10905 Riforma Costituzione, sì del Senato. Come hanno votato quelli eletti all’estero ?

20131023 18:29:00 redazione-IT

[i]di Rodolfo Ricci (FIEI)[/i]
[b]Se la Circoscrizione Estero sarà cancellata, sarà anche per responsabilità dei senatori eletti all’estero che oggi hanno votato a favore del ddl costituzionale 813-b che modifica l’Art. 138 della Costituzione[/b]

Il Senato ha approvato il ddl costituzionale che istituisce il Comitato Parlamentare per le riforme costituzionali, fortemente voluto dal governo delle larghe intese e dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La maggioranza non ha votato compatta anche se ad essa si è aggiunto il voto a favore della Lega Nord. Hanno votato sì in 218 senatori, 58 i no, 12 gli astenuti. Solo per 4 voti e anche grazie al voto favorevole della Lega, il quorum dei due terzi è stato superato; se venisse superato anche alla Camera, ciò darà la possibilità di evitare il referendum confermativo per questa fondamentale riforma costituzionale. Alla maggioranza delle "larghe intese" sono mancati 19 voti. Solo il Movimento 5 Stelle e Sel hanno votato contro e, ad essi, si sono aggiunti l’astensione del senatore Felice Casson (PD), in dissenso col suo gruppo (al Senato, l’astensione vale come voto contrario), mentre Mineo, Tocci, Amati e Turano non hanno partecipato al voto. 14 le defezioni nel Pdl.

Fin qui la cronaca.

Il voto di oggi se fosse confermato alla Camera sempre con la maggioranza dei 2/3, cosa ormai molto probabile, cambierà dunque le procedure di modifica della Costituzione previste nell’art. 138 della stessa carta, la valvola di sicurezza della Costituzione, dimezzando da tre mesi a 45 giorni l’intervallo tra le due letture con cui le Camere approveranno le future leggi di riforma, e soprattutto, concedendo un potere fortissimo ai 42 componenti del comitato, mentre viene oggettivamente ridotto quello dei due rami del Parlamento.

Dalla società civile negli ultimi mesi si sono alzate molte voci di dissenso su questa scelta, fino alla grande manifestazione del 12 ottobre scorso che ha portato a Roma circa 100mila persone per chiedere di non toccare la Costituzione, tantopiù da un parlamento che è in attesa di sapere se la legge elettorale (Porcellum) con cui è stato composto, è, o meno, costituzionale (la sentenza è prevista a dicembre) e anche in considerazione del fatto che il mandato elettorale dei partiti di maggioranza non corrisponde affatto all’attuale configurazione delle larghe intese: i cittadini hanno votato programmi e configurazioni di governo completamente diversi dall’attuale e non è stato centrale nei programmi anche dei partiti al governo, la questione delle modifiche costituzionali.
Esse sono diventate centrali solo per lo scambio imposto a PD e PDL da Napolitano nell’accettazione del suo secondo e "irrituale" mandato.

L’unico elemento che consentirebbe una valutazione più adeguata e serena delle importanti modifiche che saranno proposte e che già sono state annunciate, (consistenti tra l’altro nella riduzione del numero dei parlamentari, nella cancellazione del bicameralismo perfetto, della attuale struttura degli enti locali e nel rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo probabilmente in chiave presidenzialista), consisterebbe nel sottoporre a referendum confermativo la modifica dell’Art. 138, cosa che è possibile solo se le modifiche sono approvate [u]senza[/u] la maggioranza dei 2/3.

Per soli 4 voti, oggi il Senato ha detto no a questa possibilità. E resta adesso solo l’approvazione della Camera per far sì che, una volta cambiato l’art. 138, la modifiche costituzionali passino in questo parlamento, con una rapidità inconsueta e rischiosa per gli assetti complessivi.

Tra le modifiche sul tavolo vi è anche quella relativa alla [b]circoscrizione estero[/b] che il gruppo di saggi insediato dal presidente Napolitano ha già detto che andrà cancellata.
Cosa che ha fatto nascere un susseguirsi di accese dichiarazioni contrarie da parte dei parlamentari eletti all’estero, oltre che dalle componenti della società civile dell’emigrazione.

E’ però del tutto ovvio attendersi che allorché, una volta insediato, il futuro Comitato Parlamentare per le Riforme Costituzionali, composto di soli 42 membri, affronterà di nuovo il tema, opererà nella stessa direzione, poiché il probabile dimezzamento del numero dei parlamentari, renderà molto appetibili i 18 posti dell’estero (che diventeranno 9) affinché siano disponibili sui collegi nazionali.
Ed è quasi impensabile che una volta definita questa modifica in sede di Comitato, vi siano poi le condizioni per emendarle da parte del Parlamento.

Dunque questo lamentarsi dei parlamentari eletti all’estero è del tutto inutile se non si coglie mai la possibilità, non di contrastare tutte le riforme, ma semplicemente di sottoporle al vaglio dei cittadini, ivi inclusi quelli che votano dall’estero. Cosa che tutti i senatori della circoscrizione estero hanno per il momento impedito, eccetto il Sen. Turano.

In questo senso, è da apprezzare la mancata partecipazione al voto del Sen. Turano (non sappiamo se volontaria o meno), mentre non sembra condivisibile il voto degli altri senatori eletti all’estero: bastavano 4 voti contrari o 4 astensioni per consentire che i cittadini si esprimessero su questa fondamentale questione, compresi gli italiani emigrati.
Se la circoscrizione estero sarà poi cancellata, sarà anche una loro responsabilità.

Leggi anche:

[b]Riforme costituzionali e cancellazione della circoscrizione estero[/b]
[url]http://emigrazione-notizie.org/news.asp?id=10728[/url]

 

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