10959 NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 6 dic 2013

20131206 15:11:00 guglielmoz

ITALIA – Disoccupazione, nuovo boom tra i giovani. Commento choc del Governo: "E’ normale". Il numero di disoccupati cresce del 9,9% rispetto allo scorso anno e arriva a 3 milioni e 189 mila persone
VATICANO – Papa. Mania a Miami, spopola su Media Latinos. Cattolici folgorati dal messaggio e dalla personalità di Bergoglio
EUROPA – UE, i conti "fuori posto" dell’italia e gli avvoltoi che girano sul cadavere. "ho preso nota delle buone intenzioni del governo italiano su privatizzazioni e spending review.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – “Dodici accordi”, contro la Palestina”
ASIA & PACIFICO – Giappone. Cittadini all’oscuro. Il 26 novembre, dopo solo due ore di discussione, la camera bassa ha approvato una proposta di legge sulla protezione dei segreti di stato che rischia di limitare la libertà d’informazione dei cittadini.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – BRASILE. Un leader indigeno G BRASILE
Un leader indigeno guarani, Ambròsio Vilhalva, è stato trovato morto il 3 dicembre nello stato del Mato Grosso do Sul. Probabilmente è stato ucciso da qualcuno della sua tribù.
uarani, Ambròsio Vilhalva, è stato trovato morto il 3 dicembre nello stato del Mato Grosso do Sul. Probabilmente è stato ucciso da qualcuno della sua tribù.
AMERICA SETTENTRIONALE – USA. Riparte il movimento per il salario minimo: in sciopero le grandi catene del fast food. Ora gli organizzatori del movimento promettono mobilitazioni in 100 citta’

ITALIA
ROMA
VIA IL PORCELLUM
CI SONO VOLUTI OTTO ANNI: LA LEGGE ELETTORALE VIGENTE, IL COSIDDETTO PORCELLUM, È INCOSTITUZIONALE. La CORTE COSTITUZIONALE l’ha infatti bocciato in tutti e due i punti sottoposti al vaglio di costituzionalità: ovvero il premio di maggioranza e la mancanza delle preferenze. «La Corte costituzionale – si legge in una nota – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza (sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica) alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione. La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali "bloccate", nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza». Le motivazioni vere e proprie del pronunciamento della Corte «saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici».
In pratica la Consulta (smentendo tutte le previsioni di un rinvio) ha cancellato il premio di maggioranza, considerato abnorme, e ha inserito una preferenza simbolica laddove la legge non le prevedeva. «Resta fermo – afferma comunque la Consulta – che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali». E qui casca l’asino: perché ad oggi non c’è alcun accordo dentro e tra i partiti su un modello piuttosto che un altro, che è il motivo per cui in otto anni non si è riusciti a mandare in pensione il Porcellum prima dell’intervento della Corte Costituzionale. Che adesso mette tutti di fronte ad una scelta: tenersi la legge così come "riscritta" dalla Consulta oppure darsi da fare. Non sarà semplice.
Tanto per dire: giusto oggi na nota di Palazzo Chigi ha smentito le voci secondo cui ci sarebbe già un patto tra Enrico Letta e Matteo Renzi sulla legge elettorale: il premier «è stato sempre assolutamente rispettoso del percorso del Pd e del dibattito congressuale» e quindi fino al risultato delle primarie del partito «non farà patti né riservati né alla luce del sole con nessuno dei tre candidati». Il premier, sottolineano le stesse fonti, si tiene in contatto con i principali candidati ed ha già annunciato pubblicamente la sua intenzione di incontrare il nuovo segretario del Pd subito dopo la sua elezione. Il cha fa capire quanto sia delicata la materia e quanto fragili gli equilibri. Non ci sono solo le questioni interne al Pd, ma anche quelle del Nuovo centrodestra di Alfano che vede come fumo negli occhi un possibile accordo in parlamento tra Pd e Forza Italia su un modello maggioritario che "stritoli" i piccoli partiti e/o li costringa a coalizzarsi.
Al Senato, che prima dell’estate si era assunto il compito «con urgenza», non hanno cavato un ragno dal buco. Tanto che il presidente del Senato si è arreso e ha passato la palla alla Camera: pensateci voi, deve aver pensato, che a me mi viene da ridere. Alla Camera, il Pd si sente più forte perché ha i numeri e si sa che Renzi (probabile prossimo segretario) vuole una legge elettorale maggioritaria, meglio se con doppio turno e aborre il proporzionale perché gli impedirebbe di essere lui il candidato del centrosinistra. Ma poiché al Senato è Alfano che tiene in piedi il governo con i suoi senatori, un qualche compromesso con lui si dovrà fare. Si vedrà.
Comunque una riforma della legge elettorale è tra i punti programmatici che il premier Enrico Letta intende portare in aula mercoledì prossimo in sede di verifica e sulla quale sta cercando di giungere a un’intesa tra le forze di maggioranza. Ma non solo. Proprio ieri il premier ha rivolto un appello alle forze politiche non di maggioranza, ma soprattutto a Forza Italia perché distingua tra l’appoggio al governo e la partecipazione attiva al percorso riformatore: «Ci sono tutti gli spazi per discutere», ha detto Letta, «ma il danno del non fare le riforme non viene contro uno o a vantaggio di un altro». Vallo a dire a Berlusconi che non vede l’ora di mettere nell’angolo i "traditori".
Se davvero si volesse fare una legge elettorale che non va «contro qualcuno o a vantaggio di un altro» (visto che si tratta della più importante regola di funzionamento democratico di una nazione) si dovrebbe tornare ad un sistema proporzionale. Se non altro perché tutti i tentativi maggioritari degli ultimi quindici anni hanno miseramente fallito nel loro proposito "ufficiale", che era quello, pensate un po’, di garantire la stabilità e la governabilità; mentre, in realtà servivano a ridurre gli spazi di democrazia e di rappresentanza, impedendo alle forze politiche minori di arrivare in parlamento se non coalizzate con quelle maggiori.
«La proposta di legge elettorale del governo ricade sotto la definizione di “interessi privati in atto di ufficio” – commenta appunto Paolo Ferrero – La legge elettorale, come tutti gli atti del governo, non è finalizzata al bene dell’Italia ma semplicemente alla sopravvivenza del governo. Il mantenimento artificiale di un bipolarismo farlocco in un paese in cui il bipolarismo non solo è fallito ma è morto e sepolto nelle urne è una porcheria antidemocratica che serve solo a mantenere il potere nelle mani dei soliti noti. L’unico sistema elettorale che può permettere al Parlamento di riacquistare una qualche rappresentatività è quello proporzionale, in cui ogni cittadino possa votare per il partito e per il candidato che desidera».
ROMA
DISOCCUPAZIONE, NUOVO BOOM TRA I GIOVANI. COMMENTO CHOC DEL GOVERNO: "E’ NORMALE"
IL NUMERO DI DISOCCUPATI CRESCE DEL 9,9% RISPETTO ALLO SCORSO ANNO E ARRIVA A 3 MILIONI E 189 MILA PERSONE. Oltre un milione sono under 30. L’Istat sottolinea che gli scoraggiati, coloro che non cercano lavoro perché hanno rinunciato, sono 1,9 milioni: una cifra mai raggiunta prima. Il dramma sociale, però, resta il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) che a ottobre è balzato al 41,2%: si tratta del nuovo record storico assoluto.
Secondo i dati Istat, nel terzo trimestre del 2013, per la classe d’età 18-29 anni il tasso di disoccupazione si attesta al 28% (+5,2 punti su base annua), con un numero di disoccupati che giunge a 1 milione 68mila (+17,2%, pari a 157mila unità). In questa classe d’età i disoccupati rappresentano il 14% della popolazione (7 milioni 621 mila). I disoccupati tra 15 e 24 anni sono 663 mila, in aumento dell’1,4% nell’ultimo mese (+9 mila) e del 5,5% rispetto a dodici mesi prima (+35 mila). E la loro incidenza sulla popolazione in questa fascia di età e’ pari all’11,0%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,6 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione risulta invece in rialzo di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,8 punti nel confronto tendenziale. Lapidario e sfrontato il commento del ministro del Lavoro Giovannini. I dati ”non sono sorprendenti. La stabilità di occupazione e disoccupazione e’ coerente con il quadro economico. I segnali di risveglio stanno accadendo ora”, ha detto. ”La disoccupazione giovanile aumenta leggermente – spiega a margine di un convegno – nonostante i 15.000 posti di lavoro creati con gli interventi sull’occupazione giovanile.
Secondo Comitas, l’associazione delle piccole e microimprese, li dati Istat sono in relazione con i fallimenti delle piccole aziende, ”che hanno infatti da sempre creato in Italia il doppio dell’occupazione rispetto alle grandi realtà aziendali. Proprio l’emorragia che ha colpito il settore delle microimprese, dove nei soli primi nove mesi del 2013 si sono registrati 9mila fallimenti, con un incremento del 6% rispetto allo stesso periodo del 2012, alimenta il fenomeno della disoccupazione, destinato ad aggravarsi nel corso del prossimo anno.
Le cifre sulla disoccupazione rappresentano ”una vergogna per un paese civile”, afferma il Codacons, commentando il nuovo record fatto segnare dal tasso giovanile. Tutti dati che, aggiunge, ”purtroppo, vedono l’Italia avvicinarsi di gran passo alla situazione tragica della Grecia”. Per il Codacons, infatti, ”senza interventi urgenti sul fronte dell’occupazione, del rilancio dei consumi e della pressione fiscale per le imprese, la velocita’ con cui il nostro paese di avvicinerà alla Grecia subirà un progressivo incremento ”.

SBILANCIAMOCI – 26 miliardi PER I DIRITTI, LA PACE E L’AMBIENTE / Una manovra da 26 miliardi per i diritti, la pace e l’ambiente. A dimostrare, ancora una volta, che è possibile, tabelle, conti e numeri alla mano, è Sbilanciamoci!, che oggi presenta la sua quindicesima contromanovra, «Come usare la spesa pubblica per i diritti, la pace e l’ambiente», a Roma (Fandango Incontro, via dei Prefetti 22, ore 10,30), all’interno della giornata organizzata insieme alla Campagna 005.
Il rapporto, come di rigore ha fatto finora ogni documento programmatico annualmente presentato da Sbilanciamoci!, propone un’analisi approfondita sia di quello che riguarda il contesto nazionale sia di quello europeo attuale ma anche e soprattutto presenta proposte concrete per cambiare strada: 106 alternative specifiche e dettagliate sia sul versante delle entrate che su quello delle uscite.
I tagli della spesa pubblica sbagliata, come quella per la Difesa e per le «grandi opere», una tassazione progressiva come prevede la nostra Costituzione, possono consentire di investire nel lavoro, nella tutela dell’ambiente e nella redistribuzione della ricchezza a partire dalla sperimentazione di un reddito minimo garantito.
E a sfatare i tanti, troppi granitici luoghi comuni sulla spesa pubblica ecco quest’anno il rapporto di Lunaria, dal titolo molto significativo: «I diritti non sono un costo. Immigrazione, welfare e finanza pubblica», che sarà presentato, sempre presso «Fandango Incontro», via dei Prefetti (Roma), domani alle 10.
Anche questa è una analisi dettagliata e rigorosa della spesa pubblica sociale italiana imputabile ai cittadini stranieri. Vale a dire è la dimostrazione concreta ed empirica che accogliere, includere, garantire i diritti di cittadinanza è non solo giusto ma anche conveniente per la finanza pubblica

VATICANO
PAPA-MANIA A MIAMI, SPOPOLA SU MEDIA LATINOS. CATTOLICI FOLGORATI DAL MESSAGGIO E DALLA PERSONALITA’ DI BERGOGLIO
Esistono di fatto "due" Cuba. Una è l’isola di Fidel Castro, l’altra è Miami e le altre città della Florida dove vivono tantissimi cubani. Tutti cattolici, folgorati dalla personalità e dal messaggio del Papa argentino. Così come capita d’altra parte anche con i ‘latinos’ di altre nazionalità. I cubani residenti negli Usa sono circa 1,8 milioni, dei quali 1,2 milioni nella Florida: una cifra significativa visto che la popolazione totale della penisola supera di poco gli 11 milioni di abitanti. E’ proprio da questo mondo di Miami che emerge un interesse nei confronti della Chiesa cattolica che c’era senz’altro prima dell’elezione di Jorge Bergoglio, ma che da quel 13 marzo si è moltiplicato. Un esempio di ciò viene dal settore dell’editoria e dei media. Qualsiasi contenuto – testo, foto, audio o video – con il Vaticano e Bergoglio quale protagonista desta subito un forte interesse.
"Basta accennare al pontificato, per non parlare poi quando a intervenire è in prima persona Bergoglio: la notizia diventa quasi automaticamente la più cliccata delle ‘news’ del momento. Comunque, immancabilmente tra le prime cinque", sottolinea all’ANSA la giornalista argentina Maria Arce, responsabile dei notiziari digitali di Univisión, la principale tra le grandi reti TV in lingua spagnola degli Stati Uniti. "All’inizio eravamo stupiti per questo interesse e lo abbiamo attribuito alla novità, e cioè all’arrivo di Bergoglio in Vaticano. Poi però abbiamo capito che era una tendenza che si stava consolidando, come di fatto è poi stato", afferma d’altra parte Maria Elvira Salazar, della Cnn in spagnolo, che da Miami trasmette per tutti i residenti di origine latinoamericano, molto visto anche in Messico e nei paesi sudamericani. "E’ vero che è il primo Papa proveniente dalla regione ma credo anche che ciò non basta per spiegare quanto sta succedendo da noi. Credo anzi – aggiunge la Salazar – sia un fenomeno da seguire e studiare".
Qualche dato aiuta a spiegare questa "Papa-mania latina". Negli Stati Uniti vi sono undici milioni di residenti illegali, che attendono con ansia una riforma della legge americana sull’emigrazione, argomento all’ordine del giorno nel paese, visto tra l’altro che la recente decisione del Congresso di non trattare la riforma prima della fine dell’anno ha provocato una grande delusione. "Gli immigranti guardano con tanta speranza a questo Papa che sa come loro cosa voglia dire crescere in una famiglia dove si parla una lingua diversa da quella che insegnano a scuola", sottolineano molti dei ‘latinos’. Tutti ricordano la grande sensibilità dimostrata da Bergoglio prima a Buenos Aires por in Vaticano nei confronti dei problemi di chi deve lasciare il proprio luogo di origine. D’altra parte, proprio a Miami risiede la più numerosa comunità latinoamericana degli Stati Uniti. Per le strade del ‘downtown’, e non solo, è quindi normale sentire parlare spagnolo e vedere nelle vetrine delle librerie volumi in questa lingua accanto a quelli in inglese. Tra questi quelli che raccontano la storia del nuovo papa figlio di emigranti piemontesi in Argentina. Senza dimenticare il suo impegno, per anni, a favore dei peruviani, paraguaiani e boliviani che sbarcano nelle ‘villas miserias’ della megalopoli Buenos Aires alla ricerca della fortuna che non hanno trovato a Lima, Asuncion o La Paz. ”E’ inutile fare tante analisi, a noi basta essere convinti di una cosa: Bergoglio ci conosce", precisa Laura Chacon, una giovane colombiana, hostess in una compagnia di crociere, che si definisce non credente ma comunque entusiasta di questo papa latinoamericano. E che facendo appello a uno dei ricorrenti paragoni calcistici afferma che "come accade ai mondiali, quando non vince la propria nazionale si cerca quella di un altro paese del proprio continente. Sono colombiana ma con questo Papa – conclude – tifo Argentina

EUROPA
UE
E ADESSO, POVERO EURO?
Lasciamolo dire al Sole 24 ore, un giornale che per la sua funzione non può permettersi di raccontare troppe frottole: “CHI SI ILLUDEVA CHE IL RITORNO DEI SOCIALDEMOCRATICI AL GOVERNO AVREBBE AMMORBIDITO LE POLITICHE DI RIGORE DI ANGELA MERKEL SI RITROVA SMENTITO SU TUTTA LA LINEA: NIENTE ALLENTAMENTI, NÉ MUTUALIZZAZIONE DEI DEBITI, NÉ SOLIDARIETÀ FINANZIARIA UE NELL’UNIONE BANCARIA SE NON COME ULTIMISSIMA SPIAGGIA. SILENZIO SULLA CRESCITA EUROPEA (CHE NON C’È). INVECE CONTRATTI UE VINCOLANTI SULLE RIFORME DEGLI ALTRI”. Capito? Il PD ha sempre saputo che le cose sarebbero andate così, e farà finta che sia ancora possibile ottenere, assieme al rigore, la sospirata crescita. Non si tratta di illusioni, si tratta di fare il proprio mestiere, che è, per il PD, quello di tenere i lavoratori italiani dentro la gabbia del capitalismo euroatlantico. Ma che dire della sinistra sedicente radicale, che ancora continua a coltivare speranze analoghe? “Beh – mi si risponderà – ma noi non speriamo certo nel rinsavimento della Merkel, contiamo piuttosto sulla lotta dei lavoratori europei…” . Appunto: se la Grosse Koalition tra socialdemocratici e conservatori è tirchia sull’Europa, è invece più generosa sul fronte interno. I patti prevedono infatti l’instaurazione di un salario minimo ed un allentamento delle restrizioni in tema di pensioni. Poca cosa, certo: ma cosa rilevantissima perché in assoluta controtendenza rispetto all’andazzo attuale. Insomma, diciamola chiara: con i sovrapprofitti garantiti anche dal poter godere, grazie all’euro, di una permanente svalutazione della propria moneta (quella svalutazione che, chissà perché, per l’Italia dovrebbe essere peccato capitale), la Germania finanzia il rafforzamento dell’adesione dei lavoratori tedeschi al suo modello mercantilista. Cosicché lo “spazio europeo” dimostra ancora una volta di non favorire affatto l’unità dei lavoratori, e quindi la costituzione del fronte sociale che dovrebbe democratizzarlo. Anzi.
Ma che ne è dell’altro paladino della cosiddetta Europa sovranazionale, che ne è di quel Mario Draghi che dovrebbe difendere l’euro (questo presunto “spazio avanzato” della lotta di classe) contro la miopia della Germania? Vediamo, vediamo:… “Mario Draghi non ha bloccato la proposta di alcuni membri dell’Esbr, l’autorità per i rischi sistemici, di prevedere una valutazione del rischio superiore a zero per i titoli di stato detenuti dalle banche. E, ovviamente, che tali rischi siano ponderati in modo diverso di stato in stato, con i titoli dei paesi virtuosi ad essere valutati più sicuri di quelli dei Piigs.” Se questa scelta venisse confermata – continua Investire oggi, un sito di consulenza finanziaria che, anch’esso, non può raccontare troppe frottole – ciò “equivarrebbe a dire agli investitori che anche per la BCE i BTp ei Bonos non sono così sicuri come i Bund tedeschi. E perché mai dovrebbero acquistarli, se la stessa banca centrale li declassa?”.
Inoltre Weidmann, il presidente della Banca centrale tedesca, “avverte Draghi che se intende andare avanti sulla strada della supervisione bancaria unica e centrale, non sarà lui a guidarla. La Germania uscirà dal cilindro [chiedo scusa per il pessimo italiano, ma io non c’entro… M.P.] l’ennesimo organismo sovranazionale e ufficialmente super-partes, per evitare che i bilanci delle sue banche siano giudicati dal board della BCE, dove ormai i tedeschi sono finiti in minoranza, come ha dimostrato l’ultimo voto di novembre con il taglio dei tassi avversato dalla Bundesbank e da pochi altri. E la BCE potrà anche scordarsi nuove misure di stimolo monetario, perché il discorso del governatore tedesco era tutto improntato ad evidenziare i difetti di simili provvedimenti, che non sarebbero tollerati da Berlino, dopo il taglio dei tassi di meno di venti giorni fa”.
Capito l’aria che tira? Mario Draghi preferirebbe tenere in piedi la zona euro, forse per evitare che una sua disgregazione ostacoli il prossimo – e per noi micidiale – trattato di partnership euro-americana. Ma Berlino, nonostante possa lucrare molto dalla moneta unica, non le sacrificherà mai la propria autonomia strategica.
Non c’è niente da fare, dunque: la sinistra radicale (se davvero vuole essere sinistra e se davvero vuole essere radicale) deve rassegnarsi a deporre la vetusta retorica dell’Europa sociale, dei movimenti, della lotta di classe continentale, per affrontare con coraggio i propri compiti storici. Ossia la ridefinizione della posizione internazionale del Paese. L’elaborazione di un nazionalismo difensivo e democratico-costituzionale come base di un’alleanza del Sud, e poi di un’Europa confederale. La riscoperta dei pregi dell’economia pubblica contro le illusioni privatistiche (comuni anche a tanto “privato sociale”, a tanta “economia alternativa”). La costruzione di un’alleanza trai lavoratori che oggi seguono il PD e quelli che oggi seguono il centrodestra, su un programma che mescoli pianificazione per i grandi gruppi e (vero) mercato per le PMI, innovazione scientifico-tecnologica e democrazia industriale, valorizzazione dell’immenso patrimonio paesistico-culturale dell’Italia ed espansione razionale del lavoro pubblico.
Capiamolo una buona volta: lo rompano i Piigs o lo rompa la Germania l’euro finirà. Saremo allora costretti a riscoprire la serietà, la difficoltà, la durezza di una effettiva posizione di sinistra, dunque socialista.
UE
UE, I CONTI "FUORI POSTO" DELL’ITALIA E GLI AVVOLTOI CHE GIRANO SUL CADAVERE. "HO PRESO NOTA DELLE BUONE INTENZIONI DEL GOVERNO ITALIANO SU PRIVATIZZAZIONI E SPENDING REVIEW. Ma lo scetticismo e’ un valore profondamente europeo. E io ho il preciso dovere di restare scettico, fino a prova del contrario”. Picchia duro Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea e responsabile degli Affari economici. Picchia duro perché dopo aver decretato la morte cerebrale dell’Italia ora scatena gli avvoltoi sul cadavere. Parla di competitività, Rehn, ma vuole intendere innanzitutto il costo del lavoro. E quindi l’abbassamento degli standard di vita di chi vive con un reddito da lavoro. Una operazione che di solito viene portata avanti con l’attacco frontale ai contratti e con lo smantellamento dello Stato sociale. E nell’intervista a Repubblica il messaggio è chiaro: “Servono le privatizzazioni e la distruzione del welfare”. Che cosa non convince nel piano di stabilità e nella legge finanziaria italiana? "Per quanto riguarda il deficit- risponde il commissario Ue- l’Italia e’ in linea, anche se di poco, con il criterio del tre per cento e questo ha consentito al Paese di uscire dalla procedura per deficit eccessivo che e’ importante per la sua credibilita’ sui mercati finanziari. Inoltre l’Italia deve rispettare un certo ritmo di riduzione del debito, e non lo sta rispettando. Per farlo, lo sforzo di aggiustamento strutturale avrebbe dovuto essere pari a mezzo punto del Pil, e invece e’ solo dello 0,1 per cento. Ed e’ per questo motivo che l’Italia non ha margini di manovra e non potra’ invocare la clausola di flessibilità".
Il Governo accetta lo schema Ue, anche perché in vista dell’approvazione alla Camera della legge di Stabilità è evidente il più classico dei giochi di sponda, e prova a stare in difesa. "Abbiamo già risposto: c’è stato un intervento della Commissione poche settimane fa, sappiamo che il Commissario Cottarelli è al lavoro e che nei primi mesi del 2014 quantificheremo dei risultati", replica il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta. Per il prossimo anno, aggiunge Baretta, "la priorità è quella di rafforzare l’intervento sulla stabilizzazione della ripresa economica, sia dal lato delle imprese che dell’occupazione e naturalmente riconcentrarsi sul debito".
Intanto, Forza Italia chiede le dimissioni del ministro Saccomanni. “Non era lui l’uomo della Provvidenza – ironizza Renato Brunetta – l’uomo di Napolitano, l’uomo di Draghi, l’uomo che rassicurava i mercati, l’uomo che avrebbe ridato credibilità all’Italia e riportato il nostro Paese su un sentiero virtuoso di crescita?”.

GERMANIA
BERLINO
GERMANIA TROVATO L’ACCORDO PER LA GROSSE KOALITION, BYE BYE EUROPA
Si al salario minimo, ma senza un cambio di passo per l’Europa in crisi, che per altri quattro anni dovrà fare i conti con il rigore tedesco declinato dalla cancelliera Angela Merkel. A oltre due mesi dal voto federale dello scorso 22 settembre, dopo cinque settimane di trattative, in Germania l’Unione di Cdu/Csu e l’Spd hanno trovato l’accordo per un programma di governo condiviso. Il segno politico è tutto in chiave nazionalistica e garantista per ogni singolo partito, a partire dal Spd. Rispetto a prima, nella prospettiva europea, quindi, non cambia nulla se non in peggio. Gli speculatori hanno festeggiato con l’euro in deciso rialzo.
REFERENDUM SCONTATO
Ora per diventare effettivo l’accordo dovrà passare al vaglio degli iscritti del partito socialdemocratico, chiamati a votare in un referendum il cui esito sara’ reso noto il prossimo 14 dicembre. Ma nessuno si aspetta sorprese. Solo allora la grande coalizione rendera’ noti i nomi dei ministri che andranno a occupare le caselle di governo, sei per Spd e Cdu, tre per la Csu. Il via libera all’elezione di Merkel da parte del Bundestag, il parlamento federale, è previsto per il 17 dicembre prossimo. Da parte sua il segretarijo Spd Gabriel ha rassicurato che tra i circa 470mila militanti della Spd "si troverà un’ampia maggioranza", e ha rivendicato il successo di avere imposto l’introduzione del "Mindestlohn", il salario minimo
UN VIZIO ANTICO
Se saltasse la grande coalizione significherebbe tornare alle urne e l’azzeramento della leadership Spd. Per il partito di Willy Brandt, che fu peraltro vicecancelliere nella prima grande coalizione (1966-69), sarebbe lo sbando. Per la cancelliera Angela Merkel sara’ la sua seconda volta in meno di dieci anni. E nel dopoguerra siamo al tris nella Bundesrepublik. Anche prima della guerra, nella travagliata Repubblica di Weimar, naufragata nel nazismo nel ’33, la grande coalizione era usanza praticata.
UNO SCAMBIO IMPARI
Il punto piu’ controverso del programma di grande coalizione – duramente criticato dal mondo dell’economia e lodato dai sindacati – e’ stato l’introduzione di un salario minimo da 8,50 euro l’ora a partire dal 2015. Sara’ valido in tutto il Paese e per tutte le categorie, come voleva la Spd, a partire dal 2015, ma le parti sociali potranno trovare un’intesa per una deroga fino al 2017. Sul fronte pensionistico, la Spd ha inoltre conquistato l’uscita dal lavoro, senza sanzioni, per i 63enni che abbiano accumulato 45 anni di contributi. E come volevano ancora i socialdemocratici, i figli degli stranieri nati in Germania potranno mantenere la doppia cittadinanza. Una misura che interessa in primo luogo i milioni di immigrati turchi. La federazione dei sindacati tedesca Dgb ha valutato molto positivamente il punto dell’accordo. "Siamo andati avanti di un gran bel pezzo nel nuovo ordinamento del lavoro da parte di questa grande coalizione", ha detto il leader Dgb, Michael Sommer.
SULLE PENSIONI TUTTO COME PRIMA
La Cdu di Merkel ha invece ottenuto il blocco dell’aumento delle tasse per i piu’ ricchi voluto dalla Spd, il mantenimento del rigore dei conti, con la fine del nuovo indebitamento a partire dal 2015, e una sostanziale tenuta sul fronte previdenziale. Rispetto alla riforma attualmente in corso, che prevede l’innalzamento graduale fino a 67 anni per l’eta’ pensionabile, sara’ concessa una deroga senza sanzioni per i lavoratori che hanno accumulato 45 anni di contributi gia’ a partire dai 63 anni d’eta’, come voluto dai socialdemocratici. L’Unione ottiene invece l’aumento delle pensioni per chi ha avuto figli prima del 1992 a partire da luglio 2014. Dal 2017 sara’ invece introdotta una pensione di solidarieta’ da 850 euro per i contribuenti piu’ deboli.
EUROPA TARGATA MERKEL: ANCORA AUSTERITY
La Cdu e’ inoltre riuscita a imprimere decisamente la propria impronta sui temi europei. La futura Ue vista da Berlino dovra’ coniugare "solidarieta’ e responsabilita’", con una "maggiore competitivita’ attraverso riforme strutturali". Ma "il principio che ogni Stato rimane garante dei propri debiti rimane". Niente eurobond, insomma. Inoltre "crediti dai fondi di salvataggio europei possono essere considerati solo come ultima ratio, quando la stabilita’ dell’eurozona e’ messa in pericolo". E su questo si aprirà uno scontro duro con la Bce. Berlino si impegna a concretizzare il patto per la stabilita’ e la crescita da 120 miliardi di euro deciso nell’estate del 2012.
ALLA RICERCA DELLE COPERTURE
Resta da vedere come sara’ finanziato il programma, che secondo calcoli ottimistici richiedera’ almeno 23 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi entro il 2017, a fronte di entrate in crescita per 15 miliardi nello stesso periodo, come ha fatto sapere il ministero delle Finanze tedesco.

RUSSIA
MOSCA
LA CONDANNA DEL BALLERINO /Il 3 dicembre un tribunale di Mosca ha condannato a sei anni di campo di lavoro Pavel Dmitricenko, il ballerino del Bolshoi accusato di essere il mandante dell’aggressione con l’acido che, lo scorso gennaio, ha lasciato quasi cieco il direttore artistico del teatro Sergej Filin. L’esecutore materiale e l’autista sono stati condannati rispettivamente a dieci e a quattro anni. "La sentenza", scrive il MoscowTimes, "segna la fine di una vicenda che ha gettato fango sulla reputazione del teatro", e fa luce, sottolinea New Times/Novoe Vremja, "sulla concorrenza spietata e gli interessi economici che regnano nel mondo della danza".
RUSSIA/BELGIO

TRA MOSCA E BRUXELLES – PARTENARITO ORIENTALE
Nonostante la marcia indietro dell’Ucraina, e l’atteso no di Armenia, Azerbaigian e Bielorussia, al vertice di Vilnius del 28 e 29 novembre due paesi ex sovietici hanno comunque deciso di avviare il trattato di associazione con l’Unione europea: la Moldova e la Georgia. "Per la Moldova è una giornata storica", scrive il quotidiano Timpul, perché – come ha dichiarato il primo ministro Iurie Leancà (nella foto) – la firma "apre una strada chiara verso la futura adesione all’Unione". Anche secondo la versione moldava del romeno Adevàrul, "con l’accordo Bruxelles ha strappato Chisinàu dalle grinfie della Russia". A questo punto "i funzionari europei dovranno concedere fiducia alla Moldova senza però dimenticare l’Ucraina, dove non tutto è perduto. L’importante è che il desiderio d’integrazione europea si mantenga alto ai vertici del potere e continui a essere l’atteggiamento dominante nella società". Anche per la Georgia il summit di Vilnius è stato un evento di "portata storica", commenta Georgia Today. Tuttavia, sottolinea il settimanale di Tbilisi, "nessuno sa con certezza cosa succederà tra dieci mesi, quando la Moldova e la Georgia dovranno sottoscrivere definitivamente l’accordo". Quel che è certo è che "Mosca farà di tutto per attirare Tbilisi nel suo progetto di Unione euro-asiatica, come ha già fatto con l’Armenia".

FRANCIA
ELIMINARE LA PROSTITUZIONE / legge che introduce una multa di 1.500 euro per i clienti delle prostitute e il blocco dei siti che propongono servizi sessuali a pagamento. La legge abolisce anche il delitto di adescamento e prevede misure per aiutare le persone che si prostituiscono nel reinserimento sociale. L’obiettivo è "cancellare del tutto la prostituzione", osserva Le Monde. Un fenomeno, spiega il giornale, che in Francia riguarda "tra le 20mila e le 4omila persone". Tuttavia, secondo un sondaggio dell’istituto Csa, il 68 per cento degli intervistati è contrario alle sanzioni per i clienti, con grandi differenze a seconda dei sessi (è contrario il 58 per cento delle donne contro il 79 per cento degli uomini) e dell’età (i giovani sono più favorevoli alla legge degli anziani). Sostenuto da maggioranza e opposizione, il provvedimento ha incontrato resistenze in entrambi gli schieramenti, e provocato un acceso dibattito nella società. Mentre le organizzazioni femministe sono favorevoli, molte associazioni di prostitute sono contrarie. Contro la legge, inoltre, diversi intellettuali e personaggi dello spettacolo hanno firmato il cosiddetto "Appello dei 343 bastardi", che richiama il "Manifesto delle 343 puttane", sottoscritto nel 1971 da un gruppo di donne per la legalizzazione dell’aborto.

CROAZIA
ZAGABRIA
VIETA I MATRIMONI GAY
La costituzione croata sarà modificata per impedire l’approvazione di leggi che introducano i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Lo ha deciso il primo referendum di iniziativa popolare nella storia del paese, che si è svolto il 1 dicembre e si è concluso con il 66 per cento dei voti favorevoli alla modifica. Tuttavia, nonostante l’appoggio della chiesa cattolica all’iniziativa, solo un terzo degli aventi diritto è andato alle urne. "Con questo referendum", commenta Novi List, "la Croazia ha dimostrato di non essere ancora una società matura. Nonostante tutti gli atti di fede verso l’Europa pronunciati negli ultimi anni, in pochi mesi dal nostro ingresso nell’Ue abbiamo già dato prova di essere in conflitto con tutti i valori europei fondamentali".

LUSSEMBURGO
II 3 dicembre socialisti, liberali e verdi hanno approvato un accordo di coalizione per sostenere il governo guidato dal liberale Xavier Bettel.

ISLANDA
REYKJAVÍK
II 2 dicembre, per la prima volta nella storia del paese, la polizia ha aperto il fuoco contro un uomo durante un’operazione a Reykjavík. L’uomo è rimasto ucciso.

KOSOVO
I nazionalisti albanesi hanno vinto le elezioni amministrative del 1 dicembre a Pristina, mentre quelli serbi hanno vinto a Kosovska Mitrovica.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
ITALIA-ISRAELE
ROMA
“Dodici accordi”, contro la Palestina”
ESPANSIONE DELLE COLONIE, MURO DELL’APARTHEID, FURTO DI TERRE, CACCIATA DEI BEDUINI? NO, LETTA TACE SUI TERRITORI OCCUPATI E FIRMA CON IL PREMIER ISRAELIANO 12 PATTI BILATERALI di Emma Mancini
L’ombra della PALESTINA non ha offuscato il vertice bilaterale di Villa Madama, che ha rafforzato i già stretti rapporti economici e militari tra Roma e Tel Aviv. Nessun convitato di pietra: al governo italiano, impegnato da più di una legislatura a radicare la speciale alleanza con lo Stato israeliano, poco importa di quanto accade oltre mare. E delle proteste che da sabato a lunedì hanno avuto come teatro importanti città italiane, da Torino alla capitale, scese in piazza per protestare contro il Piano Prawer – l’espulsione forzata di 70mila beduini palestinesi del Negev – e più in generale contro l’occupazione dei Territori e le discriminazioni etniche che caratterizzano le politiche israeliane.
Il premier Letta non ha speso una parola, limitandosi a esprimere all’amico Netayahu «l’auspicio che il processo di pace in Israele vada avanti anche per i nostri amici palestinesi». Nessuna critica all’amico israeliano: prima la visita in sinagoga in occasione dell’Hannukkah, festa ebraica della luce, e poi la firma di ben 12 accordi bilaterali in campo scientifico, culturale, turistico e di cooperazione alla sicurezza. Ben diverso è stato l’approccio di Letta da quello del presidente francese Hollande, molliccio in patria e interventista militar-umanitario ma che, dallo scranno della Knesset dieci giorni fa, non ha temuto di alzare la voce contro le politiche colonizzatrici israeliane.
La priorità per l’Italia resta il business: «Questi accordi ora devono divenire fatti concreti – ha detto Letta in conferenza stampa – Le intese sono su energia, sanità, ricerca, cultura. Abbiamo avuto un momento d’incontro con il comitato congiunto creato per aiutare le start up. Riguardano tutto il Paese: la regione Abruzzo, un’università importante, un’azienda come l’Acea». Al centro del bilaterale tra ROMA e TEL AVIV finisce la crisi italiana: i dodici accordi sono considerati dal governo italiano strumenti per crescita e occupazione. Entusiasmo di Letta: Israele parteciperà all’Expo 2015, annunciando «altra carne al fuoco, dossier importanti da finalizzare in altrettanti accordi» con Israele.
Tra le intese firmate ieri salta agli occhi il memorandum sull’acqua tra l’Acea e la compagnia israeliana Mekorot, uno dei pilastri del controllo e il furto delle risorse idriche palestinesi da parte di TEL AVIV. Centrali anche la questione sanitaria, con la partecipazione del Policlinico Gemelli e la facoltà di Medicina di Torino, e quella tecnologica con memorandum d’intesa in materia di hi-tech e cyberspazio. Gli affari prima di tutto.
Eppure c’è chi ha duramente protestato contro questo approccio: sabato a Torino e ieri di nuovo a Roma attivisti, organizzazioni per i diritti umani e semplici cittadini sono scesi in piazza per dimostrare solidarietà al popolo palestinese, alla battaglia contro quella che viene definita «una catastrofe mai finita», ongoing Nakba, l’espulsione della popolazione palestinese dalle proprie terre. «Sabato a Torino il corteo di mille persone ha scelto di schierarsi dalla parte di chi lotta contro l’occupazione – ci spiegano dal Collettivo Palestina Rossa – Le realtà presenti, provenienti da tutta Italia, sono le stesse che hanno condiviso il percorso dell’assemblea nazionale ‘Dalla solidarietà alla lotta internazionalista’ che ha visto tre convegni in Italia. La manifestazione è stata costruita per dire no al vertice Italia-Israele e al Piano Prawer. Negli ultimi anni i rapporti tra le reciproche dirigenze ed istituzioni si sono rafforzati. Due gli obiettivi degli accordi: favorire il libero scambio e usare l’Italia come ponte per l’Europa di cui Israele non è membro, ma in cui riesce a trovare modi per darsi l’immagine di Paese democratico».
E se la PALESTINA non è riuscita a ritagliarsi spazio nel bilaterale romano, ospite non gradito è stato l’Iran. Netanyahu è tornato a gridare la sua ferma opposizione all’accordo tra Teheran e il 5+1: «Vorrei cancellare ogni illusione – ha detto Bibi, in piedi accanto a Letta – L’Iran aspira ad ottenere la bomba atomica. Non minaccerà solo Israele, ma anche l’Italia e il mondo intero. C’è un regime in Iran che sostiene il terrorismo, aiuta il massacro dei civili in Siria e fornisce armi ai suoi sostenitori». I timori di Netanyahu sono ormai palesi: senza la minaccia rappresentata dall’Iran e dal suo programma nucleare, Tel Aviv perderà un fondamentale collante del consenso interno – basato sulla necessità di un nemico comune esterno – e anche la giustificazione a spese folli per gli armamenti e agli ingenti finanziamenti statunitensi per la sicurezza.
DI PALESTINA SI È PARLATO IN VATICANO. Nell’incontro Netanyahu e papa Francesco hanno affrontato «la ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi, auspicando che si possa giungere ad una soluzione giusta e duratura». In conclusione, anche stavolta si è parlato di affari e del lungo contenzioso tra Stato d’Israele e Vaticano in merito ai privilegi fiscali di cui godeva la Chiesa cattolica prima del 1948.

PALESTINA/FRANCIA
PARIGI
L’IPOCRISIA DEGLI EUROPEI da Parigi Amira Hass / Due amici mi hanno convinta a interrompere la vacanza per scrivere due articoli sull’Unione europea e l’occupazione israeliana. Così ho deciso di eliminare alcune delle visite ai musei che avevo in programma. Passeggiando per i canali di Amsterdam e lungo la Senna a Parigi ho preparato le domande da rivolgere ai funzionari europei.
Il primo articolo parla della richiesta dello stato palestinese di entrare nel Consiglio oleicolo internazionale (Coi), un’organizzazione fondata nel 1959 da stati come Israele, Italia e Libia per migliorare la rete internazionale di produzione e distribuzione dell’olio d’oliva. La coltivazione degli ulivi è una parte importante dell’economia palestinese, e proprio per questo gli alberi sono tra i bersagli preferiti dei coloni israeliani. Gli stati dell’Unione europea erano in maggioranza favorevoli all’ammissione della Palestina, ma Germania e Regno Unito si sono opposti sostenendo che un voto favorevole "avrebbe danneggiato il processo di pace". E così i palestinesi hanno ritirato la loro richiesta. Il secondo articolo riguarda le relazioni economiche sempre più strette tra i Paesi Bassi e Israele. L’ambasciata di Tel Aviv è arrivata addirittura a ignorare le disposizioni ufficiali che vietano alle aziende olandesi di collaborare con i coloni. Così, mentre l’Unione europea e i suoi stati si oppongono a parole alla politica coloniale di Israele, di fatto rafforzano i legami economici con Israele e le colonie.

EGITTO.
UCCISO STUDENTE A PROTESTA UNIVERSITÀ DEL CAIRO
Uno studente e’ stato ucciso durante una manifestazione di islamisti all’università del Cairo. Lo ha riferito una fonte del ministero della salute, ricordando che nel Paese continua la repressione contro i sostenitori dell’ex presidente Mohamed Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani e deposto da un golpe il 3 luglio Testimoni citati dalla France Press hanno riferito che la polizia ha usato idranti, gas lacrimogeni ma anche fucili a pallini, per disperdere gli studenti che chiedevano il ritorno al potere di Morsi

TUNISIA
Cinquanta poliziotti sono rimasti feriti il 27 novem-bre negli scontri scoppiati du-rante uno sciopero a Siliana.

LIBANO
OMICIDIO A BEIRUT
Il 4 dicembre un comandante di Hezbollah, Hassan al Laqqis, è stato ucciso a Beirut, scrive Al Akhbar. L’attacco è stato attribuito a Israele. Secondo Ha’aretz, è il peggior colpo subito dall’organizzazione dalla morte di Imad Mughniyya nel 2008. Il giorno prima Hezbollah aveva accusato l’Arabia Saudita di aver orchestrato l’attentato del 19 novembre contro l’ambasciata dell’Iran (alleato di Hezbollah). Negli stessi giorni il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif è stato impegnato in una serie di visite agli stati del golfo Persico e ha ribadito l’intenzione di ricucire i rapporti anche con l’Arabia Saudita.

MAURITANIA
II 3 dicembre la commissione elettorale ha an-nunciato che l’Unione per la re-pubblica (Upr, al potere) ha vinto il primo turno delle legislative. Al secondo posto, a sorpresa, gli islamisti di Tawassul.

SOMALIA
II 2 dicembre il parlamento ha sfiduciato il primo ministro Abdi Farah Shirdon, da tempo ai ferri corti con il presidente Hassan Sheikh Mohamoud.

MALI
LA TREGUA È STATA INFRANTA
I ribelli del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (nella foto, un combattente) hanno annunciato la rottura della tregua con l’esercito maliano dopo le violenze all’aeroporto di Kidal del 28 novembre, quando i soldati hanno aperto il fuoco su una folla di manifestanti causando un morto e cinque feriti . II 1 dicembre un kamikaze si è fatto esplodere a Ménaka. An-che a Bamako l’atmosfera è tesa, scrive il Journal du Mali, perché gli abitanti temono che i sostenitori del capitano Amadou Sanogo, l’ex leader golpista arrestato il 27 novembre, decidano di marciare sulla capitale.

ZAMBIA
II 29 novembre il tribunale di Lusaka ha rinunciato a perseguire 54 separatisti del Barotseland, che rischiavano la pena di morte per alto tradimento.

ANGOLA
UN FUNERALE POLITICO
L’uccisione di un militante di un partito d’opposizione ha scatenato manifestazioni inedite per l’Angola, scrive Maka Angola. Manuel Ganga, un insegnante di 28 anni, è stato ucciso dalla polizia il 23 novembre mentre era in stato di arresto. Ganga era stato fermato poche ore prima di una grande manifestazione dell’op-posizione mentre attaccava dei poster in ricordo di due attivisti politici scomparsi nel 2012. Al suo funerale, il 27 novembre, la polizia ha usato elicotteri e cannoni ad acqua per impedire che il corteo si trasformasse in una protesta contro il governo.

ASIA & PACIFICO

COREA DEL NORD
II 3 dicembre i servizi segreti sudcoreani dell’Nsi hanno rivelato che il leader nordcoreano Kim Jong-un ha destituito suo zio Jang Songthaek, eminenza grigia del regime e vicepresidente della commissione di difesa nazionale. Inoltre, due funzionari vicini a Jang sarebbero stati fucilati con l’accusa di corruzione.

GIAPPONE
CITTADINI ALL’OSCURO
Il 26 novembre, dopo solo due ore di discussione, la camera bassa ha approvato una proposta di legge sulla protezione dei segreti di stato che rischia di limitare la libertà d’informazione dei cittadini. Se, come previsto, la camera alta il 6 dicembre darà l’assenso definitivo, chiunque entri in possesso e divulghi delle informazioni segrete sarà punibile fino a dieci anni di carcere. Il problema è che non è chiaro secondo quali criteri un segreto di stato sarà classificato come tale. La proposta del primo ministro Shinzò Abe ha suscitato molte critiche in tutte le fazioni politiche e ha portato migliaia di cittadini in piazza. "Benvenuti nella nuova età buia del Giappone", commenta Jake Adelstein sul Japan Times, tra le tante testate a criticare il disegno di Abe. "L’8o per cento dei giapponesi teme che il governo usi la legge per nascondere scandali come è successo con il disastro di Minamata negli anni sessanta, con la partita di sangue infetto da hiv negli anni novanta fino all’incidente alla centrale di Fukushima". Abe ha assicurato che sarà creata ‘un’entità terza’ che dovrà fare da supervisore all’applicazione della legge. "Che tipo di persone saranno chiamate a far parte di questo organismo? E che poteri avranno?", chiede l’Asahi Shimbun in un editoriale in cui lancia un appello alla camera alta, dove la coalizione di governo ha una larga maggio-ranza, perché bocci la proposta.

INDIA
È CADUTA UNA STELLA
La caduta di Tarun Tejpal, fondatore e direttore del settimanale Tehelka, per un’accusa di molestie sessuali, rischia di segnare la fine della rivista indiana, nota per le sue inchieste scomode. Il 30 novembre Tejpal, star del giornalismo del paese, è stato arrestato dalla polizia di Goa con l’accusa di stupro. Dieci giorni prima era trapelata la no-tizia che una sua giovane redattrice era stata molestata da Tejpal in un ascensore di un hotel a Goa, dove era in corso il festival che Tehelka organizza ogni anno. Come ha detto la ra-gazza, che ha denunciato il fatto alla vice di Tejpal, Shoma Chaudhury, dimessasi pochi giorni dopo, quello che ha fatto "rientra nella definizione legale di stupro". La legge sulla violenza sulle donne è diventata più severa dopo la campagna, seguita ai casi di stupro del 2012, in cui Tehelka è stata in prima linea. "Tejpal ha perso la fiducia di chi lo ammirava per i valori progressisti che incarnava", scrive The Diplomat.

PAKISTAN
PASSAGGIO BLOCCATO
Le manifestazioni di protesta nella provincia di Khyber Paktunkhwa, al confine tra Pakistan e Afghanistan, contro gli attacchi dei droni statunitensi in Pakistan hanno spinto gli statunitensi a sospendere la via principale dei rifornimenti via terra alle truppe Nato, scrive Dawn. Il partito Pakistan TehrikiInsaf, che governa la provincia e guida le proteste da 24 novembre, ha rivendicato 1 "successo tattico", impegnan-dosi a continuare la protesta finché Islamabad non bloccherà il passaggio dei rifornimenti. Ma il governo pachistano ha firmato un accordo con Washington che permette ai convogli della Nato di passare attraverso il territorio pachistano fino al 2015.

CINA
II 3 dicembre Shanghai è arrivata in testa alla graduatoria Pisa 2012 dell’Ocse, che indaga sulle competenze scolastiche dei ragazzi di 15 anni. La metropoli cinese precede Singapore e Hong Kong.
PECHINO
IL VERO OBIETTIVO DI PECHINO
La nuova zona di identificazione aerea cinese segna un punto di svolta nella strategia di Pechino verso l’oceano, scrive lo Yazhou Zhoukan. L’area si sovrappone alle zone aeree del Giappone e della Corea del Sud e comprende le isole Diaoyu (Senkaku per i giapponesi). Il vero obiettivo della strategia di Pechino, tuttavia, non si ferma alle isole contese e al mar Cinese orientale. La Cina guarda al mar Giallo e al mar Cinese meridionale, dove potrebbe creare altre zone simili in cui gli aerei che la attraversano sono tenuti a fornire il piano di volo e restare in contatto con le autorità militari cinesi a terra. Il fatto che l’area decisa da Pechino si protenda verso lo stretto di Miyako, tra l’omonima isola giapponese e Okinawa, indica il Giappone come bersaglio principale della mossa e sottolinea la volontà della Cina di avanzare verso l’oceano Pacifico superando la prima barriera di isole, in cui sono di stanza truppe statunitensi e attraverso cui passano le rotte delle navi cinesi. La zona di identificazione non comprende invece Taiwan segno, spiega l’esperto di questioni militari Song Xiaojun, che i cinesi ritengono possibile una riunificazione pacifica.

AFGHANISTAN
KABUL
«NUOVO» AFGHANISTAN – La notizia è sconvolgente: in Afghanistan si propone di reintrodurre la lapidazione per l’adulterio! Dopo dodici anni di intervento militare occidentale si ritorna alle leggi dei taleban. Ed è sconvolgente, o dovrebbe esserlo, per chi, come l’Italia, nella «ricostruzione» dell’Afghanistan aveva l’incarico di seguire il settore della giustizia. Alla vigilia del ritiro delle truppe, almeno parziale, si impone un bilancio. L’investimento del governo italiano sulla propaganda per celebrare i successi dei nostri militari in Afghanistan si scontra con una realtà che emerge con tutta la sua forza raccapricciante. La notizia della reintroduzione della lapidazione – in un paese dove purtroppo non è mai sparita del tutto – è stata rivelata da Human rights watch (Hrw) che ha potuto esaminare il documento elaborato da una commissione del Ministero della giustizia afghano incaricata di rivedere il Codice penale. Il progetto prevede che se due persone sposate sono giudicate colpevoli di aver avuto rapporti sessuali fuori dal loro rispettivo matrimonio, l’uomo e la donna possono essere condannati alla «pena della lapidazione». La sentenza sarà applicata in luogo pubblico. Se una delle due persone non è sposata sarà condannata a 100 frustate.
La pena di morte per lapidazione è una delle più aberranti violazioni delle norme internazionali relative ai diritti umani, sottoscritte anche dall’Afghanistan. «È assolutamente scandaloso che dodici anni dopo la caduta del governo dei taleban, l’amministrazione Karzai intenda ristabilire la pena della lapidazione», ha dichiarato Brad Adams, direttore della divisione Asia di Hrw. «Il presidente Karzai dovrebbe dare prova di un impegno a favore dei diritti umani, respingendo categoricamente questa proposta».
Per questo – sostiene l’associazione per i diritti umani – i donatori internazionali, soprattutto quelli che sostengono il processo di riforma giuridica in Afghanistan, oltre a prendere decisamente posizione contro questo progetto dovrebbero sospendere gli aiuti nel caso la proposta della Commissione del ministero della giustizia dovesse essere adottata.
Tuttavia, se questa proposta rappresenta un ulteriore passo verso l’oscurantismo, in Afghanistan con l’accusa di aver commesso «crimini morali» molte donne vittime di violenze e stupri vengono regolarmente incarcerate. La denuncia di stupro si trasforma in accusa di adulterio, per la sola donna, che finora comportava anni di carcere ma che in futuro potrebbe voler dire essere uccisa a colpi di pietre – piccole, così prolungano l’agonia – davanti a un pubblico assetato di sangue, magari dentro lo stadio di Kabul. Ma basta fuggire di casa allom scopo di evitare le violenze del marito per essere incarcerate. Poche di queste donne, purtroppo, riescono a sfuggire alla peggior sorte rifugiandosi nelle case per le donne che subiscono violenze. I fondi per il loro mantenimento sono pochi e il governo aveva tentato di portare queste case-rifugio sotto il suo controllo, il che equivaleva a consegnare le donne rifugiate in pasto ai loro carnefici.
Proprio oggi si terrà nel Parlamento italiano un convegno in occasione della giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne (celebrata il 25 novembre) per dibattere sul futuro dell’Afghanistan, speriamo si vada oltre un confronto istituzionale spesso lontano dalla realtà vissuta da molte donne afghane. Una realtà che conosce bene Malalai Joya, deputata buttata fuori dal parlamento afghano per aver denunciato i signori della guerra, che in questi giorni sta compiendo un lungo tour in Italia, proprio per denunciare la situazione del paese dopo dodici anni di intervento militare.( di Giuliana Sgrena )

AMERICA CENTROMERIDIONALE
BRASILE
Un leader indigeno guarani, Ambròsio Vilhalva, è stato trovato morto il 3 dicembre nello stato del Mato Grosso do Sul. Probabilmente è stato ucciso da qualcuno della sua tribù.
SAN PAOLO
ANCORA MORTI NEI CANTIERI DEI MONDIALI DI CALCIO
Mondiali di calcio in Brasile: in mattinata, e’ crollata una parte della struttura metallica che copre lo stadio Itaquerao, a San Paolo, scelto dalla Fifa per la partita inaugurale del torneo, il prossimo 12 giugno. Due gli operai morti, mentre altri due, feriti, ancora non sono stati estratti da sotto le macerie. L’orario dell’incidente, avvenuto durante la pausa pranzo, ha forse evitato una tragedia che poteva avere proporzioni anche maggiori. Secondo una prima ricostruzione, il crollo e’ avvenuto quando una gru stava issando un elemento particolarmente pesante, di circa 500 tonnellate. Alcuni testimoni hanno riferito che l’argano (uno dei piu’ grandi del mondo) si sarebbe spezzato in due, precipitando sulla tribuna destinata a ricevere la copertura metallica e facendo franare anche i due piani dello stadio sottostanti. L’avveniristico impianto – sede ufficiale del Corinthians, costato circa 320 milioni di euro, con 70 mila posti di capienza e persino un discobar panoramico sul campo di gioco – aveva il 94% dei lavori gia’ ultimati e avrebbe dovuto essere inaugurato il prossimo gennaio. La Fifa ha espresso ”grande tristezza” e il presidente Joseph Blatter ha presentato le proprie condoglianze ai familiari di due operai morti nell’incidente. La Fifa ha sottolineato che ”la sicurezza degli operai e’ una priorita’ assoluta” per l’organismo che controlla il calcio
mondiale. Non e’ la prima volta che si verifica un cedimento nei cantieri di ristrutturazione in uno stadio brasiliano: lo scorso aprile, sempre a San Paolo, un episodio simile era accaduto nell’Arena Palestra, sede del Palmeiras: in quell’occasione, un operaio era deceduto dopo che alcune travi destinate alla nuova tribuna si erano staccate dal cavo di una gru, finendo addosso a un gruppo di lavoratori.

VENEZUELA
CARACAS
AL BUIO PRIMA DELLE ELEZIONI
"La notte del 2 dicembre un blackout ha lasciato al buio gran parte della capitale Caracas e almeno dieci stati della zona centroccidentale del paese", scrive El Nacional. L’interruzione di elettricità si è verificata mentre il presidente Nicolas Maduro stava parlando al paese dalla tv di stato. Secondo il ministro dell’energia elettrica Jesse Chacón, si è trattato di un sabotaggio in vista delle elezioni amministrative dell’8 dicembre: "Non è stato un incidente", scrive Tal Cual riportando le sue dichiarazioni. Il 3 dicembre Maduro ha detto di avere le "prove che è stato un sabotaggio della destra".

HONDURAS
Sì al riconteggio dei voti
"Il 2 dicembre il presidente del Tribunale supremo elettorale dell’Honduras ha annunciato che si controlleranno tutte le schede delle elezioni presidenziali del 24 novembre, come richiesto da Xiomara Castro, moglie dell’ex presidente Manuel Zelaya deposto con un golpe nel 2009 e candidata del partito di sinistra Libertad y refundación", scrive il quotidiano argentino Página 12. Castro è arrivata seconda, dietro al conservatore Juan Orlando Hernández, ma ha denunciato brogli e non ha riconosciuto la sconfitta.

MESSICO
UN ANNO CON PENA NIETO
Il 12 dicembre 2012 il nuovo presidente del Messico Enrique Pena Nieto (del Partito rivoluzionario istituzionale) aveva annunciato un pacchetto di riforme per far crescere l’economia messicana. "Un anno dopo scrive The Economist, "Pena Nieto ha mantenuto la maggior parte delle sue promesse: ha indebolito il sindacato degli insegnanti e ha avviato un’offensiva contro i monopoli delle telecomunicazioni". Diversa l’opinione della Jornada: "Pena Nieto ha favorito gli imprenditori e ha ridotto i diritti e le conquiste sociali dei cittadini messicani". Il quotidiano disapprova le riforme proposte dal governo, in particolare quella energetica, in discussione proprio in questi giorni: "Pena Nieto vuole liquidare l’industria petrolifera nazionale e consegnare il controllo e l’usufrutto degli idrocarburi alle multinazionali straniere". Il 4 dicembre la sinistra e i movimenti sociali sono scesi in piazza contro la privatizzazione del settore energetico.

ARGENTINA
II 4 dicembre centinaia di persone hanno dato l’assalto ai negozi di Cordoba approfittando di uno sciopero della polizia. Un ragazzo è morto e decine di persone sono rimaste ferite.

AMERICA SETTENTRIONALE
USA
RIPARTE IL MOVIMENTO PER IL SALARIO MINIMO: IN SCIOPERO LE GRANDI CATENE DEL FAST FOOD
ORA GLI ORGANIZZATORI DEL MOVIMENTO PROMETTONO MOBILITAZIONI IN 100 CITTA’, comprese alcune, come Charleston, Providence e Pittsburgh, dove finora non vi erano mai state proteste. Il nuovo sciopero, dopo quello di un anno fa, indetto per giovedi’ dai lavoratori di McDonald’s, Wendy ed altri fast food per chiedere l’aumento del salario minimo a 15 dollari all’ora, da 7,25, rilancia il fronte del lavoro precario e tenta di scuotere il Congresso, immobilizzato dalla pression dei repubblicani.
Negli ultimi mesi infatti la battaglia per l’aumento del salario minimo, portata avanti da sindacati ed associazioni, come Fast Food Forward e Fight for 15, che assistono i lavoratori meno pagati, si e’ spostata nei singoli stati, alcuni dei quali hanno gia’ varato misure per imporre un aumento a livello locale, ma è rimasta ferma a livello nazionale.
Fu lo stesso presidente Obama nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione, a tornare sull’argomento, perché aumentarlo, disse lo scorso febbraio, darebbe a "una famiglia con due bambini” di non vivere più “sotto la soglia della poverta’”.”E nella nazione piu’ ricca del mondo nessuno che lavora a tempo pieno deve vivere in poverta’", aggiunse.
I DEMOCRATICI PROPONGONO POCO PIÙ DI DIECI DOLLARI
I democratici del Senato hanno formulato una proposta per un aumento di tre dollari, portandolo a 10,10 dollari. Ma nel Congresso diviso la proposta ha poche possibilita’ di passare, considerando che i repubblicani che controllano la Camera si oppongono all’aumento, sostenendo che danneggerebbe sia i datori di lavoro che i lavoratori. "Quando aumenti il costo del lavoro, indovinate cosa succede? Ci sono meno posti di lavoro!" ha affermato, in risposta al discorso di Obama lo scorso febbario, lo Speaker della Camera, John Boehner.
A LIVELLO LOCALE C’È PIÙ MOVIMENTO
Tuttavia, il panorama è in deciso movimento. All’inizio di novembre in New Jersey gli elettori hanno approvato un emendamento costituzionale che porta a 8,25 dollari all’ora il salario minimo che e’ stato anche indicizzato con l’inflazione. Ancora piu’ consistente l’aumento varato dallo stato di Washington, fino a 9,19 dollari, che lo mette in testa alla lista dei 18 stati americani che hanno un salario minimo piu’ alto di quello federale. Mentre la California ha approvato una misura che lo portera’ a 10 dollari entro il 2016. Anche le singole citta’ sono passate all’azione, con San Francisco, considerata una delle capitali liberal e progressiste d’America, che ha fissato il minimo salariale a 10,55 dollari all’ora. Ed una cittadina dello stato di Washington, SeaTak, dove si trova l’aeroporto di Seattle, ha votato per portare a 15 dollari il salario minimo per i lavoratori aeroportuali.
IL CONSIGLIO DEL DISTRETTO DI COLUMBIA, l’area della capitala Washington, sta approvando l’aumento del salario minimo ad 11,50 dollari all’ora, che, una volta certificato, sarebbe il piu’ alto del Paese. Nei giorni scorsi un aumento simile e’ stato già varato dai consigli delle contee di Montgomery e Prince George, nel Maryland. Il sindaco democratico di Washington, Vincent Gray, appoggia l’aumento del minimo salariale – che nella capitale e’ ora di 8,25 visto che sin dal 1993 e’ almeno un dollaro in piu’ di quello federale- ma ritiene che bisogna fermarsi a 10 dollari all’ora.
I PADRONI PROTESTANO E MINACCIANO LICENZIAMENTI
La National Restaurant Association da parte sua minaccia che l’aumento del salario minimo provocherebbe la diminuzione dei posti di lavoro, ed afferma che solo una piccola percentuale dei dipendenti dei fast food percepisce il salario minimo e che si tratta in gran parte di giovani studenti lavoratori sotto i 25 anni, che vivono ancora in famiglia. Un argomento contestato dal movimento che afferma che sono in media lavoratori di 29 anni, un quarto dei quali genitori con figli a carico.
STATI UNITI
REPUBBLICANI DISARMATI
Il 21 novembre il senato degli Stati Uniti ha approvato una riforma del regolamento che limi¬ta la possibilità della minoranza di fare ostruzionismo sulle nomine proposte dal presidente per incarichi nell’esecutivo e nella magistratura: per approvarle sarà sufficiente la maggioranza assoluta, e non più quella di tre quinti dei membri del senato. Dal 1949 al 2008, quando Barack Obama è stato eletto la prima volta, questo tipo di ostruzionismo è stato usato per bloccare 68 nomine, mentre ben 79 sono state bloccate solo dal 2009 a oggi. "I repubblicani hanno usato l’ostruzionismo per esercitare un potere che democraticamente non sono più capaci di esercitare", scrive The Nation.

NEW YORK.
II 1 dicembre quattro persone sono morte e 67 sono rimaste ferite quando un treno ha deragliato nel quartiere del Bronx, a New York.
NYC
"La sinistra di base, che sembrava dispersa e demoralizzata dopo il fallimento di Occupy Wall Street, si è rianimata quest’anno – grazie anche ai soldi dei sindacati e di professionisti della raccolta fondi – ed è riuscita a raccogliere i consensi degli elettori intorno a una convinzione: chi lavora a tempo pieno dovrebbe guadagnare abbastanza da non vivere in condizioni di povertà". Dalle proteste dei dipendenti di Walmart a quelle dei lavoratori dei fast food, un movimento sta nascendo perché "molti cittadini pensano che il salario minimo federale – 7,25 dollari all’ora, la stessa cifra dal 2009 – sia troppo basso", scrive Steve Coli sul New Yorker. A gennaio Barack Obama ha chiesto l’aumento a 9 dollari all’ora, poi a 10 dollari, ma l’opposizione repubblicana ha bloccato in senato ogni tentativo di riforma. "Il salario minimo a 10 dollari all’ora non eliminerebbe le disuguaglianze, ma permetterebbe a milioni di statunitensi di vivere a un livello di sicurezza e disponibilità economica simile a quello che avevano prima dello scoppio della bolla immobiliare. Almeno in parte, il salario minimo è sempre stata una questione sociale e morale".

(articoli da: Georgia Today, Timpul, Adevarul NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde)

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