il confine tra i due paesi sarebbe stato utilizzato proprio il traghetto di proprietà dell’Unhcr, impiegato fino a quel momento per prestare soccorso ai fuggitivi. Nel corso della crisi che ha interessato la Costa d’Avorio oltre 50mila persone hanno trovato rifugio in Liberia,

ASIA & PACIFICO
AUSTRALIA
LA RIVOLTA DEI MIGRANTI E LE COLPE DELL’AUSTRALIA / Jay Fletcher, Green Left Weekly – le conseguenze delle scelte politiche disumane fatte senza distinzioni dai governi conservatori e laburisti sulla questione dei richiedenti asilo sono emerse sull’isola di Manu, in Papua Nuova Guinea. Dopo settimane di proteste pacifiche, il 16 febbraio nel centro di detenzione dell’isola dove sono rinchiusi i migranti diretti in Australia via mare è scoppiato il caos quando i reclusi sono stati informati che sarebbero rimasti lì per un tempo indefinito. Nei disordini una persona è morta e 77 sono rimaste ferite. Nel 2012 il governo laburista ha ripreso a usare il centro sull’isola di Manu da dove, una volta ottenuto lo status di rifugiati, in teoria i migranti avrebbero potuto stabilirsi in Papua Nuova Guinea. Quando nel settembre del 2013 il conservatore Tony Abbott è salito al potere, il governo ha cominciato a dirottare nelle ex caserme militari sull’isola centinaia di richiedenti asilo. Un rapporto recente di Amnesty international definisce le condizioni all’interno del centro, gestito dall’azienda privata G4S, "simili alla prigionia". Secondo Refugee action coalition, un’organizzazione australiana per i diritti dei rifugiati, il 16 febbraio la situazione è degenerata quando è arrivata la notizia che il ministro dell’immigrazione australiano Scott Morrison aveva deciso che i detenuti non sarebbero usciti dal centro. Gli agenti di sicurezza della G4S sono intervenuti, la recinzione è stata abbattuta e la protesta è dilagata. Il 17 febbraio alcuni attivisti per i diritti dei rifugiati in Australia hanno ricevuto degli sms dai detenuti di Manu in cui scrivevano che la polizia e le guardie della G4S li stavano attaccando. A quanto pare, poi, alcuni abitanti dell’isola armati di machete, coltelli e pistole hanno cominciato ad attaccare i richiedenti asilo in fuga. Un detenuto ferito alla testa è morto nel tragitto verso l’ospedale. Secondo Morrison sarebbe stato aggredito fuori dalla recinzione. Il ministro ha attribuito la responsabilità di quanto accaduto ai detenuti che hanno cominciato la protesta "scegliendo di mettersi in una situazione molto rischiosa
CAMBERRA
Tony Wright, The Age, Nonostante il tentativo di manipolare le informazioni e la scarsa chiarezza, il ministro dell’immigrazione australiano Scott Morrison deve guardare in faccia la realtà. L’Australia ha condannato i richiedenti asilo a stare in un altro paese dove Canberra non può – e non ha potuto – garantirgli la sicurezza. Per quanto Morrison cerchi di incolpare gli evasi dal centro di detenzione dell’isola di Manu, in Papua Nuova Guinea, la realtà è che uno di loro è stato ucciso e 77 sono rimasti feriti, quasi tutti alla testa. Non è ancora del tutto chiaro, ma pare che la responsabilità sia della polizia papuana. Canberra non ha alcun potere sulla polizia straniera che agisce nel proprio territorio ma, secondo la convenzione Onu sui rifugiati, ha la responsabilità di proteggere, meglio che può, chiunque si trovi sotto la sua giurisdizione. E cosa ha offerto a un gruppo di persone in cerca di asilo e a una forza di po-lizia straniera su cui non ha controllo? Un recinto di filo spinato. Morrison ha dichia-rato che l’Australia può garantire protezione a chiunque si trovi all’interno della recin-zione ma, una volta fuori dal centro di de-tenzione, ognuno per sé. Insomma, è colpa dei rifugiati se si sono rotti la testa. È meno chiaro il perché alcuni dei feriti, compreso l’uomo che è morto, siano stati inseguiti an-che all’interno della recinzione. È sicuro, ovviamente, che i richiedenti asilo si sono ribellati e hanno abbattuto la rete di filo spinato mettendo in pericolo se stessi e gli al-tri. Una volta sfondata la recinzione, si sono ritrovati nel luogo scelto per loro da Canberra: un paese molto povero noto per i suoi problemi di sicurezza e ordine pubblico e per la brutalità dei suoi agenti di polizia.
Al di là dei dettagli, la ragione per la quale l’Australia ha mandato i rifugiati in un ambiente simile si spiega da sé. È stato chiaro fin da quando il precedente governo laburista ha scelto di mostrarsi duro come i conservatori in materia d’immigrazione. L’Australia vuole spaventare chi intende chiedere asilo nel suo territorio con la minaccia di spedirlo a Manu. Forse ha ottenuto quel che voleva.

COREA DEL NORD
PYONGYANG.
L’INCUBO DELLA COREA DEL NORD / The Independent, Regno Unito / Le "atrocità indicibili" in corso in Corea del Nord saranno anche sconvolgenti, ma purtroppo non sono una sorpresa. Nonostante gli sforzi contrari di ben tre generazioni della famiglia Kim, che controlla il regime nordcoreano, sono ormai tra-pelate troppe notizie sulla repressione, la carestia e la rete di gulag brutali per poter ancora ignorare i crimini contro l’umanità commessi da Pyongyang.
Comunque sia, il rapporto pubblicato da una commissione delle Nazioni Unite è una pietra miliare. I risultati di un’indagine durata un anno, e basata su interviste con oltre 80 tra vittime e testimoni, dipingono il quadro più dettagliato mai avuto finora della spaventosa realtà nel paese più chiuso del mondo. Ne emerge un elenco di stupri, omicidi, torture e riduzioni in schiavitù che è anche il primo atto d’accusa ufficiale mosso dall’Onu alla Corea del Nord per le sue violazioni dei diritti umani. L’atto d’accusa si chiude con l’esplicita raccomandazione che la situazione sia segnalata alla Corte penale internazionale.
Cosa succederà ora? La risposta più probabile è: poco o nulla. Gli ostacoli da superare sono molti, giuridici e logistici. Ma il principale è che questi piani andrebbero approvati dal Consiglio di sicurezza dell’Orni, di cui la Cina, unico alleato della Corea del Nord, è membro permanente con diritto di veto.
In occasione dell’ultima spacconata militaristica di Kim Jong-un si è avuto qualche indizio del fatto che Pechino stesse perdendo la pazienza con la Corea del Nord, la sua vicina emarginata dal consesso delle nazioni. Ma tollerare nuove sanzioni dopo una provocazione militare è un conto, permettere l’applicazione del diritto inter-nazionale è un altro.
Nel migliore dei casi le Nazioni Unite potranno estendere il proprio mandato per sorvegliare la situazione dei diritti umani in Corea del Nord. Naturalmente, qualsiasi ulteriore pressione sarebbe da salutare con favore, ma finché il regime dei Kim continua ad avere l’appoggio della Cina cambierà molto poco. Non sono i giudici dell’Aja che devono fare qualcosa dopo questo sconvolgente rapporto. Sono i leader di Pechino.

COREA DEL SUD
II 17 febbraio dieci persone sono morte nel crollo del tetto di una sala da concerti a Gyeongju.

INDIA
IL RICHIAMO DELL’ITALIA / Il governo italiano ha richiamato il suo ambasciatore a New Delhi in segno di protesta per "l’inaccettabile" dilatazione dei tempi della giustizia indiana nel caso dei due fucilieri della marina italiana accusati di omicidio. L’udienza presso la corte suprema di New Delhi, fissata per il 18 febbraio, è stata posticipata di una settimana in attesa che il governo indiano decida in base a quale legge giudicare i due militari, accusati di aver ucciso nel 2012 due pescatori al largo delle acque del Kerala. Roma aveva protestato all’ipotesi che fosse applicata al caso la legge antipirateria, in base al quale gli imputati sarebbero considerati terroristi. "La corte ha dato al governo l’opportunità di esprimersi in merito", scrive The Hindu.
INDIA
II 17 febbraio l’ex direttore del settimanale Tehelka, Tarun Tejpal, è stato rinviato a giudizio per stupro.
Il 18 febbraio la corte suprema ha commutato da pena di morte a ergastolo la condanna di tre persone accusate dell’omicidio del primo ministro Rajiv Gandhi nel 1991. I tre potrebbero essere presto liberati insieme a quattro complici. L’omicidio era stato rivendicato dai ribelli srilanchesi dell’Ltte.
INDIA
IL PUNTO DEBOLE DI KEJRIWAL / Quarantanove giorni dopo aver giurato da chief minister della città-stato di New Delhi, Arvind Kejriwal si è dimesso rompendo la sua promessa di cambiamento. Il leader dell’Aam Adami party (Aap, Partito dell’uomo comune) ha lasciato l’incarico dopo il tentativo fallito di far approvare una legge anticorruzione dal parlamento della capitale. Il disegno, che prevedeva l’introduzione di una figura indipendente per indagare sui funzionari pubblici sospettati di corruzione, era stato il cavallo di battaglia del movimento da cui proviene Kejriwal e della campagna elettorale del suo partito, nato da quel movimento, alle recenti elezioni nello stato della capitale. I due principali partiti indiani, il Bharatiya Janata party e il partito del Congress, hanno affossato la proposta perché incostituzionale. New Delhi, in-fatti, ha bisogno dell’approva-zione del governo centrale prima di poter presentare in parlamento un disegno di legge. Secondo i suoi detrattori, Kejriwal ha voluto procedere comunque solo per avere il pretesto per lasciare un incarico al di là delle sue capacità. In un mese e mezzo di governo la mancanza di una strategia economica per il governo della città ha raffreddato l’entusiasmo della classe media, scrive The Diplomat. Chiaramente Kejriwal guarda alle imminenti elezioni nazionali, dove presentarsi come vittima di una cospirazione dei due principali partiti può tornargli utile. Ma il tallone d’Achille dell’Aap è ormai scoperto.

THAILANDIA
5 MORTI A BANGKOK / Il 18 febbraio un poliziotto e quattro manifestanti sono morti negli scontri scoppiati durante lo sgombero delle cinque sedi istituzionali occupate dai dimostranti antigovernativi più di due mesi fa. Finora la polizia aveva avuto l’ordine di limitare le tensioni ed evitare gli scontri con i manifestanti, che infatti erano stati lasciati liberi di occupare gli edifici del governo. Le violenze sono scoppiate fuori dall’ufficio della prima ministra Yingluck Shinawatra, di cui i dimostranti chiedono le dimissioni.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
VENEZUELA
NICOLAS MADURO: «PREPARANO IL COLPO DI STATO» . Due morti, oltre 60 feriti (molti gravi) e 70 arresti. Questo il bilancio delle violenze seguite alle manifestazioni studentesche organizzate dall’opposizione venezuelana giovedì a Caracas. A rimetterci la vita, uno studente di destra, Bassil Alejandro de Acosta, e un leader chavista molto conosciuto nello storico quartiere del 23 Enero, Juan Montoya, detto Juancho: uccisi entrambi con un colpo alla nuca. Un altro colpo ha raggiunto alla pancia una ragazza che cercava di impedire l’assalto a Vtv, la televisione di stato, e si è pensato a un terzo morto, ma dopo essere stata operata la ragazza sembra fuori pericolo. La tensione era alta già da qualche giorno. In diversi stati del paese — Merida, Trujillo, Aragua e Carabobo — c’erano stati tafferugli e qualche fermo, ma le manifestazioni nella capitale si erano svolte senza incidenti fino a tarda sera. Poi, le violenze, gli spari e i morti.
CARACAS
VENEZUELA, OBAMA ENTRA A GAMBA TESA E CHIEDE LA LIBERAZIONE DI LOPEZ – leader del partito antichavista Volontà Popolare, resterà in prigione in custodia cautelare fino all’inizio del suo processo. A stabilirlo è stato il tribunale venezuelano. A chiedere la liberazione di Lopez, attualmente nel centro di detenzione militare di Ramo Verde a Los Teques, nella periferia di Caracas, e degli altri fascisti arrestati in questi giorni in Venezuela nel corso degli scontri tra militanti schierati a favore di Maduro e antigovernativi, è stato addirittura il presidente degli Usa Obama. Barack Obama. Il presidente americano ha condannato le violenze che ieri hanno fatto cinque morti, tra le quali una studentessa miss Turismo nello Stato di Carabobo. "Insieme all’Organizzazione degli Stati americani -ha detto nel corso di una visita in Messico i cui ha partecipato a un vertice degli Stati nordamericani- chiediamo al governo di avviare un dialogo reale". Lopez, che guida il partito antichavista Volontà Popolare, e’ stato accusato di essere il responsabile degli scontri a margine di una protesta studentesca dello scorso 12 febbraio, che hanno lasciato un bilancio di tre morti e decine di feriti e dopo aver passato la notte di carcere deve comparire oggi in tribunale per una imputazione formale. L’ultima vittima dei disordini è un militante filogovernativo (altri quattro sono rimasti feriti), colpito da alcune raffiche di sconosciuti nel corso di una manifestazione a favore del governo nello Stato di Bolivar (sud del Paese).
CARACAS
I GIOVANI COMUNISTI DEL VENEZUELA CONTRO IL FASCISMO / Dichiarazione del Consiglio Centrale della Gioventù Comunista del Venezuela (JCV)
La Gioventù Comunista del Venezuela (JCV) ha invitato tutte le forze giovanili rivoluzionarie a rimanere all’erta, vigilanti e combattive, senza cadere nelle provocazioni. E a impedire che si impongano le forze che rispondono agli interessi dell’imperialismo nordamericano.
Il Consiglio Centrale della Gioventù Comunista del Venezuela (JCV) ha diffuso una dichiarazione pubblica in cui respinge la violenza fascista di piccoli gruppi dell’opposizione che si è scatenata in Venezuela e ha fatto appello alle forze rivoluzionarie a organizzarsi per lottare affinché la rivoluzione avanzi.
Lo ha dichiarato Héctor Rodriguez Montaño, segretario generale della JCV, che ha invitato il governo nazionale ad agire con decisione contro i responsabili di questi deprecabili fatti.
“Queste azioni rispondono a un piano generale che si sviluppa su diversi piani, attuato da piccoli gruppi di orientamento fascista che sono organizzati, finanziati e diretti dall’imperialismo nordamericano”, ha affermato Rodriguez. Per la JCV, questi gruppi stanno agendo approfittando dei problemi economici che ha il paese, risultanti dal modello capitalista e improduttivo che vige in Venezuela.
“Non è con un’uscita golpista e violenta che è possibile dare soluzione ai problemi che travagliano il nostro paese. E’ attraverso lo sviluppo del movimento popolare e dell’avanzata delle nostre forze a livello di organizzazione e consapevolezza che potremo abbattere il potere del capitale”.
Rodriguez ha invitato i giovani venezuelani a organizzarsi per far fronte all’offensiva controrivoluzionaria golpista. “A difendere questo processo dalla prospettiva del suo approfondimento”.
Allo stesso tempo, ha invitato il governo a risolvere i problemi urgenti che vive il paese e ad affrontare con decisione il sabotaggio economico, i problemi nell’approvvigionamento alimentare, la corruzione e il burocratismo che colpiscono la società, in quanto prodotto dell’attuale modello economico capitalista.

BRASILE
SAN PAOLO
Rousseff, pronti per sicurezza mondiali – Il Brasile è pronto a garantire la sicurezza dei cittadini e degli ospiti stranieri durante i Mondiali di calcio, in programma dal 12 giugno al 13 luglio prossimi, e le Olimpiadi di Rio del 2016. Lo ha detto la presidente verdeoro Dilma Rousseff, aggiungendo che ”il governo federale ha investito per la sicurezza di 1,9 miliardi di reais (600 mln di euro)”, e che l’intelligence brasiliana sta lavorando con quelle di altri Paesi per uno scambio di informazioni sui tifosi violenti”

PERU
LIMA
IL rischio dell’impunità per le sterilizzazioni forzate / María Mamérita Mestanza Chávez aveva 33 anni e 7 figli quando nel 1998 fu sottoposta a sterilizzazione. Viveva in un piccolo villaggio tra le montagne della regione Cajamarca, dove già da due anni gli operatori del Distretto sanitario eseguivano la sterilizzazione come metodo di pianificazione familiare. Era il 1995, quando il governo di Alberto Fujimori modificò la Legge sulla politica nazionale della popolazione al fine di lanciare il progetto Aqv (Anticoncepciòn Quirùrgica Voluntaria), per trasformare la legatura delle tube e la vasectomia in metodi legali di pianificazione familiare, effettuati dal servizio sanitario pubblico.
Sette anni di sterilizzazione selvaggia. María Mamérita è una delle 18 persone che – secondo il report della Commissione d’inchiesta del Congresso del 2002 – perse la vita a seguito dell’intervento cui fu costretta a sottomettersi. Si scoprì poi che molte donne avevano accettato l’intervento con l’inganno, sotto minaccia o addirittura costrette con la forza. I numeri di quegli anni sono impressionanti: tra il 1993 e il 2000 ci furono 346.219 sterilizzazioni; 2.074 donne denunciarono di essere state costrette a subire la sterilizzazione; 18 donne sono morte a causa delle cattive condizioni. In quegli anni, superando la vergogna e il timore, alcune campesinas di Anta, della provincia di Cuzco, si recarono nella capitale per rendere pubblica la loro storia, denunciare le atrocità subite sui loro corpi e chiedere giustizia.
L’epilogo più triste. Ma l’epilogo giudiziario più triste è di questi giorni. Il 22 gennaio la Procura di Lima ha deciso di chiudere l’indagine andata avanti 10 anni – chiusa e riaperta grazie agli attivisti dei diritti umani -, rinviando a giudizio gli operatori sanitari coinvolti nel solo caso di María Mamérita Mestanza Chávez. Mentre nessuna accusa è stata formulata contro membri del governo di allora. Questo nonostante varie testimonianze e documenti che provano una comunicazione costante tra l’ex ministro della Salute e l’allora presidente Alberto Fujimori, in cui si riferivano i dati mensili delle sterilizzazioni effettuate e le proiezioni per il futuro. C’erano persino quote stabilite che i medici dovevano raggiungere altrimenti avrebbero perso il posto di lavoro.
Il loro target: le contadine analfabete. Ci si domanda allora se sia stato un piano disegnato dal governo o un eccesso di zelo degli operatori sanitari. Le sterilizzazioni forzate avevano un target ben definito: contadine analfabete, con più di tre figli e un età minima di 30 anni. In questi giorni Amnesty International ha lanciato una campagna di raccolta firme a livello mondiale perché non venga negato a nessuno l’accesso alla giustizia.

COLOMBIA
ESERCITO CORROTTO
Dopo le rivelazioni sullo spionaggio realizzato dall’esercito ai danni dei negoziatori di pace con le Fare a Cuba, Semana ha pubblicato un’altra inchiesta che fa tremare i militari. La rivista ha rivelato una rete di corruzione per l’assegnazione di contratti milionari in cui sarebbero coinvolti generali e vari colonnelli. Semana ha avuto accesso a centinaia di ore di conversazioni tra alti ufficiali, avvenute tra il 2012 e il 2013. "Nelle registrazioni si fanno riferimenti espliciti alle tangenti fino al 50 per cento ottenute dai militari nei contratti pubblici". Tra i beneficiari ci sarebbero alcuni ufficiali dell’esercito condannati per lo scandalo dei falsospositi-vos, l’uccisione di civili fatti passare per guerriglieri morti in combattimento. Il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, ha ordinato al ministro dell’interno un’indagine seria sulla questione e ha destituito dall’incarico il capo delle forze armate Leonardo Barrerò.

ARGENTINA
CAMBIO NEL CLARÍN "Dopo la sentenza della corte suprema argentina che nell’ottobre 2013 ha dichiarato costituzionale la cosiddetta Ley de medios", scrive El Espectador, "il 18 febbraio il gigante editoriale Clarín ha cominciato il suo processo di divisione in sei gruppi di radio e televisioni". Il quotidiano Pagina 12 ricorda che ora il gruppo editoriale ha 180 giorni di tempo per realizzare la divisione e sottolinea che la decisione arriva quattro anni dopo l’approvazione della legge e dopo lunghe battaglie tra il Clarín e il governo guidato da Cristina Fernández. In un editoriale il Clarín ha scritto: "La madre di tutte le battaglie è finita e non come pensava il governo, cioè mettendo a tacere il giornale".

BRASILE
BRASILIA
II 12 febbraio più di quaranta persone sono rimaste ferite a Brasilia negli scontri tra poliziotti e contadini del movimento dei Sem terra durante una manifestazione per la riforma agraria.
Messico Un giornalista rapito il 5 febbraio, Gregorio Jiménez de la Cruz, è stato ritrovato morto pochi giorni dopo a Las Choapas, nello stato di Veracruz. Stati Uniti II 15 febbraio gli operai di una fabbrica della Volkswagen nel Tennessee hanno bocciato la proposta di creare un sindacato. Il risultato del voto è una sconfitta per il sindacato automobilistico Uaw.
SANPAOLO
Il 6 febbraio, mentre seguiva una manifestazione a Rio de Janeiro, il cameraman Santiago Andrade è stato colpito da un razzo ed è morto pochi giorni dopo. Il parlamento ha risposto provando ad accelerare l’approvazione della legge antiterrorismo, la prima dopo la dittatura in un paese dove molte delle attuali personalità politiche, compresa la presidente, sono state accusate di terrorismo dalle forze armate. La legge è voluta dagli Stati Uniti ed è vista come una garanzia di tutela per le delega- zioni estere ai Mondiali e alle Olimpiadi del 2016. È considerato terrorismo ogni atto in grado di provocare terrore o panico nella società. La pena prevista va dai quindici ai trent’anni di carcere, e aumenta di un terzo se il reato è commesso in zone ad alta concentrazione di persone o contro autorità brasiliane o straniere. Il segretario alla pubblica sicurezza dello stato di Rio de Janeiro, José Mariano Beltrame, ha chiesto al parlamento l’approvazione di una legge contro il reato di "associazione a scopo di provocare disordini", che vieta l’uso di maschere durante i cortei. Anche il governo federale sta pensando a una nuova proposta di legge, meno restrittiva, ma che limiterà alcuni diritti dei manifestanti durante i Mondiali. In questo periodo di proteste di massa, cercare di bloccare i manifestanti con il pugno di ferro è stato spesso controproducente. Ma le autorità brasiliane non lo hanno capito

AMERICA SETTENTRIONALE
USA
WASHINGTON
Un americano su quattro non sa che la Terra gira intorno al Sole
Il risultato di un sondaggio della National Science Foundation con domande su scienza, fisica e biologia: le risposte corrette sono state i media 6,5 su 10 – Non ci crederete, ma un americano su quattro non sa che la Terra gira intorno al Sole. Almeno questo è il risultato di un sondaggio svolto dalla National Science Foundation, agenzia governativa per la ricerca e l’educazione con sede ad Arlington, in Virginia. Per l’indagine sono state sentite più di 2.200 persone negli Stati Uniti alle quali sono state poste nove domande su scienza, fisica e biologia. Il risultato medio delle risposte corrette, su una scala da uno a dieci, è stato 6,5, poco sopra la sufficienza. Uno dei dati più eclatanti però è stato scoprire che solo il 74% degli intervistati era a conoscenza del fatto che la Terra girasse intorno al Sole.
I risultati della misurazione statistica sono stati diffusi nel corso di un meeting a Chicago, in Illinois, dell’American association for the advancement of science, associazione internazionale non profit di Washington che promuove la cooperazione tra gli scienziati. Nello studio fatto dall’agenzia governativa di Arlington spicca anche un altro dato: meno della metà degli intervistati (48%) sapeva che gli esseri umani si sono evoluti da precedenti specie animali.
Questa ricerca, che viene condotta ogni due anni, sarà inclusa in un rapporto della National Science Foundation da consegnare al congresso e al presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il sondaggio mette in rilievo che una persona intervistata su tre vorrebbe che la ricerca scientifica americana ottenesse maggiori finanziamenti da parte del governo. Infine, quasi il 90% per cento del campione crede che i benefici della scienza siano maggiori di qualsiasi pericolo. Allo stesso tempo, circa lo stesso numero ha espresso interesse per la conoscenza di nuove scoperte in campo medico.
USA
"PAGHIAMO TROPPE TASSE" E GLI AMERICANI ALL’ESTERO RESTITUISCONO I PASSAPORTI.
Tremila americani espatriati hanno rinunciato alla cittadinanza nel 2013. Si sono messi in fila alle ambasciate e hanno detto addio allo Zio Sam perché stanchi dei sempre più complessi obblighi fiscali. Gli Usa, infatti, tassano i cittadini su tutto il reddito, indipendentemente da dove gli americani risiedono e da dove guadagnano, e chi vive fuori dai confini nazionali vuole pagare le imposte in un unico Paese. Dal 2008, i cittadini Usa che hanno restituito il passaporto per queste ragioni sono aumentati di oltre dieci volte.
NYC
AMAZON, UN ALTRO GRANDE ERRORE A SINISTRA?
Nel numero del 17 Febbraio del New Yorker c’è un articolo di 14 pagine su Amazon. Un attacco ben mirato e documentatissimo al colosso delle vendite online e al suo comportamento nei confronti dell’editoria e degli autori. Ne vien fuori un ritratto spietato. Sull’onda della democrazia dei libri e dei diritti dei consumatori, Amazon ha monopolizzato un settore di cui per altro le interessa ben poco, visto che fa i suoi maggiori profitti in altri prodotti dai pannolini agli accessori per la casa alle macchine fotografiche e quasi tutto si può trovare in un grande magazzino.
Nonostante la minima percentuale dei profitti in libri la sua strategia è stata quella di strangolare con condizioni capestro grandi e piccoli editori, di ridurre alla fame e alla chiusura migliaia di librerie, e di abbassare il compenso generale degli autori a una miseranda propina. In più l’algoritmo di Amazon ha sostituito ai critici e agli esperti di libri semplici maccanismi di marketing, fino a ridurre il libro a un prodotto come i pannolini. Nessun problema di contenuto. Perfino quando ha cercato di sostituirsi agli editori diventando editore, Amazon ha prodotto libri di scarsissimo contenuto culturale e per altro fallimentari nelle vendite.
Nell’articolo questa strategia è testimoniata da moltisime dichiarazioni ufficiali da parte dei dirigenti di Amazon, nelle quali dicono di voler spazzare via gli editori e le loro logiche antiquate. Ovviamente per il bene dei cittadini e dei consumatori. La stessa solfa di Google che ha distrutto l’industria musicale e portato alla fame centinaia di migliaia di musicisti con la scusa dell’open source e dell’accesso libero alla musica. iTunes non è stato da meno.
Il risultato è che nel populismo e nell’anarchismo capitalista dei nerd che dirigono i social network, essi si comportano come agenti di una dogana che fa il pizzo su contenuti prodotti da altri. Facendo finta di fare un favore alla democrazia. Come se la democrazia non fosse invece permettere di sopravvivere agli artisti, ai musicisti e agli scrittori, ai librai, a quelli che fanno cd, alle orchestre. Ai creativi e in genere a coloro che la cultura la producono e non la riciclano solamente. È interessante che dal centro dell’impero finalmente arrivi lo svelamento della vera natura di alcuni social network.
USA
SUORA PACIFISTA CONDANNATA A TRE ANNI
Ottantaquattro anni, pacifista, antinucelarista e suora: Megan Rice è stata condannata a 35 mesi di reclusione per aver preso parte a una protesta antinuclearista nel luglio 2012: con lei condannati a 62 mesi di reclusione i manifestanti pacifisti Michael Walli, 64 anni e Greg Boertje-Obed, 58. I tre, che avevano fatto irruzione in un impianto in Tennessee che produce uranio arricchito utilizzabile per armamenti, erano stati riconosciuti colpevoli nel mese di maggio scorso di atti di sabotaggio, di aver attentato alla sicu­rezza nazionale, e di aver arrecato danni a un impianto di proprietà del governo. I tre avrebbero tagliato le recinzioni per accedere all’impianto, spruzzato sangue umano e scritto slogan con vernice spray sulla parte esterna dei magazzini che si ritiene contengano 400 tonnellate di uranio altamente arricchito.
CALIFORNIA
East Bay Express, Stati Uniti / La California produce l’8o per cento delle mandorle vendute nel mondo. Dal 2000 a oggi la quantità di terreno coltivato a mandorli nella San Joaquin valley, nel cuore agricolo degli Stati Uniti, è più che raddoppiata. Finora le gigantesche riserve di acqua necessarie a questa coltura confluivano nell’arida San Joaquin valley dal nord dello stato e dal delta del Sacramento-San Joaquin, attraverso un complesso sistema di pompe e canali. Ma dopo tre anni di precipitazioni al di sotto della media, e nel bel mezzo della più grave siccità dell’ultimo secolo, la California deve correre ai ripari. Il 17 gennaio il governatore Jerry Brown ha proclamato lo stato di emergenza e ha chiesto ai residenti di ridurre del 20 per cento i consumi. I coltivatori di mandorli della San Joaquin valley, che rischiano di dover rinunciare a una grossa fetta di raccolti, sperano di convincere il governatore ad approvare il Bay Delta conservation pian, un progetto da 25 miliardi di dollari che prevede la costruzione di due giganteschi tunnel sotterranei per portare l’acqua nel sud dello stato. Ma il progetto divide ambientalisti, agricoltori e politici

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi. Le Soir, Dr Morgen e Le Monde)

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