10794 NOTIZIE dall’Italia e dal mondo 31agosto2013

20130903 01:41:00 guglielmoz

ITALIA . REGGIO EMILIA – Perde il lavoro, si uccide / Disperato per aver perso il lavoro un uomo di 52 anni di Bagnolo si è ucciso a Reggio Emilia sparandosi un colpo di pistola al petto
VATICANO
EUROPA. BERLINO – VERSO IL VOTO I sondaggi danno i partiti di governo in vantaggio, ma si apre una possibilità
AFRICA & MEDIO ORIENTE. SIRIA – L’ARTE DELLA GUERRA / opzione Kosovo in Medio
ASIA & PACIFICO. NUOVA DELI – UN GIGANTE DAI PIEDI D’ARGILLA / Crescita ai minimi e rupia mai così svalutata
AMERICA CENTROMERIDIONALE. PERÙ/ LIMA – STRANIERI IN PERÙ Al menos 3,490 extranjeros llegaron en junio con visa de trabajo según reporte dell’INEI
AMERICA SETTENTRIONALE. STATIUNITI / II soldato Robert Bales è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di 16 abitanti di un villaggio nella regione di Kandahar, in Afghanistan

ITALIA
ROMA – Sinistra Ecologia Libertà ha ribadito, nel corso dell’Audizione del Ministro degli Esteri Emma Bonino tenutasi stamane al Senato, la netta contrarietà a ogni forma di operazione militare in Siria come conseguenza dell’uso di armi chimiche nel paese contro la popolazione civile. Condanniamo questo crimine contro l’umanità che si è compiuto e auspichiamo un rapidissimo accertamento dei fatti da parte degli ispettori dell’ONU.
Ci opponiamo a un intervento armato, per quanto limitato o chirurgico che sia, a maggior ragione al di fuori della cornice di legittimità fornita dalle Nazioni Unite, che rischia di far precipitare l’intera regione in una tragica spirale di violenza – come anche i recenti attentati in Libano dimostrano – oltre a pregiudicare fatalmente ogni possibile soluzione negoziale gia di per sé assai problematica..
Riteniamo invece che solo un robusto rilancio dell’opzione diplomatica e politica, contenuta nell’ipotesi di Ginevra 2, con il coinvolgimento di tutti gli attori, compresi Russia e Iran, puo’ contribuire a sbloccare la situazione che ad oggi ha prodotto centomila morti e oltre un milione e mezzo di profughi.
Facciamo nostro l’appello di Pax Christi per un disarmo bilaterale, con l’immediata sospensione di ogni fornitura militare alle parti in conflitto, e per arrivare ad rapido un cessate il fuoco. Bisogna inoltre rafforzare l’iniziativa delle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative in sostegno alle popolazioni civili ed offrire come paese un contributo all’ospitalità dei siriani che scappano dalla guerra.
Dalle parole del Ministro Bonino emergerebbe una netta contrarietà a partecipare direttamente all’azione militare. Condividiamo, chiedendo inoltre che non venga offerto alcun supporto logistico indiretto, a partire dall’ eventuale uso delle basi e dal diritto di sorvolo.
ROMA – Fisicamente appesantiti, psicologicamente non ancora pronti, in apprensione per il senso di responsabilità e i carichi di lavoro incombenti. Per 7 italiani su 10 il ritorno in città è all’insegna dell’ansia e della preoccupazione e le vacanze di colpo sono già un lontano ricordo. Per il 24% di loro, infatti, sono state troppo corte e appena 2 su 10 rientrano con uno stato d’animo sereno e disteso. Già durante gli ultimi sgoccioli circa 6 italiani su 10 evitano di pensare alla solita routine che li aspetta, quella casa-lavoro lavoro-casa mentre gli altri pensieri da scacciare sono le ansie del posto di lavoro (47%), il ritorno alla vita da pendolare (32%) e la sveglia al mattino (21%). E’ quanto emerge da uno studio promosso dall’Osservatorio San Pellegrino, condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analisys) raccogliendo le opinioni di circa 1000 italiani, uomini e donne, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, forum e community digitali per raccogliere ansie e paure sul ritorno in città e su circa 60 esperti tra psicologi, sociologi e nutrizionisti, che spiegano come approcciare il post-vacanze. Circa un italiano su 3 (31%) per vari motivi ha dovuto rinunciare alle classiche vacanze estive ma per il 24% degli italiani queste sono state troppo corte e sono volate via subito, complice anche il bisogno di staccare dopo un anno intenso. Il 16% dichiara di essersela spassata mentre il 17% afferma di essersi rilassato abbastanza. Tuttavia l’approccio al ritorno in città avviene per 7 italiani su 10 all’insegna dell’ansia (43%) e preoccupazione (33%), il 27% risulta addirittura depresso e solo il 21% si dichiara tutto sommato sereno. Ben 6 italiani su 10 (59%) durante gli ultimi scampoli di vacanze dichiarano di non volere pensare alla routine che li aspetta, quella casa-lavoro lavoro-casa. E se il 47% evita di pensare alle ansie sul posto di lavoro, il 32% rifugge dall’idea di dover tornare alla vita da pendolare, di pensare che inizia un altro anno (22%) e di dover fare i conti nuovamente con la sveglia (21%). Così tra i primi “disturbi” accusati al rientro, un italiano su 3 (31%) si scopre non ancora pronto psicologicamente e il 18% avverte quella svogliatezza e poca concentrazione tipica di chi si lascia alle spalle un periodo di pausa lavorativa e privo di impegni. le preoccupazioni maggiori sono l’idea di tornare a chiudersi in un luogo fisico per lavorare (29%), le incomprensioni con colleghi e datori di lavoro (23%), l’ansia da risultati (18%) e lo stress degli spostamenti (15%). Per quanto riguarda il cambio dello stile di vita, il ritorno in città preoccupa perché riproporrà la cronica insoddisfazione verso quello che si fa (24%), gli sbalzi di umore che rendono irritabili e nervosi (23%), il poco tempo a disposizione per vedere figli, genitori e partner (21%). Nonostante questo ben un quarto degli italiani (24%) afferma che non si prepara in alcun modo perché solo pensarci fa aumentare l’ansia mentre il 22% spiega che si predispone riprendendo gradualmente le abitudini quotidiane. Per gli esperti un buon recupero può iniziare dall’aspetto nutrizionale
ROMA – Tra il gennaio e il marzo scorsi, il numero delle persone in cerca di occupazione è salito fino a circa 3 milioni 276 mila, segnando un notevole incremento tendenziale (+17%) rispetto al primo trimestre 2012. I dati diffusi dall’associazione Bruno Trentin-Isf-Ires della Cgil – nel quadro delle attività di monitoraggio del mercato del lavoro – illustrano le statistiche relative al primo trimestre 2013, che è coinciso con un periodo di crescenti difficoltà economiche e di grave incertezza sul piano politico e della tenuta sociale. I nuovi disoccupati sono, infatti, in misura maggiore ex-occupati (+20,2%) ed ex-inattivi con precedenti esperienze lavorative (+9,6%) o persone in cerca del primo impiego (+16,2%), mediamente con 35 anni di età, sia uomini (+11,9%) che donne (+13,9%), localizzati principalmente nel Mezzogiorno (+20,1%), dove il tasso di disoccupazione giovanile ha ormai raggiunto valori eccezionali. “Questi sono solo i dati principali di una ricerca che – si legge in una nota del presidente dell’associazione Trentin, Fulvio Fammoni – evidenzia molti altri aspetti del progressivo deterioramento del mercato del lavoro italiano, fra cui: il dramma della disoccupazione giovanile, l’emergenza Mezzogiorno, l’aumento della disoccupazione di lunga durata, il permanere di una alta quota di inattività, un part time involontario in costante crescita dal 2007, l’anomalia di una precarietà non solo subita ma che, contrariamente a quanto si afferma, non porta più occupazione nonostante sia la forma di ingresso al lavoro nettamente prevalente”. Dati che determinano come l’area della sofferenza, quel segmento costituito da disoccupati, scoraggiati e cassa integrati, “si attesti a 5 milioni e 4mila persone mentre quella del disagio, ovvero precari e part time involontari, a 4 milioni e 113mila unità”

REGGIO EMILIA – Perde il lavoro, si uccide / Disperato per aver perso il lavoro un uomo di 52 anni di Bagnolo si è ucciso a Reggio Emilia sparandosi un colpo di pistola al petto. Il corpo è stato trovato dalla polizia vicino al muro di cinta di un cimitero. Nella sua automobile l’uomo aveva lasciato un biglietto scritto a mano per spiegare il suo gesto disperato: «Non ho più un lavoro». Accanto al corpo, trovato steso a terra vicino, gli agenti hanno trovato una pistola smith&wesson, con un solo colpo esploso.

MARCHE – TERREMOTO, SI STACCA UN MASSO DAL CONERO Alle 8.44 del 22 agosto la terra ha tremato. Il terremoto di magnitudo 4.4 ha provocato panico fra la gente e molte persone sono scese in strada. Si è staccato un grosso blocco di calcare dal monte Conero, precipitato fra la Spiaggia Gigli e i Lavi di Sirolo, zona già interdetta alla balneazione perché la falesia è a rischio di frane. Il fumo sollevato dal crollo era visibile fino a Numana, e numerosi cittadini hanno telefonato allarmati ai vigili del fuoco. L’evento è stato localizzato ad una profondità di 7.9 chilometri, nel mare Adriatico centro-settentrionale, al largo delle Marche. Vicine all’epicentro le località di Numana e Sirolo, in provincia di Ancona. Il sisma è stato avvertito in particolare in questi comuni e a Porto Recanati, in provincia di Macerata. Secondo l’Ingv il sisma è stato registrato a una distanza fra 10 e 20 chilometri dalla costa ed è parte dello sciame sismico che interessa la riviera questa estate, iniziata alla fine di giugno, con l’evento più intenso il 21 luglio (magnitudo 4.9). Dopo quell’episodio la regione aveva stimato attorno al 5% il calo di prenotazioni, ed era partita una campagna per assicurare che nelle Marche dopo i terremoti del 1972 e 1997, gli edifici sono stati tutti adeguati alle norme antisismiche. Ieri «non ci sono stati feriti – ha spiegato il sindaco Moreno Misiti – ma stiamo monitorando la situazione». Länder, valgono gli sbarramenti.

TORRE PELLICE / IL 26 SARÀ PRESENTE LA MINISTRA KYENGE / Otto per mille e «famiglie plurali», al via il Sinodo Valdese – di Luca Kocci / Tra gli argomenti in discussione anche crisi economica, omofobia e violenza contro le donne
Prende il via oggi a Torre Pellice, «capitale» delle valli valdesi piemontesi, con un culto guidato dalla pastora Maria Bonafede – fino allo scorso anno prima donna moderatora della Tavola valdese -, il Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi. Si tratta del massimo organo decisionale della storica minoranza cristiana, che in Italia conta 30mila fedeli, regolato secondo criteri di democrazia e parità: 180 «deputati» – 90 pastori e 90 laici, con molte donne – che si riuniscono per discutere e deliberare su questioni di carattere sia ecclesiale sia sociopolitico, senza una gerarchia che decide per tutti. I temi all’ordine del giorno – verranno resi noti solo domani mattina dalla Commissione d’esame del Sinodo – si annunciano importanti ma anche controversi: oltre alla vita delle Chiese, i diritti civili – il giorno 26 è prevista la presenza della ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge -, la crisi economica, lo smantellamento dello stato sociale, le famiglie, l’omofobia, la violenza contro le donne, peraltro al centro della campagna di quest’anno per la destinazione dell’otto per mille ai valdesi, che finanziano diversi progetti per la parità e il contrasto alla violenza di genere. Particolarmente delicata la questione delle «famiglie plurali». Nel 2010, con un sostanziale via libera del Sinodo, ci furono le benedizioni delle prime coppie omosessuali: iniziò la Chiesa valdese di Trapani, seguì Milano. Una «bomba» che innescò il dibattito. Al Sinodo dello scorso anno venne elaborato un documento con un primo riconoscimento delle famiglie non tradizionali: coniugate e conviventi, eterosessuali e omosessuali. Ora, dopo una riflessione che si è allargata anche alle comunità locali, dove le opinioni sono varie e non sempre concordi, la discussione riprenderà, sulla base di un nuovo documento che analizza le «nuove famiglie» e le questioni del «genere». «L’obiettivo, graduale, è quello di arrivare entro il 2017, cinquecentenario della Riforma protestante, ad una posizione condivisa da tutta la Chiesa valdese», spiega il pastore Paolo Ribet. Altro tema «caldo» sarà quello dell’otto per mille, soprattutto perché, da quest’anno, anche i valdesi partecipano all’attribuzione delle quote non espresse (quelle che non vengono destinate, perché il contribuente non firma né per lo Stato né per una confessione religiose, e che sono ripartite fra tutti in proporzione alle firme ottenute). Un meccanismo che finora ha premiato soprattutto la Chiesa cattolica – che nel 2013 ha raccolto l’82% di firme e oltre 1 miliardo di euro -, ma che da quest’anno inciderà in maniera significativa anche sul bilancio dei valdesi, che triplicheranno le loro entrate, raggiungendo quota 37 milioni. Sarà necessario fare una riflessione approfondita – auspica il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, l’organo esecutivo della Chiesa – che non escluda, per esempio, «una riduzione dall’otto al sette o sei per mille o l’abolizione della ripartizione delle quote non espresse».

VATICANO
PAPA AI GIOVANI, SCOMMETTETE SU IDEALI NON SU ALCOL E DROGHE – "Scommettere su un grande ideale, e l’ideale di fare un mondo di bontà, bellezza e verità" dicendo no ad alcol e droghe, "questo, voi potete farlo: voi avete il potere di farlo. Se voi non lo fate, è per pigrizia". E’ l’esortazione lanciata nella basilica di San Pietro da papa Francesco a circa 500 giovani della diocesi di Piacenza-Bobbio, giunti in pellegrinaggio in occasione dell’Anno della Fede. "Coraggio – ha detto Bergoglio secondo quanto riferisce la Radio vaticana -. Andate avanti. Fate rumore, eh? Dove sono i giovani deve esserci rumore. Poi, si regolano le cose, ma l’illusione di un giovane è fare rumore sempre. Andate avanti, e soprattutto sempre nella vita ci saranno persone che vi faranno proposte per frenare, per bloccare la vostra strada. Per favore, andate controcorrente". "Siate coraggiosi, coraggiose – ha ribadito -: andare controcorrente. Mi dicono: ‘No, ma, questo, ma, prendi un po’ d’alcol, prendi un po’ di droga …’. No! Andate controcorrente a questa civilizzazione che ci sta facendo tanto male. Capito, questo? Andare controcorrente: e questo significa fare rumore. Andare avanti. Ma con i valori della bellezza, della bontà e della verità". Il Papa augura ai giovani "tutto il bene, un bel lavoro, gioia nel cuore". "A me piace stare con i giovani", ha anche detto, perché sono "portatori di speranza" e "artefici del futuro" ed è "una cosa bella andare verso il futuro, con le illusioni", ma è anche una "responsabilità". "Quando a me dicono – ha proseguito -: ‘Ma, Padre, che brutti tempi, questi … Guarda, non si può fare niente!’. Come, non si può fare niente? E spiego che si può fare tanto! Ma quando un giovane mi dice: ‘Che brutti tempi, questi, Padre, non si può fare niente!’, ma, lo mando dallo psichiatra, eh? Perché … è vero, non si capisce un giovane, un ragazzo, una ragazza, che non vogliano fare una cosa grande. Poi faranno quello che possono, ma la scommessa è per cose grandi e belle". 24 AGOSTO

EUROPA
FRANCIA
PARIGI – La crisi riscalda il clima / Le Monde, Francia / Era un progetto emblematico: nel 2007 l’Ecuador aveva annunciato di voler trasformare in zona protetta il parco di Yasuni, nel bacino amazzonico, rinunciando così a sfruttare enormi riserve di petrolio in cambio di un impegno della comunità internazionale a versargli su un fondo 3,6 miliardi di dollari (2,7 miliardi di euro), cioè la metà dei potenziali profitti petroliferi. Per preservare l’ambiente e la Terra nasceva cosi un nuovo metodo: un paese rinunciava a sfruttare certe risorse in cambio di un risarcimento economico della comunità internazionale. Questa bella iniziativa è finita. Il 15 agosto il presidente ecuadoriano Rafael Correa ha annunciato di aver firmato il decreto di liquidazione di questo fondo e quindi la fine del progetto Yasuni. E ha chiesto al suo parlamento di autorizzare lo sfruttamento dei giacimenti del parco. Secondo Correa il fondo di compensazione ha ricevuto solo 13,3 milioni di dollari.
La crisi mondiale non è estranea a questa situazione e ha messo in difficoltà gli impegni di vari paesi. Il 16 agosto la Nuova Zelanda ha annunciato la sua rinuncia per ragioni economiche all’obiettivo di ridurre entro il 2020 le emissioni di gas serra di almeno il 10 per cento rispetto al livello del 1990. Ha detto che si limiterà a una riduzione del 5 per cento. David Cameron ha fatto una scelta simile: in questi giorni il primo mini-
stro britannico ha detto varie volte che sarebbe un "grave errore" privarsi della risorsa del gas di scisto. I suoi argomenti: creazione di posti di lavoro e riduzione delle bollette per le famiglie. Il gas di scisto è una fonte di energia che produce alte emissioni di anidride carbonica e difficilmente il Regno Unito sarà in grado di onorare l’impegno europeo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20 per cento entro il 2020.
Questi segnali – sulla scia della corsa statunitense al gas di scisto e al continuo aumento del consumo mondiale di carbone – dimostrano il prepotente ritorno delle energie fossili. In tempi di crisi i governi fanno fatica a resistere ai loro interessi immediati. Cosi, dopo una breve tregua, dal 2011 le emissioni mondiali di COz hanno ripreso a crescere. Cosa ci possiamo aspettare dalle prossime fasi dei negoziati internazionali sul clima e, in particolare, dalla conferenza che sarà organizzata a Parigi alla fine del 2015?
Questo nuovo ciclo di discussioni dovrebbe portare a un accordo mondiale per permettere di contenere l’aumento medio della temperatura del pianeta sotto i 2 gradi. Ma come arrivare a un accordo ambizioso se la comunità internazionale continua a mostrarsi così velleitaria e a fare scelte energetiche in netta contraddizione con i suoi discorsi virtuosi?

SVIZZERA
BERNA – Intervento senza certezze / Stéphane Bussard, Le Temps, Svizzera / Di fronte alla tragedia umana della guerra civile in Siria, esperti, politici e giornalisti vorrebbero certezze. Vorrebbero sapere se un intervento militare statunitense trascinerà tutta la regione – se non addirittura, per i più allarmisti, il pianeta – in un conflitto dalle conseguenze incalcolabili. Oppure se degli attacchi aerei, anche limitati, permetteranno di porre fine a un massacro che in due anni e mezzo ha causato più di centomila morti. Ma il calderone siriano ha fatto sparire ogni certezza. Barack Obama si è mostrato realista, consapevole delle difficoltà, rifiutando a lungo qualsiasi intervento perché non ne vedeva i vantaggi sul lungo periodo. Oggi Obama è tra l’incudine e il martello. Non intervenire significa incoraggiare l’impunità del sanguinario Bashar al Assad e del regime iraniano, che usa con sempre più efficacia il proprio potere di danneggiare tutta la regione, appoggiando il suo alleato sciita di Damasco e
incoraggiando Hezbollah a combattere l’opposizione siriana. Intervenire significa avventurarsi in un territorio ignoto. L’ex consigliere di Jimmy Carter, Zbigniew Brzezinski, ha un bel ripetere che un’operazione militare va inquadrata in una strategia globale: oggi nessuno è in grado di vederne una, neanche embrionale. L’impotenza dell’occidente e del mondo ara-bo-musulmano è pari solo al rifiuto della Russia e della Cina di assumersi le loro responsabilità di grandi potenze. Lo smarrimento generale produce anche strani effetti. Certe voci europee che hanno stigmatizzato l’imperialismo americano in Iraq e in Kosovo oggi fanno appello a Washington perché ristabilisca l’ordine in un Medio Oriente dove la loro influenza non fa che diminuire. In questa situazione, se la parola passa alla forza, l’unica (magra) speranza è credere che possa ridar fiato alla diplomazia.

BERLINO – VERSO IL VOTO I sondaggi danno i partiti di governo in vantaggio, ma si apre una possibilità / Uno spiraglio per le opposizioni di sinistra / Sotto la soglia di sbarramento resterebbero i Pirati (3%) e gli anti-euro Afd (3%) / La campagna elettorale tedesca è entrata nel vivo. A quattro settimane dal voto non c’è giorno che passi senza un sondaggio che presenti scenari diversi: sulla stampa impazzano le ipotesi di «grande coalizione» o di alleanza Cdu-Verdi. Secondo la maggioranza delle inchieste d’opinione, i partiti di governo sono in vantaggio, ma l’ultimissima dà una parità assoluta fra la coalizione democristiano-liberale e le opposizioni di sinistra. Da una parte, Cdu al 40% e Fdp al 5%, dall’altra Spd al 25%, Verdi al 12% e Linke all’8%. Se così fosse, le carte si dovrebbero rimescolare: il sistema di elezione dei deputati è misto, con liste bloccate e collegi uninominali, ma il Parlamento che risulta deve riflettere fedelmente – così prevede la legge elettorale – i rapporti di forza dati dal voto proporzionale.
Resterebbero fuori dal Bundestag, perché sotto la soglia di sbarramento del 5%, sia i Pirati (3%), sia il nuovo partito populista anti-euro Afd (3%). Proprio quest’ultima formazione è stata oggetto, sabato scorso a Brema, di un’aggressione da parte di una decina di persone che, secondo la portavoce della polizia, sarebbero riconducibili all’area della sinistra antagonista, quella degli Autonomen. Di fronte a un centinaio di persone, il leader del partito Bernd Lucke è stato violentemente spintonato giù dal palchetto dal quale stava parlando.
Un episodio certo deplorevole, ma senza dubbio enfatizzato dalla stampa conservatrice, che non perde occasione per gridare ai pericoli che verrebbero dall’estremismo di sinistra, spesso messo sullo stesso piano di quello neonazista. La vicenda è passata abbastanza in fretta nel dimenticatoio, nonostante i populisti della Afd ora stiano cercando di trarre giovamento dall’auto-vittimizzazione. Sicuramente, d’ora in avanti le loro manifestazioni – soprattutto nelle grandi città – saranno meglio sorvegliate dalla solitamente assai «scrupolosa» polizia tedesca, fattasi trovare, sabato, impreparata.
Parallelamente alla campagna elettorale per le elezioni federali, in due importanti Länder si svolge anche quella per il Parlamento locale (Landtag): il 15 si voterà in Baviera e il 22 sarà election day in Assia, la regione di Francoforte. Nel primo caso, appare scontata la vittoria dell’eterna forza di governo, la Csu, partito-fratello della Cdu a Monaco: in gioco c’è solo la dimensione del trionfo.
Più combattuta è l’altra sfida, dove la coalizione Spd-Verdi potrebbe sconfiggere la maggioranza conservatrice uscente. La Linke combatterà fino all’ultima scheda per entrare nei due Parlamenti regionali: anche perché nel voto dei

BERLINO – «Neonazisti liberi di agire» Hanno avuto campo libero, le formazioni neonaziste in Germania, nell’arco di tempo che va almeno dal 2000 al 2007. In questi anni la cellula neonazista Nsu (organizzazione nazionalsocialista clandestina) ha potuto agire e compiere indisturbata omicidi a sfondo razzista: 10 persone uccise (otto turchi, un greco e una poliziotta), molti i feriti. E l’azione inquirente e repressiva delle autorità di sicurezza tedesche è stata «un fallimento sistematico». È una rivelazione choc, quella contenuta nel resoconto della Commissione di inchiesta parlamentare del Bundenstag (la Camera bassa del parlamento) a conclusione di un anno e mezzo di indagini su una serie senza precedenti di delitti e attentati neonazisti scoperti in Germania nel 2011 riguardo ai quali la Commissione ha esaminato 8 mila documenti e ascoltato più di 100 testimoni. È la prima volta nella storia del Parlamento tedesco che un rapporto viene sottoscritto all’unanimità da tutti i partiti rappresentati prima di essere consegnato al presidente del Bundenstag. Nelle mani di Norbert Lammert è arrivato il dossier di 1.357 pagine contenente 47 raccomandazioni. «Per l’estremismo non c’è posto in Germania», ha detto il ministro degli esteri Guido Westerwelle che ha definito il rapporto «un contributo importante non solo per chiarire il caso qui in Germania ma per l’immagine della Germania nel mondo sono convinti, infatti, che Papa Francesco contribuirà ad un profondo rinnovamento della Chiesa.
BERLINO – L’ex presidente a processo Il 27 agosto a Hannover si è aperto il processo contro l’ex presidente federale Christian WulfF, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Nel 2008, quando governava la Bassa Sassonia, Wullf avrebbe accettato generosi regali da un produttore cinematografico in cambio di finanziamenti pubblici per la realizzazione di un film. Le indagini su WulfF, che rischia fino a tre anni di carcere, sono partite alla fine del 2011 e hanno costretto il politico cristiano democratico a dimettersi da presidente il 17 febbraio 2012.

REPUBBLICA CECA
Cortei razzisti contro irom / Il 24 agosto si sono tenuti in otto città della Repubblica Ceca altrettanti cortei contro la popolazione rom promossi da organizzazioni neonaziste. La partecipazione non è stata numerosa: un paio di migliaia di persone in tutto, con una punta massima di 800 manifestanti nella città di Ostrava, riferisce Tyden. Ma la portata nazionale della mobilitazione e i duri scontri con la polizia hanno suscitato grande clamore. In totale circa sessanta manifestanti sono stati arrestati. Condannando i cortei razzisti, il presidente Milos Zeman ha detto che l’unica soluzione al problema è trovare lavoro per i rom "sfruttati dalla mafia bianca".

RUSSIA
MOSCA – La sfida dì Navalnij Novoe Vremja/The New Times, Russia / A Mosca è in pieno svolgimento la campagna elettorale per l’elezione del sindaco. I moscoviti andranno alle urne l’8 settembre e la competizione è di fatto ristretta a due soli concorrenti: il sindaco uscente Sergej Sobjanin, legato a Russia unita (il partito del presidente Vladimir Putin), e il blogger indipendente Aleksej Navalnij, sulla cui testa pesa la spada di Damocle di una condanna in primo grado a cinque anni per appropriazione indebita. Grazie anche a un comitato elettorale particolarmente agguerrito e organizzato – scrive il settimanale Novoe Vremja/The New Times – Navalnij sta conducendo una campagna molto aggressiva: un netto cambio di rotta rispetto alla tattica usata in passato da altri leader dell’opposizione. Secondo gli osservatori, però, difficilmente il blogger riuscirà a ottenere più del 25 per cento dei voti. Sobjanin potrebbe così imporsi già al primo turno. Ma la presenza di Navalnij ha comunque cambiato le carte in tavola, e se in futuro l’opposizione vorrà avere qualche possibilità di vittoria dovrà imparare dalla sua strategia. Sarà anche per questo che, nonostante il successo quasi scontato, tra le autorità si percepisce un certo nervosismo per le conseguenze a lungo termine della sfida lanciata da Navalnij. Con ogni probabilità, dopo quest’esperienza anche Russia unita dovrà cambiare tattica e modernizzarsi se vuole rimanere il primo partito del paese.
RUSSIA – IL 27 agosto Akhmed Kotiev, il responsabile della sicurezza della repubblica di Inguscezia, nel Caucaso russo, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre viaggiava in automobile nella regione di Malgobek. Kotiev aveva lanciato un programma per reintegrare gli ex ribelli islamici nella società, grazie al quale già cinquanta combattenti avevano rinunciato alla lotta armata.
BIELORUSSIA
II 27 agosto è stato arrestato Vladislav Baumgert-ner, il numero uno del gigante chimico russo Uralkali, accusato di abuso di potere

AUSTRIA
VIENNA – L’Nsa spiava anche a Vienna / La National security agency (Nsa) statunitense, l’agenzia della Casa Bianca al centro del sistema di intercettazioni svelato da Edward Snowden, è attiva anche a Vienna, scrive Die Presse. Una sezione dell’Nsa, chiamata Special collection service, intercetta le comunicazioni insieme alla Cia grazie a strumenti installati sui tetti delle ambasciate statunitensi in diverse capitali del mondo. A
Vienna l’obiettivo principale è l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Il ministero dell’interno austriaco non ha confermato le indiscrezioni. Ma il quotidiano ricorda che, nel luglio scorso, si era già occupato di un accordo di collaborazione tra i servizi segreti statunitensi e l’Austria siglato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. "La guerra fredda è finita da tanto tempo", conclude Die Presse, "ma forse non sono finiti i tempi in cui Vienna, crocevia tra il blocco occidentale e quello sovietico, era fondamentale per le attività dei servizi segreti".

CROAZIA
ZAGABRIA – I primi attriti con Bruxelles / A due mesi dall’ingresso nell’Unione europea, i rapporti della Croazia con Bruxelles sono già tesi. Alla base dei contrasti c’è la scelta di Zagabria di limitare la validità del mandato di arresto europeo ai reati commessi dopo il 2002, decisione che potrebbe essere legata al tentativo di fermare l’estradizione di Josip Perkovic, ex direttore dei servizi jugoslavi ricercato in Germania per un omicidio risalente al 1983. La Commissione, scrive Vecernji List, ha chiesto spiegazioni al governo croato, che sembra intenzionato ad adeguarsi alle norme europee. Se così non fosse, Zagabria rischierebbe di perdere 250 milioni di euro di contributi europei e di vedere bloccato l’ingresso nell’area Schengen.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
SIRIA – L’ARTE DELLA GUERRA / opzione Kosovo in Medio Oriente di Manlio Dinucci / Un uomo sospettato di voler compiere un omicidio, per metterlo in pratica sceglie il momento in cui gli entra in casa la polizia. Lo stesso avrebbe fatto il presidente Assad, sferrando l’attacco chimico nel momento in cui arrivano gli ispettori Onu per effettuare l’indagine sull’uso di armi chimiche in Siria. Le «prove» sono state esibite dai «ribelli», il cui centro propaganda a Istanbul, organizzato dal Dipartimento di stato Usa, confeziona i video forniti ai media mondiali. Avendo ormai «ben pochi dubbi» che è Assad il colpevole e ritenendo «tardiva per essere credibile» l’indagine Onu, il presidente Obama sta valutando una «risposta» analoga a quella del Kosovo, ossia alla guerra aerea lanciata senza mandato Onu dalla Nato nel 1999 contro la Iugoslavia, accusata di «pulizia etnica» in Kosovo. A tal fine il Pentagono ha convocato in Giordania, fino a domani, i capi di stato maggiore di Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Turchia, Arabia Saudita e Qatar. In Giordania gli Usa hanno dislocato caccia F-16, missili terra-aria Patriot e circa 1.000 militari, che addestrano gruppi armati per la «guerra coperta» in Siria. Secondo informazioni raccolte da «Le Figaro», un contingente di 300 uomini, «senza dubbio spalleggiato da commandos israeliani», è stato infiltrato dalla Giordania in Siria il 17 agosto, seguito da un altro due giorni dopo. Si aggiungono ai molti già addestrati in Turchia. In maggioranza non-siriani, provenienti da Afghanistan, Bosnia, Cecenia, Libia e altri paesi, appartenenti in genere a gruppi islamici tra cui alcuni classificati a Washington come terroristi. Riforniti di armi, provenienti anche dalla Croazia, attraverso una rete internazionale organizzata dalla Cia. Sotto la cappa della «guerra coperta» niente di più facile che dotare qualche gruppo di testate chimiche, da lanciare con razzi sui civili per poi filmare la strage attribuendola alle forze governative. Creando così il casus belli che giustifichi una ulteriore escalation, fino alla guerra aerea, visto che la guerra condotta all’interno non riesce a far crollare lo stato siriano. Tale opzione, motivata dall’imposizione di una «no-fly zone», prevede un massiccio lancio di missili cruise, oltre 70 solo nella prima notte, unito a ondate di aerei che sganciano bombe a guida satellitare restando fuori dallo spazio aereo siriano. I preparativi sono iniziati non dopo, ma prima del presunto attacco chimico. A luglio è stato dispiegato il gruppo d’attacco della portaerei Harry Truman, comprendente due incrociatori e due cacciatorpediniere lanciamissili con a bordo unità dei marines, che opera nelle aree della Sesta e Quinta Flotta. Un altro cacciatorpediniere lanciamissili, il Mahan, invece di rientrare in Virginia, è rimasto nel Mediterraneo agli ordini della Sesta flotta. Solo la U.S. Navy ha quindi già schierate cinque unità navali, più alcuni sottomarini, in grado di lanciare sulla Siria centinaia di missili cruise. I cacciabombardieri sono pronti al decollo anche dalle basi in Italia e in Medio Oriente. Alle forze aeronavali Usa si unirebbero, sempre sotto comando del Pentagono, quelle dei partecipanti alla riunione in Giordania (Italia compresa) e di altri paesi. La Siria dispone però di un potenziale militare che non avevano la Iugoslavia e la Libia, tra cui oltre 600 installazioni antiaeree e missili con gittata fino a 300 km. La guerra si estenderebbe al Libano e ad altri paesi mediorientali, già coinvolti, e complicherebbe ulteriormente i rapporti di Washington con Mosca. Su questo in queste ore si riflette a Washington, mentre a Roma attendono gli ordini.

ISRAELE-PALESTINA
I morti di Qalandiya / "L’uccisione di tre palestinesi da parte di poliziotti israeliani nel campo profughi di Qalandiya il 26 agosto è stato l’incidente più grave dell’ultimo anno in Cisgiordania. È successo durante l’arresto di alcune persone sospettate di aver violato la sicurezza, un’operazione che di solito non incontra nessuna resistenza", scrive Ha’aretz. "Il 26 agosto, però, l’arresto ha scatenato la protesta di almeno 1.500 persone, che hanno preso di mira la polizia. Nelle violenze tre persone sono morte e decine so¬no rimaste ferite". Dopo gli scontri le autorità palestinesi hanno cancellato un incontro con gli inviati israeliani ai colloqui di pace. Il presidente palestinese Abu Mazen ha fatto sapere che "un accordo con Israele è possibile solo se gli israeliani si comportano correttamente". Poche settimane fa palestinesi e israeliani hanno accettato ufficialmente di riprendere i nego-ziati di pace dopo uno stallo du-rato tre anni.

IRAQ
Almeno 32 persone sono morte il 28 agosto in una serie di attentati a Baghdad.

LIBANO
II 23 agosto 45 persone sono morte negli attentati davanti a due moschee sunnite a Tripoli, nel nord del Libano.

LIBERIA
Nessuno dei 25mila studenti che si sono presentati all’esame di ammissione all’università della Liberia ha superato la prova. Il 27 agosto si è comunque deciso di ammettere 1.800 studenti.

NIGERIA
II 27 agosto 24 persone sono morte in due attacchi di Boko haram nello stato di Borno, nel nordest del paese. Tunisia II 27 agosto il governo ha messo fuori legge il gruppo salafita Ansar al sharia, considerato responsabile dell’assassinio di due politici di opposizione.

RAMALLAH(*)
Da Ramallah Amira Hass / Rapitori ostaggi /"Sei rimasta colpita quando hai visto i bambini giocare con le pistole", mi ha detto F., la mia vicina. Mi aveva vista mentre scattavo fotografie a due bambini che giocavano in strada a Ramallah puntando le loro pistole giocattolo contro un altro bambino bendato e ammanettato. Pensavo che stessero giocando a palestinesi contro israeliani, ma in realtà fingevano di essere rapitori con un ostaggio. Quando l’ho raccontato alla mia vicina, le è subito venuto in mente un epi-sodio accaduto il mese scorso. Nel nostro vialetto tre sconosciuti sono scesi da un’auto-mobile e hanno chiesto ai bambini: "Chi vuole farci da guida?". Uno dei bambini si è fatto avanti, e stava per entrare in macchina quando è arrivata un’altra vicina e ha chiesto agli uomini chi fossero. Poi ha agguantato il bambino prima che salisse in macchina. Quando ha cominciato a segnarsi il numero di targa, l’autista è ripartito sgommando. Nessuno può dimenticare quello che è successo due mesi fa al El Bireh, quando un bambino è stato rapito sul marciapiede mentre sua madre era in un negozio. L’automobile aveva targa israeliana e avrebbe superato senza problemi i checkpoint sulla strada per Gerusalemme. Fortunatamente il bambino ha cominciato a gridare facendosi notare dai soldati israeliani, e si è salvato. Da allora girano strane voci su gruppi criminali che rapiscono bambini per vendere i loro organi. Ecco perché i bambini del quartiere non giocavano a "occupazione e resistenza".
(*)Rāmallāh (più correttamente Rām Allāh, arabo: رام الله‎, che significa "Monte di Dio" o, più propriamente, "Casa di Dio") è una città palestinese di circa 118.400 abitanti, situata nel centro della Cisgiordania, circa 18 km a nord di Gerusalemme. Gli arabi palestinesi considerano come loro capitale al-Quds (lett. "la Santa", cioè Gerusalemme). Ciò nondimeno, la perdurante situazione di precarietà e di conflitto con lo Stato d’Israele, unitamente alla sostanziale assenza di un vero e proprio Stato palestinese, ha fatto di Rāmallāh la capitale virtuale, o tacitamente provvisoria, dell’amministrazione palestinese..
A Rāmallāh, infatti, c’è il Parlamento palestinese, la sede dei vari Ministeri, le rappresentanze diplomatiche straniere (sotto forma di Consolati ma anche di Ambasciate), così come la cosiddetta Muqāṭaʿa (arabo: المقاطعة, al-Muqāṭaʿa, "la Separata"), cioè il complesso di edifici che ospita, tra l’altro, la sede dell’Autorità Nazionale Palestinese e dove si trova anche l’ufficio principale del presidente Abū Māzen; sempre all’interno della Muqāṭaʿa è stato costruito il mausoleo che conserva la salma dell’ex leader palestinese Yāsser ʿArafāt, inaugurato, ufficialmente, il 10 novembre 2007, cioè alla vigilia del terzo anniversario della sua morte.
LA PARIGI DELLA CISGIORDANIA
Precedentemente allo scoppio della prima intifada, Rāmallāh era considerata la "Parigi della Cisgiordania", in quanto ricca di ristoranti, caffè e locali vari, che ne rendevano la vita serale e notturna particolarmente vivace. È una città tendenzialmente aperta a culture differenti da quella islamica, e la legge coranica – grazie anche alla significativa presenza di arabi cristiani – non viene applicata alla lettera: ad esempio, in molti ristoranti di Rāmallāh si può ordinare il vino, cosa impossibile in altre aree della stessa Cisgiordania, come Hebron, o nella striscia di Gaza, dove l’influenza dell’Islam è più radicale; addirittura, ad Hebron non ci sono sale cinematografiche, proibite dall’Islam più intransigente, mentre Rāmallāh ha dei cinema nei quali, oltre alle normali pellicole del circuito arabo ed internazionale, si realizzano anche festival e proiezioni cosiddette d’essai. Inoltre non è impossibile imbattersi in sfilate di moda o concerti Hip hop[1]. Questo anelito di modernità lo ritroviamo anche nelle istituzioni politiche: nel dicembre 2005, il consiglio comunale ha eletto il primo sindaco donna di religione cattolica della storia della città; si tratta di Janet Mikhail (arabo: جانيت مخائيل‎; n. 1945), tuttora in carica.

MADAGASCAR
I tre esclusi / Dopo diversi rinvii, le elezioni presidenziali malgasce sono state fissate al 25 ottobre, scrive Afrik. Il voto si svolgerà, però, nel mezzo di una crisi politica innescata dalla decisione della corte elettorale di squalificare i tre candidati principali: Andry Rajoelina, capo del governo di transizione, Lalao Ravalomana- na (nella foto), moglie del presi-dente deposto nel 2003, e l’ex presidente Didier Ratsiraka. La decisione è stata accolta favorevolmente dai mediatori internazionali. Rajoelina ha accettato di ritirarsi, gli altri due candidati tengono duro.

RDC
Nuove violenze a Goma – Il 25 agosto 2013 due manifestanti sono morti a Goma, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, mentre nell’area si moltiplicano gli scontri tra i soldati della missione Monusco e le forze congolesi, da un lato, e i ribelli del movimento M23, dall’altro. I combattimenti in corso nella zona hanno causato almeno ottanta morti . Il 28 agosto ha perso la vita anche un casco blu dell’Onu (altri tre sono rimasti feriti). Si presume che i due civili di Goma siano stati uccisi da soldati della Monusco, e l’Onu ha aperto un’indagine.

ASIA & PACIFICO
CINA
PECHINO – La fine di Bo Xilai / Il 26 agosto si è chiuso, dopo cinque giorni di dibattimento, il processo contro l’ex esponente del politburo del Partito comunista cinese (Pcc) Bo Xilai (nella foto), imputato per corruzione, abuso di potere e appropriazione indebita. I pubblici ministeri hanno chiesto una condanna severa per reati che prevedono la pena di morte. In tribunale a Jinan, nella provincia dello Shandong, l’ex leader del Pcc a Chongqing ha negato le accuse e ha ammesso solo di non aver vigilato sull’equivalente di 6oomila euro di fondi pubblici finiti a disposizione della moglie. In un inedito esempio di trasparenza, la corte ha diffuso online le trascrizioni dei lavori, presentate come segno del tentativo cinese di progredire nel rispetto dello stato di diritto. Ma il risultato è stato deludente, scrive The Diplomat. Nei mesi precedenti al processo non si è saputo nulla di Bo, che si trovava nelle mani della commissione disciplinare del Pcc.

INDIA
II 23 agosto una fotografa di 23 anni ha subito uno stupro collettivo a Mumbai. La polizia ha arrestato i cinque presunti responsabili.
NUOVA DELI – Un piano troppo ambizioso / In attesa del via libera del parlamento, il governo indiano ha lanciato con un decreto il piano per la distribuzione di cibo gratis a due terzi della popolazione. Già votato dalla camera bassa, il disegno di legge va approvato entro il 6 settembre. Ma c’è chi vede il piano, che costerebbe quasi 20 miliardi di dollari, come una mossa del Congress economicamente insostenibile in vista del voto del 2014 scrive Outlook.
NUOVA DELI – UN GIGANTE DAI PIEDI D’ARGILLA / Crescita ai minimi e rupia mai così svalutata. Segnali di un crollo imminente dei Brics? «Un’emergenza annunciata, figlia di antichi errori e abbagli», la tesi della docente Elisabetta Basile, esperta di economia informale indiana di Matteo Miavaldi
L’economia indiana versa in una situazione critica, con crescita ai minimi e la rupia mai così svalutata. Segnali che in occidente vengono interpretati come un imminente crollo dei Brics, la famigerata «bolla» dei Paesi in via di sviluppo che ora, fiaccata dalla crisi economica, sarebbe sul punto di esplodere.
Ma il caso dell’India, analizzato nel dettaglio, racconta invece di un’emergenza annunciata, dove il crollo del potere d’acquisto e la dipendenza dalle importazioni che sta trascinando a picco Nuova Delhi sono figlie di antichi errori e abbagli nella programmazione della crescita.
Questa la tesi di Elisabetta Basile, professoressa di economia applicata alla Sapienza di Roma ed esperta di economia informale indiana, tema centrale della sua ultima pubblicazione accademica CAPITALIST DEVELOPMENT IN INDIA’S INFORMAL ECONOMY (Routledge, giugno 2013).
Professoressa Basile, la scorsa settimana la rupia ha toccato il minimo storico contro la valuta statunitense, 65 rupie per un dollaro. Il mercato ha reagito con una sfiducia diffusa, interpretando il crollo come simbolo di un’economia in bilico. Cosa sta succedendo?
Credo che i problemi che l’India sta attraversando, e di cui il declino della rupia è solo l’epifenomeno, siano tutti collegati al modello di sviluppo che ha sperimentato. A partire dal 1947 in poi, non solo dal 1991 o dal 1980, come molti osservatori ritengono. Per conseguenza delle scelte fatte dai tre premier della dinastia Gandhi – Nehru, Indira e Rajeev – e anche da Singh a partire dal 1991 (anno dell’entrata in vigore delle riforme economiche, ndr), l’economia indiana poggia su piedi di argilla. Non avevo previsto la crisi della rupia, anche se le dinamiche monetarie riflettono sempre le dinamiche reali, ma ero certa che col rallentamento della crescita qualcosa sarebbe successo.
Lo scorso anno l’India si è fermata sotto i cinque punti percentuali di crescita, disattendendo le stime interne che auspicavano almeno un 7%. Una battuta d’arresto che ha colpito l’immagine del miracolo economico indiano e che ha mostrato tutti i limiti del secondo gigante d’Asia.
L’India del boom degli anni Novanta ha continuato a poggiarsi su squilibri di base risultato delle scelte di politica economica e sociale fatte a partire da Nehru: lo sviluppo industriale a discapito della crescita delle campagne, la gestione carente dei conflitti comunitari e castali, il problema dell’alfabetizzazione, molto importante anche se spesso sottovalutato. Il conflitto maggiore, a quasi 25 anni dalle riforme economiche, rimane quello fra città e campagna, che oggi si intreccia con la dualità tra economia formale e informale, che contrappone i pochi lavoratori protetti e regolarizzati con la massa di manodopera sfruttata che non gode di alcun diritto.
La ricetta per uscire dal tunnel, secondo diversi analisti, è aprire il mercato a competitor internazionali, introducendo politiche che attraggano gli investimenti diretti all’estero: far entrare capitali stranieri per ridare impulso alla crescita.
L’India è un paese ricco e in via teorica ha gli strumenti per affrontare la crisi. Questi strumenti però non sono l’apertura dell’economia, ma le politiche sociali e di ridistribuzione della ricchezza e la lotta alla corruzione. Il forte impatto dei conflitti sociali – religiosi, etnici, di genere, di casta – sulla crisi attuale è mostrato dalle crescenti importazioni di oro; un fenomeno che si spiega solo considerando i comportamenti della grande classe media, preoccupata più di assicurarsi il proprio status quo che di mettere le basi per una crescita inclusiva.
Anche in India l’opposizione lamenta l’immobilismo del governo del Congress, accusato di dare risposte troppo deboli e temporanee come l’acquisto di bond nazionali da parte della Reserve Bank of India al posto di intraprendere riforme più profonde che vadano, ad esempio, a colpire la corruzione.
Il consenso per la lotta alla corruzione e per le politiche sociali mirate alla riduzione degli squilibri non c’è. Questo è un problema prevalentemente politico che però ha forti ricadute economiche: la corruzione è il lubrificante di importanti segmenti dell’economia indiana, soprattutto del grosso segmento informale – oltre il 94 per cento delle forze di lavoro – che senza corruzione vedrebbe una forte contrazione del profitto. Ma le resistenze degli imprenditori, che dallo sfruttamento di lavoratori e ambiente traggono profitti gonfiati, e la mancanza di ampio consenso tra le forze politiche stanno rimandando una serie di misure urgenti, anche a causa delle prossime elezioni nazionali del 2014: in questo momento nessuno ha interesse a promuovere misure impopolari.
Quale strada potrebbe intraprendere l’India per invertire la tendenza e tornare ai livelli di crescita del boom?
Mi trovo d’accordo con la posizione di Amartya Sen, economista liberale che recentemente ha ribadito la necessità di puntare sulla redistribuzione della ricchezza e la riduzione della diseguaglianza. La creazione delle infrastrutture, nelle zone rurali ma anche in quelle urbane, è il primo passo. Trasporti e soprattutto potenziare la rete elettrica nazionale: oggi in India solo il 12% delle imprese nelle aree rurali usa l’energia elettrica nella produzione. Occorre investire nelle scuole e assicurare il rispetto delle indicazioni dell’Ilo sul lavoro dignitoso, tutelando bambini, donne e altri ceti vulnerabili. In altri termini, il governo indiano dovrebbe creare le strutture che consentono l’empowerment dei lavoratori. L’evidenza empirica ci suggerisce che, con un maggiore grado di istruzione, i lavoratori subalterni avrebbero maggiori possibilità di resistere alle ideologie a base castale, sulle quali fanno leva piccoli e medi imprenditori appoggiati da partiti e organizzazioni politiche. Riassumendo: lotta alla corruzione e creazione di infrastrutture sono l’unica possibilità per l’India di avere un inclusive growth, un obiettivo che il governo propone nell’ultimo piano quinquennale (2012-2017).

PAKISTAN-AFGHANISTAN
ISLAMABAD – «Storica» visita di Karzai a Islamabad. Al centro i talebani / È durato un’ora il colloquio tra il premier pachistano Nawaz Sharif e il presidente afgano Hamid Karzai, volato in Pakistan quasi senza preavviso dopo mesi di melina nella prima visita di Stato da che il neopremier si è insediato. Al di là della retorica sui buoni rapporti bilaterali – pessimi in questi mesi – i pachistani hanno fatto mostra di apertura definendo «storica» la visita di Karzai. Ma per ora di storico non c’è molto. Karzai ha affrontato la questione del processo di pace coi talebani che si rifiutano di parlare col governo di Kabul. Probabilmente ha chiesto al Pakistan di fare in qualche modo pressione sui talebani perché accettino di cancellare il veto e non è escluso che abbia caldeggiato un nuovo rilascio di prigionieri talebani per avere nuovi mediatori da convincere. L’anno scorso il Pakistan ne ha rilasciati 26 tra cui l’ex ministro della giustizia Nooruddin Turabi. Chissà invece che Nawaz Sharif non abbia ventilato la possibilità che il Pakistan possa essere la sede dei colloqui di pace anche se per Kabul sarebbe difficile accettarlo. Alla vigilia del viaggio Karzai ha incontrato Enrico Letta da cui ha ricevuto l’ennesima rassicurazione che l’Italia resterà in Afghanistan anche dopo il 2014..
AFGHANISTAN
Un rifugiato su quattro Un rifugiato nel mondo su quattro è afgano e negli ultimi due anni le richieste d’asilo da parte di cittadini afgani sono aumentate del 30 per cento. Con 2,6 milioni di rifugiati in 80 paesi, nel 2012 l’Afghanistan era in cima alla lista dei paesi d’origine degli esuli, scrive Asia Times, e con il ritiro delle truppe Nato entro il 2014 si teme che l’esodo aumenterà. Così il governo-di Kabul ha avviato una campagna per informare i cittadini sui rischi a cui vanno incontro: le rigide politiche sull’immigrazione dei vari paesi, la possibilità di cadere nelle mani dei trafficanti di esseri umani, i rischi legati alle rotte per raggiungere i paesi di destinazione. In genere, i ragazzi delle zone rurali vanno in Iran e in Pakistan in cerca di lavoro, mentre chi scappa dalle città sceglie destinazioni più lontane come l’Europa e l’Australia.
PAESI D’ORIGINE DEI RIFUGIATI, DATI 2012
AFGHANISTAN 2.585.600
SOMALIA 1.136.100
IRAQ 746.400
SIRIA 728.500
SUDAN* 569.200
REP. DEM. CONGO 509.400
BIRMANIA 415-300
COLOMBIA 394.100
*potrebbe includere gli abitanti del Sud Sudan Fonte: Acnur/Global trends 2012

AUSTRALIA
MELBOURNE – Doping: O’Grady via da comitato olimpico Il nome dell’ex corridore nella lista dei dopati al Tour 1998 – Il corridore australiano Stuart O’Grady, che ha appena annunciato il ritiro dall’attività, dovrà lasciare la commissione atleti del comitato olimpico del suo paese (Aoc), di cui fa parte, dopo che il suo nome è comparso nella lista di ciclisti, resa nota ieri, che avrebbero fatto uso di Epo al Tour de France nel 1998. O’Grady aveva comunque già ammesso l’uso di questa sostanza in un’intervista con i media del suo paese.
MELBORNE- II 25 agosto il conservatore Tony Abbott, leader del Partito liberale (opposizione), ha lanciato da Brisbane la campagna elettorale per le legislative del 7 settembre. Abbott, favorito nei sondaggi, sfiderà il primo ministro laburista Kevin Rudd.

BIRMANIA
SAGAING, – La questione settaria / Il 23 agosto un migliaio di persone armate di spade e bastoni ha appiccato il fuoco a decine di case e negozi di proprietà della minoranza musulmana nella regione di Sagaing, nella Birmania centrale, uccidendo 43 persone. A scatenare l’ennesimo episodio di violenza contro i musulmani pare sia stato il mancato arresto di un uomo della comunità islamica sospettato di aver stuprato una donna buddista. Pochi giorni prima, l’inviato delle Nazioni Unite per i diritti umani nel paese, Tomas Ojea Quintana, era stato assalito e costretto a lasciare la città di Meiktila, teatro di violenze settarie su cui stava indagando.

FILIPPINE
MANILA – Basta con la corruzione / Circa centomila persone sono scese in piazza a Manila il 26 agosto contro l’ennesimo caso di corruzione, nella manifestazione più imponente della presidenza di Benigno Aquino. Sotto accusa è un fondo istituito nel 1990 dalla madre di Benigno, Corazon Aquino, che assegna delle somme di denaro ai parlamentari per finanziare progetti di sviluppo. In realtà i fondi, 226 milioni di dollari, sono finiti nelle tasche di deputati e senatori, alcuni del partito di Aquino, scrive Asia Sentinel. Al centro del sistema di corruzione c’è Ja-net Napoles, una donna d’affari oggi latitante che ha creato una rete di ong servite a veicolare il denaro sui conti dei parlamentari. Il presidente ha promesso di abolire il fondo.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
PERÚ
LIMA – STRANIERI IN PERÙ Al menos 3,490 extranjeros llegaron en junio con visa de trabajo según reporte dell’INEI / El número de movimientos de entradas de extranjeros con calidad migratoria de trabajador que ingresaron al Perú en junio ascendió a 3 mil 490, reportó el Instituto Nacional de Informática y Estadística (INEI). Esta cifra significó un incremento de 9,3% en comparación con junio de 2012, señaló la entidad. Según país de procedencia, los extranjeros que ingresaron a nuestro país, en calidad migratoria de trabajadores, lo hicieron desde:
COLOMBIA con 14,8%,
CHILE 14,2%,
ARGENTINA 12,2%,
y ESPAÑA 10,5%.
también de:
BOLIVIA 7,6%,
BRASIL 6,4%,
ESTADOS UNIDOS 5,8%,
ECUADOR 5,2%,
VENEZUELA 3,4%,
MÉXICO 2,7%,
CANADÁ 1,5%,
FRANCIA, ALEMANIA, ITALIA y JAPÓN EN 1,4%; para cada caso, entre otros.
El INEI también informó que, en junio, el número de movimientos de entrada de extranjeros a nuestro país, por los distintos puestos de control a nivel nacional fue de 302 mil 369 personas, cifra superior en 12,1% a la registrada en el mismo mes del año 2012. Asimismo, en el período enero-junio del presente año, el movimiento de entradas de extranjeros creció en 9,7%, comparado con similar periodo del año 2012. De igual modo, en el sexto mes del presente año, se registraron 210 mil 771 movimientos migratorios de entradas de peruanos al país, cifra que significó un crecimiento de 6,7% respecto a similar mes del año 2012. El INEI anotó que, de enero-junio de 2013, las entradas de peruanos se incrementaron en 8,0%, respecto al mismo período del año anterior. – See more at: http://italiaperu.com/ilmessaggeroip/peru-al-menos-3490-extranjeros-llegaron-en-junio-con-visa-de-trabajo-segun-reporte-del-inei/#sthash.BMKo9OOb.dpuf

EL SALVADOR
Partite truccate / Il 21 agosto la Federazione calcistica salvadoregna ha annunciato la sospensione di ventidue calciatori della nazionale, nell’ambito di uno degli scandali più grandi della storia del calcio latinoamericano. Il procuratore della repubblica Luis Marti-nez ha aperto un’inchiesta su una serie di partite truccate. Alcuni giocatori della nazionale avrebbero accettato di far perdere la loro squadra in cambio di soldi. Oltre a molti giocatori, sarebbero coinvolti anche dirigenti e personaggi legati alle mafie internazionali. Secondo Carlos Dada, direttore del quotidiano digitale El Faro, da quello che è emerso finora si tratta di un atto di corruzione vergognoso: "A quanto pare non era solo risultato finale a essere truccato. Anche il punteggio, e perfino il minuto dei gol, erano decisi in partenza. Il fatto che sia successo nel Salvador, un paese con una tifoseria sempre disposta ad appoggiare una squadra che non ha mai vinto niente, rende tutto ancora più grave. Tra le partite truccate", continua Dada, "ce n’erano anche alcune giocate negli Stati Uniti, in stadi pieni di salvadoregni emigrati che ancora si commuovono quanto sentono l’inno nazionale". Ma non c’è da stupirsi, sostiene Dada. "È normale che dei calciatori si comportino cosi in un paese dove ci sono sindaci legati al narcotraffico, ex parlamentari in carcere e magistrati corrotti".

BRASILE-BOLIVIA
Incidente diplomatico / Il 26 agosto il ministro degli esteri brasiliano Antonio Patriota si è dimesso a causa di un incidente diplomatico tra il Brasile e la Bolivia, scrive la Folha de Sào Paulo. Poche ore prima un diplomatico brasiliano, Eduardo Saboia, aveva ammesso di aver organizzato, all’insaputa del governo, la fuga dalla Bolivia di un senatore dell’opposizione, Roger Pinto, che si era rifugiato all’ambasciata brasiliana di La Paz nel maggio del 2012. Pinto, condannato a un anno di prigione per appropriazione indebita quando era governatore della provincia di Pando, aveva chiesto asilo politico al Brasile sostenendo di essere perseguitato per motivi politici. La fuga di Pinto ha suscitato le proteste del governo boliviano.
BOLIVIA
II 22 agosto 29 persone sono morte durante gli scontri tra detenuti in una prigione a Santa Cruz, nell’est del paese.
COLOMBIA Tredici soldati sono morti il 24 agosto in un’imboscata dei ribelli delle Farc nel dipartimento di Arauca.
PARAGUAY
II 22 agosto il congresso ha autorizzato il governo a impiegare l’esercito contro i ribelli marxisti dell’Esercito del popolo paraguaiano (Epp).

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
NYC – Dopo Bloomberg / A pochi giorni dalle primarie del io settembre, la corsa per la candidatura a sindaco di New York è serrata. "Alla fine del suo terzo mandato l’attuale sindaco Michael Bloomberg (nella foto) non riesce a fare pace con l’inevitabilità di un successore", scrive Ken Auletta sul New Yorker. Tra i sei candidati democratici spiccano la presidente del consiglio comunale Christine Quinn, che ha ricevuto il sostegno del New York Times, e il difensore civico della città Bill De Biasio, mentre tra i due repubblicani potrebbe vincere Joseph Lhota, l’ex presidente dell’azienda di trasporti di New York. Le elezioni si svolgeranno il 5 novembre.
WASHINGTON – La soldata Manning / "Sono Chelsea Manning. Sono una donna". È l’annuncio che l’ex soldato Manning (all’anagrafe Bradley) ha inviato al programma Today della rete televisiva Nbc il 22 agosto, il giorno dopo che la corte marziale l’ha condannata a 35 anni di prigione per aver consegnato 2oomila documenti segreti a WikiLeaks. Manning ha chiesto di essere sottoposta a una terapia ormonale, scrive Slate. E in una lettera resa pubblica sempre il 22 agosto, ha chiesto a Barack Obama di concederle la grazia.
WASHINGTON – Cattiva memoria / The Nation, Stati Uniti / A cinquant’anni dalla marcia su Washington del 28 agosto 1963, l’eredità politica di Martin Luther King e il discorso che pronunciò in quell’occasione sono ancora ampiamente fraintesi. Gli Stati Uniti, scrive Gary Younge, hanno scelto di ricordare una versione facile di I have a dream, dimenticando che King non chiedeva solo leggi giuste, ma anche di risarcire una categoria di cittadini considerati per secoli di serie b. "La distinzione tra segregazione e razzismo è cruciale", spiega Younge: è vero che oggi ci sono nuove leggi, e che un afroamericano può perfino diventare presidente degli Stati Uniti. Ma i segni del razzismo sono sotto gli occhi di tutti: "Tra i neri il tasso di disoccupazione è il doppio di quello dei bianchi, mentre la percentuale dei bambini che vivono in condizioni di povertà è tre volte più alta; l’aspettativa di vita dei neri a Washington è inferiore a quella dei residenti nella Striscia di Gaza, e un nero su tre nato nel 2001 finirà in prigione". King condannava il razzismo, non solo la segregazione: "Confondere le due questioni rischia di far sembrare il razzismo solo un’aberrazione del passato".
STATIUNITI
II soldato Robert Bales è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di 16 abitanti di un villaggio nella regione di Kandahar, in Afghanistan

( articoli da : Le Monde Diplomatique, NYC Time, Time, Guardian , Le Temps, Svizzera, Nuovo Paese, The Diplomat , Il Manifesto e AGVNoveColonne)

 

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