11013 SHOCK ECONOMY (5) – Indisturbati, i nipotini di Milton Friedman continuano ad operare

20140126 14:26:00 guglielmoz

I nipotini di Milton Friedman continuano ad operare indisturbati senza che qualcuno dica qualche cosa in merito e così siamo in piena Shock Economy….(ndr)

NEL RESORT SVIZZERO DI DAVOS, LA TROIKA SPINGE ‘ITALIA PER LE PRIVATIZZAZIONI E LA RIFORMA DEL LAVORO: AVANTI CON IL JOBS ACT.
DAVOS, LA TROIKA CHIEDE A RENZI &CO. DI NON PERDERE DI VISTA LA «RIFORMA STRUTTURALE» DEL MERCATO DEL LAVORO

Qui si cambia il mondo, sorridete! Il forum dell’economia mondiale di Davos non aveva ancora chiuso i battenti della sua decima edizione che il vicepresidente della Commissione Europea Olii Rehn ha richiamato all’ordine gli italiani. “ MI ASPETTO CHE APPROFITTINO DELLA STABILITÀ POLITICA DA POCO CONQUISTATA PER FARE PROGRESSI NELLE RIFORME, INCLUSE PRIVATIZZAZIONI E MERCATO DEL LAVORO”.
Non perde un colpo Olii Rehn, il commissario Ue agli affari economici in scadenza, da quando inviò il 4 novembre 2011 la lettera dello sfratto al governo Berlusconi o, per dirla con Luciano Gallino, del «colpo di Stato». I suoi trentanove punti sono stati ribaditi per filo e per segno non al presidente del Consiglio Enrico Letta (assente), ma al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni che a Davos ha annunciato la privatizzazioni di Poste e Enav il giorno prima del Consiglio dei ministri che l’ha ufficializzata. Per l’eurocommissario l’Italia deve «lanciare un piano audace», tutto privatizzazioni e flessibilizzazione del lavoro (le «riforme strutturali») per recuperare sette posizioni perse nella classifica stilata dal World Economie Forum. Nel 2013 l’Italia si è piazzata al 49° nella classifica sulla competitività mondiale. Rehn finge di ignorare che il paese che più di altri in Euro-pa (salvo la Grecia) ha seguito gli ordini della Troika ha perso il 9,1% del Pil rispetto al 2007. La metà non verrà recuperata prima del 2019. Lo ha spiegato ieri il Centro Studi di Confindustria secondo il quale sono stati bruciati oltre 200 miliardi di euro di reddito ai prezzi 2013, quasi 3.500 ad abitante.
Interpellato su Italia e Francia, Rehn ha rilevato come entrambi i paesi abbiano «perso quote del mercato globale negli ultimi 10 anni. Per questo devono ridurre i costi unitari del lavoro». Questo dovrebbe essere l’obiettivo del «Jobs Act» di Renzi, riconosciuto garante della «stabilità». Alcuni dei punti conosciuti di questo provvedimento, scomparso da giorni dalla scena, sono contenuti nella Diktat Ue. La lettera è un capo-lavoro della schizofrenia dell’austerità: da un lato, chiede un ammorbidimento della precarietà e tutele; dall’altro lato incentivi alle imprese e flessibilità per i neoassunti, il taglio dei parlamentari e una riforma costituzionale. Proprio quello che dice di voler fare Letta e il PD con Berlusconi.
La consapevolezza dell’esigua efficacia della politica monetarista è fonte di qualche pensiero per il Presi-dente Bce Mario Draghi che ha regi-strato «drastici miglioramenti» rispetto alla situazione in cui versavano i paesi europei nella fase acuta della crisi sui debiti pubblici. L’inflazione dell’area euro è finita «ben al di sotto dei nostri valori obiettivo» e resterà così per più di due anni. «Non vediamo deflazione ma l’inizio di una ripresa, che resta debole, fragile e disomogenea – ha detto Draghi durante il summit – Se dovesse mai esservi deflazione, la risposta arriverebbe utilizzando tutti gli strumenti disponibili». Non la pensa così la direttrice dell’Fmi Lagarde secondo la quale le possibilità di deflazione sono al 15-20%.
La «crescita» da prefisso telefonico non produrrà comunque l’aumento dell’occupazione nell’area valutaria, come ha confermato in settimana un report del commissario Ue al lavoro Laszlo Andor. «ORA È ESSENZIALE OCCUPARCI DELLA QUESTIONE DI RISANARE LE BANCHE IN EUROPA», ha ribadito Rehn riprendendo l’invito del Fondo Monetario Internazionale. Per questo Draghi è impegnato nella ricostruzione dell’ Unione Bancaria europea. Già oggi si sa che non basterà a risolvere la frammentazione del sistema e a superare il credit crunch» che impedisce di far arrivare risorse alle famiglie e alle aziende nell’Europa del Sud. Nulla però deve cambiare. Per Draghi i paesi dell’area euro non devono mostrare «alcuna esitazione» sul risanamento dei conti pubblici e sul rigore di bilancio. «Verrebbero immediatamente puniti dai mercati». Gli sforzi già fatti sull’aggiustamento dei conti pubblici «non vanno vanificati». Ma i tassi di interesse resteranno al minimo, l’inflazione sotto il 2% e le iniezioni di liquidità (cioè la missione attuale della Bce) non basteranno a rilanciare la crescita. Nella pittoresca Davos, in un summit a metà tra pellegrinaggio religioso e una convention aziendale, tra ex star hollywoodiane famose come Goldie Hawn e un karaoke nel bar di un hotel a tre stelle (cosi racconta il New York Times], questa realtà ben conosciuta ormai è stata denunciata solo da pochi economisti neokenesiani come Joseph Stiglitz. I ministri dell’Economia hanno chiesto un’accelerazione dei negoziati WTO per la liberalizzazione dei commerci sulle tracce dell’intesa di Bali. Tutto dev’essere portato sul mercato: agricoltura, prodotti industriali e servizi

NOTA
“FEDERAL RESERVE
Bernanke: nuova stretta sugli aiuti all’economia – Il «venerdì nero» delle valute, il crollo della lira turca, del peso e del rublo, insieme al real che ha fatto crollare le borse negli ultimi giorni, non hanno fatto cambiare idea alla Federai Reserve. Nell’ultima riunione diretta dall’attuale presidente della Fed Ben Bernanke, prevista per martedì e mercoledì, la banca centrale americana continuerà con il suo piano di ritiro degli aiuti all’economia e li taglierà a 65 miliardi di dollari al mese. Bernanke ritiene che le tensioni sulle valute sono il risultato di un assestamento e non c’è un rischio sistemico per i mercati finanziari. Non la pensa così la direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) Christine Lagarde: la responsabilità della caduta dei «mercati emergenti» è responsabilità della stretta creditizia voluta dalla Fed. La fuga degli investitori dai paesi emergenti è in corso da mesi, ma è aumentato in corrispondenza con la decisione di Bernanke a maggio. Quest’ultimo lascerà il posto a Janet Yellen, la quale continuerà con la strategia di riduzione degli acquisti degli asset di 20 miliardi di dollari al mese entro il 2014. La decisione della Fed punta tutto sulla ripresa dell’economia americana e sull’allentamento della crisi nella zona Euro. Gli investitori vengono richiamati dai paesi emergenti per concentrare le loro risorse sulla crescita in queste zone. Si è creato un effetto valanga sui paesi emergenti e in particolare sull’Argentina che ha svalutato la sua moneta nazionale, il peso, nel tentativo di di combattere l’inflazione alta. Giovedì scorso il peso ha perso il 17% del suo valore rispetto al dollaro. La tensione tra il governo di Cristina Kirchner e i mercati è altissima al punto da averla spinta ad un passo indietro. Lunedì, alla
altro tensioni.
( di Roberto Ciccarelli il manifesto 26 gennaio 2014)

 

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