10944 NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO del 30 nov 2013

20131129 10:11:00 guglielmoz

ITALIA – "Uno scandalo "privatizzazioni, una grande svendita che farà godere le banche. Dal petrolio e dal gas all’elettronica,
VATICANO – PAPA: A POLITICI CHIEDO RIFORMA FINANZIARIA ETICA Serve "una riforma finanziaria che non ignori l’etica"
EUROPA – Madrid. Crisi : spagna, cortei contro austerità / Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in Catalogna e Andalusia contro la politica di austerità del governo
AFRICA & MEDIO ORIENTE – L’unità dei palestinesi conviene anche a Israele
ASIA & PACIFICO – INDIA / NILGIRI. Commercio equo e sostenibile / Una bevanda solidale.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Cile. Santiago. Camila Vallejo: "la riforma della costituzione è una priorità. Riprenderemo il progetto di Allende"
AMERICA SETTENTRIONALE – UNA RIFORMA DA SALVARA Time, Stati Uniti

ITALIA
ROMA
CRISI, PER NATALE -11,2% DI CONSUMI. TREDICESIME -300MILIONI. 91% SPESE IN TASSE E MUTUI
Sotto l’albero di Natale TREDICESIME più leggere. Parliamo di un calo di 300 milioni di euro dovuto AGLI AUMENTI INIZIATI A GENNAIO 2013 CON LE TARIFFE AUTOSTRADALI, CON LA BENZINA, I BOLLI, LE TASSE, LA TARSU, E ANCHE L’IMU RICICLATE NELLA TRISE…
"Quest’anno, – dichiarano Adubesf e Federconsumatori – rilevano le due associazioni dei consumatori, le tredicesime ammontano a 34,2 miliardi di euro, -0,3 mld, con un decremento dello 0,9% rispetto al 2012: 9,8 mld ai pensionati (-1%); 9,1 mld ai lavoratori pubblici (-1,1%); 15,3 mld (-0,6%) ai dipendenti privati, agricoltura, industria e terziario.
UN NATALE DURISSIMO PER I CITTADINI, DUNQUE.
A fine anno non mancheranno scadenze fiscali, come tasse, bolli, rate e canoni, che nel mese di dicembre i contribuenti sono chiamati a versare. Una riduzione del 90,9% della gratifica natalizia.
"I CONSUMI PER I REGALI DI NATALE – SOSTENGONO LE DUE ASSOCIAZIONI – quest’anno sono destinati a calare del -11,2% perche’ almeno 3 famiglie su quattro taglieranno le spese per l’incerta situazione economica. A ‘bruciare’ un’ ampia fetta delle tredicesime bollette, utenze, ratei e prestiti per un valore di 12,4 mld (ben il 36,3% del totale). La Rc Auto – aggiungono – che continua a salassare le tasche degli automobilisti con rincari ingiustificati pari al 7% a fronte di una riduzione dei sinistri, mangera’ 5,9 mld di euro, il 17,3% delle tredicesime, mentre 4,9 mld di euro, serviranno per pagare le rate dei mutui”.
4,1 mld di euro (il 12%) andranno via per pagare tasse di auto e moto, mentre 2 mld (6,4 %) spariranno per il canone
Rai che sara’ incrementato nonostante un deterioramento della qualita’ del servizio pubblico.
La tredicesima per moltissime le famiglie e’ stata ipotecata già non solo per pagare tasse, ratei e bollette delle utenze domestiche (Enel, Telecom, Gas…), ma un altro 12,6%, servira’ per il pagamento dei prestiti contratti con banche, parenti, amici e/o conoscenti per sopravvivere.
PER SCOPI "DI SVAGO" RESTANO 3,1 MLD DI EURO, IL 9,1% DEL MONTE TREDICESIME.
"Una miseria – continuano ad affermare – che non servira’ a rilanciare i consumi, ne’ ad alleviare le preoccupazioni di famiglie sempre piu’ impoverite da rincari speculativi che si profilano in tutti i settori con la sciagurata tassa sui poveri denominata Iva al 22% e da un futuro incerto, nonostante un tasso di fiducia, costruito a tavolino, che non aiutera’ i consumatori, soprattutto i giovani che protestano per il futuro ipotecato, ad essere piu’ sereni e fiduciosi. Invitiamo il governo – aggiungono le associazioni – a ripristinare l’Iva al 21%, la ‘tassa sui poveri’ che colpisce indistintamente tutti i consumatori, gravando in particolare sulle piu’ basse fasce di reddito aggravando cosi’ la recessione con un aumento dell’inflazione ed un calo dei consumi, varando un urgente contestuale decreto per una tassa sui patrimoni oltre 1,5 mln di euro”.
ROMA
CRISI: 40% ITALIANI VIVE ALLA GIORNATA / Allarmanti i dati pubblicati nell’ultimo rapporto del Centro Einaudi, che descrivono un Paese in ginocchio, dove uno su tre (il 34%) non fa alcun programma per il futuro della sua famiglia oltre i sei mesi.

Il 40% degli italiani vive alla giornata, un terzo degli abitanti del Paese non programma il futuro della propria famiglia oltre i sei mesi. Questo è il quadro preoccupante che ritrae il Rapporto del Centro Einaudi sui dati dell’Eurobarometro. In Grecia coloro che non sono in grado di fare progetti sono il 68% del totale, in Germania il 15%, in Austria il 10%.
IL DICIOTTESIMO RAPPORTO DEL CENTRO STUDI LUIGI EINAUDI stila anche un bilancio dei settori produttivi italiani. Nell’industria la crisi del mercato interno è stata pagata soprattutto dalla gioielleria e dal comparto dei mobili, che dal 2005 hanno visto scendere i loro fatturati del 26%. Anche le aziende della componentistica per auto sono andate male (ricavi in calo del 22% in 8 anni) e la stessa industria automobilistica con un cale del 14%, che nel solo periodo nero 2007-2008 ha perso il 58% di fatturato per poi recuperare. Un caso a parte è quello delle macchine industriali, che in Italia hanno registrato un aumento del 18% delle vendite e all’estero un boom del 197%.
Nell’export i prodotti italiani che hanno registrato i migliori risultati sono le forniture e le macchine mediche (+69%), oltre all’alimentare industriale (+68%). Anche nelle vendite all’estero la gioielleria accusa un calo (-10%) mentre tengono mobili e comparto del legno.
ROMA
"Uno scandalo "PRIVATIZZAZIONI, UNA GRANDE SVENDITA CHE FARÀ GODERE LE BANCHE.
DAL PETROLIO E DAL GAS ALL’ELETTRONICA, al controllo del traffico aereo, ai servizi assicurativi-finanziari per le imprese all’estero, ma anche cantieri navali e stazioni ferroviarie: sono otto le società che entrano nella prima tranche del piano di privatizzazioni del Governo, annunciata oggi. Sono controllate dal Tesoro, direttamente o tramite Cassa Depositi e Prestiti ed in un caso da Ferrovie, con partecipazioni pubbliche che verranno alleggerite con una parziale dismissione della quota. Il Governo ha anche annunciato il via libera all’operazione di cessione di un pacchetto del 3% di Eni, affiancato a un buyback del Cane a Sei zampe che non farà scendere lo Stato sotto il 30% del capitale, la famosa soglia d’Opa. In pratica, con il riacquisto di titoli azionari effettuato dalla società petrolifera, la partecipazione del Tesoro, in mano principalmente alla Cdp, crescerebbe al 33%; proprio di quel 3% aggiuntivo si avvia la dismissione e Saccomanni ha spiegato che dovrebbe valere 2 miliardi. Il titolare delle Finanze ha aggiunto che sul mercato andranno una quota del 60% di Sace e Grandi Stazioni. Per Enav e Fincantieri si tratta del 40%, mentre "nel complesso delle privatizzazioni che riguarderanno le reti in mano alla Cdp saremo nell’ordine del 50%". Da queste operazioni dovrebbero entrare tra i 10 e 12 miliardi di euro, di cui la metà vanno a riduzione del debito nel 2014 e l’altra parte a ricapitalizzazione della Cdp.
Con questo pacchetto in mano domani il ministro Saccomanni andrà alla riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles per "battagliare con piu’ forza". Almeno così dice il Consiglio, Enrico Letta. Intervenendo in collegamento video agli Stati generali della cultura a Milano ha dichiarato di voler “ridurre il debito l’anno prossimo per la prima volta dopo cinque anni”, “grazie alle privatizzazioni”, un piano ”importante e significativo”.
Le proteste si sono levate da più parti, a cominciare dai sindacati che cominciano a intravedere il pericolo di una dismissione progressiva e quindi di un futuro smembramento delle aziende. Per il Prc siamo alla svendita.
“Le ‘dismissioni’ da 12 miliardi, di parte dell’Eni e di Fincantieri, tra l’altro, annunciate da Letta – scrive Paolo Ferrero in una nota – sono un vero e proprio scandalo: il premier dimostra di essere a libro paga della Merkel, e andrebbe denunciato per alto tradimento”. “La svendita – di questo si tratta – del patrimonio pubblico – continua Ferrero – non porterà risorse né aiuterà a far diminuire il debito pubblico. È solo lo smantellamento e la svendita, appunto, dei gioielli di famiglia, alle spalle e a scapito del popolo italiano che ne è il legittimo proprietario”.
LE ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORI ANNUNCIANO DI VOLER VIGILARE. “Non vorremmo infatti – si legge in un comunicato di Federconsumatori e Adusbef – che si facesse l’ennesimo regalo alle banche”. La scelta della fase non certo esaltante per il mercato borsistico lascia sospettare che possa esserci pronta qualche operazione speculativa. Il caso Telecom non aiuta certo a farsi una opinione diversa, infatti.
– ENI – Core business nel petrolio e nel gas: la società guidata da Paolo Scaroni e’ la prima azienda italiana per capitalizzazione a Piazza Affari, 66,4 miliardi a fine 2012. Un gigante dell’Energia con un fatturato oltre i 127 miliardi alla chiusura dell’ultimo bilancio, presente in 90 Paesi, 78.000 dipendenti. Il Tesoro ha oggi in Eni una partecipazione del 4,34% mentre la Cassa Depositi e Prestiti (all’80,1% del Tesoro) ha una quota del 25,76%.
– STM – Leader globale nel mercato dei semiconduttori con clienti in tutti i settori applicativi dell’elettronica, la societa’ di Pasquale Pistorio (oggi presidente onorario) e’ quotata alle Borse di Milano, Parigi e New York. Nel 2012 i ricavi netti sono stati pari a 8,49 miliardi di dollari. Gruppo italo-francese della microelettronica, con sede a Ginevra, e’ partecipato indirettamente dal Tesoro tramite la StMicroelectronics Holding N.V. di cui ha il 50% (il restante 50% e’ del francese Fonds strate’gique d’investissement).
ENAV – E’ la società a cui lo Stato ha affidato la gestione e il controllo del traffico aereo civile nei cieli e negli aeroporti italiani. Interamente controllata dal Tesoro e vigilata dal Ministero dei Trasporti, nasce dalla trasformazione nel 2000 dell’Ente Nazionale Assistenza al Volo in Spa.
SACE – Offre servizi di export credit, assicurazione del credito, protezione degli investimenti all’estero, garanzie finanziarie, cauzioni e factoring, con 70 miliardi di euro di operazioni assicurate in 189 paesi. Dal novembre 2012 e’ controllata al 100% da Cassa Depositi e Prestiti.
– FINCANTIERI – E’ uno dei gruppi cantieristici piu’ grandi al mondo, erede della grande tradizione italiana in campo navale. Con ricavi a quota 2,4 miliardi nel 2012 con una quota di export oltre il 70%. E’ controllato da Fintecna (al 100% della Cdp) che ha in portafoglio una quota oltre il 99%.
– CDP RETI – E’ un veicolo di investimento, costituito nel mese di ottobre 2012 e posseduto al 100% da Cassa Depositi e Prestiti. Ha in portafoglio, acquisita nel 2012 da Eni, una partecipazione del 30% in Snam, la società protagonista della metanizzazione dell’Italia a partire dal 1941, realizza e gestisce le infrastrutture del gas.
– TAG – Trans Austria Gasleitung e’ la società che gestisce in esclusiva il trasporto di gas nel tratto austriaco del gasdotto che dalla Russia giunge in Italia attraverso Ucraina, Slovacchia e Austria. Asset strategico perche’ garantisce circa il 30% delle importazioni nazionali. Cassa Depositi e Prestiti ha rilevato da ENI a fine 2011 dall’Eni, tramite Cdp Gas, una quota dell’89%.
– GRANDI STAZIONI – Controllata al 60% da Ferrovie dello Stato (al 100% del Tesoro) e’ la società creata nel 1998 con l’obiettivo di riqualificare, valorizzare e gestire le tredici principali stazioni ferroviarie italiane: oltre 1.500.000 mq di asset immobiliari con piu’ di 600 milioni di visitatori l’anno.
ROMA
DISOCCUPAZIONE, PER L’ILO L’ITALIA È IN UNA SITUAZIONE "ASSOLUTAMENTE DRAMMATICA"
"Una situazione assolutamente drammatica", "una delle peggiori in Europa". Cosi’ il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder, ha definito la condizione del lavoro italiana con un tasso di disoccupazione giovanile al 40%. Parlando con i giornalisti al termine dell’incontro ieri con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Ryder ha riferito che dalla riunione e’ emersa una "profonda preoccupazione". "Le attuali politiche non stanno dando prospettive per l’occupazione – ha detto – il dialogo sociale non si sta mostrando abbastanza efficace quanto si spererebbe". Ryder, che ha incontrato ieri il presidente Napolitano e il premier Letta nonché’ il ministro Kyenge ed il Pontefice, ha riferito che in particolare con Papa Francesco ha affrontato il tema della migrazione e della tratta degli esseri umani. La questione della migrazione – ha affermato – e’ stata "dimenticata, mentre servirebbe una gestione a livello internazionale. Il fenomeno – ha proseguito – non potrà continuare ed essere "sempre maggiore: per questo e’ necessario agire, introducendo un’agenda basata sui diritti, per avere un’immigrazione legale e regolamentata. Ma il problema ha due facce – ha aggiunto il direttore generale dell’Ilo – perche’ oltre al flusso migratorio extraeuropeo vi e’ anche quello dal sud al nord dell’Europa, che va urgentemente affrontato.

VATICANO
PAPA: A POLITICI CHIEDO RIFORMA FINANZIARIA ETICA / SERVE "UNA RIFORMA FINANZIARIA CHE NON IGNORI L’ETICA" e "un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare". Torna a battere sul tasto, a lui caro, dei temi sociali Papa Francesco, nella esortazione apostolica "Evangelii gaudium", testo centrato sulla nuova evangelizzazione. Per Bergoglio, “la necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere: finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. La ‘inequidad’ è la radice dei mali sociali". Secondo il Papa "i piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie". Mentre "la dignità di ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica economica, ma a volte sembrano appendici aggiunte dall’esterno per completare un discorso politico senza prospettive né programmi di vero sviluppo integrale". Un’attenzione, quella ai più poveri, che del resto non deve riguardare solo i politici ma tutti i fedeli. "Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi – scrive il Pontefice – non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, sicuro e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto". Il Papa pone fra i deboli da difendere anche i "nascituri": “Questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano", non è "qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore". I nascituri, afferma il Papa, "sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo". "Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri – rimarca papa Bergoglio – si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. E’ un fine in sé stesso – sottolinea il Pontefice – e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà". Sul tema dell’evangelizzazione, invece, il Papa ha chiesto “una trasformazione missionaria della Chiesa", esortando ecclesiastici e cristiani ad "uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo". Insomma, "è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno

EUROPA
BRUXELLES
LA BRUTTA FINE DELL’EURO NELLO SCONTRO SEMPRE PIÙ DURO TRA DRAGHI E I TEDESCHI / Più che di deflazione è più corretto parlare di prolungata bassa inflazione. Se la cava così Mario Draghi nel discorso al Forum della Suddeucht zeitung in un momento molto delicato della sua carica di governatore dell’Eurotower. E lo scontro con i tedeschi, che per bocca della Merkel chiudono addirittura sulla richiesta di riduzione delle esportazioni, si fa sempre più aperto. Davanti a loro Draghi ha insistito molto sul concetto di inflazione bassa, anche perché, realisticamente parlando, è l’unica arma da sfruttare in questo momento, per liberarsi dal piombo di una politica monetaria dominata dalle paure inflazionistiche della Germania.
INFLAZIONE, OCCASIONE DA SFRUTTARE: DEFLAZIONE PERMETTENDO
Alla Bce "quando vediamo segni di inflazione troppo bassa dobbiamo agire con la stessa determinazione di quando vediamo segni di inflazione troppo alta", ha argomentato. La domanda da farsi è se ce la farà davvero la Bce a completare il suo progetto per la ripresa attraverso maggiori stimoli alle banche prima che arrivi l’ondata di deflazione a travolgere la fragile diga costruita da un anno a questa parte. Un anno passato a foraggiare le banche e, parallelamente, ad aggredire il costo del denaro fino al limite dell’ira da parte dei tedeschi. Un’ira che il presidente della Bundesbank Jens Weidmann esprime tutta in un’intervista al settimanale ‘Die Zeit’, sottolineando che se la Bce ha sì fatto cio’ che era necessario, ma “adesso un altro allentamento della politica monetaria non serve”. Il presidente della Bundesbank spiega, usando tutta la diplomazia di cui è capace, che "il Consiglio della Bce ha appena allentato ulteriormente la politica monetaria”, per questo non ritiene “opportuno annunciare gia’ il prossimo passo". E il prossimo passo saranno i cosiddetti tassi negativi, ovvero il massimo stimolo possibile alle banche nel prendere denaro per immetterlo nell’economia reale.
LA BUBA SEGNA IL CONFINE A DRAGHI
Weidmann sottolinea che l’Eurotower ha ancora altre frecce al suo arco, ma sconsiglia dal loro impiego, poiche’ "tecnicamente non siamo certamente all’esaurimento delle nostre possibilita’, ma la domanda e’ cosa sia ragionevole. Il dibattito su nuovi provvedimenti distoglie dalle vere cause della crisi". Anche se in sede di decisione da parte della Bce aveva votato contro la riduzione dei tassi di interesse allo 0,25%, il presidente della Buba mostra comprensione per la decisione voluta da Mario Draghi. Purché tutto si fermi lì. E’ in questo delicato gioco di equilibri che ad un certo punto del suo intervento Draghi è costretto a sottolineare che le voci intorno ai tassi negativi non sono da prendersi sul serio. "Vi invito a non cercare di dedurre da cio’ che ho detto oggi alcunche’ sulla possibilita’ di tassi negativi sui depositi" delle banche presso la Bce, dice Draghi in un’aggiunta a braccio al testo. Draghi ricorda di avere "gia’ detto in conferenza stampa" che questo argomento "e’ stato discusso nell’ultimo comitato di politica monetaria e dopo di allora non c’e’ niente di nuovo". "Spero che questo chiarisca le cose" ha concluso il presidente della Bce.
LA POLITICA DEI PICCOLI PASSI
In questo sforzo di politica dei piccoli passi Draghi si spinge addirittura fino all’argomento che alzare i tassi colpirebbe soprattutto i cittadini tedeschi. “Se alzassimo i tassi ora" come suggeriscono alcuni economisti tedeschi "questo sì che danneggerebbe i risparmi, perché l’economia rallenterebbe, ci sarebbero persone che perderebbero il lavoro e rallenterebbero gli investimenti". "Quando l’economia si contrae – ha proseguito Draghi – inevitabilmente i risparmi vanno a ruota". Peraltro per i risparmiatori tedeschi contano più i tassi sui bund a 5 anni per stabilire come vengono retribuiti i loro fondi. E se "certamente la decisione della Bce solitamente influisce anche sui tassi di lungo periodo, quando ci sta una crisi a pesare sono soprattutto altri fattori. Gli attuali tassi bassi sui Bund sono ampiamente spiegati dal fatto che gli investitori vedono la Germania come un porto sicuro". Ma non è solo questo il passaggio in cui Draghi ha preso di petto i tedeschi. In un altro ha sostenuto che anche se il taglio dei tassi operato recentemente dalla Bce ”ha provocato preoccupazione” in alcuni ambienti, ”abbiamo bisogno di una politica monetaria per 17 Stati, che e’ diversa da quella per un Paese solo”. Insomma, Draghi sta cercando di dare una unità di facciata all’Ue cavalcando la tigre monetarista.

SPAGNA
MADRID
CRISI: SPAGNA, CORTEI CONTRO AUSTERITÀ / Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in Catalogna e Andalusia contro la politica di austerità del governo conservatore di Mariano Rajoy, dopo le proteste di ieri a Madrid e in altre città spagnole. "Stop ai bilanci antisociali" e "Tagli: basta!" sono stati gli slogan principali intonati dai dimostranti che sono sfilati in corteo a Barcellona rispondendo all’appello del ‘Summit sociale’, che raggruppa sindacati e un centinaio di associazioni. In Andalusia, raduni senza incidenti in diverse città.

PORTOGALLO
PROSEGUE L’ONDATA DI SCIOPERI CONTRO L’AUSTERITÀ / Prosegue in Portogallo l’ondata di scioperi contro la manovra anticrisi del Governo conservatore di Pedro Passos Coelho e la finanziaria 2014 nella quale sono previsti numerosi tagli di personale e la diminuzione di stipendi e pensioni. Ieri hanno scioperato i pubblici ministeri, gli addetti ai servizi delle frontiere e ai trasporti fluviali di Lisbona. Il sindacato che rappresenta i Pm portoghesi (SMMP) parla di "crollo dello stato sociale di diritto" e chiede che venga garantito "il rispetto per la Costituzione e le Corti di giustizia". Lamenta il " deterioramento dello status socio-professionale dei Pm" e chiede "un sistema di remunerazione dei giudici che garantisca la loro dignità e la loro indipendenza dai poteri legislativo ed esecutivo". Per 12 ore – a partire dalla mezzanotte di ieri – hanno incrociato le braccia i lavoratori della società Trastejo che gestisce nella capitale il trasporto sul fiume Tago. A mezzogiorno si e’ conclusa la protesta, cominciata l’altro ieri, degli addetti ai servizi delle frontiere di porti e aeroporti, indetta dai sindacati del servizio stranieri e frontiere (SEF) e della polizia doganale (CCPD). In tutte le manifestazioni sono stati garantiti i servizi minimi.
Nonostante la Troika (UE, BCE, FMI) indichi che il Portogallo, con le misure adottate dal Governo, si stia incamminando verso l’uscita dalla crisi, sindacati, cittadini e partiti di opposizione criticano la politica governativa sostenendo che sta "portando alla fame il popolo portoghese".
Tra le altre misure impopolari figurano la riduzione dei salari nel pubblico impiego e l’aumento di 5 ore settimanali dell’orario di lavoro, l’aumento dell’età pensionabile a 66 anni, il blocco delle pensioni di reversibilità se il cumulo supera i duemila euro mensili e tagli per le pensioni superiori ai 600 euro.
Il bilancio prevede una manovra di 3,9 miliardi (il 2,3% del PIL) per rispettare i paramenti imposti dalla Troika per la concessione di 78 miliardi nel 2011, e che per il 2014 prevedono un disavanzo del 4%..

PORTOGALLO
II 26 novembre duecento manifestanti hanno occupato per alcune ore quattro ministeri per protestare contro la finanziaria 2014, che prevede nuovi tagli alla spesa pubblica.

SCOZIA
PROVE GENERALI D’INDIPENDENZA / Il 26 novembre il governo scozzese ha presentato il suo libro bianco sull’indipendenza, un volume di 650 pagine che riassume i motivi per cui il "sì" al referendum che si terrà il 18 settembre 2014 "potrà aprire la strada a una nuova era per la na-zione" e illustra "l’impatto dell’indipendenza su tutti gli aspetti della vita, comprese la moneta, la fiscalità, l’infanzia e l’istruzione, le pensioni, il welfare, la difesa e i mezzi d’informazione", spiega The Herald. Secondo il libro bianco, ci sono "tre ragioni inoppugnabili" per le quali la Scozia deve diventare indipendente: "Sarà più democratica, più ricca e più giusta". Se vincesse il sì, l’indipendenza sarebbe effettiva dal 24 marzo 2016. Tuttavia, la Scozia continuerebbe a far parte dell’Unione europea e a usare la sterlina inglese, e – secondo il first minister scozzese Alex Salmond "diventerebbe la sesta economia del mondo sviluppato". La partecipazione alla Nato andrebbe invece rinegoziata.

UCRAINA
IN PIAZZA PER L’EUROPA La decisione del presidente Viktor Janukovic di bloccare il pro-cesso di avvicinamento di Kiev all’Unione europea e di non firmare l’accordo di associazione al summit di Vilnius del 28 e 29 novembre ha scatenato un’on-data di proteste. Dopo il dietro-front ucraino, annunciato il 21 novembre, decine di migliaia di persone sono scese in piazza il 24 a Kiev per chiedere a Janukovic di cambiare posizione. Anche Julija Timosenko – ex premier e leader dell’opposizione, in carcere dal 2011 – ha pro-clamato lo sciopero della fame. Secondo il quotidiano di opposi-zione Ukrainska Pravda, il presidente ha messo fine al sogno di un intero paese, perché "l’accordo di associazione non appassionava solo la stampa straniera, ma anche gli ucraini. Ne parlavano tutti: nei mercati, nei bar, sugli autobus". ”Janukovic", commenta Dzerkalo Tiznia, "si è ritrovato vittima del suo stesso bluff. Eppure continua a bluffare, flirtando con la Russia. Bruxelles non ha apprezzato il suo mercanteggiare per spuntare nuovi vantaggi, mentre Mosca non gli ha perdonato le sue esitazioni". Tuttavia, anche se "migliaia di persone infuriate sono scese in piazza per rimproverare al governo di aver mancato un’occasione storica", scrive la Süddeutsche Zeitung, "questa mobilitazione non si trasformerà in una nuova rivoluzione arancione come quella del 2004".

SLOVACCHIA
IL GOVERNATORE NEONAZISTA
La regione di Banskà Bystrica, in Slovacchia, avrà un governatore vicino a posizioni neonaziste. Marian Kotleba, leader della formazione di estrema destra Partito popolare-Nostra Slovacchia, ha sconfitto al ballottaggio delle elezioni regionali il governatore uscente Vladimir Manka, sostenuto dal partito di governo Smer. Come spiega Sme, in campagna elettorale Kotleba ha puntato sulla lotta contro la burocrazia e la corruzione, ma in precedenza aveva costruito la sua carriera politica sugli attacchi contro i "parassiti zingari". "Ha vinto il capo degli skinhead che picchiano la gente", scrive il quotidiano. "Il voto parla di un paese in cui molte persone sono a favore della violenza contro ampi strati della popolazione".

LETTONIA
II 21 novembre 54 persone sono morte nel crollo del tetto di un supermercato a Riga. Il disastro ha provocato le di-missioni del primo ministro Valdis Dombrovskis.

MOLDAVIA
IN PIAZZA PER DIRE NO ALL’UE E SÌ ALLA RUSSIA – In 5mila hanno manifestato domenica a Chisinau, capitale della Moldavia, in favore di un avvicinamento alla Russia. A tre giorni dal summit di Vilnius e dopo la grande manifestazione europeista del 3 novembre, sono scesi in piazza quei moldavi che, più che a Bruxelles, guardano a Mosca. La Moldavia è chiamata all’appuntamento di Vilnius, dove si terrà il summit sul Partenariato orientale tra l’Unione europea e i suoi vicini a est e saranno discusse i nodi sul percorso del paese verso l’Accordo di Associazione con l’Ue e l’abolizione del visto per i moldavi in possesso di passaporto biometrico. A sfilare con bandiere russe e ritratti di Brezhnev quella parte di popolazione che parla russo, rimpiange il passato sovietico e vede la vicinanza politica con Mosca una vocazione naturale del paese. Dopo il clamoroso dietrofront della vicina Ucraina, che a una settimana dal summit ha sospeso i negoziati per la firma dell’Accordo di Associazione, l’ex presidente Vladimir Voronin, il cui partito comunista ha organizzato la manifestazione, ha dichiarato che anche Chisinau dovrebbe fare come Kiev e dire addio all’Europa. La Russia, che insiste per un ingresso nell’ Unione doganale e futura Unione eurasiatica, ha evocato con Chisinau lo spettro scessionista della Transnistria.

RUSSIA
PUSSY RIOT, APPELLO INTELLETTUALI EUROPEI PER LIBERARLE / Per aver cantato una "preghiera punk" contro Vladimir Putin nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alekhina, del collettivo Pussy Riot , sono state condannate nel mese di agosto 2012 per "teppismo motivato da odio religioso" a due anni di detenzione in "colonia penale". Dopo aver denunciato le condizioni di detenzione disumane e aver iniziato uno sciopero della fame, Nadezhda Tolokonnikova, 24 anni, madre di una bambina di 5 anni, è stata spostata a 4000 km nella regione di Krasnoyarsk in Siberia. Secondo il delegato russo per i diritti umani Vladimir Lukin, "scontare la sua pena in questa regione contribuirà alla sua risocializzazione".
Questo è un linguaggio che noi non avevamo più sentito in Russia dall’epoca sovietica e la sua caccia a tutti i devianti. In realtà la cantante del collettivo Pussy Riot è diventata un simbolo della repressione del regime: gay perseguitati in nome della lotta ora legale contro la “propaganda” omosessuale, i lavoratori immigrati sfruttati e brutalizzati, nei cantieri a Sotchi o altrove, criminalizzazione delle proposte anti-religiose, vittimedi danni ambientali causati da opere realizzate senza alcuna consultazione dei residenti, museruola all’opposizione, le ONG perseguitate … Di fronte a tali violazioni dei diritti umani in crescita, l’Europa è rimasta sorprendentemente silenziosa.
In una lettera indirizzata al filosofo Slavoj Žižek dal carcere, Nadezhda Tolokonnikova critica la compiacenza critiche dei governi occidentali nei confronti della politica repressiva e draconiana di Vladimir Putin. Lei dichiara in Philosophia magazine (Numero 74, Novembre 2013): "Il boicottaggio dei Giochi Olimpici di Sochi nel 2014, verrebbe percepito come un gesto etico". Su iniziativa della rivista Philosophia, noi, intellettuali europei lanciamo un appello ai nostri governi e all’Europa affinché rompano con il loro atteggiamento di tolleranza colpevole, facciano pressione sul governo di Vladimir Putin per liberare senza attendere Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alekhina. La Russia è una repubblica costituzionale, membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ha firmato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Mentre ci avviciniamo alle Olimpiadi il prossimo febbraio, è il momento di ricordarglielo.
Élisabeth Badinter, Pascal Bruckner, Alain Finkielkraut, Marcel Gauchet, André Glucksmann, Agnès Heller, Axel Honneth, Claude Lanzmann, Edgar Morin, Antonio Negri, Hartmut Rosa, Fernando Savater, Richard Sennett, Bernard Stiegler, Gianni Vattimo, Slavoj Zizek. il testo originale: Appel à la libération de Nadejda Tolokonnikova

GRECIA
ATENE
SYRIZA, PRIMO PARTITO NEI SONDAGGI / I media nostrani continuano a parlare solo di Alba Dorata. E’ anche circolata la bufala che i neonazi fossero diventati nei sondaggi il primo partito in Grecia. In realtà nelle ultime settimane i sondaggi danno Syriza, la coalizione della sinistra radicale, come primo partito davanti alla formazione di centrodestra del premier Samaras. Continua il crollo dei socialisti del Pasok, buon posizionamento dei comunisti ortodossi del KKE mentre rimane stazionaria Dimar, formazione nata prima della crisi da scissione di componente Syriza che voleva alleanza col Pasok.
METRON ANALYSIS POLL:
SYRIZA 29.9%(+1), Nuova Democrazia 29.2%(-1.1) , Alba Dorata 10%(+2.4), PASOK 6%(-1.1), KKE 5.9%, Indipendenti Greci 5.9%(-0.5), DIMAR 3.7%(+0.1)

AFRICA & MEDIO ORIENTE
PALESTINA
LAVROV CHIEDE DI NON ISOLARE GAZA – «L’unità dei palestinesi conviene anche a Israele»
«Il processo di pace israelo palestinese, ripartito molto lentamente e con grandi difficoltà, non deve procedere isolando la Striscia di Gaza, ma sostenendo gli sforzi per ripristinare l’unità palestinese». Lo ha detto ieri il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov nel suo intervento al Forum di dialogo italo russo alla Farnesina. «La soluzione, con la partecipazione di un unico popolo palestinese a lungo termine è più vantaggiosa anche per Israele rispetto a una soluzione parziale che esclude Gaza», ha aggiunto Lavrov sottolineando il principio del «coinvolgimento» di tutte le parti.

PALESTINA
L’esercito israeliano ha ucciso il 26 novembre tre membri di un gruppo salafita vicino a Hebron, in Cisgiordania.

SIRIA
FISSATA LA DATA DI GINEVRA 2
La conferenza internazionale Ginevra 2, in cui si discuterà di una soluzione per la crisi siria-na, è stata fissata per il 22 gennaio 2014. Parteciperanno "espo¬nenti del governo siriano e dell’opposizione moderata", scrive Al Quds al Arabi. L’obiettivo, almeno secondo l’intenzione di Francia e Stati Uniti, è "formare un governo di transizione che escluda sia Bashar al Assad sia i terroristi". La situazione sul campo però non è favorevole: Salim Idriss, il comandante dell’Esercito siri-no libero, ha dichiarato che i suoi "non saranno rappresentati a Ginevra e che non interromperanno i combattimenti".

LIBIA
II 25 novembre 8 persone sono morte negli scontri tra l’esercito e il gruppo jihadista Ansar al sharia a Bengasi.

EGITTO
MANIFESTAZIONI ILLEGALI
Il 27 novembre decine di persone, tra cui gli attivisti per la democrazia Alaa Abdel Fattah e Ahmed Maher, sono state arre-state per aver protestato contro una nuova legge che vieta le manifestazioni non autorizzate con tre giorni di anticipo. La polizia ha disperso i manifestanti con la forza e si aspetta nuove proteste, scrive Al Ahram. La legge è duramente criticata perché mina la libertà di riunione

IRAQ.
ESEGUITE 11 CONDANNE A MORTE, 162 SOLO QUEST’ANNO / L’Iraq ha giustiziato undici condannati a morte per ‘terrorismo’. Le esecuzioni, ha riferito il ministero della Giustizia, ‘sono state messe in atto il 24 novembre scorso’ e portano alla cifra di 162 il numero di giustiziati quest’anno, in forte aumento rispetto ai 129 del 2012. Le richieste internazionali per una moratoria sembrano non aver minimamente toccato il governo iracheno, che va avanti sulla strada delle esecuzioni e lascia intuire, secondo la preoccupazione espressa da fonti diplomatiche, che saranno ancora piu’ frequenti in vista delle prossime elezioni fissate per 30 aprile

IRAN
No d’Israele all’accordo sul nucleare. Teme di perdere l’egemonia nella regione / Riconosciuta la centralità di Tehran di Michele Giorgio
ORA AVRÀ DIRITTO DI PAROLA SULL’AREA. E IL 22 GENNAIO CONFERENZA DI PACE SULLA SIRIA
Peccato che buona parte dei media italiani preferiscano dedicare tempo ed energie al solito teatrino della politica interna, come la grazia non chiesta da Berlusconi e non concessa da Napolitano. Perché altrimenti dovrebbero spiegare agli italiani l’eccezionale significato dell’accordo sul programma nucleare dell’Iran raggiunto a Ginevra nella notte tra sabato e domenica. Eccezionale dal punto di vista diplomatico e strategico. L’intesa firmata in Svizzera, attraverso la legittimazione del diritto di Tehran di produrre energia atomica e all’arricchimento dell’uranio (anche se in percentuale minima), rappresenta il riconoscimento anche da parte degli Stati Uniti e dell’Europa del peso che l’Iran ha nel Vicino Oriente. L’Iran, sempre più influente che per decenni, e in particolare negli ultimi 10 anni, era stato tenuto in isolamento, ai margini della diplomazia internazionale, ora parla faccia a faccia con gli Stati Uniti.
L’ «Asse del Male» siede allo stesso tavolo del «Grande Satana». È stata sepolta l’era di Reagan e di Bush padre e figlio, assieme allo spirito più militante della rivoluzione di Ruhollah Khomeini. La massima autorità dell’Iran, l’ayatollah Khamenei, ha abbracciato la linea diplomatica del presidente Hassan Rowhani non solo perché le sanzioni internazionali strangolano l’Iran ma anche perchè ha compreso che il riconoscimento dell’Occidente offre all’Iran la possibilità di svolgere quel ruolo che ritiene di avere in ragione della sua storia e della sua attuale potenza. Ed è questo che spaventa Israele e l’Arabia saudita che più di altri hanno remato contro l’accordo raggiunto in Svizzera. Tehran avrà diritto di parola, con la benedizione occidentale, in tutte le crisi mediorientali. I riflessi di ciò si vedranno in diversi scenari, a cominciare da quello siriano. Non è un caso che qualche ora dopo la firma dell’accordo a Ginevra sia giunto anche l’annuncio che la conferenza internazionale sulla Siria si terrà il prossimo 22 gennaio. E se a quell’incontro (già troppe volte rinviato) parteciperà l’Arabia saudita, allora ci sarà anche l’Iran che Riyadh e l’opposizione anti-Assad invece vorrebbero tenere a distanza dal tavolo delle trattative per la soluzione della guerra civile iraniana.
È questa realtà, che gli Usa non potevano più permettersi di emarginare ed ostacolare, che Barack Obama ha voluto e dovuto accettare e poi spiegare, senza successo, al premier israeliano Benyamin Netanyahu, riassicurandolo dell’impegno congiunto «americano e israeliano» affinchè l’Iran non si doti di ordigni atomici. «Il primo ministro (Netanyahu) ha chiarito all’uomo più forte del mondo (Obama) che se vuole restare l’uomo più forte del mondo, e così anche la sua Nazione, allora deve fare un cambiamento, uno ‘switch’, nella politica degli Stati Uniti», ha fatto sapere il deputato del Likud e stretto collaboratore di Netanyahu, Tzahi Hanegbi, confermando indirettamente che il governo israeliano più che al nucleare iraniano guarda con preoccupazione ai riflessi politici della «svolta» dell’Ammistrazione.
D’altra parte alcuni dei santoni della sicurezza gettano acqua sul fuoco delle polemiche e spiegano che l’accordo di Ginevra fa in parte anche gli interessi di Tel Aviv. Mentre Netanyahu, i suoi ministri e la stampa vicina al governo si affannano a descrivere scenari apocalittici – ieri il quotidiano Israel ha-Yom ha pubblicato la fotografia di Neville Chamberlain, lo statista britannico che nel 1938 sostenne a Monaco una intesa con Adolf Hitler – Amos Yadlin, ex capo dell’intelligence militare e direttore dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale (Issn), ha spiegato che a Ginevra è stato siglato solo un accordo preliminare. «Importa cosa accadrà in futuro non quanto è stato firmato l’altro giorno», ha detto Yadlin esortando Israele a non interpretare in modo totalmente negativo l’intesa con l’Iran. «L’accordo ad interim non è disastroso e allo stesso tempo non offre motivi per festeggiare», ha laconicamente commentato Emily Landau sempre dell’Issn.
Nei prossimi giorni un team israeliano guidato dal consigliere per la sicurezza nazionale Yossi Cohen si recherà a Washington per discutere con gli Stati Uniti di ciò che avverrà tra sei mesi con l’Iran. Tutto si sposta in avanti di almeno 180 giorni, anche l’attacco che Israele da anni minaccia di scatenare contro le centrali atomiche iraniane. Nei prossimi sei mesi «non c’è alcuna probabilità» che Israele lanci un attacco, ha detto l’ex comandante dell’aviazione israeliana, generale Eitan Ben Eliahu. E questa situazione si protrarrà «anche oltre», ha previsto. almeno fino a quando fosse evidente che l’Iran «ha compiuto un dietro-front…allora diventerebbe elevata la probabilità di un’azione» solitaria israeliana o anche congiunta.
Intanto Israele non cessa la preparazione in vista di quella possibile guerra. Ha preso il via domenica nella base aerea di Uvda, nel Neghev, «Blue Flag», la più grande esercitazione multinazionale di aerei da combattimento mai ospitata da Israele, con la partecipazione di Stati Uniti, Grecia e anche dell’Italia nonostante i costi molto elevati dei «giochi di guerra» (la Polonia per questo ha dovuto rinunciare). All’esercitazione partecipano un sessantina di aerei da guerra fra cui F-15, F-16, Tornado, Amx e B-152.

MAURITANIA e MALI
IL VOTO DI MAURITANIA e MALI / alle urne (nella foto, un seggio a Nouakchott) per le elezioni legislative e amministrative. Il voto è stato boicottato da undici partiti d’opposizione, secondo cui "le elezioni decise unilateralmente uccidono la democrazia". Un altro partito d’opposizione, Tewassol (islamisti moderati), ha denunciato gravi irregolarità nel voto. Nel vicino Mali, il 24 novembre, si è svolto senza gravi incidenti il primo turno delle elezioni legislative. L’affluenza alle urne, circa il 30 per cento, è stata più scarsa rispetto alle presidenziali dello scorso agosto

UGANDA
JOSEPH KONY VERSO LA RESA?
"Quando la Bbc ha fatto sapere che il signore della guerra Joseph Kony stava trattando la sua resa con il governo centrafricano, molti sono rimasti con il fiato sospeso. Tuttavia secondo le nostre fonti, scrive The East-African, non ci sono stati con¬tatti con Kony, ma solo con alcu¬ni combattenti dell’Esercito di resistenza del Signore". "È evi-dente che ci sono delle fratture tra i ribelli, i quali sono sempre più apatici e in disaccordo tra loro sui modi per continuare la lotta contro il governo ugandese lontano dal loro paese".

ZIMBABWE
II 22 novembre un funzionario governativo ha annunciato che dopo il 1 gennaio 2014 i responsabili delle aziende straniere che operano in alcuni settori saranno arrestati.

ASIA & PACIFICO
THAILANDIA
PROCLAMATO LO STATO DI EMERGENZA A BANGKOK. MANIFESTANTI OCCUPANO PALAZZI DEL POTERE
Proclamato lo Stato di Emergenza per conto del Governo thailandese a seguito della protesta antigovernativa di ieri promossa dal Partito Democratico, che ha occupato diversi ministeri.
Il premier Yingluck Shinawatra ha assicurato che contro i manifestanti, non verrà utilizzata la forza.
Ma, riporta l’Agi, il premier avrebbe anche esortato la popolazione a non unirsi alla protesta perché l’occupazione di edifici governativi “minaccia la stabilità del Paese”.
La protesta va avanti dal mese di ottobre e dal 25 nov è finita in una serie di occupazione degli edifici del governo a Bangkok: i manifestanti vogliono le dimissioni del premier e del ministro della Difesa, sostengono infatti che suo fratello, Thaksin Shinawatra, primo ministro dal 2001 al 2006, governi ancora il paese attraverso la sorella.
La protesta è iniziata quanto a ottobre è stata proposta e poi revocata un’amnistia. Questo dunque avrebbe consentito a Thaksin di tornare dall’esilio a Dubai, senza però scontare una condanna a due anni di carcere per corruzione, inflittagli già nel 2008.
Ieri i manifestanti hanno prima occupato il ministero delle finanze, quello della difesa, quello dell’interno e del turismo. E’ stato circondato quello degli Esteri. L’occupazione, sostengono i manifestanti "andrà avanti ad oltranza, finché non si sarà dimesso il premier". Secondo i media, l’opposizione spererebbe il coinvolgimento dell’esercito, fautore di ben 18 colpi di stato.

THAILANDIA
BANGKOK
GOVERNO SOTTO ASSEDIO Il 24 novembre l’opposizione tailandese è scesa in piazza per chiedere le dimissioni della prima ministra Yingluck Shinawatra. I manifestanti, guidati dall’ex parlamentare del Partito democratico Suthep Thaugsuban, accusano l’esecutivo di essere guidato a distanza dal fratello di Yingluck Shinawatra, l’ex premier Thaksin, in esilio dal 2008 con una condanna in contumacia per abuso di potere e corruzione. Le proteste sono le più imponenti dal maggio 2010, quando i sostenitori di Thaksin Shinawatra occuparono il centro di Bangkok fino all’intervento dell’esercito che costò la vita a 91 manifestanti. Le ultime proteste sono culminate con l’occupazione di alcuni ministeri, tra cui quello delle finanze e degli esteri, e l’assedio di edifici governativi nelle province. Azioni costate a Suthep Thaugsuban un mandato d’arresto. Le dichiara-zioni dell’ex parlamentare, che ha annunciato di voler continuare la protesta anche se il governo si dimetterà e il parlamento sarà sciolto, mettono in dubbio la sua abilità di leader, scrive The Natìon. Il rischio è che le manifestazioni siano represse nel sangue, come nel 2010,0 che ci sia un nuovo colpo di stato, come è successo dopo le proteste contro Thaksin nel 2006. Per il Bangkok Post è solo una lotta di potere. I legami storici dei democratici con la burocrazia mettono in dubbio i loro slogan riformisti.

CINA
CINA/USA
E LO SCONTRO CINA-USA SI SPOSTA IN ASIA / Per la prima volta il peso di Pechino- Simone Pieranni
MEDIAZIONE CINESE SUL NUCLEARE IRANIANO. MA È SCONTRO CON WASHINGTON PER LA «ZONA DI DIFESA AEREA» CONTRO IL GIAPPONE
Il «sogno cinese» propagandato dal Presidente Xi Jinping prevede la necessità per la Cina di avere un ruolo più rilevante nell’ambito di accordi e negoziazioni internazionali. Pechino ha salutato così con molto clamore l’accordo di Ginevra, sottolineando il ruolo fondamentale di Pechino, capace di mediare tra Iran – partner di lunga data – e Washington. Hua Liming, ex ambasciatore cinese in Iran, ha dichiarato alla stampa nazionale che «quando le due parti si sono imbattuti in problemi irrisolvibili, si sono rivolti alla Cina, capace di recuperare la negoziazione e rimettere le cose in carreggiata». La Cina celebra la propria mediazione, sottolineando la rinnovata e robusta politica estera di Pechino; ma se la Cina in ambito mondiale si pone come negoziatore, a casa propria fa invece la voce grossa, cercando di ribadire la sua rinnovata e importante presenza internazionale. Contemporaneamente all’opera diplomatica a Ginevra, la Cina nel week end annunciava infatti la Air Defense Identification Zone (ADIZ), ovvero una zona di difesa aerea nel mar cinese orientale, sui territori contesi con il Giappone. Si tratta di quel gruppetto di isole disabitate chiamate Senkaku dai giapponesi e Diaoyu dai cinesi. La Cina ha istituito la zona di difesa e ha inviato aerei da combattimento, a sottolineare quello che pechino pensa circa la sovranità di di quei territori. Si è trattato di una decisione che non poteva scuotere in modo netto gli equilibri dell’area. Gli Stati Uniti hanno emesso durissimi comunicati contro Pechino, così come il Giappone, che ha provveduto ad inviare subito navi e aerei nella zona. Da Tokyo la condanna è stata durissima, ma la Cina ha risposto in fretta, convocando l’ambasciatore giapponese. Secondo Pechino, non ci sarebbero motivi di tensione: «la misura non è rivolta contro nessuno Stato in particolare». E’ chiaro che rasserenandosi la tensione nella zona mediorientale, il prossimo campo di battaglia, per ora solo diplomatico, è ormai il Pacifico. La strategia «pivot» di Obama è da tempo conclamata e la Cina ha più volte ribadito il proprio fastidio di fronte alla presenza sempre più numerosa di basi ed esercitazioni americane in quello che considera, da secoli, il suo cortile di casa. Gli Usa sono stati i più irritati dalla mossa di Pechino riguardo la difesa aerea: «invitiamo la Cina a non attuare la sua minaccia di agire contro gli aerei che non si identificano o non obbediscono agli ordini di Pechino», ha detto il Segretario di Stato John Kerry. Washington, inoltre, ha aggiunto che «l’annuncio cinese non cambierà il modo in cui gli Stati Uniti conducono le operazioni militari nella regione». Il segretario della Difesa Chuck Hagel ha infine ribadito che le isole Senkaku rientrano nell’ambito del trattato di sicurezza Usa-Giappone, ovvero che Washington difenderà il suo alleato Tokyo se la zona verrà attaccata. E il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden si recherà in Cina, Giappone e Corea del Sud all’inizio del mese prossimo: la questione del Pacifico è ormai entrata nel vivo.

CINA-GIAPPONE
CIELO CONTESO / Il 23 novembre Pechino ha an-nunciato una nuova zona di identificazione per la difesa aerea provocando le proteste di Giappone e Stati Uniti, che accusano la Cina di voler alterare lo status quo e far crescere le tensioni nella regione. La nuova zona, infatti, si sovrappone a quella stabilita dal Giappone che comprende il cielo sopra le isole Senkaku (Diaoyu per i cinesi), al centro di una disputa tra Tokyo e Pechino. La Cina ha chiesto al Pentagono di tener fede alla promessa di Washington di non prendere posizione nella disputa, scrive The Diplomat. Nonostante gli avvertimenti, il 26 novembre due B-52 statuni¬tensi sono entrati nella nuova zona aerea senza identificarsi, ma non hanno causato reazioni.

CINA
II 22 novembre 47 persone sono morte nell’esplosione di un oleodotto a Qingdao, nell’est del paese. Diciottomila persone so¬no state costrette a lasciare le loro case.

NEPAL
II 21 novembre i maoisti hanno denunciato brogli dopo la pubblicazione dei risultati preliminari delle elezioni legislative, che danno il partito all’8 per cento. I maoisti hanno rinunciato alla lotta armata nel 2006.

PAKISTAN
II generale Raheel Sharif è stato nominato il 27 novembre a capo dell’esercito. Prende il posto di Ashfaq Kaya-ni, in carica dal 2007.

MALDIVE
UN LEADER INATTESO / Dopo diversi cancellazioni e rinvii, le elezioni presidenziali alle Maldive si sono svolte il 16 novembre con un risultato inatteso. Con il 51,39 per cento dei voti, Abdulla Yameen, che al primo turno era arrivato terzo, ha avuto la meglio sul favorito, Mohamed Nasheed, ex presidente e leader del Partito democratico maldiviano. Yameen è il fratellastro dell’ex dittatore Maumoon Gayoom, che ha guidato il paese per trent’anni fino al 2008, quando Nasheed ha vinto le elezioni. La vittoria di Yameen è la vendetta di Gayoom su Nasheed, scrive il settimanale indiano – Tehelka. Anche dopo la fine del suo regime, Gayoom ha continuato ad avere il sostegno dei vertici della sicurezza e della giustizia, che insieme alla com-missione elettorale hanno avuto un ruolo fondamentale nella sconfitta di Nasheed, annullando o rimandando il voto più volte. Sembra che abbiano cercato di prendere tempo per permettere a Gayoom e a Yameen di tessere la rete di alleanze che gli ha assicurato la vittoria. Nasheed, continua Tehelka, ha contato troppo sull’appoggio internazionale, sottovalutando la campagna elettorale dell’avversario, che lo dipingeva come antislamico (in un paese dove la cittadinanza è negata ai non musulmani), filoccidentale e amico delle potenze straniere.

INDIA
NILGIRI
COMMERCIO EQUO E SOSTENIBILE / Una bevanda solidale.
In questi giorni debutta la nuova linea di tè Solidal Coop. SETTE TIPOLOGIE DI TÈ, tutte certificate Fairtrade e biologiche, provenienti dalla zona montuosa delle Nilgiri nell’India del sud. Si tratta di té d’alta montagna, coltivato a più di 2000 metri d’altezza, da una comunità femminile.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
VENEZUELE
CARACAS
POTERI SPECIALI AL PRESIDENTE MADURO, PRIME DUE LEGGI CONTRO I SUPERPROFITTI . Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro sta preparando i primi decreti per combattere «la guerra economica» – una miscela esplosiva di speculazione e sabotaggio produttivo – intentata dai poteri forti («la borghesia e l’imperialismo») contro il suo governo. Il parlamento ha approvato – sia in prima che in seconda votazione – la cosiddetta Ley habilitante, che consente al presidente la facoltà di governare per decreto per un anno. Un esercizio previsto dalla costituzione e contemplato anche da quella precedente, in vigore nella democrazia dell’alternanza (centrodestra e centrosinistra) prima del ’99. Hugo Chávez, morto il 5 marzo, vi ha fatto ricorso 5 volte, per accelerare riforme economiche all’insegna della giustizia sociale. Prima di lui, se n’erano serviti tutti i presidenti venezuelani degli ultimi quarant’anni, durante i quali il futuro degli strati popolari non è stato però al primo posto. Maduro comincerà con due misure di natura economica: «La nuova legge dei costi, guadagni e tutela del prezzo giusto e la nuova legge del commercio estero per garantire il controllo delle importazioni e la promozione delle esportazioni», ha anticipato su twitter.
La prima cercherà di controllare i margini di guadagno del settore privato. La seconda riguarda le importazioni, altro grosso buco nero: perché i dollari concessi dal governo a costo agevolato a questo fine, spesso finiscono nell’alimentare il mercato parallelo e la speculazione. Due settimane fa, tenendo fede a quanto promesso in campagna elettorale, il «governo della strada» di Nicolas Maduro ha preso di petto il problema: ha inviato gli ispettori in diverse grandi catene di supermercati, evidenziando i profitti stellari dei commercianti, subito stroncati con minacce di chiusura.
Contemporaneamente, su indicazione dei consigli comunali (base portante del socialismo bolivariano) si sono scoperti numerosi depositi clandestini di merce: tonnellate di prodotti razziati dagli scaffali delle catene di distribuzione del governo (a prezzi calmierati), fatti scomparire dal mercato e accatastati per essere venduti ad alto prezzo nel mercato nero.
Una strategia per alimentare gli allarmi e la pressione psicologica sulla popolazione e invitarla a ribellarsi contro la escazes, la penuria di prodotti e di alimenti base che dimostrerebbe l’incapacità del governo di gestire i bisogni del paese. Un paese petrolifero ancora indietro, nonostante gli sforzi, quanto a sovranità produttiva, obbligato a importare gran parte di quel che consuma anche in forza dell’aumentato benessere delle fasce sociali che prima avevano ben poco da spendere.
Il leader di opposizione, Henrique Capriles – battuto per poco da Maduro alle presidenziali di aprile – ha indetto per domani una manifestazione contro l’esercizio della Ley Habilitante. L’opposizione vuole trasformare le elezioni comunali dell’8 dicembre in un referendum contro il governo e la campagna elettorale si sta dimostrando rovente. Per l’occasione, si sono fatti sentire anche gli Stati uniti, esprimendo «preoccupazione» per l’esercizio della Ley Habilitante e per i poteri ottenuti da Maduro. Il governo ha energicamente respinto «la nuova ingerenza negli affari interni della democrazia venezuelana» e ha denunciato «davanti al mondo» che il governo degli Stati uniti usa l’opposizione venezuelana «per mettere in atto un piano di delegittimazione dell’ordine costituzionale».

CILE
SANTIAGO
CAMILA VALLEJO: "LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE È UNA PRIORITÀ. RIPRENDEREMO IL PROGETTO DI ALLENDE"
Camila Vallejo, oggi deputata e simbolo del cambiamento, ha confessato in un’intervista uscita su ‘La Stampa’: “Mi sono anche resa conto che scendere in strada e protestare non bastava. Bisognava prendersi la responsabilità e fare qualcosa per consolidare tutta quella forza”.
“Ho sempre avuto fiducia nel lavoro fatto per strada. Siamo stati molto sul territorio, parlando faccia a faccia con le persone. Però il risultato ha superato le aspettative. Oggi il Cile si è svegliato e vuole cambiare. Questo va oltre la mia candidatura, ci sono gli altri deputati del Partito comunista o gli altri ex dirigenti universitari, i loro risultati sono tutti parte di questa voglia di cambiare”.
La Vallejo non va anche contro i retaggi della dittatura di Pinochet, tuttora presenti nel Paese, assicura però di essere convinta del cambiamento: “Prima nessuno parlava di una nuova Costituzione e adesso la riforma è una delle priorità. Non è possibile vivere con una Costituzione ereditata dalla dittatura militare solo perché non siamo stati capaci di modificarla. Riprenderemo il progetto di Salvador Allende, che è stato interrotto ma non sconfitto. La dittatura di Pinochet ha lasciato una profonda ferita che ancora non è stata sanata. Ora si tratta di recuperare quello che ci è stato tolto”.
Alle critiche che gli arrivano dal movimento studentesco, la Vallejo infine replica: “Questa è una caratteristica dei movimenti. Devono mantenersi indipendenti rispetto ai governi di turno. È proprio così che danno vita ai cambiamenti. Abbiamo bisogno di un Parlamento aperto alla partecipazione dei cittadini in generale”

ARGENTINA
BUENOS AIRES
L’OMBRA DEI DESAPARECIDOS È ARRIVATA IN ITALIA / Alcuni figli di desaparecidos rubati ai loro genitori durante la dittatura potrebbero essere stati adottati nel nostro Paese e oggi frequentare le nostre università L’Ambasciata argentina a Roma lancia una campagna attraverso il sistema universitario per il ritrovamento di figli di desaparecidos in Italia. Alcuni ragazzi dati in adozione durante la dittatura potrebbero oggi risiedere nel nostro Paese. Ormai i bambini di allora sono ragazzi tra i 33 e i 37 anni circa. «Sei argentino e hai dei dubbi sulla tua identità? Conosci un giovane argentino che possa avere dubbi sulla sua identità? Contatta il Consolato argentino più vicino a casa tua o l’ambasciata argentina in Italia, sezione diritti umani» (dirittiumani@ambasciatargentina.it oppure tel. al 06.48073300).
I militari argentini nel passato regime (1976-1983) non solo hanno sequestrato, torturato e ucciso migliaia di persone, hanno anche fatto sparire i loro corpi e si sono appropriati dei loro figli. Quando scoprivano che la ragazza sequestrata era incinta i militari la trattenevano fino a quando partoriva. Poi gli si sottraeva il bimbo, che con documenti falsi e cambiando luogo e data di nascita veniva dato in adozione ad altri militari o complici. Della madre non si sarebbe mai saputo più nulla, uccisa o gettata viva in mare: desaparecida. Sono arrivati perfino a torturare bambini per far parlare i genitori. Gli autori di queste violenze ancora sotto processo, in carcere o ormai morti, come il caso dell’ex generale Jorge Videla non si sono mai pentiti. Cattolici fondamentalisti, pensavano in questo modo di salvare il paese dal pericolo del comunismo ateo. Volevano salvare i ragazzi, annullarne l’origine ed inventare una falsa identità per redimirli dal peccato. La madre riceveva una «morte cristiana», così la chiamavano i preti che collaboravano con i militari al potere. Le Abuelas di Plaza de Mayo calcolano che almeno 500 bambini sono stati vittime di queste pratiche. La tenace azione delle Nonne, le associazioni di diritti umani e dal 2003, il governo Kirchner, che ha fatto di queste vicende una ragione di Stato, sono riusciti a ritrovare 107 nipoti. Ormai le Nonne di Piazza di Maggio hanno compiuto 36 anni di ricerca dei loro nipoti. Anche se processati, condannati e molti di loro in prigione, i militari non hanno mai rivelato il destino finale dei desaparecidos né mai cooperato con i familiari per il ritrovamento dei bambini. (di Claudio Tognonato)
Mercoledì 27 nov., ESTELA CARLOTTO a Roma TRE
Questi figli che mancano sono molto probabilmente ignari della violenza di cui sono vittime inconsapevoli. Altri, che hanno recuperato la loro identità, raccontano di averlo sempre sospettato e che un giorno si sono avvicinati a quelle donne anziane per poi ripartire con una loro seconda vita. La scelta di cercare anche in Italia è motivata da fondati sospetti. Se hai dubbi sulla tua identità attraverso la sezione diritti umani dell’Ambasciata argentina, che garantisce la massima riservatezza, si possono spedire campioni di sangue alla Banca di dati Genetici argentina, che raccoglie le mappe genetiche di tutte le famiglie che hanno bambini ancora desaparecidos. Per lanciare questa campagna attraverso il sistema universitario italiano, Estela Carlotto, presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo sarà a Roma Tre. L’appuntamento e per mercoledì 27 novembre 2013 alle ore 11 Aula Magna della Scuola di Lettere Filosofia Lingue, via Ostiense 236, Roma.

MESSICO
AUTODIFESE IN MICHOACÀN / "Preso tra le organizzazioni cri-minali, la polizia comunitaria e i gruppi di autodifesa, lo stato di Michoacàn non sa come recuperare la pace", scrive Proceso. Lo stesso governo statale ha ammesso che in 43 dei 117 municipi dello stato le comunità hanno organizzato le loro squadre di vigilanza cittadina. José Manuel Mireles, uno dei leader delle autodifese di Michoacàn, spiega che "la resistenza è nata dalla sensazione di sentirsi vittime del crimine organizzato con la complicità delle autorità".

HAITI
INCIDENTE IN MARE
"Il 25 novembre un barcone che trasportava migranti haitiani si è rovesciato vicino a Staniel Cay, al largo delle Bahamas", scrive il Miami Herald. Nell’incidente sono morte al-meno trenta persone e cento so¬no state messe in salvo nelle operazioni di soccorso. Secondo The New York Times, i mi¬granti "avevano esaurito cibo e acqua, e nessuno indossava giubbotti di salvataggio".

BRASILE
II 27 novembre tre per-sone sono morte in un crollo al¬lo stadio Arena Corinthians di Sao Paulo, che ospiterà la cerimonia di apertura dei Mondiali del 2014.

HONDURAS
NUOVO PRESIDENTE TRA LE POLEMICHE / El Espectador, Colombia / Dopo i dubbi iniziali, è chiaro che il vincitore delle elezioni presidenziali del 24 novembre in Honduras è Juan Orlando Hernández, del Partito nazionale. Una scelta di continuità rispetto al governo di Porfirio Lobo. Xiomara Castro, la principale avversaria, si è presentata in pubblico per annunciare la sua vittoria. Per diverse ore il paese centroamericano ha avuto due presidenti che festeggiavano in contemporanea la loro elezione. Manuel Zelaya, marito di Xiomara Castro ed ex presidente del paese, rovesciato con un golpe militare nel 2009, ha dichiarato che non riconosce i risultati del Tribunale supremo elettorale. Zelaya è il leader del partito Libertad y refundación (Libre), con cui si è presentata Castro alla presidenza.
Il 25 novembre il Tribunale supremo elettorale ha confermato la vittoria di Juan Orlando Hemàndez, un conservatore di 45 anni che negli ultimi mesi è stato presidente del congresso. Hemàndez ha ottenuto il 34 per cento dei voti, mentre Xiomara Castro il 29 per cento, cifre che aprono la strada a diverse polemiche considerando che il sistema elettorale del paese non prevede il ballottaggio.
Le forti prese di posizione di Hemàndez, che vuole ristabilire la sicurezza nel paese "facendo tutto il necessario", hanno convinto gli honduregni, anche se durante la campagna elettorale Hemàndez è stato al centro di polemiche per aver puntato tut¬to sulla tolleranza zero. Nel paese ogni giorno vengono uccise almeno venti persone e il tasso di omicidi è pari a 85 persone per ogni centomila abitanti. Secondo le autori-tà, la violenza dipende dalla crescita della criminalità organizzata e delle gang giova-nili. Hemàndez vuole dare ai militari poteri di polizia, come la possibilità di svolgere perquisizioni o indagini criminali.
Nonostante le accuse di brogli da parte dell’ex presidente Manuel Zelaya e della moglie e candidata Xiomara Castro, sembra che il prossimo 27 gennaio sarà Juan Orlando Hemàndez ad assumere la presidenza dell’Honduras

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
II 26 novembre il Partito repubblicano ha chiesto al deputato Trey Radei di dimet¬tersi. Radei è stato condannato a un anno con la condizionale per possesso di cocaina

UNA RIFORMA DA SALVARA
Time, Stati Uniti
Time non usa mezzi termini: la riforma sanitaria voluta da Barack Obama è una "promessa mancata". Secondo la direttrice Nancy Gibbs il destino del presidente degli Stati Uniti dipende dalla sua capacità di far ripartire l’Obamacare dopo il disastroso lancio del 1 ottobre, quando il sito della riforma è andato in tilt per problemi tecnici. "Il segno che Obama aveva raggiunto un punto critico non è arrivato quando è crollato nei sondaggi, né quando i suoi alleati sono inorriditi, né quando i commentatori hanno usato duri paragoni per descrivere la sua sconfìtta. È arrivato quando Obama ha cominciato a chiedere scusa: per aver ignorato cosa stava succedendo nell’amministrazione, per non aver evitato il disastro, per non aver detto la verità ai cittadini che volevano mantenere la vecchia assicurazione". I repubblicani denunciano il fallimento di Obama. Se la situazione non migliorerà presto, avranno un’arma molto efficace per battere i democratici alle elezioni di metà mandato del 2014.

(articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Suddeucht zeitung, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , Agi, AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde )

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