10800 NOTIZIE dall’ Italia e dal mondo 7 settembre 2013

20130907 19:38:00 guglielmoz

ITALIA . BOLOGNA – ARRESTATO IL SUPER-COMMISSARIO
VATICANO. Una giornata di digiuno e preghiera, sabato prossimo, per la pace in Siria. Ratzinger ai suoi ex allievi: serve umiltà
EUROPA. CORTE EUROPEA / Le trasfusioni infette vanno risarcite.
AFRICA & MEDIO ORIENTE. Nelson Mandela è stato dimesso Sarà curato nella sua casa.
ASIA & PACIFICO. TOKYO – Il governo tenta di fermare le «perdite» della centrale Radiazioni, un muro di ghiaccio.
AMERICA CENTROMERIDIONALE. Bogotà, avanti senza tregua il grande sciopero nazionale agrario e popolare: il popolo non ha piu’ paura del mostro!
AMERICA SETTENTRIONALE. SIRIA. WASHINGTON- L’Associazione dei giuristi: Obama viola la Carta Onu «Illegalità nell’impunità, con frode – ONU/USA – Duro appello di Ban Ki-moon a Barack Obama / «Solo Consiglio dell’Onu legittima l’uso della forza» /. Il leader repubblicano della Camera Boehner: «Sì all’attacco». La democratica Nancy Pelosi: «La gente vuole saperne di più».

ITALIA
ROMA – EMIGRAZIONE E IMMIGRAZIONE, DUE FACCE DI UNA STESSA MEDAGLIA: gruppi di persone che si spostano da una parte all’altra del mondo e che portano ricchezza umana, culturale e anche economica ai rispettivi paesi di origine e a quelli verso cui si trasferiscono. Immigrati e italiani nel mondo per il semplice fatto di aver deciso di vivere in Italia o di lasciarla, pur contribuendo alla ricchezza del paese, hanno pagato questa scelta con la perdita di alcuni diritti fondamentali. Ed è per questo che se parliamo di immigrazione ed emigrazione, bisogna partire da un tema specifico, quello della cittadinanza. Quello da cui è partita Cecile Kyenge non appena avuto il ministero dell’Integrazione, perché – ha detto martedì 3 settembre il ministro intervenendo al dibattito dal titolo “Migranti allo specchio. Cittadinanza e culture in un mondo in movimento” alla Festa democratica a Genova – la “migliore integrazione è far sentire una persona inclusa, partecipe e protagonista di una comunità. Avendo diritti e doveri di cittadinanza e tra questi anche il voto”. Un dibattito organizzato dall’Ufficio Italiani nel mondo e dal Forum Immigrazione del Pd a cui erano presenti, oltre a Eugenio Marino e Marco Pacciotti, anche i parlamentari eletti all’estero del Pd Claudio Micheloni e Gianni Farina, proprio perché il tema della riforma della cittadinanza in Italia si sta affrontando “anche grazie al contributo degli italiani all’estero e ai parlamentari eletti all’estero” ha detto ancora il ministro Kyenge. Una riforma, quella sulla cittadinanza che riguarderà non solo gli immigrati, e in particolare i figli degli immigrati che nascono in Italia, ma anche gli emigrati italiani all’estero, alcuni dei quali non hanno la cittadinanza italiana solo perché le loro madri emigrate hanno perso la cittadinanza italiana e non hanno potuto trasmetterla ai figli nati prima del 1948. Una riforma che vuole partire dal concetto di Ius soli temperato, la direzione, spiega il ministro, verso cui si stanno muovendo molti paesi. In questo modo i genitori immigrati “possono richiedere la cittadinanza dei figli che nascono in Italia, senza seguire un percorso di integrazione perché – dichiara Kyenge – i figli degli immigrati fanno già lo stesso percorso dei bambini nati da genitori italiani”, andando a scuola e vivendo nella stessa società fin dal primo giorno della loro vita. Quando parliamo di immigrazione, aggiunge il ministro, spesso “sottovalutiamo gli aspetti strutturali” e la vediamo solo come un problema perché “non vediamo l’effetto positivo immediato, ma è la base per la costruzione dell’Italia del futuro, l’Italia migliore”. Una sorta di miopia, insomma, che si accompagna a una memoria spesso troppo corta: “In Italia – ha detto Farina – c’è una forte mancanza di memoria, il paese ha smarrito la sua storia, la storia dell’emigrazione italiana nel mondo: come siamo stati discriminati, come abbiamo lottato per costruire un processo virtuoso di integrazione e cittadinanza”. Un paese che dimentica, nonostante in ogni famiglia italiana ci sia almeno un’esperienza di emigrazione vecchia o nuova. “La costante dell’emigrazione – spiega Marino – è uno dei tratti fondamentali del nostro paese” ed è importante ricordarlo per affrontare meglio le tematiche legate ai nuovi italiani soprattutto di fronte a una crisi economica grave, a cui non si può “rispondere con una chiusura in se stessi – dice ancora Marino – ma cercando di stare insieme e trovando soluzioni condivise”. “Emigrazione e immigrazione – insiste Marino – non sono un costo o un problema di sicurezza, ma sono una risorsa culturale ed economica”. Per costruire un nuovo paese inclusivo è necessario partire dalla scuola dove crescono i nuovi cittadini, “formando gli operatori della scuola – dice Pacciotti – a cogliere questo cambiamento che sarà sempre più frequente. Si è parlato tanto di legge sulla cittadinanza, di ius soli. Non esiste una legge ma una tendenza, i bambini avranno sempre più spesso un’identità plurima”. Un altro elemento di “integrazione o interazione è il diritto di voto – ha aggiunto Pacciotti – Chi non vota conta meno di chi vota”. Sul tema del voto è tornato anche Micheloni che ha raccontato dell’esperienza del Cantone svizzero-francese di Neuchatel, dove è cresciuto: lì “il diritto di voto amministrativo – racconta il senatore del Pd – è stato concesso nel 1865 e da una decina di anni votiamo anche sul piano cantonale. La qualità dell’integrazione è migliore di qualsiasi altro Cantone del paese. E’ nel nostro interesse e nell’interesse della democrazia facilitare questo processo di integrazione”. “L’integrazione – aggiunge Micheloni – è un’utopia, ma è un’utopia che dobbiamo rincorrere tutti i giorni”. E’ possibile raggiungerla solo se il migrante passa “da oggetto politico a soggetto politico; la cittadinanza vuol dire questo”.

BOLOGNA – ARRESTATO IL SUPER-COMMISSARIO Giovanni Preziosa Il dirigente del commissariato Santa Viola di Bologna Giovanni Preziosa – ex assessore alla sicurezza della giunta Guazzaloca, candidato alle europee con An, inventore della discussa squadra di vigili «rambo» – è stato arrestato ieri mattina dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Venezia per una ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito dell’inchiesta sulla ditta di costruzioni Mantovani impegnata,tra l’altro, nei lavori del Mose. Il superpoliziotto è accusato di corruzione, accesso abusivo a sistemi informatici, rivelazione di segreti di ufficio e peculato. Per agevolare imprenditori amici, avrebbe cercato e comunicato agli imprenditori veneti informazioni riservate ricavate dalla banca dati del Viminale e della polizia, attraverso il titolare di una agenzia di body guard, anche lui arrestato. In cambio, avrebbe ricevuto 162mila euro (per i «servizi» resi da maggio a ottobre 2012) più omaggi e promesse di contratti di consulenza. In regalo Preziosa avrebbe anche avuto un lussuosissimo gommone. Per aiutare un manager a fare pressioni su una pratica da sbloccare gli avrebbe anche fornito paletta di servizio e sirena.

ROMA – DEMOCRAZIA, quanti crimini in tuo nome / di Gianfredo Ruggiero /Una ondata di sdegno ha attraversato il mondo alla notizia del probabile uso di armi chimiche contro la popolazione siriana da parte del regime di Assad. Ma quando a massacrare inermi civili sono gli americani allora la notizia passa sotto silenzio. Nel novembre del 2004, durante l’invasione NATO dell’Iraq alla ricerca delle inesistenti armi di distruzioni di massa di Saddam, gli americani bombardarono per giorni e giorni la città irachena di Falluja con bombe al fosforo bianco provocando la morte di migliaia di civili e, a causa delle radiazioni, la nascita di bambini deformi e un aumento esponenziale dei tumori tra i sopravvissuti. Le immagini raccapriccianti, visibili su youtube, dei corpi corrosi e scarnificati dalle bombe al fosforo: uomini, donne e bambini bruciati vivi tra atroci sofferenze e senza alcuna possibilità di cura, non hanno suscitato, a differenza della Siria, alcuna reazione da parte del mondo politico occidentale e hanno lasciato del tutto indifferenti le grandi testate giornalistiche e le maggiori reti televisive. Anche in questo caso, per i massacri perpetrati dagli americani sui civili inermi, nessuna ondata di sdegno, nessun titolo in prima pagina, nessuna presa di posizione dei governi europei a dimostrazione del totale asservimento della cosiddetta libera stampa e dell’Occidente americanizzato agli interessi economici e geopolitici degli USA. Dalle due bombe atomiche (non ne bastava una?) gettate su un Giappone prossimo alla resa, alle bombe al napalm sui villaggi vietnamiti, fino ai proiettili all’uranio utilizzati nei Balcani, l’America non è nuova a questi metodi e nonostante sia la prima produttrice, esportatrice e utilizzatrice al mondo di armi di distruzione di massa è sempre e comunque considerata un baluardo di democrazia e libertà. Chissà se un giorno, per questi crimini contro l’umanità, ci sarà una nuova Norimberga…
MANTOVA – FESTA DELL’EMIGRAZIONE ITALIANA E LOMBARDA E INAUGURAZIONE MUSEO
DELL’EMIGRAZIONE LOMBARDA / L’8 settembre verrà inaugurato a Magnacavallo (MN) il Museo dell’Emigrazione, il primo in Lombardia. L’emigrazione lombarda è stata a lungo sottovalutata, non ricordando che il 9,4% dell’intera emigrazione dalla penisola proveniva dalla Lombardia e che sono circa 2 milioni i lombardi emigrati nell’arco di cento anni (1875-1975). A partire dal Museo “classico”, ospitato tra le mura di un’ala del municipio di Magnacavallo, nostra intenzione è costituire un Museo virtuale, multimediale e online, per permettere a tutti gli italiani nel mondo di poter vedere, consultare, utilizzare il patrimonio documentale del Museo. Se il traguardo verrà raggiunto sarà possibile quindi dotare il Museo delle dotazioni tecnologiche necessarie (hardware e software) a raccogliere, catalogare, elaborare e mettere online, sotto varie forme, tutto il materiale documentale posseduto. L’apertura del Museo è stata resa possibile da un finanziamento della Regione Lombardia, che ha consentito la ristrutturazione dei locali adibiti a museo, e dall’apporto del Comune di Magnacavallo che ha messo a disposizione una somma per l’allestimento iniziale del museo. Molto resta da fare, tuttavia, un gruppo di appassionati e di volontari sta affiancando la Direzione del Museo per raccogliere sempre più materiale e per rendere il museo anche il testimone della storia e della tradizione locale; l’idea è quella di filmare e Intervistare gli ultimi custodi dei ricordi di fatti, avvenimenti, incontri, che altrimenti andrebbero perduti. Non dobbiamo dimenticare che siamo stati un Paese di grande migrazione, non dobbiamo dimenticare gli sforzi, le traversie, gli enormi sacrifici che i nostri nonni, o gli amici dei nostri nonni, hanno sopportato per dar sostentamento non soltanto alle loro famiglie ma a un intero Paese in difficoltà (per molti anni le rimesse degli italiani emigrati hanno costituito una voce di entrata fondamentale nel bilancio dell’intero stato italiano…). La nostra Associazione, l’Associazione Mantovani nel Mondo Onlus, che collabora alla realizzazione e gestione del Museo, è in contatto con altre associazioni di italiani emigrati (in particolare negli Stati Uniti e in Brasile) per unire i nostri sforzi e raccogliere il numero maggiore di documenti e testimonianze per realizzare un vero e proprio Museo virtuale, con tutto il proprio patrimonio consultabile online. Per far questo, tuttavia, abbiamo bisogno del vostro aiuto. I canali tradizionali (I fondi da Enti pubblici, dalle Banche, da Grandi Filantropi) si sono praticamente prosciugati causa la crisi economica. Ci sono alcune spese, fondamentali per far diventare il museo veramente multimediale e virtuale, a cui da soli non riusciamo a far fronte. La salvezza può venire solo “dal basso”, dal finanziamento popolare, rivolgendoci direttamente ai singoli, alle persone, anche l’oceano in fondo è fatto di tante gocce unite insieme. Vi invitiamo, inoltre, se siete in possesso di materiale utile al nostro museo virtuale (immagini, testi, testimonianze sonore, etc.), a donare al nostro museo stesso gli originali, se è possibile, oppure le loro copie; nella presentazione del materiale donato verrà indicato chiaramente es espressamente: "Documento donato da ……. (il vostro nome)". Il vostro contributo verrà premiato, oltre dalla soddisfazione di aver contribuito alla realizzazione di un’opera meritoria, da una serie di ricompense, originali ed esclusive – pur nel loro limitato valore venale, che vogliono sintetizzare la nostra più calorosa gratitudine. Forza, allora, uniamo i nostri sforzi!

VATICANO.
ROMA – Il papa sceglie un diplomatico / Il 30 agosto papa Bergoglio ha nominato segretario di stato l’arcivescovo Pietro Parolin, già nunzio apostolico in Venezuela. Parolin prende il posto di Tarcisio Bertone, definito dal New York Times, "una figura estremamente potente e sempre più controversa nelle gerarchie vaticane". "Con la nomina di Parolin, membro dell’élite diplomatica vaticana, Bergoglio ristabilisce gli equilibri che hanno imperato nella Santa sede per gran parte del novecento", scrive El Pais. La decisione "segna anche il ritorno del potere di Angelo Sodano e dei nunzi apostolici, gli ambasciatori vaticani, un gruppo molto ristretto, ma profondamente influente, che si era sentito marginalizzato da papa Benedetto XVI".
ROMA – Una giornata di digiuno e preghiera, sabato prossimo, per la pace in Siria. E’ l’ appello ribadito lunedì da Papa Francesco contro ogni tipo di guerra. Un gesto che ricorda quello di Papa Giovanni Paolo II che nel 2003 si rivolse a tutti i credenti affinché dedicassero una giornata di digiuno e preghiera in occasione del mercoledì delle Ceneri, in un periodo in cui la situazione in tutto il Medio Oriente, in particolare in Iraq, era estremamente tesa. "E’ doveroso per i credenti, a qualunque religione appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli altri", aveva detto allora Papa Wojtyla. E ora, a distanza di dieci anni, Papa Francesco torna a lanciare un messaggio di pace forte come allora, aiutato anche da nuovi mezzi. A partire da twitter, da cui il pontefice lunedì è tornato ripetere le parole di domenica: "Mai più la guerra! Mai più la guerra!" e "Vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace" ha twittato Bergoglio. Il suo messaggio è stato raccolto da tanti, dalla Caritas a Comunione e Liberazione, dalla Comunità di Sant’ Egidio ai francescani di Assisi, e al digiuno si uniranno non solo i cattolici. Esponenti di altre religioni, laici e non credenti un po’ alla volta stanno aderendo a un appello che supera qualsiasi divisione, proprio perché in questo messaggio Francesco si fa "interprete – ha detto il pontefice durante l’ Angelus – del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’ unica grande famiglia che è l’ umanità".

RATZINGER AI SUOI EX ALLIEVI: SERVE UMILTÀ / Parla di umiltà, di servizio e di gratuità Benedetto XVI nell’omelia pronunciata domenica mattina 1 settembre alla messa celebrata in Vaticano con i suoi ex allievi ritrovatisi anche quest’anno, ma senza il loro maestro, a Castel Gandolfo per il loro tradizionale seminario estivo. Ne dà conto Radio vaticana. Esce così dal suo riserbo il Papa «emerito» e insiste su chi «in questo mondo viene spinto in avanti e arriva ai primi posti» che «deve sapere di essere in pericolo», deve «guardare ancora di più al Signore, misurarsi alla responsabilità per l’altro» per «diventare colui che serve». Sembra un richiamo al coraggio dell’umiltà e alla sua «rinuncia» al pontificato. Ratzinger ha pure richiamato l’esigenza di non dimenticare «nella lotta per la giustizia nel mondo» la dimensione della «gratuità di Dio» e «il perdono»

EUROPA.
UE
CORTE EUROPEA / Le trasfusioni infette vanno risarcite / Sentenza che farà discutere quella della Corte europea dei diritti umani. Dopo anni, la corte di Strasburgo ha infatti accettato i ricorsi presentati da cento sessantadue cittadini italiani contaminati da virus dopo trasfusione di sangue. Secondo l’esposto dei cittadini italiani, lo Stato italiano non aveva rivalutato al tasso di inflazione le indennità previste per le contaminazioni avvenute tra gli anni Ottanta e Novanta. Dopo oltre venti anni, La Corte europea dei diritti umani ha infatti stabilito che lo Stato dovrà versare a tutti gli infettati l’indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210/1992 e successivamente abolita nel 2010. Per la corte di Strasburgo, l’abolizione era però illegittima, così come anche stabilito da una analoga sentenza della Corte costituzionale italiana nel 2011. La Corte europea dei diritti umani ha stabilito che l’Italia ha sei mesi di tempo, dopo che la sentenza sarà considerata definitiva, per pagare le indennità.

FILLANDIA
Internet/ MICROSOFT ACQUISTA LA FINLANDESE NOKIA / Un affare di miliardi per risalire la china e fermare il lento declino / Benedetto Vecchi / 5,44 MILIARDI. L’unica via per contrastare Google, Samsung e Apple è fare «prodotti» e non solo «software». Non è però detto che sia la mossa vincente per tornare protagonista
Sarà ricordato come l’ultimo atto firmato da Steve Ballmer, amministratore delegato della Microsoft «rimosso» dal suo incarico da Bill Gates. La stampa e i siti specializzati ne iscrivono il merito proprio a «King» Gates. Eppure il mastino di Redmond – così era chiamato Ballmer – la fusione con Nokia l’ha cercata con tenacia da anni, al punto che il saliscendi di conferme e smentite sull’acquisizione della società finlandese da parte di Microsoft era una costante. Ieri l’annuncio: per 5,44 miliardi di euro, la divisione ricerca e sviluppo e il portfolio di brevetti dei Nokia passeranno nelle mani della Microsoft, che si è impegnata a mantenere i livelli occupazionali (oltre 30mila dipendenti in tutto il mondo) di Nokia. Inoltre, l’amministratore delegato della Nokia, Stephen Elop, passa nel gruppo dirigente della Microsoft (è indicato come il successore proprio di Steve Ballmer).
L’entità della cifra e i cambiamenti che prospetta, la fusione tra i due colossi può essere facilmente considerata un «colpo di teatro dell’estate» per la Rete. Colpiscono, in primo luogo, gli effetti che avranno per la Microsoft. La sua trasformazione in società di «dispositivi e servizi» può essere considerata ultimata, visto che la società di Redmond oltre al software, produce consolle per videogiochi e da ieri telefoni cellulari. Allo stesso tempo, con questa mossa Microsoft prova a recuperare terreno in un settore indicato come la «locomotiva» dell’high-tech, in sovraproduzione per quanto riguarda software e computer.
La società fin qui governata da Ballmer produce un sistema operativo per telefoni cellulari che non è mai decollato. La fusione con Nokia dovrebbe garantire la sua installazione su un numero elevato di cellulari, compreso Lumia, ultimo gioiello della società finlandese. Allo stesso tempo, l’acquisizione le apre la porta all’universo delle società che usano le licenze di Nokia. Dunque quella di Microsoft appare una buona mossa. Non ne è però del tutto convinta la borsa, che non ha premiato i titoli Microsoft, diversamente da quelli di Nokia, che hanno invece avuto un forte rialzo.
L’andamento divergente dei due titoli ha una ragione nei rapporti di forza nel settore dei cellulari «intelligenti». A farla da padrone sono Samsung, Google e Apple. Le prime due società controllano, tra hardware e il software Android, il 79 per cento del mercato, mentre Apple si assesta al 14,2 per cento. La restante quota è divisa tra Microsoft e BlackBerry. Dati che però non contemplano il mercato cinesem, che vede come protagoniste società come Huawei, Zte, Lenovo e Xiaomi. Nokia tuttavia è leader indiscussa nella vendita dei cellulari «basic». È la conquista di questo mercato, in espansione in alcuni paesi emergenti come l’India e il Brasile, su cui scommette Microsoft per risalire la china. Non è detto però che ci riesca.
Microsoft è da anni che non riesce a stare al passo in un mercato globale dove la differenza la fanno i «contenuti» e le applicazioni «social». Qui Apple continua a dare il ritmo, anche se, nell’ultimo anno, ha dovuto fronteggiare l’aggressivo dinamismo di Sansung e di Google, che hanno prodotto applicazioni competitive con quelle «montate» su iPhone. Il colpo di teatro dell’estate di Microsoft può dunque rivelarsi effimero. Se vuol tornare ad essere protagonista deve infatti innovare e investire. Se non lo farà, rischia di non fermare il lento declino che l’ha caratterizzata nell’ultimo lustro

NORVEGIA
Al voto dopo Utoya / Il 9 settembre i norvegesi andranno a votare per il rinnovo del parlamento, lo Stortinget, nelle prime elezioni dopo la strage di Utoya del luglio 2011, quando 69 giovani militanti socialdemocratici furono uccisi dall’estremista di destra Anders Behring Breivik. Tra i candidati al parlamento ci sono 17 sopravvissuti dell’eccidio. Il paese è governato dal 2005 da una coalizione di centrosinistra guidata dall’Arbeiderpartiet, ma il centrodestra è in netto vantaggio nei sondaggi. Il prossimo governo potrebbe quindi essere guidato da Erna Solberg, leader del partito conservatore H0yre, e nella coalizione potrebbe entrare anche il Partito del progresso, a cui Breivik era iscritto da ragazzo. Secondo il quotidiano Klassekampen, "queste elezioni sono le più importanti dal referendum sull’Unione europea del 1994, anche se sono in pochi a rendersene conto".

GERMANIA
UN DUELLO INCERTO / Il 1 settembre è andato in onda il primo duello televisivo tra i candidati alle elezioni legislative tedesche del 22 settembre. Il confronto tra la cancelliera cristia-nodemocratica Angela Merkel e lo sfidante socialdemocratico Peer Steinbruck è finito sostanzialmente in parità. Ma, secondo molti osservatori, se c’è stato un perdente è stato sicuramente Steinbriick che, in svantaggio nei sondaggi, aveva bisogno di una vittoria schiacciante. "Il candidato della Spd", scrive la Frankfurter Allgemeine Zei-tung, "ha cercato in tv quel confronto che durante la campagna elettorale ha dolorosamente mancato. Ma i suoi tentativi sono caduti nel vuoto".

GERMANIA
II 3 settembre l’ufficio centrale d’inchiesta sui crimini del nazionalsocialismo ha consegnato alla giustizia ordinaria i dossier di trenta ex guardie del campo di concentramento di Auschwitz, raccomandando il loro rinvio a giudizio per complicità nello sterminio.

FRANCIA
PARIGI – Pensioni da riformare / L’Express, Francia / A fine agosto il governo guidato dal socialista Jean-Marc Ayrault ha presentato la riforma del sistema pensionistico. Sono stati aumentati dello 0,3 per cento i contributi versati da lavoratori e datori di lavoro, così come è stata prolungata la durata dei versamenti che, a partire dal 2020, passerà dagli attuali 41,5 anni per ottenere la pensione piena a 43 anni nel 2035, spiega L’Express. Rimane ferma invece a 62 anni l’età minima pensionabile. Alcune deroghe sono state introdotte per gli impieghi logoranti e per il lavoro femminile. Definita "giusta" ed "equilibrata" da Ayrault, la riforma è criticata dall’opposizione di destra che, attraverso il leader dell’Ump, Jean-Francois Copé, ha denunciato un ulteriore aumento delle imposte. Anche i sindacati sono critici, mentre il Medef, la confindustria francese, è particolarmente ostile all’aumento dei contributi a carico delle aziende. E nemmeno i francesi sembrano molto convinti: stando a un sondaggio dell’istituto Bva, il 67 per cento ritiene ingiuste le misure annunciate.

BOSNIA ERZEGOVINA
II 3 settembre 160 minatori hanno occupato una miniera di carbone a Djurdjevik, vicino a Tuzla, per chiedere un aumento degli stipendi e le dimissioni della direzione. I minatori di Djurdjevik guadagnano circa 310 euro al mese.

GERMANIA.
BERLINO – Tra Merkel e Steinbruck è duello sull’austerity Oltre 15 milioni di spettatori all’unico confronto tv tra la cancelliera e il candidato Spd che cerca il recupero e attacca su occupazione e sviluppo.
«Voglio un Paese con più giustizia sociale e voglio che ci sia un modello, una visione giusta della società che ora manca. In Germania c’è un’ondata di disillusione». Peer Steinbruck è il primo a parlare nel confronto tv che almeno 15 milioni di spettatori tedeschi hanno seguito ieri sera a tre settimane esatte dal voto del 22 settembre. Angela Merkel risponde con gli argomenti che usa da quando la campagna elettorale è cominciata: «Guardate le cose come stanno. L’economia va bene, l’occupazione è al massimo storico, nella formazione dei giovani siamo un modello per tutti, abbiamo consolidato il bilancio». Poi la cancelliera e lo sfidante si sottopongono alle domande di quattro moderatori. Rilassata lei, ma un po’ ripetitiva, tutta tesa a rassicurare gli elettori; un po’ più teso lui, intento ad articolare le misure con cui, se lo faranno cancelliere, vuole realizzare quella maggiore giustizia sociale che reclama: un salario minimo garantito di 8,5 euro l’ora per tutti, migliori chance nella formazione scolastica e professionale dei giovani, un fisco più equo, che chieda ai più ricchi con un aumento delle aliquote per i redditi oltre i 100 mila euro e la conferma di un’imposta patrimoniale. Steinbruck sa che i 90 minuti del tète-à-tète sono probabilmente l’ultima chance che gli è offerta per cercare di recuperare lo svantaggio. Proprio poche ore prima dell’appuntamento tv sono stati resi pubblici gli ultimi sondaggi: i liberali della Fdp avrebbero superato la soglia fatidica del 5% e questo consentirebbe alla Cdu/Csu, che pure perde un punto, di riformare il governo di cen-tro-destra. Dall’altra parte Spd e Verdi sono un punto indietro: al 43 contro il 44%. Non è certo un dato irrecuperabile e però è la prima volta, dopo settimane, che sulla carta il centro-destra supera i rossoverdi.
Non è un buon segno e Steinbruck sa che deve fare uno sforzo eccezionale per recuperare. Ci prova e per farlo conta molto sul recupero degli indecisi, che sono un gran numero, intorno al 40%: un dato assolutamente inconsueto nello scenario politico tedesco. «Butteremo tutto sul piano della bilancia», dice e «andremo nella sala d’attesa in cui si sono accomodati i nostri elettori a prenderli uno per uno».
E finalmente è campagna elettorale. Lo scontro diretto tra Angela Merkel e Peer Steinbruck ieri pare esser riuscito a svegliare un confronto elettorale che fino ad ora era stato piuttosto insapore, senza polemiche accese e, soprattutto, senza contrapposizioni drammatiche in fatto di contenuti. Come se si votasse in un paese che non conta, su scelte poco importanti per l’economia e la politica e non dentro una crisi che si sta mangiando le certezze dell’Europa e le sue speranze. Che la campagna si fosse addormentata era stato certamente un vantaggio per Frau Merkel, la quale aveva (e ha) tutto da guadagnare dal sonno della politica e lo ha sfacciatamente proclamato nel suo slogan: «Weiter so», avanti così. E la sua souplesse ieri sera era del tutto coerente: l’economia va se non proprio bene certo molto meglio che negli altri Paesi, il lavoro c’è più che altrove e nessuno si danna per la crisi sociale. La cancelliera ha cercato di neutralizzare anche certi timori diffusi anche nel suo elettorato che i moderatori hanno gettato sul tavolo del dibattito: la crisi è sotto controllo, anche nei suoi aspetti più delicati come la Grecia, i tedeschi non debbono aver paura di buchi improvvisi che costringerebbero Berlino a impegni finanziari straordinari.
Il candidato socialdemocratico solo qualche giorno fa aveva cercato di svegliare l’orso dal letargo, con un programma per i primi cento giorni che conteneva qualche buon proposito per affrontare i problemi che si nascondo sotto l’apparente morta gora dell’economia e delle condizioni sociali del paese. Ma la Germania, mentre si avvicinava l’ora della verità attesa da tutta l’Europa, ha continuato a far finta di vivere in un’isola felice, protetta dalla tempesta che scuote il resto del continente. Come se non se non dovesse arrivare anche a Berlino l’ora di decidere come uscire da una strategia contro la crisi tutta fondata sull’austerità che ormai mostra non solo i propri limiti ma anche, e soprattutto, i disastri che ha provocato: una recessione che non è più un problema solo degli «al-tri», perché, come avvertono gli economisti (pure quelli tedeschi) anche il mo-dello del Fiskalpakt impersonato capar-biamente dalla cancelliera Merkel e dal suo potente ministro delle Finanze Wolfgang Schàuble ha bisogno di radicali e rapide correzioni, altrimenti il disastro sommergerà anche l’isola felice.
Le speranze che aveva Peer Steinbruck per imporsi nel confronto diretto erano tutte legate alla sua capacità di smuovere la palude e di far arrivare agli elettori la sensazione che è davvero necessario cambiare strategia economica, che con «Weiter so», avanti così, si rischia di andare a sbattere contro un muro. Doveva riuscire a far guardare la Germania da fuori, spiegare che la felicità dell’isola è certo precaria se non si dàn- no regole ai mercati finanziari, se non si trovano le risorse per investimenti comuni, se non si dicono parole di verità sul tabù che acceca larga parte dell’opinione pubblica: la necessità di trovare forme di condivisione del debito. Ci è riuscito? Così a ridosso del dibattito, che mentre scriviamo è ancora in corso, è difficile giudicarlo. Sulla richiesta di maggiore giustizia sociale e fiscale è apparso convincente. Si potrà vedere solo domani se lo è stato altrettanto sulla necessità di modificare le strategie anticrisi. ( di paolo Soldini L’Unità 2 sept 2013)

AFRICA & MEDIO ORIENTE
TURCHIA
ANKARA – I golpisti del 1997 alla sbarra 7 È cominciato il 2 settembre il processo per il "golpe postmoderno" che nel 1997 rovesciò il governo islamista di Necmettin Erbakan, considerato il mentore politico dell’attuale premier Recep Tayyip Erdogan. Alla sbarra sono finiti 103 militari, tra cui ismail Hakki Karadayi, allora capo di stato maggiore. L’intervento, scrive Hurriyet, portò alle dimissioni del governo senza spargimento di sangue.
SIRIA
DAMASCO – SÌ: Assad è veramente un cretino! Mandiamo psichiatri ONU. Invece Obama… In evidenza Camicia di forza Tutto il mondo tiene gli occhi puntati su Assad, perché si sta decidendo se fargli la guerra con mezzi enormi e distruttivi, e l’opinione pubblica mondiale non è convinta E allora lui manda un jet in un villaggio siriano che cerca bene una scuola nell’ora di ricreazione e ci butta sopra del napalm. Dopo essersi ovviamente accertato che una troupe della BBC sia lì vicino per filmare. E diffondere in tutto il mondo le immagini strazianti. Se tutto questo fosse vero bisognerebbe mandare in Siria non un team di esperti ONU sulle armi chimiche, ma un gruppo internazionale di psichiatri dotati di numerose camicie di forza per Assad, la sua famiglia e tutti i suoi dirigenti. Non missili, ma psicofarmaci… Naturalmente questo filmato viene diffuso il giorno dopo che il Parlamento britannico ha bocciato l’intervento. E che Obama ha rilasciato un ridicolo report della CIA di ben 4 pagine, nel quale si dice che la CIA ha un sacco di prove sul fatto che i siriani hanno usato i gas, ma che non le può mostrare per motivi di segretezza… Penoso. La tragedia è che in mezzo a questo balletto di menzogne ad uso dell’opinione pubblica un numero enorme di civili e di bambini viene abusato. Straziandone le carni e le vite. La nostra vera compassione di rivolge a loro, vittime dei giochi di potere. Una volta tanto ha ragione la Bonino: un attacco alla Siria, con le possibili reazioni di hezbollah libanesi, iraniani e russi, rischia di innescare un conflitto mondiale… Speriamo prevalga il buon senso.

ISRAELE
GERUSALEMME – Giudici poco coraggiosi / Il 2 settembre una delle cinque aule della corte suprema israeliana era affollata da un centinaio di persone, venute ad assistere alla battaglia giuridica tra il procuratore di stato e i rappresentanti di circa mille abitanti di otto villaggi palestinesi che Israele vuole espellere dalle loro case. L’area in questione, che si trova nel sud della Cisgiordania, era stata dichiarata zona militare all’inizio degli anni ottanta, ma gli abitanti, pastori e agricoltori provenienti da Yatta, erano rimasti nelle loro case. Da allora. Israele ha bloccato la costruzione di scuole, ospedali e reti elettriche o idriche, impedendo che i villaggi diventassero indipendenti. Gli abitanti di questi otto villaggi sono stati più fortunati di altri: vari gruppi israeliani anti occupazione si sono infatti uniti per opporsi agli ordini di sgombero. Nel 1999 il loro testardo attivismo, insieme al lavoro degli avvocati, è riuscito a fermare lo sfratto, ma i militari hanno poi espulso gli abitanti con la forza. Nel 2000, però, l’alta corte di giustizia militare ha permesso alle famiglie di tornare nelle loro case fino alla sentenza definitiva. Il processo si è trascinato per anni, e nel frattempo i coloni e le autorità israeliane hanno provato in tutti modi a rendere la vita impossibile agli abitanti.
Tornando al presente, purtroppo i tre giudici si sono mostrati poco coraggiosi. Non volendo dare torto all’esercito, ma non potendo neanche negare i diritti dei palestinesi, hanno preferito non decidere, passando la patata bollente a qualcun altro. ( Da Gerusalemme Amira Hass )

EGITTO
A colpi di sentenze / Il 3 settembre un tribunale militare ha emesso le prime condanne contro gli esponenti dei Fratelli musulmani accusati di aver incitato le violenze contro l’esercito. Una persona è stata condannata all’ergastolo, altre 48 a pene che vanno dai 5 ai 15 anni di prigione, scrive Al Ahram. Lo stesso giorno una corte del Cairo ha ordinato la chiusura di quattro tv, tra cui Al Jazeera Mubasher Misr, accusate di aver dato una versione dei fatti troppo favorevole ai Fratelli musulmani durante i giorni della destituzione dell’ex presidente Mohamed Morsi. Il 2 settembre Morsi è stato rinviato a giudizio per istigazione all’omicidio.

IRAQ
AGOSTO DI SANGUE
A Baghdad, il 3 e il 4 settembre, sessanta persone sono morte in una nuova serie di attacchi con delle autobombe. Nessuno ha rivendicato la responsabilità degli attentati, avvenuti in aree prevalentemente sciite. "Agosto è stato un mese particolarmente sanguinoso", scrive Ha’aretz, "con seicento morti nelle violenze settarie". Il 1 settembre 52 rifugiati iraniani sono stati uccisi nel campo profughi di Ashraf, nell’est del paese. I Mujahidin del popolo, un gruppo iraniano d’opposizione, accusano l’esercito iracheno della strage.

RDC
SCONFINAMENTO IN RUANDA / Dopo che due colpi d’artiglieria il 29 agosto hanno raggiunto Gisenyi, in Ruanda, l’esercito di Kigali ha rafforzato la sua presenza vicino alla Repubblica Democratica del Congo (Rdc), scrive Jeune Afrique. L’incidente ha causato un morto. L’innalzamento del livello di guardia è un "segno della tensione costante tra Rdc e Ruanda dopo la ripresa dei combattimenti tra i ribelli del movimento M23 e l’esercito congolese". I ribelli dell’M23 (che si sospetta siano finanziati dal Ruanda) hanno inviato una lettera a Ban Ki-moon, il segretario generale dell’Onu, in cui dicono di non essere i responsabili della guerra in corso.

OMAN
II 3 settembre il settimanale The Week è stato sospeso per aver pubblicato un articolo tollerante nei confronti dell’omosessualità.

REP.CENTRAFRICANA
Più di mille persone si sono rifugiate il 29 agosto all’aeroporto di Bangui esasperate dalle estorsioni da parte degli ex ribelli di Séléka.

SOMALIA II 3 settembre il presidente Hassan Sheikh Moha-moud è uscito indenne da un attacco al suo convoglio a Merka.

SUDAFRICA
MINIERE IN RIVOLTA – A poco più di un anno dalla strage di Marikana, i minatori sudafricani sono di nuovo in fermento. Il 3 settembre sono entrati in sciopero ottantamila lavoratori delle miniere d’oro per chiedere aumenti salariali. "Questo non farà altro che aumentare la pressione sulla vulnerabile economia sudafricana, dove c’è già agitazione anche nei settori dell’edilizia e della produzione di auto", scrive la Bbc.

SUD AFRICA
PRETORIA – Nelson Mandela è stato dimesso ieri dall’ospedale di Pretoria in cui era ricoverato da quasi tre mesi per un’infezione polmonare ed è tornato a casa. Lo ha reso noto ieri in un comunicato la presidenza sudafricana. Le condizioni del 95enne premio Nobel per la Pace, si legge nella nota, «continuano a essere critiche e a tratti instabili. Tuttavia lo staff medico è convinto che potrà ricevere lo stesso livello di cure intensive nella sua casa di Houghton», a Johannesburg.
La sua casa è stata sistemata per permettergli di ricevere cure intensive anche lì».
L’ambulanza che trasportava l’ex presidente sudafricano è stata vista arrivare alla sua abitazione intorno alle 11 del mattino. Mandela era stato ricoverato l’8 giugno e negli 87 giorni trascorsi in ospedale c’è stato più volte il timore che la fine fosse imminente. La sua degenza è stata seguita con trepidazione in Sudafrica e da tutto il mondo sono arrivati messaggi di incoraggiamento per l’icona della lotta all’apartheid, soprattutto in occasione del suo 95mo compleanno, il 18 luglio. La presidenza ha precisato che «qualora le condizioni di Mandela richiedessero un altro ricovero in futuro, lo si farà». Il comunicato sottolinea che Madiba, il nome tribale con cui viene affettuosamente chiamato, «ha ricevuto e continua a ricevere una totale attenzione medica e, nonostante le difficoltà, mostra sempre una grande forza e serenità». Il leone del Sud Africa continua a combattere.
La casa di Mandela è stata riorganizzata e attrezzata per offrirgli le migliori cure e a seguirlo saranno «esattamente gli stessi medici» che gli erano stati assegnati in ospedale. La presidenza ha chiesto che a Mandela e alla sua famiglia sia lasciato «il necessario spazio di privacy in modo che le cure possano procedere con dignità e senza inutili intrusioni». Già sabato mattina si era diffusa la notizia, attribuita ai familiari dell’anziano leader, che Mandela fosse stato dimesso dall’ospedale, ma la presidenza l’aveva smentita. Ieri è avvenuto il trasferimento nella sua residenza.

ASIA & PACIFICO.
GIAPPONE
TOKYO – Il governo tenta di fermare le «perdite» della centrale Radiazioni, un muro di ghiaccio / È l’ultima alternativa possibile: la costruzione di un muro di ghiaccio che congeli l’acqua prima che questa entri nell’oceano. / Se ne parlava da mesi, ma il costo enorme per la sua costruzione, a cui si aggiungeva il costante rifornimento di azoto liquido, aveva sempre convinto la Tepco ad aggirare l’impresa. Alla fine, però, è stato il governo di Shinzo Abe, pressato da più parti, a prendere la decisione. Il costo, stimato attorno ai 360 milioni di euro, sarà quasi certamente destinato a lievitare, dato che occorrerà insufflare liquido criogenico in modo costante per congelare il terreno ed evitare che l’acqua radioattiva. Una sorta di permafrost artificiale, quindi. La risolutezza e la determinazione con cui il primo ministro giapponese Abe ha preso il provvedimento non lascia adito a dubbi: l’inaffidabilità della Tepco ha raggiunto i limiti, inducendo il governo centrale a sollevare la compagnia da ogni fase decisionale. Per far ripartire il Giappone, il governo di Tokyo ha bisogno di rinnovare la propria immagine di credibilità nucleare in modo che i 300 miliardi di dollari in accordi sulla vendita di tecnologie nucleari previsti entro il 2020 si concretizzino. Sempre per il 2020 Tokyo si è candidata ad ospitare i giochi olimpici, un altro affare miliardario che rivoluzionerà l’intero bacino economico che gravita attorno alla capitale (da Tokyo a Osaka) con i suoi 50 milioni di abitanti. Il Partito Liberaldemocratico, fortemente colluso con il Keidanren e le grandi industrie nazionali, per non perdere i preziosi finanziamenti che servono a garantirsi un appoggio economico da parte dei contadini, deve dar prova di saper gestire al meglio l’incidente nucleare. Il permesso dato dal governo Abe a 34.000 cittadini di tornare nelle loro case proprio nel momento peggiore della crisi, è una mossa per dimostrare che tutto procede per il meglio.
GIAPPONE
Una linea indifendibile / Shùkan Kinyóbi / I dati sulla fuoriuscita di acqua contaminata dalle cisterne dell’impianto numero 1 della centrale nucleare di Fukushima peggiorano e la posizione del primo ministro Shinzò Abe, che vuole rimettere in funzione le centrali spente per aiutare la ripresa dell’economia, è sempre più indifendibile. Il problema principale, scrive Shùkan Kinyóbi, è il modo in cui le parti coinvolte si attribuiscono a vicenda la responsabilità. "L’agenzia per le risorse energetiche e l’autorità per la regolamentazione del nucleare si occupano entrambe del problema decidendo insieme alla Tepco i lavori per contenere il danno". Tuttavia non si capisce ancora chi si prenderà la responsabilità dell’inquinamento provocato dalle perdite. Durante una recente conferenza il responsabile dell’agenzia per l’energia non ha fatto altro che scusarsi per non avere una risposta al problema. Più che pensare a far ripartire le centrali, conclude il settimanale, adesso ci si dovrebbe preoccupare di trovare una soluzione alla nuova crisi.

VIETNAM
HANOI – Il bavaglio al web / Il 1° settembre in Vietnam è entrata in vigore una legge che vieta di condividere sul web le notizie e gli articoli di opinione oltre ai "contenuti antigovernativi" o "pericolosi per la sicurezza nazionale". Inoltre, le aziende web straniere che vogliono operare in Vietnam dovranno avere un server nel paese. Secondo Reporter senza frontiere l’apparato di controllo vietnamita non è all’altezza di un compito simile ma ora il governo ha tra le mani un nuovo strumento legislativo per reprimere il dissenso.

CINA
II 3 settembre Jiang Jie-min, a capo di una commissione che controlla le aziende pubbliche, è stato sospeso dopo essere stato indagato per corruzione.

MALESIA
II 2 settembre le forze dell’ordine hanno arrestato 2.500 immigrati irregolari. L’obiettivo del governo è di espellere dal paese circa mezzo milione di persone.

INDIA
Il parlamento approva il piano alimentare / Jayati Ghosh, The Guardian, Regno Unito / È innegabile che la sicurezza alimentare sia cruciale per l’India. Nonostante dieci anni di crescita stellare del pil, la disponibilità di cibo rimane limitata. Così il 63 per cento degli indiani non ha una quantità adeguata di calorie garantita e la carenza di proteine è ancora maggiore. Non c’è da stupirsi, quindi, che alle elezioni del 2009 il partito del Congress avesse promesso di garantire la sicurezza alimentare a ogni nucleo familiare. Quella promessa è stata una delle ragioni della sua vittoria. All’inizio del mandato il governo si era impegnato a far approvare una legge che garantisse a ogni famiglia 35 chili di cereali al mese rafforzando il sistema pubblico di acquisto dai contadini e rivendita nella rete di distribuzione degli empori statali. Ma il governo ha tergiversato per quattro anni, persuaso da qualcuno al ministero delle finanze che la misura sarebbe stata insostenibile. La legge approvata è una versione sbiadita delle intenzioni originarie. Non garantisce l’accesso universale al cibo ma riduce il compito dello stato a fornire cibo sottocosto a una parte della popolazione che risponde a criteri tali da includere solo i due terzi degli indiani. Una selezione che causerà errori ed esclusioni ingiuste. Inoltre si passa dalla garanzia di 35 chili a famiglia proposta all’inizio a 7 chili a persona al mese, riducendo la quantità per i piccoli nuclei familiari e lasciando dubbi su come i bambini saranno inclusi nei calcoli. La legge lascia anche aperta la possibilità per i singoli stati di sostituire i cereali con denaro. Molti governi locali sono contrari alla legge. Il sistema federale indiano prevede che gli stati possano estendere l’aiuto alimentare a una quota più ampia della popolazione attraverso sussidi o il controllo del prezzo dei cereali. Ma la nuova legge influenzerà il prezzo dei cereali e i governi locali che ne forniscono più di 7 chili a persona al mese dovranno comprare la parte in eccesso a prezzo di mercato. I milioni di indiani affamati beneficeranno davvero della legge solo se il governo affronterà la materia seriamente e non per guadagnare consensi elettorali.

MALDIVE
LA SECONDA VOLTA / Il 7 settembre le Maldive andranno al voto per eleggere il nuovo presidente per la seconda volta nella storia. Il paese infatti è una democrazia dal 2008. Il candidato favorito è l’ex presidente Mohamed Nasheed, costretto a dimettersi nel febbraio del 2012 dalle proteste dell’opposizione in quello che lui ha denunciato come un colpo di stato. A sfidarlo, tra gli altri, l’attuale presidente Mohamed Waheed, scrive la Bbc.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
COLOMBIA
BOGOTÀ – AVANTI SENZA TREGUA IL GRANDE SCIOPERO NAZIONALE AGRARIO E POPOLARE: IL POPOLO NON HA PIU’ PAURA DEL MOSTRO! Nell’undicesimo giorno di Sciopero Nazionale Agrario e Popolare, i maggiori sindacati del paese e le organizzazioni studentesche si sono uniti alle proteste contadine, dei minatori, degli indigeni e afrodiscendenti, dei medici e lavoratori della sanità, degli autotrasportatori.
Le mobilitazioni crescono nei trentadue dipartimenti della Colombia e paralizzano il paese per opporsi alla politica neoliberista del governo, ai trattati di libero commercio che soffocano l’economia e la vita dei colombiani, alla svendita delle ricchezze nazionali e per la costruzione di quella giustizia sociale senza la quale non sarà in alcun modo possibile porre fine al conflitto sociale, politico e armato colombiano. Centinaia di migliaia di colombiani sono in strada in queste ore, gli apparati repressivi, che hanno già causato vari morti e centinaia di feriti e arrestati non riescono più a contenere l’espandersi della protesta e l’oligarchia capeggiata da Santos inizia a preoccuparsi.
Un forte messaggio per il governo repressivo, che a parole vuole firmare un trattato di pace con le FARC e con l’ELN, ma che nei fatti rifiuta un cessate il fuoco bilaterale assumendosi la responsabilità del prolungamento delle ostilità, con tutte le conseguenze che inevitabilmente ciò comporta.
I movimenti sociali e politici, il popolo colombiano unito e organizzato, stanno dicendo che non si può conseguire la pace senza costruire la giustizia sociale, per di più mantenendo una politica fascista incentrata sull’uso della violenza, delle minacce e degli arresti contro quel popolo che ha dato vita alla sua legittima resistenza proprio per far fronte alla violenza statale-paramilitare e all’ingiustizia strutturale.
Ben undici giorni di blocchi stradali, cortei, picchetti e scontri furibondi con gli antisommossa di regime, che hanno paralizzato anche Bogotá, dimostrano che il popolo non ha più paura del mostro narco-paramilitare ed oligarchico, e che è disposto a lottare fino alle ultime conseguenze. Il messaggio è chiaro: non si può arrivare alla pace senza risolvere le cause strutturali che hanno generato e continuano ad alimentare la guerra.

VENEZUELA
CARACAS – L’economìa va male / "Il i settembre il ministro delle finanze del Venezuela, Nelson Merentes, ha dichiarato che nei quattordici anni di governo Hugo Chàvez e dopo l’elezione di Nicolàs Maduro il paese ha fatto conquiste sociali importanti. Ma dal punto di vista economico la gestione è stata un insuccesso", scrive il quotidiano Tal Cual. Secondo Merentes, "il paese deve entrare in una fase di crescita stabile, producendo di più e rendendosi indipendente dalle importazioni". A proposito di insuccessi, il sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, punta il dito contro le politiche energetiche del governo, responsabili del blackout che il 3 settembre ha lasciato al buio più della metà del paese, colpendo diciotto stati e mandando in tilt città e servizi. Scrive El Nacional: "È stato il guasto più grave degli ultimi anni nel sistema elettrico venezuelano e il terzo grande blackout in meno di nove mesi".

BRASILE-MESSICO
II 2 settembre i governi dei due paesi hanno chiesto spiegazioni agli dopo che l’emittente brasiliana Globo Tv ha rivelato lo spionaggio ai danni dei presidenti Dilma Rousseff ed Enrique Pena Nieto.
MESSICO
CITTÀ DEL MESSICO –I MAESTRI BLOCCANO LA CAPITALE / Dal 19 agosto migliaia di insegnanti sostenuti dal sindacato Central nacional de trabajadores de la educación, protestano a Città del Messico contro la riforma della scuola voluta dal presidente Enrique Pena Nieto, che tra le altre cose prevede un sistema di valutazione per i maestri. Il 4 settembre il governo ha risposto alle proteste approvando, in senato, la legge sull’istruzione.

COLOMBIA
Dietro la protesta Semana, Colombia / Dopo quasi tre settimane di sciopero dei contadini, la rinuncia di sedici ministri del governo e la firma, il 1 settembre, di un accordo tra il ministro dell’interno Fernando Carrillo e gli agricoltori della regione Narino, Semana riflette sulla protesta che scuote la Colombia. È inevitabile chiedersi se l’ondata di manifestazioni sia l’inizio di una primavera colombiana e di una stagione di riforme democratiche. Secondo il settimanale, "nella rabbia colombiana c’è un po’ di tutto: contadini che chiedono sussidi al governo, studenti che vogliono una riforma dell’istruzione, lavoratori che manifestano per i loro diritti e, ovviamente, vandali che approfittano della situazione per generare confusione". A proposito della dichiarazione del presidente Juan Manuel Santos sull’infiltrazione delle Farc nelle proteste, scrive la giornalista Marta Ruiz: "Se ci sono prove che le Farc hanno aumentato la violenza in qualche manifestazione, allora devono dare una spiegazione al paese. È questa la loro idea di fare politica senza armi?".

AMERICA SETTENTRIONALE
WASHINGTON- L’Associazione dei giuristi: Obama viola la Carta Onu «Illegalità nell’impunità, con frode» – Marinella Correggia / L’Associazione americana dei giuristi (Aaj), accreditata presso le Nazioni unite, ha denunciato le «intenzioni imperiali del presidente Barack Obama e dei suoi alleati nel condurre una guerra contro la Siria in violazione della Carta dell’Onu, utilizzando come pretesto accuse senza conferme circa l’uso di armi chimiche da parte dell’esercito siriano». I rappresentanti dell’amministrazione Usa sostengono di voler compiere una spedizione punitiva contro Assad in omaggio alla Convenzione contro le armi chimiche del 1993. Da che pulpito, però, secondo i giuristi dell’Aaj: «Gli Usa mancano di credibilità. Hanno mentito sulle armi di distruzione di massa per invadere l’Iraq, hanno usato armi chimiche come l’agente orange in Vietnam e hanno cosparso di uranio impoverito l’Iraq, la Serbia e l’isola di Vieques» (per non dire del fosforo bianco a Falluja, ndr).
I giuristi ricordano che anche «gli altri paesi» dei neo-volenterosi di guerra, Francia, Canada, Giordania, Arabia Saudita, Qatar, Israele, Turchia hanno partecipato in modo diretto o indiretto alle aggressioni in Iraq, Afghanistan, Libia. Per fortuna il governo italiano e il parlamento inglese si sono tenuti fuori». Inoltre quegli stessi paesi «sono già legalmente responsabili di un intervento in Siria, perché hanno sostenuto in tutti i modi i gruppi dell’opposizione armata. L’intensificarsi del conflitto, del settarismo e del fanatismo religioso possono portare a un nuovo genocidio, esteso a tutto il Medio oriente».
Per l’Aaj, un intervento armato violerà la Carta dell’Onu: «L’articolo 2(4) vieta agli stati membri il ricorso alla minaccia o all’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di uno Stato; per l’art. 39 è solo il Consiglio di sicurezza a poter stabilire misure in conformità con gli art. 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. E solo l’art. 51 permette il ricorso all’uso della forza, e riguarda il diritto alla legittima difesa individuale o collettiva nel caso di un attacco armato contro uno Stato membro dell’Onu. Ma la Siria non ha attaccato gli Stati Uniti».
E mentre in Francia il sito Le grand soir ironicamente linka al discorso con il quale nel 2003 il presidente Hollande si opponeva alla guerra all’Iraq (proprio come Obama, allora congressista), non è solo la Russia a ritenere ridicola la «pistola fumante» di Kerry. Giorni fa anche quattro funzionari dei servizi segreti Usa in condizioni di anonimato hanno detto all’Associated Press che è totale la confusione circa l’ubicazione attuale delle testate chimiche in Siria e chi le possegga e le usi (del resto, mesi fa Obama si era mostrato inquieto rispetto alla possibilità che armi chimiche finissero «nelle mani sbagliate»). L’israeliano Haaretz riporta che per Lawrence Wilkerson, ex membro dell’amministrazione Bush, Israele potrebbe aver condotto l’operazione false-flag, ai danni del nemico Assad. Il sito dell’opposizione non armata Syriatruth insiste invece che i responsabili sono un gruppo armato, che aveva già pianificato la cosa per creare il casus belli durante la visita degli ispettori Onu.
Del resto gli ispettori Onu erano in Siria anche per indagare su un attacco chimico, a Khan al Assal, del quale era accusata l’opposizione – anche secondo un rapporto ufficiale russo di 80 pagine e le parole in maggio della Commissaria Onu Carla del Ponte. C’è chi poi fa notare che Kerry parla di dati vecchi: riferisce di 1.300 morti, cioè la prima cifra buttata lì il giorno stesso dall’opposizione armata siriana insieme a video contraddittori e almeno in parte artefatti, come molti altri provenienti dalla Siria. Kerry ha inoltre usato strumentalmente come «prova del nove dei fatti e dei colpevoli» un comunicato dell’organizzazione Medici senza frontiere che infatti ha poi intimato media e potenze di non usare per fini bellici il comunicato del 24 agosto, nel quale riferiva di aver saputo al telefono (non essendo presente in loco) che alcuni centri medici intorno a Damasco avevano ricoverato oltre mille persone con sintomi neurotossici, oltre trecento i morti. Msf aveva precisato di non poter determinare né di che si trattasse né chi fosse il responsabile.

STATI UNITI
ONU/USA – Duro appello di Ban Ki-moon a Barack Obama / «Solo Consiglio dell’Onu legittima l’uso della forza» / di Anna Maria Merlo PARIGI /. Il leader repubblicano della Camera Boehner: «Sì all’attacco». La democratica Nancy Pelosi: «La gente vuole saperne di più»
Se le armi chimiche sono state usate in Siria – «edè un crimine contro l’umanità» – il Consiglio di Sicurezza deve mostrare unità e decidere misure. Lo ha detto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, secondo cui solo il Consiglio può legittimare l’uso della forza: «Come ho già ripetuto dobbiamo passare attraverso il consiglio di sicurezza, l’uso della forza può essere fatto all’interno della legge solo per legittima difesa in base all’articolo 51 della carta delle Nazioni unite o quando il Consiglio di sicurezza approva tale azione». Il segretario dell’Onu ha voluto chiaramente fermare Obama, ponendo l’accento sul fatto che un’azione degli Stati Uniti potrebbe scatenare ulteriore violenza nel Paese.
Intanto il «dovere morale» di «punire» il regime di Assad per aver usato le armi chimiche contro il suo popolo si ferma di fronte all’accoglienza dei profughi. Ieri, l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ha ricordato che il numero dei siriani che sono fuggiti dal paese in guerra civile ha superato i due milioni. Cioè una cifra che si è moltiplicata per dieci in un anno. Kristelina Gerogieva, commissaria europea agli aiuti umanitari, si è limitata a sottolineare la "cifra spaventosa di 2 milioni, più della metà dei bambini", più o meno "il numero degli abitanti di Varsavia, quattro volte la popolazione di Manchester o Lione". Ma la Francia, impegnata in prima linea per l’intervento di punizione, volta le spalle e rifiuta l’accoglienza. L’Alto Commissariato ha chiesto ai paesi europei di accogliere almeno 10mila siriani. Parigi non ha risposto. Per il momento, da gennaio ne ha accettati 700. La Germania ha promesso di riceverne 5mila, l’Austria 500, la Svezia 200. Fuori dalla Ue, Svizzera e Norvegia dovrebbero accettarne altrettanti. Ma in nessun paese questi rifugiati avranno uno status di migranti permanenti. Saranno in una situazione di "protezione temporanea", cioè pronti a essere espulsi appena la guerra civile sarà finita. Il gruppo S&D al Parlamento europeo chiede che la Ue dia una risposta comune a questa "catastrofe umanitaria". Per Véronique De Keyser, vice-presidente per gli affari esteri, gli aiuti umanitari sono "una priorità immediata", è questo "il nostro compito morale". De Keyser sottolinea che la Ue deve dare "una speciale attenzione ai palestinesi di Siria, intrappolati nella violenza, con le frontiere del Libano e della Giordania chiuse per loro". Per il gruppo S&D, "una soluzione duratura per la Siria puo’ solo essere raggiunta con un processo politico, c’è un’opportunità offerta dal G20 che non deve essere persa per fare passi avanti in questa direzione".
Obama ieri sera è partito per la Svezia. Giovedi’ e venerdi’ sarà a San Pietroburgo, con gli altri dirigenti del G20, summit dedicato all’economia, che non ha formalmente in agenda la questione siriana. Ma il ministro degli esteri russo, Serguei Lavrov, ricorda che "ogni responsabile politico puo’ mettere sul tavolo la questione che vuole, siamo pronti a discuterne". Angela Merkel difende "sforzi diplomatici" a San Pietroburgo, per "convincere la Russia" e arrivare a un "consenso internazionale al G20" sulla Siria. Hollande chiede una "riunione degli europei" al G20. Un bilaterale tra Obama e Putin, per il momento, non è previsto, la tensione è al massimo tra Usa e Russia, prima per Snowden, ora per la Siria. Ieri, il segretario di stato John Kerry e il capo del Pentagono Chuck Hagel sono intervenuti di fronte alla commissione esteri del Senato. Kerry è più determinato a convincere il Congresso a votare a favore dell’intervento. Hagel più moderato, perché i militari Usa frenano. Per il generale Martin Dempsey "anche un attacco limitato potrebbe avere conseguenze imprevedibili". Per l’ex capo del comando centrale Usa, generale James Mattis, si profila "una guerra serissima". Ma Obama di fronte al Congresso ha ripetuto che "Assad deve rendere dei conti". E ha allargato il bersaglio: "non è l’Iraq, non è l’Afghanistan – ha detto – il raid, limitato, proporzionato, è un messaggio non solo per Assad ma anche per altri che potrebbero pensare di usare armi chimiche in futuro". Obama ha ricevuto il senatore McCain e potrebbe aver ceduto sulla richiesta del falco repubblicano, che pretende un’azione militare più incisiva in cambio del "si’" al Senato. L’implicazione sul terreno è di fatto già ben avviata: oltre alle manovre navali di ieri, è trapelata la notizia che le prime 50 cellule addestrate dalla Cia fuori dalla Siria siano entrate nel paese.

LOS ANGELES – Quotidiani Usa, la voracità dei multimiliardari fa vacillare il tabù del profitto / Los Angeles Times / La campagna acquisti di grandi testate Usa da parte di multimiliardari come Bezos, Buffett, Henry, ecc. comincia a incrinare il tabù del sostegno pubblico alla stampa, che per tradizione in questo paese suona qua si come una bestemmia. Partendo da un ulteriore episodio di questa ondata di acquisizioni – il tentativo (non andato a buon fine, per ora) dei miliardari fratelli Koch di rilevare la Tribune Company, a cui fanno capo due grosse testate come il Los Angeles Times e il Chicago Tribune -, Policymic, un sito di ispirazione democratica molto influente fra i ‘millennials’ americani (i giovani sotto i 30 anni), si chiede: se ci sono la National Public Radio e il Public Broadcasting Service, che vivono di contributi governativi, perché non cominciare a pensare anche a quotidiani non-profit? In un articolo intitolato ‘’Jeff Bezos Buys Washington Post: It’s Time to Think About Nonprofit Newspapers’’, Benjamin Cosman, uno dei redattori, osserva: ‘’Certo, immaginare un giornale sponsorizzato dall’amministrazione Obama, che sta attaccando giornalisti e informatori a destra e a manca, non sarebbe l’ idea migliore. Ma siccome c’ è una sufficiente separazione fra amministrazione pubblica e NPR-PBS, una soluzione analoga per i giornali sembra perfettamente praticabile’’. Si tratta comunque di scegliere quale veleno assumere, in realtà – rileva il sito-. Il giornalismo è un campo imperfetto con nobili aspirazioni che finiscono quasi sempre per essere contaminate. Per quanto ci potrebbe far piacere non esiste nessun giornale libero-dalle-ideologie. Con una proprietà di tipo privato e l’ obbiettivo del profitto, passa sempre, a vari gradi, un messaggio di sottofondo. Lo stesso può benissimo essere vero per un giornale pubblico e non-profit. Ma l’ obiettivo dovrebbe essere quello di spostare la concentrazione della proprietà da poche a molte mani – qualcosa che le acquisizioni alla Bezos e alla fratelli-Koch certamente non fanno.
STATI UNITI
Un giorno senza fast food / Il 29 agosto i dipendenti dei fast food hanno scioperato in sessanta città degli Stati Uniti per chiedere stipendi più alti e il diritto di svolgere attività sindacale senza interferenze da parte dei datori di lavoro. È stato lo sciopero più grande dal novembre del 2012, quando a New York è cominciata una protesta che a luglio ha raggiunto le città di Chicago e Detroit. "Il presidente Barack Obama e molti parlamentari sono favorevoli a un aumento del salario minimo, ma non hanno abbastanza voti al congresso per far passare una riforma", spiega Politico. Lo stipendio medio di un commesso di fast food negli Stati Uniti è di 8,94 dollari all’ora.
STATI UNITI
II 28 agosto l’ex psichiatra dell’esercito Nidal Ha-san è stato condannato a morte per l’omicidio di tredici persone nel 2009 nella base di Fort Hood, in Texas.
Ariel Castro, condannato all’ergastolo per aver rapito e violentato per dieci anni tre donne a Cleveland, è stato ritrovato il 3 settembre impiccato nella sua cella.
STATI UNITI
La laurea costa troppo / Il 22 agosto Barack Obama ha annunciato che entro il 2015 il ministero dell’istruzione pubblicherà un sistema di classificazione dei college basato sui costi, la percentuale di laureati e lo stipendio dei neolaureati. "Obama cercherà l’approvazione del congresso per dare più aiuti federali ai college che si classificano meglio e più borse di studio agli studenti meritevoli", scrive il Washington Post. L’obiettivo è fermare l’aumento dei costi del college e alleggerire il debito degli studenti universitari, che in media alla laurea è di 26.600 dollari. Ma molti temono che subordinare gli aiuti al numero di laureati spingerà le università ad abbassare gli standard di qualità. Costo medio annuale di un corso di laurea di quattro anni, compreso vitto e alloggio, migliaia di dollari
(articoli da: Los Angeles Times , Le Monde Diplomatique, NYC Time, Time, Guardian , Le Temps, Svizzera, Nuovo Paese, The Diplomat , L’Unità, Il Manifesto e AGVNoveColonne, )

 

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