10912 A PROPOSITO DI MAFIA E DI MALAFFARE

20131027 11:37:00 guglielmoz

1 – Sedriano, ricca Lombardia dove la mafia "NON ESISTE" . Storie italiane
2 – “A VIMERCATE NON C’È MAFIA” ..in piazza contro il fatto. Il centrosinistra convoca una manifestazione dopo un articolo sugli affari della ‘ ndrangheta nel paese della Brianza.
3 – FATTI DI VITA. Le promesse non mantenute sulla pelle dei disabili.
4 – Corrotti e corruttori, lo specchio del paese.
5 – L’ITALIA del gattopardo che non cambia mai….

1 – SEDRIANO, RICCA LOMBARDIA DOVE LA MAFIA "NON ESISTE" . STORIE ITALIANE di Nando dalla Chiesa
Bisognava sentirli. Bisognava sentirle. Rispondevano dalla ricca Lombardia, così orgogliosa delle sue tradizioni civili e della sua superiorità da avere regalato cifre record a chi le prometteva la secessione. E sembrava di sentire i cittadini (le cittadine no, perché allora non apparivano) della Corleone degli anni sessanta. Il servizio di Maria Grazia Mazzola mandato in onda l’altro ieri notte da Tv7 su Rai1 ha dato un’immagine raccapricciante di Sedriano, il primo comune della Lombardia sciolto per mafia, attraverso le parole e i silenzi dei suoi stessi cittadini. E ha raccontato. Ha spiegato soprattutto due cose: perché i clan della ’ndrangheta vadano al galoppo alle porte di Milano e che cosa succeda poi alle comunità in cui mettono su casa, facendo affari con la borghesia del denaro e delle professioni e con la politica. Un disastro civile. Già ce lo aveva mostrato un paio d’anni fa una puntata di Presa diretta di Riccardo Iacona: un’inchiesta dedicata a Lonate Pozzolo, paesone in provincia di Varese dove si sono installati i clan di Cirò Marina. Ma lì la gente che rispondeva aveva spesso l’accento calabrese. L’altra notte invece no. Dall’hinterland del magentino, a ovest di Milano, giungevano accenti padanissimi. Un intruglio di omertà (il rifiuto del microfono), di familismo amorale (“non ne voglio sapere, io penso alle cose di casa mia”), di spirito di impunità (“io lo rivoto ancora”), di qualunquismo protettivo (“si sa com’è la politica, io non me ne occupo”), di rifiuto delle leggi (l’attacco inacidito ai magistrati; mancava solo la parolina “sbirri”…). Una colorita antologia di persone che avevano come ultima preoccupazione quella di condannare la mafia o di invitare le autorità a combatterla seriamente. E un sindaco, il celebre Alfredo Celeste, che cercava di buttarla in politica e non si arrendeva nemmeno davanti al fatto che fosse stato un ministro dell’Interno del suo partito a sancire alla fine lo scioglimento della sua amministrazione: “vede, Alfano sta pensando a un suo partito”. Sullo sfondo si stagliavano sagome minacciose: l’intreccio di affari, politica & ’ndrangheta che ha imperato per anni, per nulla imbarazzato dalle prime misure di arresto nei confronti del sindaco, né dai contenuti delle intercettazioni telefoniche, né dall’emergere di uno sfacciato intrico di relazioni e parentele consacrato nello stesso consiglio comunale.
E L’ANTROPOLOGIA culturale lombarda è avvenuto un paradosso che ha qualcosa di grandioso. Proprio sotto il governo della Lega una parte larga della popolazione si è come corleonesizzata, e questo mentre in Sicilia la gioventù di Corleone si liberava delle sue catene e faceva incontri e gemellaggi con le scuole dell’Italia più avanzata, invitate sui beni confiscati ai clan più sanguinari. La colonizzazione della Lombardia non è fatta insomma solo del monopolio delle imprese calabresi nel movimento terra ma è soprattutto processo mentale, culturale. Davanti all’arrivo dei don Rodrigo di Platì e di Rosarno, si moltiplicano i don Abbondio e spariscono i fra’ Cristoforo. C’è per fortuna, da poco, la Milano orgogliosa di civiltà che celebra i funerali di Lea Garofalo; ma ci sono le Sedriano sciolte per mafia, a cui altri comuni – quanto a presenza mafiosa – hanno proprio poco da invidiare. È su questo teatro che si svolgono le nostre “storie italiane”. In cui già avevamo collocato la disfida tra il sindaco Celeste e la giovanissima giornalista Ester Castano che con il suo settimanale Alto-milanese ha denunciato per anni nell’inerzia generale quel che a Sedriano accadeva, per essere a sua volta svillaneggiata,insultata e calunniata. Oggi, visto il servizio di Tv7, quella denuncia vale dieci volte di più. E forse è giusto ricordare come Ester Castano e il suo direttore Ersilio Mattioni siano passati per una serie di intimidazioni (gomme tagliate, bossoli in busta, lettere minatorie, avvertimenti orali) senza mai atteggiarsi a vittime eroiche di una lotta che stavano facendo solo loro, e senza reclamare scorte; come abbiano fatto leva sulla capacità dell’opinione pubblica nazionale (o della sua parte meno addormentata) di tenere accesi i riflettori sul loro paese. Hanno così reso all’antimafia un doppio servigio: hanno tenuto testa a un potere prevaricatore reso forte dall’indifferenza altrui; hanno dimostrato che anche il rischio e l’intimidazione quotidiana possono essere affrontati con sobrietà, senza seminare la paura che paralizza gli incerti e completa il paesaggio della colonizzazione. E i partiti? Be’, il caso Sedriano non sarebbe stato possibile se i comportamenti scandalosi fossero reputati istintivamente scandalosi; se i partiti mettessero un briciolo di impegno nella selezione morale della propria classe dirigente; se i clan non sapessero di potere contare su una particolarissima nozione di politically correct che si è affermata nei decenni nell’hinterland milanese (da Buccinasco a Bollate) ma non solo, e che prevede omertà, silenzi e soprattutto l’opportunità di “non esagerare”. Se le “leggi della politica” non avessero la meglio sui codici. In definitiva dietro le sagome minacciose ci sono quelle leggi mai scritte da nessuno, e che nessuno butta mai all’aria.

2 – “A VIMERCATE NON C’È MAFIA” ..IN PIAZZA CONTRO IL FATTO. IL CENTROSINISTRA CONVOCA UNA MANIFESTAZIONE DOPO UN ARTICOLO DEL NOSTRO GIORNALE SUGLI AFFARI DELLA ‘ NDRANGHETA NEL PAESE DELLA BRIANZA

Nessuna influenza mafiosa in Comune”. Il sindaco Pd di Vimercate, paesone della Brianza, risponde così al Fatto Quotidiano che il 19 ottobre ha pubblicato un articolo riportando le parole del pubblico ministero Marcello Musso sul “condizionamento ambientale” dell’amministrazione locale come sintomo del metodo mafioso. Tradotto: per influenzare la vita amministrativa non è necessario avere il rapporto diretto con il politico, basta che assessori e consiglieri siano consapevoli della presenza dei clan sul territorio. PAOLO BRAMBILLA, primo cittadino di Vimercate, parla in maniera pacata. Diversi i toni dei gruppi consiliari di maggioranza (Pd e Sel) i quali, nel-l’annunciare un presidio davanti al Municipio per mercoledì, parlano di “fango” sul comune di Vimercate alimentato dal Fatto Quotidiano, “il cui articolo – ragiona Giorgio Brambilla segretario locale del Pd – ha poi scatenato i quotidiani locali”. Il sindaco, però, spiega: “Il presidio non ha natura istituzionale”. L’iniziativa è dei gruppi consiliari. “Saremo in piazza – dice Giorgio Brambilla – per raccontare che noi amministratori non abbiamo rapporti con le cosche”. Insomma, si manifesta contro Il Fatto e non per denunciare gli affari della ’ndrangheta in Brianza. Dopodiché al quesito sulla presenza della mafia a Vimercate, la risposta è questa: “Direi di no, ma la domanda fatela ai carabinieri”. Vediamo allora i fatti. Nel settembre 2012, la Dia di Milano arresta quattro persone per tentata estorsione e tentato sequestro di persona. In galera finiscono i fratelli Miriadi, Vincenzo e Giovanni. Con loro anche Mario Girasole, fratello di Lara, tra le fondatrici della sezione locale del Partito democratico, politicamente legata all’ex vicesindaco, oggi parlamentare Pd, Roberto Rampi. Quello dei Miriadi è un cognome noto nella zona. Il padre dei due, Assunto Miriadi, fu ucciso dalla ’ndrangheta nel 1990. Torniamo agli arresti del 2012. L’inchiesta parte dalla denuncia di Giuseppe Malaspina, imprenditore calabrese nel settore edile. Alla spalle ha una condanna per omicidio e nella sua azienda hanno lavorato uomini della ’ndrangheta. In questo caso, Malaspina interpreta il ruolo di vittima. Al centro c’è un terreno conteso sul quale i Miriadi accampano pretese legate a loro presunti macchinari scomparsi. Vogliono un milione di euro. Malaspina si rifiuta e intanto avvia in Comune una pratica edilizia legata al terreno. Questo l’incipit. Poi l’ordinanza d’arresto e i capi d’accusa non aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso. A processo iniziato davanti ai giudici del tribunale di Monza, poi, il fascicolo passa nelle mani del dottor Musso che riformula i capi d’imputazione aggravati dal metodo mafioso. Nella sua requisitoria il pm parla di “condizionamento ambientale” subito dagli amministratori comunali (non indagati). Il ragionamento è legato al terreno sul quale Malaspina vuole costruire. La pratica arriva in Comune nel marzo 2011. Pochi giorni dopo iniziano a farsi sentire i Miriadi. Nell’ottobre 2011 il fratello di Malaspina sfugge a un tentativo di sequestro. L’imprenditore denuncia e iniziano gli atti intimidatori. Quindi il Comune fa marcia indietro sulla pratica. L’accusa: “Esiste un nesso cronologico diretto tra pratica comunale di lottizzazione e atti intimidatori dei Miriadi”. Quindi conclude: “Questa è una manifestazione dell’agire del gruppo Miriadi con metodo mafioso” che “deve essere ravvisata come turbamento di un ordinario corso amministrativo-comunale”. MA PER IL SINDACO di Vimercate, la ricostruzione non sta in piedi. “Il progetto edilizio viene bocciato nel febbraio 2013”. Dal canto suo, il pm, per sostenere la sua tesi, porta una lettera di Roberto Rampi inviata ai carabinieri di Vimercate e poi trasmessa alla Dia. Nella missiva, scritta dopo gli arresti, il deputato Pd spiega il suo rapporto con Lara Girasole. Rapporto legato solo alla politica. Tanto che la ragazza non viene indagata. Per l’accusa la lettera che “giustifica i rapporti con Lara Girasole” è l’esempio del “condizionamento ambientale”. La spiegazione di Rampi è diversa: “Mi è sembrato giusto – dice – comunicare ai carabinieri le informazioni di cui ero in possesso”. La ricostruzione dell’accusa, ragiona ancora Rampi, invece, “fa passare il messaggio che, pur avendo informazioni utili alle indagini, queste vadano taciute”. Ma tutto ciò c’entra molto poco con le accuse rivolte al Fatto di voler gettare fango su una amministrazione di sinistra.

3 – FATTI DI VITA – LE PROMESSE NON MANTENUTE SULLA PELLE DEI DISABILI di Silvia Truzzi
SIAMO talmente abituati all’indecenza, all’opportunismo, alle bugie della politica che quasi nulla ormai ci turba. Eppure, tra le tante porcate e porcherie di cui siamo spettatori, quella andata in scena questa settimana fa venire il voltastomaco. I disabili italiani hanno manifestato davanti al Ministero dell’Economia per vedersi riconoscere il diritto all’assistenza, cioè a una vita dignitosa: loro, costretti su una sedia a rotelle in condizioni fisiche fragilissime, sono stati obbligati a organizzare un presidio per farsi ascoltare. A questo fatto – di per sé gravissimo – si è aggiunto il lutto per la scomparsa di Raffaele Pennacchio, medico di 56 anni affetto da Sla, membro del direttivo dell’associazione 16 novembre, colpito da un attacco cardiaco dopo la due giorni di protesta. Una delegazione era stata ricevuta mercoledì dai sottosegretari alla Salute Paolo Fadda e all’Economia Pierpaolo Baretta e dal viceministro alle Politiche Sociali Maria Cecilia Guerra: l’incontro, annotano le agenzie, si era concluso “positivamente”. Il Comitato 16 novembre aveva indetto il presidio dopo quello di giugno: perché era stata necessaria una seconda manifestazione? Perché anche in giugno il governo si era impegnato a sbloccare in parte il fondo per la non autosufficienza. Ma alle parole non erano seguiti i fatti esattamente come ora queste persone possono contare solo su una promessa, vaga e non quantificata. E che è bene non faccia la fine degli annunci a proposito dell’a u-mento degli insegnanti di sostegno agli alunni disabili.
“ALL’INIZIO di settembre”, spiega Antonio Nocchetti, presidente dell’associazione ‘Tutti a scuola’, “il ministro Carrozza disse che ci sarebbero stati 26mila insegnanti di sostegno in più. Ma è un gioco delle tre carte. L’anno scorso nelle scuole italiane c’erano 100mila insegnanti di sostegno, di cui circa 66mila di ruolo e 34mila precari. L’immissione in ruolo si riferisce a una quota di questi 34 mila che da precari vengono stabilizzati. Ma non sono di più. Questo significa che su 230.558 bimbi disabili che frequentano le scuole, 71mila sono scoperti”.
La sentenza 80/2010 della Corte costituzionale stabilisce che il diritto allo studio e il diritto alla salute non possono dipendere da circostanze e fattori economici, sono diritti fondamentali garantiti dalla Carta e non c’è spending review che tenga. Non è demagogia pensare con sgomento allo sperpero di denaro pubblico, al mostruoso costo della politica, ai privilegi, ai miliardi stanziati per gli F35, quando i figli più deboli di uno Stato sono costretti a elemosinare un po’ di dignità. “Papa Francesco”, dice ancora Antonio Nocchetti, “ha parlato a Lampedusa di globalizzazione dell’indifferenza.
Vale per i migranti, ma anche per i disabili”. Vale per le chiacchiere inutili e disgustose che sentiamo ronzare nelle televisioni tutti i giorni, quando parlamentari e ministri si riempiono la bocca di democrazia, senso delle istituzioni e rispetto: quella sì è antipolitica. @silviatruzzi1
http://digital.olivesoftware.com/Olive/ODE/IlFatto/server/GetContent.asp?contentsrc=primitive&dochref=ILFT%2F2013%2F10%2F27&entityid=Pc01805&pageno=18&chunkid=Pc01805&repformat=1.0&primid=Pc0180500&imgext=jpg&type=Content&for=primitive

4 – CORROTTI E CORRUTTORI, LO SPECCHIO DEL PAESE
Costringere è diverso da convincere. Nella mia condizione di cittadino dilettante del “diritto”, questa affermazione, spesa dal presidente Giorgio Santacroce a sostegno della decisione delle sezioni unite della Cassazione, secondo la quale “una condotta di pressione non irresistibile da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio”, ne dovrebbe in qualche modo ridimensionare la gravità,dovrebbeportare invece il giudice di meritoallaconvinzioneopposta. Se infatti il corrotto sottoposto a pressione non irresistibile, va punito con più severità, perché gli dovrebbe essere più facile sottrarsi all’azione corruttrice, il corruttore che riesce a corrompere con maggiore abilità, cioè con una più graduata pressione, non è meno bravo, ma è “più bravo”, nella sua qualità di corruttore. Non credo proprio che possa valere nell’esercizio della giurisdizione il detto, “mal comune mezzo gaudio”. E a questo dire, non riesco a riconoscere che la possibilità di accompagnarsi con l’aggettivo, “garantista”; nel senso vero del termine, quello che obbliga essere garantisti sia nei confronti dei presunti colpevoli, che nei confronti delle certe vittime. Vittorio Melandri

5 – L’ITALIA DEL GATTOPARDO CHE NON CAMBIA MAI
Gli italiani non impareranno mai dai loro stessi errori. Nel 1994 ci fu Silvio Berlusconi, gran comunicatore, salutato come l’uomo della provvidenza dopo i disastri e la corruzione dell’era tangentopoli: pienone di voti, quattro volte presidente del Consiglio, senatore e miliardario a spese nostre, frodatore fiscale e corruttore di parlamentari. Ha distrutto l’Italia appoggiato da destra e sinistra e varrebbe la pena di scoprire quanti ci abbiano guadagnato, a cominciare da molti politici ancora in auge. Oggi le cose non sono cambiate. C’è Matteo Renzi, gran comunicatore, salutato come l’uomo della provvidenza dopo idisastri e la corruzione berlusconiana. Superata l’iniziale resistenza di qualche piddino che temeva di essere messo in ombra da lui, oggi crescendo nei sondaggi è circondato da tutto un fiorire di cortigiani consensi, anche se pare che come sindaco di Firenze abbia combinato pochino (figuriamoci governare un Paese difficile comequesto).Nonostante l’anomala visita ad Arcore che tentò di nascondere, nonostante l’invito al Pdl a votare per lui, nonostante il palese gattopardismo del personaggio, l’Italia è pronta ad eleggere un tale campione del nulla, abbindolata dai brillanti spot giovanilistici del teorico della “rivoluzioncina”. Decisamente, gli italiani non impareranno mai dai loro errori.

 

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