11024 6. NOTIZIE dall’Italia e dal mondo 8 febbraio 2014

20140207 15:42:00 guglielmoz

ITALIA – gli eventi di febbraio: dalle olimpiadi di Sochi al caso Maro’ e Sanremo
ROMA/PALERMO / Dalla crisi ancora colpi potenti al reddito. L’Istat certifica la povertà totale del Sud / ISTAT: cresce il numero degli italiani che emigrano, anche stranieri se ne vanno all’estero
Bonifici e Rid, addio. Dal 1 febbraio 2014.
VATICANO – Da ieri è ufficiale: contro la pedofilia nella Chiesa di Roma c’è la condanna della comunità internazionale.
EUROPA – L’European Progressive Economists Network ha raccolto gruppi di economisti, ricercatori, istituti e coalizioni della società civile che criticano le politiche economiche e sociali dominanti che hanno portato l’Europa alla crisi attuale.
LONDRA, la tube in sciopero contro mille licenziamenti: sindaco e premier nel panico
AFRICA & MEDIO ORIENTE – Israele. la deportazione dei migranti nel deserto del Neghev. Non si fermano le proteste
ASIA & PACIFICO – India /Ambiente, dall’india tecnologia per convertire la plastica in combustile
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Brasile. Più si avvicinano i Mondiali, più è evidente che i brasiliani accoglieranno la manifestazione tra le proteste
AMERICA SETTENTRIONALE – Oltre seicento economisti americani di fama mondiale, incluso sette premi Nobel per l’economia, hanno firmato una lettera aperta in sostegno alla proposta della Casa Bianca per alzare il salario minimo federale a 10,10 dollari

ITALIA
GLI EVENTI DI FEBBRAIO: DALLE OLIMPIADI DI SOCHI AL CASO MARO’ E SANREMO
Riflettori puntati a febbraio sui Giochi Olimpici invernali a Sochi, sui quali incombe la minaccia di attentati terroristici. Restano in primo piano le tensioni in Medio Oriente e in Ucraina. In India potrebbe esserci una svolta nel giudizio contro i nostri due Marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di duplice omicidio. La Corte Suprema di New Delhi deciderà quali sono le leggi da applicare, e se è esclusa o meno la pena di morte. Sul fronte interno, la legge elettorale si avvicina al traguardo, salvo ‘agguati’ parlamentari. Poi dovrebbe essere messo a punto il nuovo Patto di colizione del governo Letta con l’ipotesi del ‘rimpastino’.
SOCHI, MA ANCHE RUGBY E SUPER BOWL – Oltre le Olimpiadi invernali russe, si segnalano all’inizio di febbraio altri due importanti eventi sportivi: il Torneo del ‘Sei Nazioni’ di Rugby, e, oltreoceano, il Super Bowl al Metlife Stadium, a East Rutherford, in New Jersey
SCUOLA, SI REPLICA CON LE ISCRIZIONI ON LINE – Le iscrizioni riguardano le classi prime di elementari, medie e superiori. L’anno scolastico interessato è il 2014-2015.
AL VIA LA BERLINALE – Il Festival del cinema di Berlino quest’anno parla ‘deutsch’: la Germania, infatti, con ben quattro film,e’ il paese che presenta il maggior numero di opere in concorso alla 64/ma edizione. L’Italia non ha nessun film in gara per l’Orso d’oro. E’ presente, però, con tre film nella sezione Panorama (In grazia di Dio di Edoardo Winspeare, Felice chi e’ diverso di Gianni Amelio e Natural Resistence di JonathanNossiter)
HOLLANDE VOLA IN USA DA ‘SINGLE’. Questo mese vedrà anche il viaggio del presidente francese negli States. Hollande si presentera’ da Obama e Michelle senza premiere dame, dopo la clamorosa rottura con Valerie.
TORNA LA FASHION WEEK MILANESE – Occhio alle passerelle meneghine per capire quali saranno le nuove tendenze della moda Autunno-Inverno 2014-2015
MUSICA, MUSICA, MUSICA – Febbraio è anche il mese di Sanremo. E siccome, squadra vincente non si cambia, per il secondo anno consecutivo, a fare da padroni di casa sarà la coppia Fazio-Littizetto. Attesa anche la rentrée di Letitia Casta che calcherà di nuovo, dopo quindici anni, il palco dell’Ariston come ospite della prima serata. L’ultima vedra’, invece, la presenza di Raffaella Carra’.
FINE DELLA RECESSIONE? ATTESA PER I DATI SUL PIL Il menù economico di febbraio propone un aggiornamento del ‘Paniere’ da parte dell’Istat per il calcolo dell’inflazione. I mercati attendono le prossime mosse della BCE di Mario Draghi sui tassi d d’interesse nell’Eurozona. In arrivo poi i dati preliminari su PIL per l’intero 2013 che dovrebbero segnare la fine della caduta.
LE ARMI A GIOIA TAURO. Febbraio vedrà anche il trasferimento delle armi chimiche siriane a Gioia Tauro tra le proteste dei sindaci della zona. Il Consiglio di Stato, inoltre, dovrà decidere sulla sospensiva del Tar che ha annullato il voto regionale del 2010 in Piemonte.
IL FUTURISMO SBARCA A NEW YORK. Guardando ancora oltreoceano da annotare in agenda la piu’ grande retrospettiva sul Futurismo mai realizzata fuori dall’Italia. Sarà ospitata al Guggenheim di New York. ‘’Un colpo raro’’, lo ha definito il New York Times perche’ il celebre museo si e’ aggiudicato in prestito cinque grandi tele murali di Benedetta Cappa, pittrice piemontese moglie di Tommaso Marinetti fondatore del Movimento. E’ la prima volta che le tele saranno esposte fuori il Palazzo delle Poste di Palermo.
ARRIVANO NUOVI CARDINALI – La nomina avverrà nel primo concistoro di papa Francesco. Ai porporati ha già dato alcune indicazioni. La porpora dev’essere accolta "con un cuore semplice e umile", perché il cardinalato non e’ una "promozione", ma un "servizio".

ROMA/PALERMO
ISTAT – DALLA CRISI ANCORA COLPI POTENTI AL REDDITO. L’ISTAT CERTIFICA LA POVERTÀ TOTALE DEL SUD . Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti diminuisce, rispetto all’anno precedente, in tutte le regioni italiane. Nel confronto con la media nazionale (-1,9%), il Mezzogiorno segna la flessione piu’ contenuta (-1,6%), seguito dal Nord-est (-1,8%), Nord-ovest e Centro (-2%). Le regioni con le riduzioni piu’ marcate sono Valle d’Aosta e Liguria (-2,8% in entrambe). L’Istat nel periodico Report sottolinea che il reddito monetario disponibile per abitante e’ pari a circa 20.300 euro sia nel Nord-est sia nel Nord-ovest, a 18.700 euro al Centro e a 13.200 euro nel Mezzogiorno. La graduatoria regionale del reddito disponibile per abitante (17.600 euro il valore medio nazionale) vede al primo posto Bolzano, vicina ai 22.400 euro, e all’ultimo la Campania, con poco meno di 12.300 euro. Nel 2012 a livello nazionale il reddito disponibile delle famiglie, in valori correnti, aumenta dell’1% rispetto al 2009, anno di inizio della crisi economica. In particolare il Nord registra un incremento maggiore (+1,6% nel Nord-ovest e +1,7% nel Nord-est) mentre, sempre rispetto al 2009, il Centro e Mezzogiorno segnano un aumento molto piu’ contenuto (rispettivamente +0,4% e +0,2%). La Liguria e’ la regione che ha risentito maggiormente degli effetti della crisi economica: tra il 2009 e il 2012 le famiglie hanno subito una diminuzione dell’1,9% del reddito disponibile. L’Umbria e la provincia di Bolzano sono state le meno toccate dagli effetti della crisi economica con aumenti, nel periodo considerato, rispettivamente del 3,6% e del 2,7%.
La conferma indiretta a questi dati arriva sia dalla Coldiretti che da Findomestic, che ha documentato come alle famiglie italiane servono almeno 300 euro in piu’ al mese. Secondo Coldiretti, i poveri che nel 2013 sono stati addirittura costretti a chiede un aiuto per mangiare salgono alla cifra record di 4.068. Quasi 4 persone su 10 (37%) che hanno avuto bisogno di aiuti alimentari nel 2013 si trovano nelle regioni del sud Italia, dove si contano ben 1.542.175 indigenti, in aumento del 65% negli ultimi 3 anni.
Anche per Findomestic, la crisi nel 2012 ha soprattutto colpito le regioni settentrionali, ma il divario tra Nord e Sud del Paese resta ancora molto ampio e tutto a sfavore delle regioni meridionali. Il dato che emerge dalla periodica rilevazione dell’Osservatorio Mensile Findomestic non e’ incoraggiante: il 55% e’ convinto che nei prossimi 12 mesi non ci sara’ una vera inversione di tendenza.
Alla ripresa ci crede non piu’ del 36% (con una punta del 43% registrata nel Nordest), che comunque ritiene che la ripresa interesserà solo settori produttivi specifici e altrettanto ben delineate aree del Paese. (fabio sebastiani)

ROMA
ISTAT: CRESCE IL NUMERO DEGLI ITALIANI CHE EMIGRANO, ANCHE STRANIERI SE NE VANNO. L’Aquila 3 feb 07:19 – Se nel 2012 il numero di cittadini stranieri che hanno lasciato l’Italia e’ in aumento rispetto all’anno precedente (+17,9%), ancor piu’ marcato e’ l’incremento dei connazionali che hanno deciso di trasferirsi in un paese estero: sono stati 68mila, il 35,8% in piu’ rispetto al 2011, il piu’ alto incremento negli ultimi dieci anni. Specularmente, il saldo migratorio netto registrato con l’estero nel 2012 rappresenta il valore piu’ basso dal 2007. Lo rileva l’Istat precisando che tale incremento degli italiani emigrati, insieme alla contrazione degli ingressi (pari a 2 mila unita’, 6,4% in meno del 2011) ha prodotto nel 2012 un saldo migratorio negativo per gli italiani pari a -39 mila, piu’ che raddoppiato se confrontato con quello del 2011, anno nel quale il saldo risulto’ pari a -19 mila. Il saldo migratorio netto con l’estero e’, pertanto, pari a 245 mila unita’ nel 2012, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-19,4%) ed e’, appunto, il valore piu’ basso registrato dal 2007. Le principali mete di destinazione per gli italiani sono la Germania, la Svizzera, il Regno Unito e la Francia che, nel loro insieme, accolgono quasi la meta’ dei flussi in uscita. Le migrazioni da e per l’estero di cittadini italiani con piu’ di 24 anni di eta’ (pari a 21 mila iscrizioni e 53 mila cancellazioni) riguardano per oltre un quarto del totale individui in possesso di laurea. La meta preferita dei laureati e’ la Germania.
ROMA
Bonifici e Rid, addio. Dal 1 febbraio 2014, i servizi nazionali di addebito diretto (ad esempio i RID utilizzati per l’addebito in conto delle bollette del gas, del telefono, ecc.) e di bonifico in euro, verranno sostituiti dai corrispondenti servizi del sistema SEPA (Single Euro Payents Area, area unica dei pagamenti in euro).
In pratica, cadranno le distinzioni tra pagamenti nazionali ed esteri effettuati tramite bonifici, carte di pagamento e addebiti diretti su conto corrente, come previsto dal Regolamento UE n. 260/2012.
COSA CAMBIA
L’addebito diretto domestico (Rid) sarà sostituito dall’addebito diretto Sepa (Sdd). In pratica nel vecchio Rid il cliente dava mandato alla propria banca di pagare un certo importo a un determinato soggetto. Ora, invece, con l’addebito diretto Sepa, l’utente darà mandato non più alla sua banca, ma direttamente al beneficiario della somma il quale potrà chiedere alla banca il pagamento.
In particolare i RID Ordinari e Veloci verranno sostituiti dal SEPA Direct Debit (o SDD), Core (servizio ordinario base) e “B2B” (servizio riservato a clienti non consumatori); i bonifici nazionali verranno sostituiti dal SEPA Credit Transfer (o “SCT”).
Non subiranno alcuna variazione tutti gli altri servizi di pagamento, tra cui: RID a importo fisso e RID Finanziari (la loro migrazione è prevista nel 2016); RIBA, MAV/RAV, bollettini bancari / postali, Bonifici di Importo Rilevante e ad Alta Priorità, altri bonifici non in Euro o da e verso paesi extra area SEPA.
VANTAGGI PER I CONSUMATORI
Per i consumatori, la SEPA consente di eseguire le operazioni di pagamento in euro verso altri paesi dell’area a partire da un unico conto con la stessa facilità e con le stesse condizioni previste per le operazioni di pagamento nazionale.
I vantaggi pratici per i clienti consumatori sono:
– maggiore facilità di inviare somme di denaro a parenti e amici ed effettuare pagamenti in tutti paesi dell’area SEPA grazie alla standardizzazione dei bonifici;
– maggiore efficienza nel domiciliare le utenze grazie all’armonizzazione delle procedure di incasso diretto;
– tempi certi di disponibilità di accrediti stipendi e di altri accrediti all’interno di tutta l’area SEPA;
– possibilità per i cittadini che lavorano o studiano in un altro paese dell’area SEPA di utilizzare lo stesso conto corrente, intrattenuto nel paese di origine, per la gestione dei propri incassi e pagamenti.
PROROGA DI SEI MESI
La Commissione Ue, preoccupata dai ritardi che alcune banche, imprese, amministrazioni locali e nazionali stanno avendo nel passare al nuovo sistema ha proposto una proroga di sei mesi per adeguarsi al regolamento Sepa. Tuttavia l’Euro sistema, cioe’ le banche centrali nazionali dei paesi che aderisco all’euro, è contrario alla proroga proposta da Bruxelles.
In conclusione, la data limite per passare al nuovo sistema resta comunque febbraio 2014 ma i pagamenti diversi dal Sepa saranno accettati ancora fino ad agosto.
ROMA
Letta s’inventa il condono per i grandi inquinatori / il governo festeggia il decreto sulla terra dei fuochi. eni, enel e gli altri invece brindano a “destinazione Italia” e al maxi sconto sulle bonifiche . di Marco Palombi
La faccenda è talmente enorme che lo stesso servizio Studi della Camera non ha potuto che farla notare con inusitata crudezza: andrebbe indagata, scrive, “la compatibilità con il principio comunitario chi inquina paga”. Di cosa stanno parlando? Dell’articolo 4 del decreto Destinazione Italia, fortemente voluto dal ministero dello Sviluppo economico, quello intitolato “Misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale” e di cui vi parliamo nel giorno in cui la politica si fa bella dell’approvazione del decreto per contrastare l’emergenza ambientale nella Terra dei Fuochi.
IN SOSTANZA, quello di cui vi parliamo è una sorta di condono: le grandi aziende che hanno inquinato il territorio italiano, spesso violando la legge, creando le cinquanta e più Terre dei Fuochi che costellano la penisola, ottengono un bello sconto su quanto devono alla comunità
nazionale in risarcimento del danno. Di più: se saranno così gentili da firmare l’ennesimo “Accordo di programma” col governo per le bonifiche, la collettività pagherà un bel pezzo del dovuto, gli inquinatori avranno un credito d’imposta da 70 milioni e potranno pure costruire nuovi impianti produttivi sui siti inquinati.
Cosa prescrive, infatti, l’articolato sponsorizzato dal ministero per lo Sviluppo economico? Che per tutti i Siti di interesse nazionale (SIN) il modello “chi inquina paga”, imposto dalla legislazione europea, non vale se “i fatti che hanno causato l’inquinamento sono antecedenti al 30 aprile 2007”. Basta l’accordino con l’esecutivo e questo “esclude ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l’onere reale per tutti i fatti antecedenti all’accordo medesimo”.
Trasportato in quel disastro che è la situazione delle bonifiche ambientali in Italia questo significa che dei 39 Sin attualmente riconosciuti ne restano fuori solo due: l’Ilva, che ha già la sua legge ad hoc, e il sito di Bussi sul Tirino, in Abruzzo, dove sono sfortunati e hanno ottenuto il bollino “Sin” solo nel 2008.
PER TUTTI gli altri inquinatori è un giorno di festa: citando un po’ a caso si va dall’Eni (Porto Torres, Priolo, eccetera) all’Enel (Porto Tolle, a Rovigo); dalla multinazionale tedesca E.On (è di ieri la notizia che il direttore della centrale termoelettrica di Porto Torres è indagato proprio per reati ambientali) alla Saras che fu della famiglia Moratti e ora è in mani russe (Sarroch, in Sardegna); dalla Lucchini a Piombino agli ungheresi di Mol Group, che hanno acquisito a Mantova la raffineria della italiana IES, fino alla Caffaro di Brescia, oggi di proprietà della malmessa Snia spa.
Tra i pochi ad accorgersi di questo ennesimo tentativo di accollare alla collettività danni causati da imprese private vanno segnalati il M5S e i Verdi. “Ci provarono già nel decreto del Fare scrivendo che le bonifiche dovevano essere ‘economicamente sostenibili’, oggi lo fanno in un altro modo ma l’obiettivo è lo stesso: non applicare il principio che chi inquina poi paga”, dice la deputata 5 Stelle Federica Daga: “Non solo. Il decreto non rende nemmeno le bonifiche obbligatorie: si dice alle imprese ‘o fai la bonifica o la messa in sicurezza’. E così si lascia un pezzo enorme del paese a fare i conti con l’emergenza sanitaria”.
Sulla stessa linea il leader dei Verdi, Angelo Bonelli: “Questo è un’operazione dalla portata incredibile: è un terremoto nella legislatura ambientale italiana. Voglio ricordare che il nostro paese sta già subendo moltissime procedure di infrazione europee in materia di ambiente e di bonifiche ambientali, ora si decide addirittura di disapplicare unilaterlamente la legislazione comunitaria. Faccio un appello al ministero dell’Ambiente: ritiri la norma. Che gli inquinatori abbiano un condono, in parte persino premiale, è semplicemente allucinante”.
QUEST’ULTIMO riferimento di Bonelli è a due previsioni del decreto a cui abbiamo già accennato. Non solo lo Stato sgrava dalle loro responsabilità gli autori di enormi disastri ambientali, ma per convincerli a ricevere il favore senza protestare gli dà pure qualche incentivo: basta firmare il famoso “Accordo di programma” e si ha diritto a un credito d’imposta che vale 20 milioni quest’anno e cinquanta il prossimo e poi a costruire nei SIN nuovi impianti (un rigassificatore, diciamo, o un inceneritore) automaticamente dichiarati di “pubblica utilità” e dunque beneficiati di procedura autorizzativa superaccelerata. Tradotto: non solo non pagheranno per il danno, ma ai grandi gruppi di cui sopra viene pure garantito un futuro profitto.

VATICANO
PEDOFILIA, LA TURPE RETICENZA DELLA CHIESA DAVANTI ALL’ONU
Da ieri è ufficiale: contro la pedofilia nella Chiesa di Roma c’è la condanna della comunità internazionale. E non nel senso della maggioranza dei Paesi del mondo, ma nel senso dell’Onu. Una condanna e una precisa prescrizione: consegnate i preti che si sono macchiati di questo orrendo crimine. Insomma, stavolta l’Organizzazione delle nazionali unite sembra proprio che non abbia usato mezzi termini. Uno schiaffo talmente forte che ha costretto il Vaticano a scomodare alcune categorie come quella dell’ideologia. Detto da loro è tutto un programma. Insomma, nei confronti della Chiesa ci sarebbero dei pregiudizi ideologici.
"SIANO IMMEDIATAMENTE RIMOSSI"
L’Onu chiede di rimuovere immediamente, consegnandoli alle autorita’ civili i preti responsabili di pedofilia. A muovere le accuse e’ stato il Comitato per i diritti dell’infanzia del Palazzo di Vetro in un rapporto messo a punto dopo che a meta’ gennaio aveva ascoltato i rappresentanti del Vaticano. "Il Comitato", si legge, "e’ gravemente preoccupato dal fatto che la Santa Sede non abbia riconosciuto l’ampiezza dei crimini commessi, non abbia preso le necessarie misure per affrontare i casi di abusi sessuali e per proteggere i bambini, e abbia adottato politiche e pratiche che hanno portato a una continuazione degli abusi e all’impunita’ dei responsabili".
DECINE DI MIGLIAIA LE VITTIME
Le vittime secondo i conti dell’Onu sono "decine di migliaia". La Santa Sede renda accessibili i propri archivi in modo che chi ha abusato e "quanti ne hanno coperto i crimini" possano essere chiamati a risponderne davanti alla giustizia.
Il Vaticano, insomma, ha violato la Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia, ha affermato la presidente del Comitato Onu sui diritti dell’infanzia, Kirsten Sandberg: "Non hanno fatto tutte le cose che avrebbero dovuto fare", ha aggiunto. La Santa Sede ha incassato, ma al tempo stesso ha preferito non replicare nel merito. Il Vaticano si prende del tempo per valutare il documento attraverso "minuziosi studi ed esami". Nei giorni scorsi monsignor Silvano Tomasi, capo della Delegazione della Santa Sede al comitato dell’Onu per i Diritti del Fanciullo, aveva sottolineato l’impegno della Chiesa per affrontare questo "crimine orrendo e abnorme" degli abusi, tanto a livello centrale della Santa Sede, con l’approvazione di ‘Linee guida’ per le Chiese locali, quanto a livello di base, nelle diverse articolazioni ecclesiali, in particolare nelle strutture educative.

SAVE THE CHILDREN: "PROCEDURE PER LA TUTELA"
Il rapporto del Palazzo di Vetro ha suscitato la reazione di diverse ong, da Save the Children – che ha sottolineato la "necessita’ di predisporre procedure efficaci per la tutela di bambini e adolescenti nei luoghi che frequentano abitualmente"- all’organizzazione antipedofilia Caramella Buona, che segue diversi casi di minori abusati da preti in Italia e ha invitato il Vaticano a "fornire la lista dei sacerdoti o ex sacerdoti condannati dal rito canonico e, al tempo stesso, rimuovere i vescovi che hanno favorito, spesso con il loro silenzio, gli abusi avvenuti anche recentemente, nel nostro paese".
"IN VATICANO LA MORALE E’ MORTA"
E’ il commento di Franco Grillini Psicologo e Presidente di Gaynet Italia, e’ "agghiacciante e documentato" l’atto d’accusa della commissione Onu per i diritti dei minori nei confronti del Vaticano a proposito dei preti pedofili.
"Ma di fronte a questa enormita’ incredibilmente in Italia – osserva Grillini – tutti tacciono. Tace la politica che non osa mai criticare il Vaticano nemmeno di fronte a questo disastro, tace il mondo della scuola che dovrebbe proteggere per primo i minori, tacciono tutte quelle organizzazioni che urlano contro le adozioni alle coppie gay, contro le tecniche di inseminazione assistita e contro la Gpa. Tacciono coloro che hanno inscenato manifestazioni omofobe in Francia e in Italia additando gli omosessuali come pericolo per i minori".
Per il presidente di Gaynet, le misure prese finora dal Vaticano per contrastare questa piaga "sono solo pannicelli caldi perche’ il difetto sta nel manico ovvero nella struttura e nell’identita’ del clero". "Imporre un’impossibile astinenza nonche’ il celibato al clero cattolico e’ un fatto incontestabilmente contro natura (ci si consenta di rispedire al mittente l’accusa bimillenaria che il Vaticano ha brandito contro gli omosessuali)" spiega Grillini secondo il quale bisognerebbe vietare al clero di porre domande sulla vita sessuale dei bambini in confessionale e lo stesso divieto dovrebbe valere per gli insegnanti di religione.

EUROPA
L’UOMO CHE HA SEDOTTO LA NUOVA SINISTRA EUROPEA.
Temuto dalla finanza, il quarantenne in testa nei sondaggi ellenici è indicato da molti intellettuali italiani, da Andrea Camilleri a Barbara Spinelli, come possibile futuro presidente della Commissione europea
Il telefono del “nemico pubblico numero uno dell’Europa” (copyright del sobrio “Der Spiegel) – al secolo Alexis Tsipras – in questi giorni è caldissimo. Piovono appelli dall’Italia dopo che una nutrita fila di intellettuali tricolori (Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli e Guido Viale) l’ha candidato come leader di una lista civica per la poltrona di presidente della Commissione Ue. Grandinano chiamate dal Parlamento di Atene, dove il debolissimo governo di unità nazionale greco traballa a ogni votazione. Mentre lui – l’enfant prodige della sinistra radicale ellenica – si gode sotto una vecchia fotografia della “Giornata Mondiale 1997 della Rivoluzione Cubana” i sondaggi che danno Syriza, il suo partito, in vantaggio in caso di voto anticipato.
Elefterias 1 (Piazza della libertà, quando si dice il caso) è un piccolo villagio di Asterix nell’Europa della Troika. Quattro anni fa questo grigio edificio di sette piani a due passi dalle mense dove sono in fila le famiglie che non ce la fanno più era la sede della sinistra più litigiosa e divisa d’Europa. Una decina di sigle, movimenti e fazioni con il virus della scissione (una faccia, una razza…), in eterna lotta tra loro e con percentuali alle urne vicine al prefisso telefonico. Oggi è cambiato tutto. Le mille sigle unite solo dalla falce e dal martello sono sparite. Sostituite dalla bandiera di Syriza. Le proiezioni accreditano il partito del 32%, ben davanti al centrodestra di Nea Demokratia. E nell’Europa dei mercati e dei populismi di destra, la Grecia potrebbe diventare alle prossime elezioni (in teoria il 2016) il primo e unico laboratorio di alternativa ai dogmi di Ue-Bce e Fmi.
Il merito del miracolo è proprio di Alexis Tsipras. Quarant’anni, un sorriso contagioso e una cronica allergia alle cravatte. L’uomo è riuscito a far risorgere la sinistra radicale greca, cui ora quella italiana a caccia di simboli vuol affidare le chiavi di un pezzo del suo futuro. La sua è una storia da predestinato e da enfant prodige. A quindici anni, notata la sua capacità oratoria e retorica in assemblea, viene reclutato dal Partito Comunista pro-sovietico.A 20, mentre studia ingegneria civile al Politecnico, la culla di tutto l’estabilishment nazionale, è pragmatico leader delle proteste universitarie. Nel 2006 Alekos Alavanos, numero uno di Syriza, lo candida poco più che trentenne a sindaco di Atene. Parte outsider con un bassissimo bacino elettorale. Batte a piedi la Plaka, i quartieri di Monastiraki, Neo Psychico e Kessariani con lo sloga “Rivoltiamo questa città”. E raccoglie tra lo stupore generale il 10,5% dei voti. Da allora non si è più fermato. Nel 2008 ha sostituito Alavanos alla guida del movimento. Ha visto aprirsi la voragine nei conti greci, ha assistito all’arrivo della Troika e al varo della politica lacrime e sangue imposta al paese da Ue, Bce e Fmi. “No al memorandum con la finanza internazionale”. “Basta sacrifici”. “No all’Europa della finanza, sì a quella della solidarietà e degli investimenti” ha tuonato per mesi da palchi e tv mentre l’austerity faceva disastri (il Pil ellenico ha perso il 25% dal 2008, la disoccupazione è arrivata al 27%). E alle elezioni del 2012 Syriza è diventato il secondo partito del paese con il 17% dei voti.
Lui non è cambiato. Lo stile è sempre lo stesso. Preferisce comizi e manifestazioni di piazza a Twitter e ai social. E si è abituato agli “esami del sangue” cui è sottoposto da un mondo – quello della finanza – che vede come fumo negli occhi i suoi successi. La Jp Morgan ha appena dedicato una preoccupata analisi sulla sua possibile premiership. Il capo della delegazione Ue in visita in questi giorni l’ha definito “inaffidabile e non propositivo” dopo che lui aveva snobbato l’inaugurazione della presidenza greca della Commissione. Tsipras ci ha fatto il callo. Ha ammorbidito i suoi toni sull’euro (“dobbiamo rimanere nella moneta unica”) ma ha continuato – con successo a giudicare dai sondaggi – la sua crociata contro l’Europa dei mercati e della Troika. La strada per la presidenza Ue, ovvio, è in salita. Ma il Parlamento di Syntagma e a un passo. Vincere per Tsipras e per Syriza – dopo anni di durissima opposizione contro lo screditato sistema politico ellenico – è possibile. L’unico problema sarà gestire la vittoria. Il virus della scissione è addormentato ma non morto. E il 30% del suo partito è appena tornato a chiedere il ritorno della Grecia alla dracma (Fonte: la Repubblica | Autore: Ettore Livini)

GRAN BRETAGNA
LONDRA
Londra, la tube in sciopero contro mille licenziamenti: sindaco e premier nel panico
Da ieri sera alle 22 ha preso il via il primo blocco di 48 ore di una serie di scioperi della metropolitana di Londra. Allo scontro diretto, per certi versi storico, si è arrivati dopo numerosi tentativi di confronto. L’azienda vuole eliminare la maggioranza dei bigliettai (953 unita’) rimasti nelle decine di stazioni della ‘Tube’. Lo sciopero’ sara’ ripetuto con le stesse modalita’ la settimana prossima.
Il premier britannico David Cameron è su tutte le furie ed ha definito l’agitazione “vergognosa”. Entrando nell’accesa polemica sulla agitazione di 48 ore che rischia davvero di mettere in ginocchio la capitale ha detto che “i piu’ colpiti saranno i lavoratori”, ed ha accusato di comportamento insensato il leader del sindacato Rmt, Bob Crow, che guida la protesta contro i tagli al personale decisi da Transport of London, ente che gestisce i trasporti della metropoli, nel progetto di rinnovamento della ‘Tube’, che prevede l’eliminazione degli sportelli al pubblico e la sostituzione con macchinette per la vendita di biglietti.
Nei tentativi di trovare un accordo che sono andati avanti per tutta la giornata di ieri il sindaco di Londra, Boris Johnson, e il leader del sindacato Rmt sono stati perfino protagonisti di uno scontro via telefono finito in onda durante il programma radiofonico di cui e’ conduttore il primo cittadino.
”Il sindacato tiene la pistola puntata alla testa dei cittadini di Londra”, ha tuonato il sindaco nello scambio di accuse. Mentre Crow ha detto che il primo cittadino si e’ rifiutato di sospendere i tagli, che riguardano circa 1000 persone, e di mettersi a
LONDRA
II 31 gennaio i responsabili della centrale nucleare di Sellafield hanno lanciato l’allarme per l’alto livello di radioattività rilevato sul sito. Le analisi hanno provato la presenza di grandi quantità di radon, dovuta però a cause naturali.

RUSSIA
II 3 febbraio uno studente di un liceo di Mosca ha preso in ostaggio alcuni compagni, poi ha aperto il fuoco uccidendo un insegnante e un poliziotto.

DANIMARCA
TERREMOTO AL GOVERNO
Il 3 febbraio la prima ministra danese, la socialdemocratica Helle Thorning Schmidt, ha annunciato un nuovo rimpasto di governo, il terzo dal 2011. Il rimpasto è stato provocato dalla decisione del Partito socialista popolare di lasciare il governo, ormai formato solo dal Partito socialdemocratico e dal Partito radicale. Il motivo della rottura è stato la vendita alla banca d’investimento Goldman Sachs del 18 per cento delle quote della più grande azienda energetica del paese, la Dong Energy. La Dong, al 76 per cento di proprietà pubblica, è tra i leader mondiali nello sviluppo dell’energia eolica, ma per rimanere ai vertici del settore ha bisogno di capitali. La base del Partito socialista sostiene che l’affare sia sfavorevole per lo stato e ha costretto alle dimissioni la segretaria, Annette Vilhelmsen. Anche secondo l’ex premier socialdemocratico Poul Nyrup Rasmussen, la Goldman Sachs ha pagato troppo poco per acquisire un peso notevole nel consiglio d’amministrazione della Dong. "In Danimarca, tuttavia, esistono due diverse prospettive sul tema", scrive Information. "Per molti elettori il coinvolgimento della famigerata banca d’investimento negli affari pubblici comporta rischi economici e di tipo etico, mentre il governo non sembra preoccupato

BELGIO
BRUXELLES
QUANDO LA FRONTIERA DEL RAZZISMO È DENTRO L’EUROPA STESSA / In Belgio il governo espelle i cittadini dei paesi comunitari che vivono di assistenza sociale. Ci sono due Bruxelles. Una è quella che predica le frontiere aperte e che pretende che la Svizzera, in nome della libera circolazione e dell’europeismo accolga chiunque, che abbia un lavoro o meno. L’altra invece se ne sbatte altamente dei diktat di… Bruxelles e comincia a prendere provvedimenti contro l’invasione degli stranieri che vivono esclusivamente a carico dello Stato. Le autorità belghe hanno infatti consegnato ben 2.712 decreti di espulsione a cittadini della comunità europea. Nella pratica non vuol dire che vengono sbattuti alle frontiere, ma certo che viene tagliata qualsiasi possibilità di vivere in un paese che sotto il profilo dei diritti, e anche della quotidianità, diventa improvvisamente ostile. Per il governo di Bruxelles questi stranieri rappresentano un onere eccessivo per il sistema sociale. Anche in questo caso, gli europei si dimostrano maestri nell’aggirare le leggi: anziché metterli sul primo volo per il paese natio, fanno semplicemente in modo di negare l’accesso a qualsiasi servizio, a partire dalla sanità o dall’istruzione. In poche parole, diventano veri e propri desaparecidos, alla faccia della libera circolazione tanto esaltata. Tra questi stranieri che il Belgio non vuole più accogliere, la stragrande maggioranza proviene da Romania e Bulgaria. Ma ci sono anche 265 italiani.
Alcuni politici hanno già protestato, come il deputato socialista dei francesi del Benelux Philip Cordery, perché dietro questi provvedimenti c’è una interpretazione molto ambigua della norma Ue che non correla direttamente la condizione dei cittadini stranieri al welfare. Ma il Segretario di Stato per l’asilo, l’immigrazione e l’integrazione sociale belga Maggie de Block ha deciso di non replicare. La stessa de Block, del partito liberale fiammingo Open Vld, ha rafforzato la politica nazionale di asilo e immigrazione da quando ha assunto la circa a fine 2011. E pare non esser la sola. In Baviera, l’adozione di un provvedimento analogo è già in discussione. Il governatore Horst Seehofer, tifoso della cancelliera Angela Merkel, ha proposto di ricorrere all’espulsione dei cittadini europei, qualora colpevoli di abusi nei confronti del welfare tedesco. E questo proprio mentre l’altra faccia di Bruxelles, nella persona del commissario per l’Occupazione, gli affari sociali e l’integrazione László Andor, presenta una guida pratica per frenare il fenomeno.

GERMANIA
PIÙ PRESENTI NEL MONDO
In un discorso alla conferenza di Monaco del 31 gennaio sulla sicurezza, il presidente tedesco Joachim Gauck "si è espresso a favore di un impegno più forte nel mondo da parte della Germania, in casi estremi anche militarmente", scrive la Suddeutsche Zeitung. "È illusorio" ha detto Gauck, "pensare che la Germania sia protetta dagli eventi globali". Il presidente è stato accusato di "militarismo", ma le sue parole dovreb¬bero "aprire un dibattito sul ruolo della Germania nel mondo".

SERBIA
I serbi andranno alle urne per eleggere il nuovo parlamento il 16 marzo, con due anni di anticipo. La data del voto è stata annunciata dal presidente Tomislav Nikolic dopo lo scioglimento del parlamento. La formazione che più ha premuto per anticipare il voto è stato il Partito del progresso serbo del vicepremier Aleksandar Vucic, ma erano favorevoli anche i socialisti del premier Ivica Dacic. Secondo il settimanale Vreme, "dal punto di vista delle forze di governo il momento scelto per il voto anticipato è perfetto. Il partito di Vucic vuole infatti ottenere un nuovo mandato finché la sua popolarità è alta e non ci sono tensioni interne. In questa fase, inoltre, gli elettori sono ancora alla ricerca di un leader salvifico e i democratici di Boris Tadic, all’opposizione, sono molto deboli. Il clima ricorda il 1988, l’anno in cui la popolarità di Slobodan Milosevic aveva raggiunto il culmine e dietro al presidente si era accodato un esercito di burocrati senza scrupoli, interessati a occupare i posti ai vertici dello stato e dell’economia. Oggi come allora l’operazione è accompagnata da una propaganda frenetica che punta a mascherare la corsa allo sfruttamento per fini personali delle risorse del paese

UCRAINA
The Guardian: «IL CAOS È VOLUTO DA OLIGARCHI, FASCISTI E OCCIDENTE» – Crisi ucraina. Editoriale di Seumas Milne ex The Economist / Gli ultimi due mesi di pro¬te¬ste in Ucraina, sono stati raccontati dai media attraverso un copione ben collaudato: da una parte gli attivisti pro democrazia, dall’altra un governo autoritario. I manifestanti chiedono il diritto di far parte dell’Unione Europea, ma il presidente russo Vladimir Putin pone il veto al loro diritto di libertà e prosperità».
E’ quanto ha scritto Seumas Milne, columnist del Guardian (e già di Le Monde Diplomatique e The Economist) a proposito dell’attenzione mediatica nei confronti dell’Ucraina; un atteggiamento che può essere registrato anche in Italia, dove si è attualizzata la situazione ucraina sulla base dello stereotipo appena espo¬sto. Come scrive il gior¬na¬li¬sta bri¬tan¬nico, «i nazionalisti di estrema destra e fascisti sono stati al centro delle proteste e degli attacchi contro edifici governativi. Uno dei tre principali partiti di opposizione è l’antisemita Svoboda, il cui il leader Oleh Tyahnybok sostiene che una “mafia ebraica filo moscovita” controllerebbe l’Ucraina, ma il senatore americano John McCain era felice di condividere con lui una discussione a Kiev il mese scorso».
Si tratta, scrive Milne «di una storia che abbiamo già letto in forme diverse in molti altri casi, come ad esempio è capitato con la stessa “rivoluzione arancione” in Ucraina. Ma tutto ciò signi¬fica ripor-tare solo una parte sommaria della verità». Quali sono dunque i punti che non sono esi¬stiti nei racconti della stampa, secondo Milne?
Innanzitutto la profondità di una crisi sociale causata dalle «terapie SHOCK neoliberiste applicate dopo il crollo sovietico» che oggi però vede al cen¬tro delle proteste, quando non la gestione totale delle strade, l’estrema destra, antisemita, nazista e violenta. C’è poi una parte degli oligarchi che spinge, come ricorda Milne, perché stanchi dei favori che Yanukovich ha finito per riservare al suo «cerchio magico».
Come ha sottolineato il Guardian il premier – Non è esente da critiche, dato che «è stato sostenuto da oligarchi che hanno preso il controllo delle risorse e delle società pri¬vatizzate dopo il crollo dell’Unione Sovietica» – é stato eletto regolarmente, con tanto di approvazione da parte della Ue. Non manca un destino storico: «l’Occidente ha cercato di sfruttare l’Ucraina per indebolire l’influenza russa, fin dal 1990, attraverso il ten¬tativo di attirare l’Ucraina nella Nato.
I leader della rivoluzione arancione all’epoca, non a caso, erano stati inco¬rag¬giati a inviare truppe ucraine in Iraq e Afghanistan»

MALTA
PASSAPORTI IN VENDITA / Malta ha finito per cedere alle pressioni della Commissione eu-ropea: le norme sulla cittadinanza, che consentono di ottenere il passaporto maltese in cambio di un investimento nell’isola di almeno 10omila euro, sono state emendate. Il quotidiano Malta Today spiega che, secondo le modifiche alla legge annunciate dal governo il 4 febbraio, chi vorrà aderire al programma per l’accesso alla cittadinanza grazie agli investimenti (il cosiddetto Individuai investor programme, Iip) dovrà aver avuto la residen¬za a Malta per almeno un anno. L’approvazione dellìip aveva provocato l’ira di Bruxelles, che accusava Malta di voler svende¬re il "biglietto d’ingresso" per l’area Schengen, lo spazio euro¬peo di libera circolazione

AFRICA & MEDIO ORIENTE
AFRICA
IL CONTINENTE CHE DISCRIMINA
Non si può conquistare nessuna libertà senza il coraggio e il sacrifìcio di persone come il camerunese Eric Lembembe, attivista per i diritti dei gay ucciso nel luglio del 2013, il suo connazionale Roger Mbede, morto il 10 gennaio 2014 per mancanza di cure mediche dopo essere stato rinnegato dalla sua famiglia, o lo scrittore Binyavanga Wainaina, che ha rivelato di essere gay in un articolo sul sito Africa is a country (Internazionale 1036). In 38 paesi africani le relazioni omosessuali sono punibili con il carcere, se non con la pena di morte, come in Sudan o in Mauritania", scrive Jeune Afrique. In passato questo tema era tabù, ma oggi si comincia a discuterne. "Nell’ora della caccia ai gay, s’impone una domanda: quale futuro ha una società che si arroga il diritto di escludere, incarcerare o tollerare la persecuzione di una minoranza? ‘Da noi queste cose non succedono’, si sente dire in alcuni paesi, come per resistere a un imperialismo culturale venuto da altrove che tenterebbe di imporre una ‘pratica contro natura’", scrive Georges Dougueli. "Ma non serve a niente rinnegare i presunti ‘deviati’. Nulla cambierà il fatto che hanno sangue africano come noi".

TURCHIA
II processo a quattro poliziotti accusati di aver ucciso un manifestante nel giugno del 2012 è cominciato il 3 febbraio a Kayseri, nel centro del paese.

ISRAELE
ISRAELE, LA DEPORTAZIONE DEI MIGRANTI NEL DESERTO DEL NEGHEV. NON SI FERMANO LE PROTESTE / Sono riprese le agitazioni dei migranti africani a Tel Aviv. Ormai durano da settimane e non sembra che la protesta rientri facilmente. In piazza Lewinsky, in un rione povero di Tel Aviv, con picchetti di protesta i migranti si ribellano al progetto di deportazione nel deserto del Neghev. Quel centro, affermano, ”rappresenta di fatto una prigione”, anche se i suoi cancelli restano aperti. Un portavoce dei dimostranti, Mutassim Ali, ha anticipato alla stampa che le manifestazioni dureranno almeno tre giorni. All’inizio dell’anno ci sono stati nelle carceri israeliane decine di scioperi della fame.
In queste settimane Israele sta infatti portando molti di loro a Holot (Neghev), un Centro di accoglienza da 1700 posti che alcune Ong vedono come una sorta di prigione. Chi viene convocato, non puo’ rifiutarsi: pena il carcere. "Ci raccattano dalle strade. Siamo trattati come bestie selvagge", esclama con indignazione Aron Z., 28 anni, un immigrato dall’Eritrea laureato in geografia.
Nei giorni scorsi c’è stato un appello di sostegno sottoscritto da 400 esponenti del mondo della cultura fra cui gli scrittori A.B. Yehoshua e David Grossman, lo storico della Shoah Yehuda Bauer e il filosofo Avishay Margalit. L’accusa al governo è di non aver ancora provveduto ad esaminare in forma approfondita le richieste di asilo e di aver proceduto a reclusioni "che di fatto puniscono persone innocenti". A Tel Aviv la vita dei migranti e’ sempre piu precaria. Chi lavora, e’ pagato in nero. Nel Neghev li aspetta una installazione dove saranno condannati ad almeno un anno di ozio. A meno che non preferiscano tornare ”spontaneamente” in Africa. Questo mese in 700 lo hanno fatto, ricevendo da Israele 3.500 dollari per adulto. Il governo dice che e’ proprio quella e’ la strada da intraprendere: ”di loro volontà, sia ben chiaro ”.
”Siamo profughi, non criminali”, hanno scandito a squarciagola il mese scorso quando a decine di migliaia si sono presentati a Piazza Rabin a Tel Aviv e di fronte alla Knesset di Gerusalemme. Nella prigione di Saharonim c’è stato uno sciopero della fame. A Holot, primi incidenti fra ‘ospiti’ e guardiani. Aron giura che lui, in Eritrea, non tornerà. Ha alle spalle una fuga; un arresto; una colluttazione con un secondino; una seconda fuga; una marcia di 150 chilometri fino al Sudan. In Egitto e’ stato vittima di attacchi razzisti. A piedi ha attraversato il Sinai egiziano e alla vista di una pattuglia militare israeliana ha provato sollievo. La prima parola che imparata in ebraico e’ stata Lewinsky: ossia il capolinea della sua odissea. (fabio sebastiani )

QATAR/ARABIA SAUDITA/ Emirati arabi uniti / Kuwait .
Paradiso dei petrodollari, inferno del lavoro e dei diritti civili / Dove viaggia il premier. La missione di Letta in paesi con centinaia di migliaia di “schiavi”, donne oppresse e minoranze senza voce. I rapporti di Human Rights Watch, Ilo e Walk Free Foundation
Con il piglio dell’agente di commercio, il Presidente del Consiglio Enrico Letta cerca di agganciare le nostre imprese, private e pubbliche, a quell’immenso serbatoio di miliardi di dollari che è il Golfo e di attirare gli investimenti dei Proto monarchi arabi annunciando un «piano di privatizzazioni» in Italia.
In nome della «ripresa», Letta dimen¬tica che l’Italia si prepara a fare buoni affari con Paesi che violano sistematicamente diritti umani, politici, del lavoro e prendono parte attiva alla destabilizzazione (armata) di altri Stati della regione (e non solo).
Tanto per cominciare il premier potrebbe chiedersi per¬ché gli studi della tv sau¬dita al Ara¬biya , dove ha concesso un’intervista tutta miele, siano stati aperti negli Emirati e non in Arabia saudita. Scoprirebbe che la scelta è stata obbligata, perché a Riyadh uomini e donne, con rarissime eccezioni, non possono lavorare assieme nello stesso luogo. Senza dimenticare le fortissime resistenze nel regno dei Saud all’apparizione in video delle donne. Divieti che sono spiegati come «tradizioni da rispettare» ma che rappresentano violazioni di diritti della persona.
Ancora più gravi sono le leggi anti-terrorismo. Secondo la monarchia Saud, di fatto, è un qualsiasi cittadino che chiede riforme e diritti. Una norma in vigore da qualche giorno stabilisce che chiunque sia impegnato a «minare» la stabilità del regno sarà processato per terrorismo, reato che è punito severamente in un Paese dove si applicano in abbondanza la pena di morte e le punizioni corporali.
Per ilministro saudita della cultura e dell’informazione Abdel Aziz Khoja questa nuova legge crea un «equilibrio tra la prevenzione dei reati e la tutela dei diritti umani secondo l’Islam».
Letta dovrebbe prendere in mano il rapporto pubblicato lo scorso 30 dicembre da Human Rights Watch . Dal 2011, scrive Hrw, Riyadh ha perseguito un numero crescente di attivisti per i diritti umani incarcerati per «disturbo dell’ordine pubblico». Un attivista, Fadhil al-Manasif, è sotto processo per aver preso contatto con agenzie di stampa straniere.
Non va molto meglio negli Emirati arabi uniti, tanto lodati dal premier italiano, dove si può finire in carcere per «cyber crime». Decine di persone sono state arrestate in questi ultimi due anni per aver postato sui social network commenti critici verso gli emiri o che fanno riferimento a gruppi islamisti che il governo ritiene una minaccia. Gli Emirati definiscono reato deridere o criticare lo Stato e le sue istituzioni e organizzare manifestazioni di protesta. La pena è la prigione per un minimo di tre anni. Non è certo migliore la situazione in Qatar, Bahrain. Kuwait e Oman.
Drammatico è anche il quadro nel mondo del lavoro. Un rapporto diffuso lo scorso autunno dalla ong Walk Free Foundation denuncia che circa 100 mila lavoratori sono tenuti in condizione di schiavitù dai petromonarchi.
GLI «SCHIAVI» NEL GOLFO SONO 95.411, SCRIVE LA WFF, IN MAGGIORANZA IN ARABIA SAUDITA (57.504), NEGLI EMIRATI ARABI UNITI (18.713) E NEL KUWAIT (6.608).
Si tratta di persone, molto spesso straniere, che sono vittime di traffico di esseri umani, di matrimoni forzati, di situazioni debitorie, di sfruttamento di minori.
A inizio 2013 l’Ilo, l’Ufficio internainale del lavoro, aveva denunciato che in Medio Oriente circa 600 mila migranti sono costretti al lavoro forzato (i migranti nella regione sono oltre 2 milioni). A guidare la speciale classifica dello sfruttamento del lavoro manuale è il Qatar, dove il 94% dei manovali è formato da stranieri. Doha è fortemente criticata per le durissime condizioni a cui sono soggetti i lavoratori asiatici impegnati nei cantieri degli stadi per i Mondiali di calcio del 2022.

YEMEN
TREGUA AL NORD
La notte del 2 febbraio a Sana’a sono scoppiate delle bombe vicino all’ambasciata francese, al ministero della difesa e alla ban¬ca centrale. Due giorni dopo un attacco contro un pullman di militari ha causato due morti, scrive Yemen Times. Oltre al terrorismo, il governo del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi deve affrontare l’instabilità nel nord del paese, dove da un mese sono in corso violenti combattimenti tra gli houti, un gruppo ribelle sciita, e i componenti della tribù Hashid. Il presidente ha inviato il suo delegato Abdelqader Hilal nella provincia di Amran, che il 4 febbraio è riuscito a ottenere un cessate il fuoco.

IRAQ
II 5 febbraio almeno 24 persone sono morte in un triplice attentato a Baghdad.

LIBANO
II 2 febbraio quattro persone sono morte in un attentato suicida a Hermel, nell’est del paese, contro la milizia sciita Hezbollah, coinvolta nel conflitto in Siria.

LIBIA
II governo ha annunciato il 4 febbraio di aver completato la distruzione delle armi chimiche ereditate dal regime di Muammar Gheddafi.

TUNISIA
Un poliziotto e sette presunti terroristi sono morti il 4 febbraio in un raid delle forze di sicurezza alla periferia di Tunisi.

TANZANIA
II 30 gennaio il quotidiano Citizen ha rivelato che il parlamento ha deciso di concedere a tutti i deputati una buonuscita da 98mila dollari al termine della legislatura, con un aumento del 274 per cento rispetto al 2010.

SUDAFRICA
II 2 febbraio l’Alleanza democratica (Da), il principale partito d’opposizione, ha annunciato la rottura dell’accordo che prevedeva la candidatura alle elezioni presidenziali dell’attivista contro l’apartheid Mamphela Ramphele.

ASIA & PACIFICO
PENISOLA COREANA
II 5 febbraio la Corea del Nord e la Corea del Sud hanno raggiunto un accordo per riprendere entro la fine del mese le riunioni delle famiglie separate dalla guerra.

NUOVA ZELANDA
II 29 gennaio il primo ministro John Key ha annunciato un referendum per eliminare dalla bandiera la Union Jack, simbolo del Regno Unito.

INDIA
AMBIENTE, DALL’INDIA TECNOLOGIA PER CONVERTIRE LA PLASTICA IN COMBUSTILE
Un team di ricerca in India (Centurion University of Technology and Management Odisha) sta lavorando ad una nuova tecnologia per convertire la plastica in combustibile liquido, a basse temperature. Così da dare nuova vita ai rifiuti plastici, che per la maggior parte sono ricavati appunto dal petrolio.
Molti esperti descrivono il tempo presente come l’età della plastica, probabilmente perché questo è il materiale più utilizzato (sacchetti, componenti per computer, contenitori, ecc.) e tra i tipi di rifiuti più problematici. Assistiamo continuamente ad iniziative di riciclaggio, ma la gran parte dei rifiuti continua a finire in discarica o si disperde nell’ambiente o nel mare. L’idea sarebbe di riportare la materia prima al suo stato originale per renderla riutilizzabile.
Nel processo la plastica viene riscaldata a 450 gradi Celsius, su un catalizzatore a caolino. Così si spezza la catena polimerica della plastica, liberando piccole molecole ricche di carbonio (paraffine e olefine da 10 – 16 atomi di carbonio), che vanno a formare un combustibile liquido, chimicamente molto simile ai combustibili tradizionali. Per adesso il team si sta concentrando sul polietilene a bassa densità (LDPE), cercando di arrivare a mettere a punto un processo tecnologico commerciabile. Con una quantità minima di caolino si ottiene combustibile dal 70% dei rifiuti plastici, ovvero per ogni Kg di rifiuti plastici si possono ottenere 700 grammi di combustibile liquido. Il team sta cercando di ottimizzare il processo: aumentare il rendimento ad almeno l’80%, riducendo i tempi. I ricercatori si dicono convinti di ottenere risultati ancora migliori in poco tempo.
INDIA
OMOSESSUALI E COSTITUZIONE
Il 28 gennaio la corte suprema ha respinto la richiesta di rivedere la decisione presa a dicembre che ha reintrodotto la criminalizzazione dei rapporti omosessuali, scrive The Hindu. Un gruppo di attivisti aveva presentato alla corte una petizione che accusava la legge di incostituzionalità

PAKISTAN
Otto persone sono morte il 4 febbraio in un attenta¬to suicida contro la comunità sciita a Peshawar
KARACI
DIALOGO IMPOSSIBILE
Il 2 febbraio si sarebbe dovuto tenere il primo incontro per l’av¬vio del dialogo tra il governo e i taliban pachistani (Ttp), ma i negoziatori di Islamabad non si sono presentati. Il giornalista Rahimullah Yusufzai, che fa parte del comitato governativo, ha spiegato alla Bbc che lui e i suoi colleghi volevano chiari¬menti sugli inviati dei taliban e sul loro grado di rappresentati¬vità della volontà dei Ttp. I tali¬ban, infatti, non hanno scelto i negoziatori tra le loro file ma hanno nominato degli esponen¬ti religiosi e politici favorevoli all’introduzione della sharia. Tra questi anche il leader politi¬co Imran Khan, grande sosteni¬tore del dialogo con i taliban, che però ha declinato l’invito. L’incontro è stato rimandato ma le premesse non sono incorag¬gianti. A gennaio almeno cento persone sono morte a causa di attacchi dei taliban.

AFGHANISTAN
Una legge per mettere a tacere le donne vittime di violenza domestica / Una nuova legge afghana permetterà agli uomini di aggredire le loro mogli, figlie e sorelle, senza timore di punizione giudiziaria. La modifica al codice di procedura penale in Afghanistan vieta ai familiari della persona accusata di testimoniare contro di lei. La maggior parte delle violenze contro le donne in questo paese è all’interno della famiglia, così la legge, approvata dal parlamento – ma in attesa della firma del presidente Hamid Karzai – mette sotto silenzio le vittime, scrive il quotidiano The Guardian .
"E’ una parodia quello che sta accadendo", ha detto Manizha Naderi, direttore dell’associazione “Donne per le donne afghane”. "Le persone più vulnerabili non otterranno mai giustizia”.
Con la nuova legge, gli omicidi da parte dei padri e dei fratelli che disapprovano il comportamento di una donna sarebbero quasi impossibili da punire. L’associazione Human rights watch dice che la legge "lascia i picchiatori di donne e ragazze fuori dai guai". Il disegno di legge è stato inviato a Karzai, che deve scegliere se firmare. Gli attivisti chiederanno al presidente di non firmare fino a quando l’articolo non sia modificato. Selay Ghaffar,direttore del Gruppo di rifugio e di difesa e assistenza umanitaria per le donne e i bambini dell’Afghanistan, ha detto che gli attivisti sperano di ripetere il successo di una campagna del 2009 che ha costretto Karzai ad ammorbidire un diritto di famiglia che decretava lo stupro coniugale come un diritto del marito.
Lo scorso anno il parlamento ha bloccato una legge per frenare la violenza contro le donne e tagliare la quota delle donne nei consigli provinciali, mentre il ministero della Giustizia caldeggiava una proposta per riportare la lapidazione come punizione per l’adulterio.
"Il governo non è molto democratico o fortemente a favore dei diritti delle donne”, dichiara Ghaffar. Paesi che hanno speso miliardi cercando di migliorare la giustizia e i diritti umani sono ora concentrati in gran parte sulla sicurezza, e si stanno ritirando dalla politica afgana. Una legge assurda in un paese che insieme alle organizzazioni di diritti umani, da anni sta combattendo la lentezza dei progressi nella lotta contro la violenza e dai cosiddetti delitti d’onore, matrimoni forzati e abusi domestici

AMERICA CENTROMERIDIONALE
SALVADOR
SI AFFERMA IL FRONTE FARABUNDO MARTÌ CON IL 49% . / Salvador Sanchez Ceren, candidato del Fronte Farabundo Marti per la Liberazione Nazionale (Fmln, sinistra) ha ottenuto il 48,95% dei voti nelle elezioni presidenziali in Salvador e dovra’ affrontare in ballottaggio a Norman Quijano, dell’Alleanza Repubblicana Nazionalista (Arena, destra) che e’ arrivato secondo con il 38,96% dei voti. Secondo i risultati ufficiali diffusi dal Tribunale Elettorale dopo lo scrutinio di poco piu’ dell’80% dei voti, gli altri due candidati presidenziali -Rene’ Rodriguez, del Partito Salvadoregno Progressista (Psp) e Oscar Lemus, della Fraternita’ Patriottica Salvadoregna (Fsp)- non hanno raggiunto nemmeno l’1% dei voti.
Secondo il calendario elettorale previsto, il secondo turno delle presidenziali si disputera’ il prossimo 9 marzo.. Ecco i risultati ottenuti dal FMLN nelle principali città En San Salvador, el FMLN obtuvo el 47.26%; en San Miguel, 59.05%; Santa Ana, 46.08%; en La Libertad, 45.07%; Usulután, 54.56%; Sonsonate, 54.47%; La Unión, 53.31%; La Paz, 49.98%; Chalatenango, 46.02%; Cuscatlán, 45.54%; Ahuachapán, 48.50%; Morazán, 53.72%; San Vicente, 49.77%

ARGENTINA
Sul fronte economico in Argentina, con il governo di Cristina Fernandez de Kirchner che continua ad accusare privati e "speculatori" per la svalutazione del peso e una inflazione non riconosciuta dalle statistiche ufficiali, mentre molti analisti, anche sul Wall Steet Journal, prevedono difficolta’ ancora maggiori per Buenos Aires. Dopo il ritocco del 7% deciso a gennaio, Shell ha alzato nuovamente i prezzi della benzina per il mercato argentino, con un incremento del 12%. Il capo di gabinetto del governo di Cristina Kirchner, Jorge Capitanich, ha accusato la compagnia anglo-olandese di aver preso un’iniziativa "unilaterale" per "causare danno" e di agire "contro gli interessi dell’Argentina.
Buenos Aires sta lottando contro una fortissima inflazione, destinata – secondo le organizzazioni imprenditoriali – a salire del 30% nel 2014, e con un peso che dall’inizio dell’anno ha perso il 18% del suo valore, dopo che la banca centrale ha smesso di sostenerne artificialmente il cambio.
La settimana scorsa, il governo – che controlla il mercato valutario – ha autorizzato una svalutazione del 15%, portando al 23% la caduta rispetto al dollaro dall’inizio dell’anno, precisando inoltre che "il prezzo del dollaro ha raggiunto un livello di convergenza accettabile", secondo la definizione di Capitanich.
Per mantenere la moneta statunitense sugli 8 pesos, pero’, la Banca Centrale argentina ha dovuto bruciare circa 1,25 miliardi di dollari nella settimana scorsa, mentre il dollaro "blue" -scambiato sul mercato clandestino – che prima della svalutazione aveva raggiunto i 13 pesos, e’ sceso solo fino ai 12,60, mantenendo comunque un gap di oltre il 55%. E d’altra parte, mentre per l’ente ufficiale Indec il tasso di inflazione del 2013 e’ stato di poco superiore al 10%, per molti analisti privati potrebbe aver raggiunto, o forse anche superato, il 30%.
L’aumento dei prezzi non sembra rallentare, malgrado una nuova serie di misure di controllo e regolamentazione lanciate dal governo, che attribuisce sia la svalutazione sia l’inflazione all’"azione destabilizzante" e speculativa dei "poteri forti".
Secondo la Shell l’aumento e’ la conseguenza "della necessita’ di mantenere uno sviluppo sostenibile del nostro business", giacche’ i costi interni del gruppo "sono aumentati del 23%. Abbiamo quindi trasferito solo il 12% al prezzo finale".
BUENOS AIRES
IL MESSAGGIO DELLA PRESIDENTE
Il 4 febbraio la presidente argentina Cristina Fernàndez (nella foto) ha annunciato un aumento delle pensioni dell’11,3 per cento e uno del duecento per cento per gli aiuti annuali alla scuola. "Nel suo messaggio", scrive il Clarin, "la presidente ha criticato gli imprenditori che aumentano i prezzi e i sindacati che reclamano salari più alti. Ma non ha mai accennato alla svalutazione del peso". Non si tratta di politiche populiste, spiega Pàgina12 riportando le parole di Cristina Fernàndez. Si tratta solo "di consumo popolare e investimenti imprenditoriali".

BRASILE
VITTORIE IMPORTANTI e PROTESTE IN ARRIVO
Più si avvicinano i Mondiali, più è evidente che i brasiliani accoglieranno la manifestazione tra le proteste. Il 2014 è anche l’anno delle elezioni, e un successo o un fallimento dell’evento può cambiare il quadro politico del paese. Le proteste contro i Mondiali non sono una novità. Dal 2011 i movimenti sociali si sono mobilitati contro decine di risoluzioni imposte dalla Fifa o dalle amministrazioni locali in nome di una manifestazione che durerà un mese. Alcune vittorie hanno ispirato le proteste di giugno. Un caso famoso è quello delle baianas do acara-jé, a cui la Fifa aveva proibito di vendere le tradizionali frittelle nello stadio di Salvador. Dopo aver raccolto più di I7mila firme, le donne hanno ottenuto l’autorizzazione della Fifa. A Natal, nello stato di Rio Grande do Norte, 250 famiglie a rischio di sgombero per l’ampliamento del viale che collega l’aeroporto e lo stadio hanno presentato un progetto alternativo. Dopo un anno di trattative, nel 2013 il nuovo sindaco ha accettato la loro proposta. A Rio de Janeiro, la resistenze di indigeni, studenti e atleti ha evitato che si demolisse lo stadio di atletica Célio de Barros, l’Aldeia Maracanà e il centro acquatico Julio Delamare, vicino allo stadio Maracanà. Nessun progetto è stato discusso con la popolazione finché non sono scoppiate le proteste. Ecco qual è il lascito più grande dei Mondiali al Brasile: l’idea che il popolo può vincere se fa valere i suoi diritti (da Sào Paulo Natalia Viana)

AMERICA SETTENTRIONALE
USA
WASHINGTON
Oltre seicento economisti americani di fama mondiale, incluso sette premi Nobel per l’economia, hanno firmato una lettera aperta in sostegno alla proposta della Casa Bianca per alzare il salario minimo federale a 10,10 dollari. A diffondere la notizia è il Policy Institute di Washington che ha promosso l’iniziativa assieme all’Università di Harvard.
Alla vigilia del discorso sullo stato dell’Unione Barack Obama aveva annunciato che, scavalcando il Congresso, ha intenzione di alzare dal prossimo anno il salario orario minimo per i nuovi contratti dei lavoratori federali a 10,10 dollari. Una misura contrastata con forza dai Repubblicani. Al momento il salario minimo e’ di 7,25 dollari.
La lettera degli economisti indirizzata, fra gli altri, allo speaker della Camera Bohner, al leader della maggioranza repubblicana al Senato, Herry Reid, alla leader della minoranza, Nancy Pelosi, e ad altri congressmen chiede "con urgenza" di dare il via a un aumento "in tre tappe" dei salari minimi ovvero "un aumento di 95 centesimi all’anno per tre anni" in modo da alzare il salario minimo dei dipendenti privati a 10,10 dollari entro il 2016 indicizzandolo in base all’inflazione.
"Tale misura – si legge – avrebbe un impatto diretto su 17 milioni di lavoratori, altri 11 milioni il cui salario e’ oggi appena al di sopra del nuovo minimo garantito, vedrebbero le loro buste paga aumentare indirettamente, per effetto dello spillover".
Gli economisti ricordano quindi come il salario minimo federale sia stato aumentato l’ultima volta cinque anni fa, nonostante gli aumenti costanti di produttivita’ resi possibili dalle nuove tecnologie. "Una vasta letteratura prodotta negli ultimi anni a livello accademico – osservano – ha dimostrato che tali aumenti avrebbero un effetto trascurabile oppure nessun effetto negativo sull’occupazione di questi lavoratori, neppure in presenza di un mercato del lavoro debole". A firmare la lettera tutti i professori piu’ conosciuti della Universita’ ”top” statunitensi incluso i Nobel Peter Diamond (MIT), Kenneth Arrow (Stanford) e Joseph Stiglitz (Columbia University). In Italia il salario minimo non esiste. Esistono invece i minimi tabellari, inseriti nei contratti nazionali di ogni categoria. Per l’economista Tito Boeri, stabilire il salario minimo sarebbe “un punto centrale”. Un salario minimo orario, afferma Boeri, docente di Economia del lavoro, ”contribuirebbe a ridurre significativamente la poverta’ fra chi lavora e soprattutto fra chi, spesso giovane, non ha copertura sindacale ed e’ estremamente debole nella contrattazione” col datore di lavoro. Quanto all’aumento di quasi 3 dollari deciso da Obama, questo e’ considerato da Boeri ”un incremento consistente. E’ vero che il salario minimo era fermo al luglio 2009”. ”Quando si decide il livello del salario minimo – afferma Boeri – e’ importante individuare il livello corretto perche’ un livello troppo alto potrebbe generare disoccupazione mentre un giusto livello puo’ invece favorire l’occupazione”. ( di fabio sebastiani )

USA / CANADA
UNA STORIA INFINITA
Keystone, l’oleodotto che dovrebbe trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose del Canada alle raffinerie del golfo del Messico attraversando gli Stati Uniti, è al centro di una delle più accese polemiche ambientali che abbiano investito il Nordamerica nel ventunesimo secolo", scrive Maclean’s. Il progetto della TransCanada Corporation sembrava vantaggioso per tutti: avrebbe dato slancio all’industria canadese e portato negli Stati Uniti greggio più economico e nuovi posti di lavoro. I primi a opporsi sono stati i proprietari dei ranch del Nebraska, per lo più repubblicani, convinti che l’oleodotto calpestasse i loro diritti di proprietà. Poi sono arrivati gli ambientalisti, che temono un aumento delle emissioni inquinanti e lo spreco delle risorse idriche, e oggi chiedono al presidente degli Stati Uniti Barack Obama di bloccare il progetto. Da Washington però arrivano segnali scoraggianti: il rapporto sull’impatto ambientale pubblicato il 31 gennaio dal dipartimento di stato sostiene che l’oleodotto non avrebbe un impatto significativo sul ritmo

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi , Pàgina12, Malta Today e Le Monde)

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