10768 NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 10 agosto 2013

20130809 20:17:00 guglielmoz

ITALIA . Tramonta paese sera «dal 31 luglio la redazione è chiusa».
VATICANO. CHIESA – La posizione del cardinale Jorge Mario Bergoglio nel ricordo di un filosofo argentino Gay sì, matrimonio no, unioni forse
EUROPA. BELGIO – MARCINELLE: IL RICORDO DELLA STRAGE DEI MINATORI ITALIANI / Un “potente richiamo ad una riflessione ancora attuale sui temi della piena integrazione degli immigrati così come su quelli della sicurezza nei luoghi di lavoro.
AFRICA & MEDIO ORIENTE. IL CAIRO – «Morsi? Sta bene, ha accesso alle informazioni perché può guardare la tv e leggere i giornali.
ASIA & PACIFICO. II Pakistan ha un nuovo presidente, Mamnoon Hussain, businessman alleato dei primo ministro Nawaz Sharif, ma la stabilità del suo Paese è ancora lontana.
AMERICA CENTROMERIDIONALE. Buenos Aires – Il salario minimo dei lavoratori argentini aumenterà del 25 per cento.
AMERICA SETTENTRIONALE. USA / 24 milioni di dollari che il governo americano ha speso per finanziare un programma di propaganda anticastrista.

ITALIA
ROMA – Corte Conti: ‘EVASIONE IVA, PERSI 46 MLD NEL 2011’ PEGGIORA ‘CONTO’ REGIONI, MENO FONDI, PIU’ TASSE / CONSIDERANDO IL CARICO FISCALE E CONTRIBUTIVO SOSTENUTO DALLE IMPRESE NELLE DIVERSE REGIONI ITALIANE, LA SOTTRAZIONE DI BASE IMPONIBILE IVA, NEL 2011, AMMONTEREBBE A CIRCA 250 MILIARDI, CON UNA CONSEGUENTE PERDITA ANNUA DI GETTITO DELL’ORDINE DI CIRCA 46 MILIARDI (PARI AL 28% DEL GETTITO POTENZIALE). LO RILEVA LA CORTE DEI CONTI. Analogamente – spiega la magistratura contabile – la sottrazione di base imponibile Irap ammonterebbe, nella media del triennio 2008-2010, a circa 227 miliardi l’anno, con conseguente perdita annua di gettito regionale (prendendo a riferimento l’aliquota di base del 3,9%) dell’ordine di circa 9 miliardi (pari al 20% circa del gettito potenziale d’imposta). La propensione all’evasione fiscale è particolarmente diffusa nel Mezzogiorno (con livelli di incidenza superiori al 40% per l’ Iva ed al 30% per l’ Irap), a fronte di livelli pressoché dimezzati nel Nord del Paese. Gli scostamenti si invertono, tuttavia, se si osserva il fenomeno in valori assoluti, in quanto, per effetto del maggior volume d’affari realizzato al Nord, la quota di reddito imponibile ‘evasa’ al Sud e nelle Isole risulta relativamente più modesta. Una situazione quella dell’evasione delle due imposte che, secondo la Corte dei Conti, sarà difficile modificare. Infatti attualmente ”le Regioni sono state escluse dal processo di governance ai fini della lotta all’evasione fiscale, in quanto non più chiamate a concordare con il ministro dell’Economia e delle Finanze l’atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale”. Peggiora ‘conto’ Regioni, meno fondi, piu’ tasse – Meno trasferimenti dallo Stato e più imposizione fiscale locale. Ma i conti peggiorano. Lo rileva la Corte dei Conti nella Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni negli esercizi 2011-2012. In particolare, si spiega, ”a fronte di una spesa regionale corrispondente a circa il 22% della spesa delle Amministrazioni pubbliche, le Regioni sono state chiamate a concorrere al contenimento della spesa pubblica, nel quinquennio 2010-2014, per il 34% del complesso delle manovre correttive adottate per l’intero settore pubblico. I saldi del conto consolidato di cassa presentano un netto peggioramento. Tale risultato, conseguente agli effetti della riduzione dei trasferimenti statali di 21,89 miliardi di euro nel quadriennio 2009-2012 (-20,2%), risulta parzialmente bilanciato dall’incremento degli incassi tributari, che registrano ritmi superiori al 10% annuo. A copertura delle ulteriori esigenze di cassa le Regioni hanno fatto largo ricorso alle anticipazioni di tesoreria, mentre rimane sostanzialmente stabile la consistenza complessiva del debito. In ogni caso – si rileva – sul piano finanziario, emerge come il contestuale ricorso ad aggravi di imposte a livello sia centrale che locale contrasti con il principio ispiratore del federalismo fiscale, che richiede l’invarianza della pressione fiscale complessiva sul cittadino.
403 partecipate Regioni, quasi tutte in perdita – Fioriscono le società partecipate dalle Regioni. E sono quasi sempre in perdite. Lo afferma la Corte dei Conti, che spiega di aver preso in esame gli organismi partecipati direttamente dalla Regione mentre, tra le partecipazioni indirette, sono state esaminate quelle con affidamenti diretti da parte della Regione stessa. Dai dati raccolti a giugno 2013 tali organismi sono 403, ma se si escludono le partecipate pluriregionali, la banca dati censisce, alla stessa data, 381 organismi. L’analisi della magistratura contabile è stata rivolta ad accertare l’incidenza del valore dei servizi prestati agli Enti proprietari nella creazione del fatturato delle partecipate e a comprendere il grado di dipendenza degli organismi partecipati dalla committenza degli Enti stessi nel conseguire il bilanciamento tra costi e ricavi. A tal fine è stato effettuato il monitoraggio dei crediti e dei debiti complessivi degli organismi partecipati, per ricostruire i rapporti finanziari intercorrenti tra la Regione e l’insieme delle proprie partecipate. Nel complesso, gli andamenti economico-patrimoniali relativi alle sole Spa e Srl partecipate al 100% dalle Regioni, nel biennio 2010-2011, evidenziano perdite. Infatti, la maggior parte dei risultati di esercizio mostra, nel 2011, significative flessioni rispetto all’esercizio precedente, e ciò in alcuni casi ha aggravato la situazione di perdita già evidenziatasi nel 2010. Dall’analisi degli affidamenti in atto a favore delle partecipate emerge, infine, la significativa esiguità di quelli assegnati con gara, con riguardo sia al numero delle Regioni coinvolte (6), sia al numero totale degli affidamenti effettuati con tali modalità (22), sia alle somme ad essi complessivamente destinate pari, nel 2011, a 38,1 milioni di euro, a fronte di 2,61 miliardi di euro erogati per i 173 affidamenti diretti.
CALA PERSONALE REGIONI (-5%), SOPRATTUTTO A SUD – La consistenza del personale regionale diminuisce (-5,40%), con risultati eterogenei tra le aree geografiche (-1,64% al Nord, -4,59% al Centro, e -8,71% nel Sud). Cionondimeno nel 2011 il rapporto tra popolazione in età lavorativa rilevata al 31 dicembre del medesimo anno e personale dipendente resta ancora elevato nelle Regioni meridionali. Lo rileva la Corte dei Conti, aggiungendo che sul piano nazionale l’incidenza tra personale dirigente e non dirigente è di 16,59, vale a dire che un dirigente coordina in media 17 dipendenti. I miglioramenti del rapporto si registrano soprattutto al Sud; tuttavia anche in questo caso non vengono raggiunti livelli ottimali nella gestione delle risorse umane. La diminuzione della spesa totale, per il personale dirigente e non dirigente delle Regioni a Statuto ordinario, è meno che proporzionale rispetto alle variazioni della consistenza media delle stesse categorie di personale. Ne deriva che la spesa totale cala del 2,18%, a fronte di una flessione delle unità annue pari al 5,40%. La variazione è di gran lunga più elevata con riferimento al personale dirigente, come si evince dall’andamento della spesa media, ove i maggiori aumenti sono associati ad una più elevata flessione della consistenza media. Questo risultato dimostra la tendenza, diffusa, a ripartire le risorse destinate al trattamento accessorio tra i dirigenti rimasti in servizio, nonostante il provvedimento che ha disposto l’automatica riduzione dei fondi destinati al trattamento accessorio in proporzione alla diminuzione del personale in servizio.
ROMA – CASSAZIONE / Il vero scandalo è nella politica – di Domenico Gallo / Alla fine l’ultima parola l’ha detta la Cassazione, com’è logico in tutti i procedimenti giudiziari. Sia ben chiaro, la Cassazione non ha condannato Berlusconi: ha posto fine al procedimento penale intentato nei suoi confronti dalla Procura di Milano, riconoscendo la correttezza dell’operato dei giudici del merito che lo hanno dichiarato, al di là di ogni ragionevole dubbio, colpevole del reato di frode fiscale, con riferimento alla annosa vicenda dei costi gonfiati per l’acquisto dei diritti delle opere cinematografiche. CONTINUA|PAGINA4 La Cassazione ci dice che Berlusconi è stato legittimamente condannato, all’esito di un equo processo, ed ha ricevuto una pena adeguata alla gravità dei fatti.
I giudici hanno accertato che, attraverso espedienti vari e pratiche truffaldine, è stata creata all’estero una ingente provvista di fondi neri, sottraendo milioni di euro all’Agenzia delle entrate. Oggi questo accertamento non può essere più messo in discussione da nessuno: è passato in cosa giudicata. Adesso si eleveranno al cielo gli ululati dei pasdaran dell’esercito di Silvio ed una valanga di imprecazioni sarà scagliata contro il sistema giustizia ed i giudici, rei di non aver garantito l’impunità al sovrano di Arcore Questa sentenza farà scandalo e verrà denunziata come un golpe, la rimozione dalle cariche pubbliche di un politico per via giudiziaria.
Nel mondo della realtà lo scandalo deve essere rovesciato. Non è l’esercizio indipendente della giurisdizione e la intemerata capacità dei giudici di effettuare il controllo di legalità nei confronti dei comportamenti criminosi dei potenti che deve fare scandalo; al contrario ciò costituisce motivo di orgoglio per la giurisdizione e di soddisfazione per i cittadini.
L’indipendenza della magistratura è stata concepita negli ordinamenti democratici proprio per consentire che il controllo di legalità potesse penetrare anche nei santuari del potere economico e politico, al fine di assicurare il rispetto della legge e, con esso, garantire tutti i cittadini da ogni forma di abuso dei poteri. Il fatto che un uomo politico potente come Berlusconi sia chiamato a rispondere delle sue malefatte ed inchiodato alle conseguenze dei suoi comportamenti illegali costituisce la gloria dello Stato di diritto, dimostra che la Costituzione è viva e che le garanzie dell’ordinamento democratico sono ancora attive e vitali, malgrado da circa vent’anni una politica che aspira all’onnipotenza stia cercando di mettere la museruola alla giurisdizione.
Rimuovere un leader politico per via giudiziaria non soltanto non è uno scandalo, ma è un preciso dovere a cui l’autorità giudiziaria non si può sottrarre, ove vengano accertate gravi responsabilità penali, com’è già avvenuto, in passato, con l’onorevole Craxi e, più recentemente, con l’onorevole Previti. L’onore della magistratura ed anche la ragione che giustifica la sua indipendenza stanno proprio nella sua capacità di intervenire, recidendo le metastasi che inquinano la vita delle istituzioni, come è avvenuto, per esempio, eliminando dalla magistratura quei giudici che si sono fatti corrompere con il denaro di Berlusconi.
In realtà in questa vicenda lo scandalo sta tutto nella politica e nel sistema dei media.
L’articolo 54 della Costituzione stabilisce che «i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore».
Chi dovrebbe vigilare che non vengano affidate funzioni pubbliche a soggetti coinvolti in vicende di corruzione, invischiati in fondi neri ed in frodi fiscali?
Le vicende oscure legate alla resistibile ascesa di Silvio Berlusconi erano note da tempo, sono state persino certificate da più sentenze passate in giudicato: com’è possibile che in Italia il sistema politico (non solo la destra ma anche la sinistra nelle sue varie componenti) ed il sistema dei principali media non si siano accorti di niente e sia stato recitato fino a qualche ora fa il mantra che le traversie giudiziarie di Berlusconi sarebbero un suo affare privato che non riguarda l’uomo politico e tantomeno le istituzioni?
In quale altro Paese di democrazia occidentale il sistema politico avrebbe consentito l’accesso alla stanze del potere di un uomo politico con un carico di scheletri nell’armadio come quello dell’on. Berlusconi?
L’uomo politico Berlusconi si è sempre fatto forte della promessa che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani; adesso la sentenza della Cassazione ci rivela che ha sottratto milioni di euro dalla tasche degli italiani, sottraendole al fisco.
La sentenza della Cassazione ha messo a nudo un sistema di potere illegale che i cortigiani dell’imperatore hanno ostentatamente nascosto tessendogli abiti sontuosi con i fili dorati del servilismo e dell’adulazione. Come il bambino della favola di Andersen, la Cassazione ci dice che quegli abiti non esistono: il Re è nudo

BOLOGNA – 2 AGOSTO – La Presidente della Camera strappa applausi e non i consueti fischi alle istituzioni – Boldrini fa la pace di Giovanni Stinco / Nell’anniversario della strage alla stazione il presidente delle vittime Bolognesi chiede l’istituzione del reato di depistaggio: «È tempo di scoprire i mandanti» / È stato il 2 agosto dell’emozione. E, forse, della riconciliazione con le istituzioni. Merito del discorso della Presidente della Camera Laura Boldrini, appassionato, semplice e applauditissimo dai bolognesi. Di fronte a lei migliaia di persone radunate in Piazza Medaglie d’Oro, a pochi passi dalla sala d’aspetto della stazione di Bologna che 33 anni fu sventrata da un ordigno fascista che uccise 85 persone e ne ferì più di 200. «Se penso alla crisi di legittimità delle istituzioni – dice Boldrini – credo che la causa sia l’incapacità di fare chiarezza fino in fondo, di dire la verità e di restituire quella giustizia completa che ancora non abbiamo. E allora come si fa a innamorarsi delle istituzioni? Serve chiarezza e trasparenza. Gli esecutori materiali della strage sono stati individuati, ora mancano i mandanti e i burattinai». Un discorso che ritorna sulla stretta attualità quando Boldrini si scaglia contro le svastiche apparse giorni fa a Roma per festeggiare i cento anni del criminale nazista Erich Priebke. «Dobbiamo essere sentinelle della Costituzione. Come possiamo ricordare i morti di Bologna e tacere su tutto questo? O tollerare gli insulti a una ministra di colore da parte di un rappresentante delle istituzioni? L’intolleranza genera mostri».
Prima di Boldrini un breve discorso sottotono del sindaco di Bologna, Virginio Merola. Per lui una manciata di fischi e insulti dal fondo della piazza quando ha ricordato la nuova stazione dell’alta velocità appena inaugurata. Non è mancata la polemica, invece, quando ha preso la parola Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 Agosto. Bolognesi ha bacchettato la Procura di Bologna, colpevole a suo dire di non avere indagato abbastanza e di non aver mai interrogato personaggi come Giulio Andreotti e Amos Spiazzi, colonnello dei carabinieri morto generale nel 2012 senza mai essere stato interrogato dai pm, «eppure – ha detto Bolognesi – non c’è avvenimento di potenziale contenuto eversivo che non abbia visto emergere il suo nome». Bolognesi ha puntato anche il dito contro Licio Gelli. «Ci siamo resi conto che nel corso delle indagini sul fallimento del Banco Ambrosiano furono sequestrati documenti dai quali, sulla base delle conoscenze attuali, è possibile trarre argomenti per considerare il coinvolgimento di Gelli molto più di un semplice depistaggio. Tutto ciò porta a presupporre che non siamo più nell’ambito del depistaggio, ma nel pieno concorso nell’organizzazione della strage».
La conclusione di Bolognesi, ora anche parlamentare tra le fila del Partito democratico, è netta: «Adesso ci sono le condizioni per arrivare ai mandanti e alla verità, restano accertamenti da completare, silenzi omertosi da sciogliere e conclusioni da trarre». Intanto il presidente dell’associazione dei parenti delle vittime incassa l’appoggio del Governo alla sua proposta di legge per istituire il reato di depistaggio. «Questa iniziativa non può che essere vista con favore dal governo», ha detto il ministro per gli affari regionali Graziano Delrio, presente in piazza e nelle celebrazioni che di primissima mattina si sono tenute nel palazzo comunale di Bologna. «Nel prossimo decreto sicurezza – ha promesso il ministro- inseriremo un provvedimento per risolvere i problemi legati ai risarcimenti ai familiari delle vittime. Mi impegno personalmente e si impegnerà anche Letta. In poche settimane, al massimo in pochi mesi sistemeremo questa questione».
Nel pomeriggio è arrivata anche una nota della Procura di Bologna. «Non replichiamo a chi rappresenta le vittime della strage. Stiamo solo tentando di individuare i mandanti di quel fatto orribile, a ben 33 anni di distanza, seppur con straordinarie difficoltà, ma in assoluta serenità». Per gli 85 morti della stazione di Bologna Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, terroristi neri dei Nar condannati all’ergastolo in quanto esecutori materiali, hanno estinto il loro debito con la giustizia. Luigi Ciavardini, condannato a 30 anni, è in semilibertà. Tutti e tre si sono sempre dichiarati innocenti. I nomi dei mandanti – o «burattinai» come li ha chiamati Boldrini – dopo 33 anni restano sconosciuti.
ROMA – CIRINO POMICINO / A VOLTE RITORNANO / «Il consenso si conquista promettendo moltissimo e mantenendo sempre, ma con il contagocce» Classe 1939, napoletano, neurologo. Paolo Cirino Pomicino è tornato. Uno dei principali protagonisti della Prima Repubblica, oltre che del film Il divo, dove lo abbiamo visto nei panni di un estroverso compagno di avventure di Andreotti, interpretato dal bravo Carlo Buccirosso. Ma questa volta è tornato davvero: è stato nominato vicepresidente di Autostrade Meridionali, nonostante la condanna a un anno e otto mesi di reclusione per finanziamento illecito ai partiti e a 2 mesi (patteggiati) per la questione dei fondi neri Eni. Qualunque altro candidato con gli stessi procedimenti giudiziari di Pomicino non potrebbe ricoprire incarichi istituzionali, ma lui può. Grazie a una riabilitazione ottenuta nel 2011 che annulla l’interdizione. La classe del buon vecchio democristiano non è acqua.
FERRARA – ALDROVANDI: «E ADESSO IL REATO DI TORTURA» «Forse per le istituzioni è tutto risolto. Per noi no». Commenta così Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi, la scarcerazione dopo sei mesi dei poliziotti condannati per tre volte per la morte del giovane di Ferrara. L’auspicio della madre è che i quattro non tornino a indossare la divisa: «Non è possibile che si tolga la vita a un ragazzo senza motivo e non ci sia alcuna conseguenza. Significherebbe autorizzarli a comportarsi così. Sono pericolosi». Per la Moretti, che ancora di recente ha subito insulti e provocazioni dai colleghi dei quattro condannati, la questione supera il caso della loro famiglia: «Cosa accadrà ora riguarderà tutti. Lo Stato deve dare un segnale, per esempio introducendo il reato di tortura. Deve cambiare la cultura che ha portato alla morte di mio figlio». Federico, ricorda, quella notte del 25 settembre 2005 tornava a casa ed è morto senza motivi: «È l’esempio più grave di quello che può rappresentare quella cultura violenta che alligna in certe persone delle forze dell’ordine. Va curata come un cancro all’interno della polizia». In otto anni di battaglie per avere giustizia, del resto, la famiglia e gli amici di Federico hanno sempre combattuto anche perché tragedie come quella di Ferrara non accadano più.
ROMA – TRAMONTA PAESE SERA / «Dal 31 luglio la redazione è chiusa». La comunicazione della proprietà non lascia dubbi. Nuovo Paese Sera, il sito di informazione e mensile cartaceo che nel 2011 aveva fatto rinascere la storica testata giornalistica, chiude. E dieci giovani giornalisti (sette full time e tre collaboratori) si trovano senza lavoro. Un’altra sconfitta per l’informazione. E un altro fallimento di quella che l’associazione Stampa romana ha definito "mala editoria". Dietro aNuovo Paese Sera c’è una cordata di piccoli imprenditori che con contratti di collaborazione a termine ha raccolto nella redazione di Roma nord una decina di agguerriti cronisti. In due anni si son fatti conoscere e apprezzare. Ma non è servito a nulla
ROMA – 97 euro / È il budget giornaliero degli italiani per le vacanze estive di quest’anno, contro i 104 del 2012, secondo Codacons. La cifra comprende i costi di trasporto, i soggiorni presso le strutture turistiche, le spese per l’alimentazione, per i servizi balneari, per svago e intrattenimento
CAGLIARI – Stop al sardo sulle strade / No ai nomi dei Comuni in sardo. A denunciare l’imposizione statale è stato il deputato del Pdl Mauro Pili che il 30 luglio ha dichiarato: «Lo Stato ha inviato una circolare con la quale invita i Comuni a togliere i cartelli in sardo all’inizio e alla fine centro abitato». Per Mauro Pili, questo provvedimento è «l’ennesimo atto di arroganza e ignoranza che va respinto al mittente senza un attimo di esitazione. Si ignora che la lingua sarda è ufficialmente riconosciuta e ha tutti i riconoscimenti che la equiparano sostanzialmente alla lingua italiana». Secondo il deputato azzurro, che ha presentato un’interrogazione al ministro per le Infrastrutture, «a una circolare di questa natura bisogna rispondere facendo l’esatto contrario, indicando all’ingresso di ogni Comune anche il nome in sardo del paese, con la stessa evidenza di quello in italiano»
BOLOGNA – Niente vodka contro Putin / «Non bevete vodka russa, non com- P^^ES^H prate vodka russa». È l’appello di un circolo Arcigay di Bologna, "Il Cassero", che ha lanciato il boicottaggio contro i prodotti made in Russia. Al centro della protesta la "legge anti gay", che prevede multe e carcere per gli stranieri «che propagandano la diffusione di relazioni sessuali non tradizionali». Un modo, spiegano dall’Arcigay, «per dimostrare solidarietà ai nostri "compagni combattenti" russi». Il Cassero ha già smesso di servire vodka russa, e sta effettuando segnalazioni ai fornitori perché tra i prodotti non ci sia nulla di proveniente da quel Paese. Il boicottaggio punta anche a evitare qualsiasi tipo di turismo o semplice acquisto online su siti russi.
PALERMO – Crocetta leva l’Irpef. Anzi no / Inversione a "U". Il presidente della Regione Rosario Crocetta completa la sua manovra pericolosa sulla strada che porta all’aumento dell’Irpef. Aumento prima deciso in giunta e annunciato pubblicamente. Poi, smentito poche ore dopo, con tanto di protesta dell’assessore Bianchi, che aveva persino messo in discussione, in caso di annullamento del disegno di legge approvato poche ore prima dall’esecutivo, la sua posizione nel governo. Poi il ritorno al principio: «Abbiamo portato avanti nelle scorse giornate – spiega Crocetta ai cronisti, a margine di una conferenza stampa col ministro D’Alia – fitti colloqui col governo. Alla fine, ci siamo resi conto che non c’è scelta. L’aumento dell’Irpef rimane. Il rischio, infatti, sarebbe stato quello di non poter erogare circa un miliardo di aiuti alle imprese»
ROMA – ESTATE: 3,5 MILIONI DI ITALIANI CAMPEGGIATORI Tre milioni e mezzo di italiani hanno deciso quest’estate di trascorrere la vacanza in tenda, roulotte o camper, per conciliare le esigenze di indipendenza e di flessibilità con quelle del risparmio. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dell’indagine Ipr Marketing dalla quale si evidenzia che questo tipo di turismo è apprezzato da ben il 9 per cento degli italiani che trascorreranno una notte fuori casa nell’estate 2013. Se i piu’ giovani – sottolinea la Coldiretti – preferiscono la tenda, le persone di età piu’ matura e con maggiori disponibilità finanziarie privilegiano la roulotte e soprattutto il camper sul quale viaggeranno ben 1,5 milioni di italiani. L’offerta turistica Made in Italy ha colto – sostiene la Coldiretti – questa opportunità e lungo tutta la penisola sono disponibili servizi, aree di sosta e campeggi al mare, nelle citta’ d’arte, in montagna ed anche in campagna. Si stima che in Italia – sottolinea la Coldiretti – siano presenti almeno mille agricampeggi che rendono disponibili quasi 8mila piazzole di sosta particolarmente apprezzate dagli amanti della vacanza all’aria aperta come i camperisti. Molte aziende agrituristiche di Terranostra – continua la Coldiretti – si sono attrezzate con l’offerta di colazioni al sacco o con la semplice messa a disposizione spazi per picnic, tende, roulotte e camper per rispettare le esigenze di indipendenza di chi ama prepararsi da mangiare in piena autonomia ricorrendo eventualmente solo all’acquisto dei prodotti aziendali di campagna amica. Le sole aree di sosta camper presenti in Italia al di fuori dei campeggi sono circa 2000, di cui il 69% aree attrezzate, il 18% camper service e il 13% punti di sosta non attrezzati. E’ il Nord Italia ad ospitare il maggior numero di aree di sosta, con il 45,1% delle aree totali, di cui 21% al Nord Ovest e 24,1% al Nord Est, seguito dal Centro e dal Sud, rispettivamente con il 26,5% e il 28,4%, secondo il Rapporto nazionale sul turismo ‘en plein air’ in camper e in caravan 2013 dell’Associazione Produttori Caravan e Camper.

VATICANO
BUENOS AIRES / La posizione del cardinale Jorge Mario Bergoglio nel ricordo di un filosofo argentino / Gay sì, matrimonio no, unioni forse – F. Fio. / Mentre il mondo si sorprende per l’improvvisa apertura del Vaticano nei confronti degli omosessuali, inaugurata da Papa Francesco nel volo di ritorno da Rio de Janeiro, dall’Argentina arriva il ricordo del fatto che, se nessun Pontefice aveva mai parlato in questi termini dell’amore tra persone dello stesso sesso, a farlo c’era già stato perlomeno un cardinale: Jorge Mario Bergoglio. Nonostante questo, né lui né i colleghi di colui che oggi è Papa hanno mai ammesso che i gay possano sposarsi e chi tra loro si è espresso diversamente, è stato allontanato dalla Chiesa. Quando nell’anno 2007 un gruppo variegato di deputati di sinistra portò al parlamento argentino un progetto di legge per permettere i matrimoni gay, lesbo, bisex e trans, la società si fratturò in più parti, in cui si riconoscevano perlomeno due grandi insiemi. I settori più conservatori denunciarono un oltraggio alle tradizioni nazionali e alla cultura cattolica del Paese, mentre i movimenti antagonisti e i partiti progressisti invocarono l’uguaglianza dei diritti e la fine della discriminazione. I due gruppi si incontrarono diverse volte nella piazza del Congresso e mentre le commissioni discutevano la norma, fuori i Cristo in Croce e i pantaloni da gaucho fronteggiavano le piume di struzzo e la musica pop. Tra i due schieramenti, stava la sostanziale indifferenza di buona parte dei cittadini, che dicevano ai sondaggisti di riconoscersi nel principio del «vivi e lascia vivere», raggiungendo il 43% dell’opinione pubblica di allora, e poi, l’apprensione di un’importante minoranza gay cattolica, che aveva vestito la Vergine Maria con la bandiera multicolore Glbt, ma che di fatto si sentiva stretta tra due fuochi. Associazioni come Cristianos Gays o Jesus Inclusivo si trovarono spiazzate, quando la Chiesa Cattolica (così come i molti culti protestanti che riempiono i templi di quartiere in questa zona del mondo, gli ebrei e altre confessioni) si schierò in prima fila contro la proposta dei nuovi fatidici si, usando toni quasi medievali. Marcelo Marquez, un filosofo e attivista gay 42enne, cresciuto in una famiglia credente di cui conserva i valori, dice di essersi sentito «indignato» quando apprese della lettera che nel 2010 monsignor Bergoglio aveva scritto a un gruppo di suore. Il 5 maggio di quell’anno, la Camera aveva approvato la riforma del codice civile e, a pochi giorni dalla discussione in Senato, l’8 luglio la massima autorità cattolica locale scriveva alle monache carmelitane che il suddetto ddl era «un’iniziativa del Diavolo» e, dato che minacciava «la distruzione della famiglia cristiana», andava scatenata una «guerra di Dio» contro di esso, nella fattispecie, con una nuova manifestazione davanti al Parlamento. Dopo la diffusione della missiva da parte della stessa Chiesa, Marquez volle scrivere una risposta di suo pugno, che firmò con nome e numero di telefono e poi andò a consegnare personalmente alla portineria dell’Arcivescovato di Buenos Aires. «Dopo meno di un’ora, il cardinale Bergoglio mi telefonò e mi invitò a incontrarlo personalmente». Da quella riunione, a cui ne seguì un’altra, il giovane ha tratto un’impressione molto positiva dell’uomo: «Mi disse che Dio ama gli omosessuali, ma che era anche convinto che l’Argentina non fosse matura per una legge del genere». Stando al ricordo del professore, Bergoglio si sarebbe detto «più che altro a favore dell’unione civile».Nell’incontro, oltre che per i toni accesi della lettera sulla «guerra di Dio», Marquez volle rimproverare il monsignore anche per l’espulsione dalla Chiesa di padre Josè Nicolas Alessio, un prete della città di Cordoba, che in pieno dibattito sulla questione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, prese la parola durante un incontro per i diritti Glbt, chiese scusa per l’istituzione di cui faceva parte e poi diede luogo a un monologo in cui si dichiarava gay ed appoggiava nozze ed adozione. All’indomani, l’arcidiocesi della sua città emise un comunicato in cui dissociava la Chiesa dalle posizioni del prete ribelle e iniziava un processo canonico nei suoi confronti. «Mi hanno informato che sono stato citato in giudizio, che devo cercarmi un avvocato e che devo difendermi, anche se non capisco che delitto avrei commesso», avrebbe detto poi il parroco di San Gaetano, davanti all’inizio di un contenzioso che si è concluso tre mesi fa, con la sua scomunica. Duro con alcuni, conciliante con altri, colui che oggi è diventato Papa mantiene da tempo una posizione tollerante nei confronti degli omosessuali, anche se a volte la tolleranza nasconde la presunzione della superiorità. «Ho sempre trattato con misericordia le persone della diversità sessuale», avrebbe detto a tu per tu con Marquez, quella stessa volta in cui credette che l’Argentina non fosse matura per la legge sul matrimonio ugualitario e si sbagliò, dato che la norma è in vigore dal 21 luglio del 2010.
VATICANO
CITTÀ DEL VATICANO – PAPA: MOTU PROPRIO RAFFORZA CONTRASTO A RICICLAGGIO “La promozione dello sviluppo umano integrale sul piano materiale e morale richiede una profonda riflessione sulla vocazione dei settori economico e finanziario e sulla loro corrispondenza al fine ultimo della realizzazione del bene comune”. Inizia così la lettera apostolica in forma di Motu Proprio di Papa Francesco contro il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo e la proliferazione di armi di distruzione di massa, in continuità con quello del suo predecessore Benedetto XVI che, il 30 dicembre 2010, si era espresso a favore della prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario. “La Santa Sede – scrive Bergoglio – in conformità con la sua natura e missione, partecipa agli sforzi della Comunità internazionale volti alla protezione e alla promozione dell’integrità, stabilità e trasparenza dei settori economico e finanziario e alla prevenzione ed al contrasto delle attività criminali”. Viene pertanto rinnovato l’impegno ad “adottare i principi e adoperare gli strumenti giuridici sviluppati dalla Comunità internazionale, adeguando ulteriormente l’assetto istituzionale al fine della prevenzione e del contrasto del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione delle armi di distruzione di massa”. Tra le novità più rilevanti del Motu Proprio figurano, da un lato, l’istituzione di un Comitato di sicurezza finanziaria, con il fine di “coordinare le autorità competenti della Santa Sede e dello Stato ella Città del Vaticano in materia di prevenzione e di contrasto del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione di armi di distruzione di massa”, e dall’altro l’ampliamento dei compiti dell’Autorità di informazione finanziaria che, si legge nel secondo dei quattro articoli, “esercita la funzione di vigilanza prudenziale degli enti che svolgono professionalmente un’attività di natura finanziaria”, tra cui lo Ior. In un comunicato la Santa Sede precisa che tale funzione risponde a una raccomandazione del Comitato Moneyval del Consiglio di Europa. A presiedere il Comitato sarà l’assessore alla Segreteria di Stato, lo statunitense Peter Brian Wells. Il capo della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi ha spiegato che il Motu Proprio di Francesco“è un’ulteriore tappa nel processo di adeguamento delle normative vaticane agli standard internazionali in materia di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, un processo già avviato da tempo e che si avvale anche del dialogo con le autorità di Moneyval”.

EUROPA
SPAGNA
MADRID – PAGARE PER LAVORARE / EUROCRACK / L’FMI PROPONE DI TAGLIARE GLI STIPENDI DEL 10% COME RICETTA CONTRO LA DISOCCUPAZIONE di Giuseppe Grosso “ Il Manifesto 9 agosto 2013 / La crisi spagnola ha varie e complesse sfaccettature anche se quella più eclatante e più dolente riguarda la cronica mancanza di lavoro. H dato sulla disoccupazione oscilla da troppo tempo intorno ad un inquietante 25% e determina una serie di effetti collaterali che stanno lacerando il tessuto sociale del paese: la povertà è aumentata e il suo tasso si attesta al 21,8%. uno dei peggiori d’Europa. Dal 2007 al 2010 le persone assistite dalla Caritas sono passate da 400.000 a 950.000, e un quarto della popolazione (11.675.000) risulta a rischio di esclusione sociale. Per non parlare del nefasto effetto polarizzante che questa situazione sta creando, modellando un paese in cui la forbice tra ricchi e poveri sta crescendo a dismisura. Questo è lo scenario – destinato a rimanere pressoché invariato per lo meno fino al 2018, secondo le istituzioni internazionali – in cui il Fondo monetario internazionale, nel dossier annuale sulla Spagna pubblicato qualche giorno fa, ha lanciato la sua proposta per accendere la luce in fondo al tunnel della crisi iberica: un taglio del 10% dei salari (già in picchiata), prescritto come un salasso curativo. Con il rischio concreto che l’efficacia sia la stessa. La pensa diversamente, però, l’Fmi che dai suo alchemici calcoli ha tratto le seguenti conclusioni: con una diminuzione nominale del 10% degli stipendi, accompagnata da una riduzione dell’1,7% della pressione contributiva in busta paga, si avrebbe un aumento di 5 punti di Pil in 5 anni e un abbassamento del tasso di disoccupazione pari al 7%. E persino una diminuzione dei prezzi (-4/5% in due anni) con un conseguente aumento del consumo. Una formula che ha del miracoloso e che si può riassumere così: salario (e un po’ di Iva in più) in cambio di impiego. Ammesso che funzioni. Il fondo monetario ne è convinto. Lo ha ribadito martedì anche il commissario Ue per gli Affari economici Olii Rehn, che ha invocato un accordo tra la Confìndustria spagnola e i sindacati per iniziare quanto prima a somministrare l’amarissima ma salvifica medicina agli spagnoli. La terapia, però, suscita perplessità. Persino il governo neoliberista del Partido Popular, già autore di una durissima riforma del lavoro acclamata dall’Fmi e solitamente prodigo in fatto di tagli ha sollevato qualche dubbio. «Non vediamo – fanno sapere prudentemente dalla Moncloale condizioni sociali adeguate per raggiungere un accordo tra le parti». Meglio non tirare troppo la corda, avrà pensato l’esecutivo, che, sopraffatto dagli scandali di corruzione e dal disastro economico sfuggitogli completamente di mano, non ha la credibilità per imporre ulteriori sacrifici. Né gli spagnoli – che sono alle prese con aumenti delle bollette, delle tasse universitarie, dei trasporti pubblici e delle spese sanitarie – hanno la possibilità di sopportarli. Con buona pace del Fmi, che però considera «interessante esplorare questa opzione», come fosse un esperimento sociale e in caso di errore si potesse far finta di nulla. Quasi sconcertato è il rifiuto dei sindacati: «Misure come queste si sono già dimostrate inefficaci e non fanno altro che causare sofferenza alla cittadinanza. Ci stupisce – commenta Comisiones obreras, il primo sindacato di Spagna – la mancanza di fantasia dell’FMI che continua a insistere con le stesse formule».

BELGIO
MARCINELLE: IL RICORDO DELLA STRAGE DEI MINATORI ITALIANI / Un “potente richiamo ad una riflessione ancora attuale sui temi della piena integrazione degli immigrati così come su quelli della sicurezza nei luoghi di lavoro”. Così il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricorda la tragedia di 57 anni fa al Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio, in cui morirono 262 minatori tra cui 136 emigrati italiani. “Il concreto accoglimento di queste istanze umane e civili e la piena affermazione di questi diritti fondamentali debbono essere perseguiti con la massima attenzione dalle istituzioni e da tutte le forze sociali”, afferma il Capo dello Stato. Gli emigrati di ieri e quelli di oggi sono stati al centro della commemorazione del terzo disastro per numero di vittime nella storia dei minatori italiani emigrati, avvenuto per via di un incendio nell’epoca degli accordi italo-belgi che prevedevano l’invio di forza lavoro dall’Italia in cambio di carbone. Nel 1956 fra i 142 mila minatori impiegati, 63 mila erano stranieri e fra questi 44 mila erano italiani. Quel dato non sfugge né al ministro degli Esteri Emma Bonino, che nel suo messaggio ricorda come l’emigrazione sia “parte integrante e indissolubile della nostra nazione e della nostra storia”, né alla presidente della Camera Laura Boldrini che ha reso omaggio alle vittime, insieme al viceministro degli Esteri Bruno Archi, nella cerimonia che si è tenuta nei luoghi della catastrofe. Gli emigrati italiani che in Belgio cercavano alloggio “trovavano scritte ‘né animali né stranieri’ – ha ricordato la terza carica dello Stato – come oggi in Italia non si affitta a stranieri in barba alla nostra storia, e decidiamo di ignorare che gli immigrati che arrivano a Lampedusa hanno gli stessi occhi dei nostri padri che arrivarono a Marcinelle”. “Oggi – aggiunge Laura Boldrini in polemica con alcune dichiarazioni dell’ad di Fiat Sergio Marchionne – c’è chi dice che nel 2013 di soli diritti si muore, nonostante si continui a perdere la vita per la mancanza di diritti e tutele, ma è senza diritti che si muore, allora come oggi, ed è questo che ci ricorda Marcinelle”. Insieme alla presidente della Camera, una folta delegazione di parlamentari italiani eletti all’estero. “Il modo migliore per onorare la memoria degli italiani nel mondo caduti sul lavoro è far sì che l’Italia si renda protagonista di una svolta culturale sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”, ha sottolineato Laura Garavini, componente dell’ufficio di presidenza del Gruppo Pd alla Camera. “Onorare il ricordo della sciagura di Marcinelle – ha aggiunto – vuol dire anche rilanciare il nostro impegno per la difesa dei diritti di ogni migrante nel mondo e agire concretamente per togliere all’Italia l’indecente posizione di Paese fra i più insicuri d’Europa”. Secondo il senatore di Scelta Civica Aldo Di Biagio, “grazie all’impegno di persone come Mirko Tremaglia e di quelle donne e uomini che animano l’associazionismo italiano nel mondo, stiamo assistendo all’emancipazione storica e culturale di quella tragedia che si sta elevando a memoriale del coraggio di un’Italia che, noncurante delle sofferenze patite, vuole rinascere”. In Belgio anche l’esordiente Alessio Tacconi, deputato del Movimento Cinque Stelle residente a Zurigo: “L’impegno delle istituzioni nei confronti delle nostre collettività all’estero deve tradursi in politiche che assicurino concrete azioni di promozione sociale, economica e politica. Al contempo, deve essere rafforzato il collegamento con l’Italia, facilitato il mantenimento dell’identità culturale e linguistica, l’integrazione nelle società di insediamento e la partecipazione alla vita delle comunità di accoglienza”

AFRICA & MEDIO ORIENTE
TURCHIA
ANCARA – RAFFICA DI ERGASTOLI AL PROCESSO «ERGENEKON» / Dopo 5 anni di indagini che hanno portato al fermo di ben 588 persone e a 275 incriminati, il tribunale di Silivri, presso Istanbul, ha emesso la sua sentenza sul processo «Ergenekon», la presunta rete golpista formata da militari, giornalisti e accademici che avrebbe tramato per rovesciare il governo islamista di Recep Tayyip Erdogan. A fronte di sole 21 assoluzioni, per 254 imputati i giudici hanno deciso pene durissime, ergastolo compreso. Il condannato più illustre è senza dubbio Ilker Basbug, un generale ex capo di stato maggiore dell’esercito, che si è distinto nella repressione del popolo curdo. Carcere a vita per lui, come per il giornalista Tuncay Ozkan e l’avvocato Kemal Kerincsiz, tutti accusati di aver creato «un’organizzazione terrorista» e di aver creato le condizioni, con campagne mediatiche e assassini politici, favorevoli a un golpe militare. I sostenitori degli imputati, riuniti davanti al tribunale, hanno reagito con rabbia alla sentenza. Centinaia di agenti in assetto anti-sommossa hanno dovuto sparare gas lacrimogeni per disperdere la folla. I sostenitori di Erdogan e forze liberali considerano l’arresto dei militari un passo avanti necessario per ridurre il ruolo delle forze armate e democratizzare le istituzioni. I kemalisti accusano invece i giudici di aver scritto una sentenza che sostituisce un atto politico del governo. Di «processo puramente politico» parla il deputato d’opposizione Mustafa Balbay, condannato a 24 anni.

IRAQ
Attentati in serie 27 morti, 100 feriti / Una serie di attentati coordinati hanno provocato almeno 27 morti e oltre 100 feriti a Baghdad, in Iraq. Almeno sette macchine imbottite di esplosivo e diverse altre bombe hanno colpito diversi quartieri sciiti e sunniti della città , poco prima della fine del digiuno del ramadan. Attentati che arrivano otto giorni dopo un’altra serie di attacchi coordinati con veicoli esplosivi contro quartieri a maggioranza sciita a Baghdad e nel sud del paese, e che avevano provocato una sessantina di morti. Nel frattempo le forze di sicurezza compiono vaste operazioni contro i gruppi armati in diverse province del paese, specialmente nel nord-est dell’Iraq dove gli attentati sono quasi quotidiani. All’esterno di Baghdad, almeno cinque persone sono state uccise martedì, fra loro due estremisti, abbattuti nella regione di Muqdadiya, nel nord-est della capitale, mentre trasportavano esplosivi a bordo di due camion. L’Iraq è attraversata da una rinnovata violenza, inedita da cinqua anni per l’aggravarsi di tensioni confessionali tra la maggioranza sciita e la minoranza sunnita, esacerbate dalla paralisi politica nel paese. Un migliaio di persone sono state uccise in luglio, secondo un bilancio dell’Onu. Tre divisioni dell’esercito iracheno, ovvero oltre 30 000 uomini continuano le operazioni nel nord del paese, soprattutto nelle montagne di Himreen: la più vasta operazione militare dalla partenza delle truppe nordamericane, nel 2011, per arrestare i militanti legati ad al-Qaeda.

SUDAFRICA
JOHANNESBURG – MANDELA HA RISCHIATO / CHE GLI TAGLIASSERO LA LUCE / La municipalità di Johannesburg si è scusata con l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela, 95 anni, da due mesi all’ospedale per una grave infezione polmonare. A causa di bollette non pagate, perché le lettere erano state inviate a un indirizzo sbagliato, Mandela ha rischiato infatti l’arresto della fornitura di acqua e luce.L’amministrazione municipale ha definito «un deplorevole incidente» l’invio di una lettera di ingiunzione di pagamento entro quindici giorni al domicilio dell’eroe della lotta anti-apartheid, per l’importo di 6.468,48 rand (495 euro) datata 1 agosto. Le fatture erano indirizzate a un proprietario dal nome simile a quello di Mandela, ma residente in un altro quartiere. Il mese scorso, una bolletta della luce di oltre 3,5 milioni di rand (270.000 euro) era arrivata per errore alla sede dell’Anc, il partito al potere in Sudafrica di cui Nelson Mandela è l’iscritto più illustre.

ISRAELE
Gerusalemme – LA CONTESA 7 Gli ebrei colonizzano la Città Vecchia: via gli arabi dal cuore di Gerusalemme di Carlo Antonio Biscotto L’antico quartiere arabo nel centro della Città Santa attraversato dalla Via Crucis percorsa duemila anni fa da Gesù diretto al patibolo, sta perdendo la sua identità. La famiglia Najib abita qui da tre generazioni e ogni giorno per tornare a casa deve affrontare la sua piccola via crucis. La stradina e le scale sono ostruite da guardie israeliane armate e dai comportamenti tutt’altro che amichevoli. I Najib a volte sopportano in silenzio, altre protestano: “Scansatevi, lasciateci passare. Abitiamo qui”. Ma i Najib temono che ormai la battaglia che stanno portando avanti insieme ad altre famiglie arabe sia persa. Teatro dello scontro è la Città vecchia di Gerusalemme, enclave cintata da alte mura con una superficie inferiore al chilometro quadrato nella quale abitano musulmani, ebrei, cristiani e armeni. È il centro vitale delle tre grandi religioni monoteistiche e attira turisti e pellegrini da ogni parte del mondo. Le sue stradine sono percorse da sacerdoti, rabbini e imam diretti verso la chiesa del Santo Sepolcro, il Muro del pianto o la moschea di al-Aqsa.
I palestinesi accusano gli ebrei di portare avanti un programma di colonizzazione della Città Vecchia. Gli israeliani rispondono che si stanno riprendendo terre assegnate loro da Dio. Sta di fatto che nel quartiere arabo vivono ormai circa mille coloni ebrei accanto a 31.000 musulmani. I coloni sono entrati in possesso di case di famiglie arabe che vivevano qui da secoli e dalle finestre fanno sventolare orgogliosamente e provocatoriamente la bandiera di Israele.
La famiglia Najib è composta da otto adulti e quattro bambini. L’appartamento ha tre stanze e i figli più grandi sono andati a vivere altrove. Affacciandosi al piano terra si vedono sventolare al secondo piano cinque bandiere israeliane. Da trenta anni i piani superiori della palazzina ospitano una yeshivah, una scuola religiosa ebraica. “Studenti, insegnanti e guardie di sicurezza fanno rumore, gettano la spazzatura giù per le scale e spaventano i bambini. Cantano, pregano, fanno musica e sbattono le porte giorno e notte”, si lamenta Youssef Najib. I responsabili della yeshivah si sono rifiutati di rilasciare dichiarazioni a Harriet Sherwood, la giornalista dell’Observer che ha incontrato la famiglia Najib. Daniel Luria, portavoce di Ateret Cohanim, l’organizzazione cui fa capo la scuola, chiarisce che nessuno dei coloni è disposto a farsi intervistare. “Ci considerano occupanti mentre i musulmani sono considerati i legittimi residenti del quartiere. Non è giusto”, commenta.
Ma Ateret Cohanim non si occupa solamente di questioni religiose e della gestione della scuola. In realtà aiuta gli ebrei ad acquistare immobili nella Città Vecchia e a Gerusalemme est per realizzare quello che Luria stesso definisce il “progetto di recupero spirituale” della città. Finora la sola Ateret Cohanim ha concluso la compravendita di almeno 50 immobili nel quartiere arabo.
Secondo un rapporto pubblicato nel 2009 dall’Ipcc, un’organizzazione palestinese, Ateret guida il “processo di ebraizzazione della Città Vecchia”. Le proprietà sono state acquistate ricorrendo a tre diversi metodi: rivolgendosi al tribunale e facendo sfrattare gli arabi sostenendo che storicamente una certa proprietà apparteneva agli ebrei, occupando immobili “temporaneamente vuoti” o stipulando contratti di compravendita servendosi di prestanome. Ateret Cohanim ammette che a volte gli acquirenti si servono di intermediari arabi: “La legge araba dice che un arabo va ucciso se vende le sue proprietà a un ebreo”, spiega Luria. “Gli arabi vanno protetti perché anche se vogliono vendere non possono farlo apertamente”. Al momento Ateret Cohanim ha messo nel mirino immobili nei pressi della Porta di Erode e non lontano dal Muro del pianto.
“Questo è il luogo sacro della nostra cultura, perché non dovremmo farvi ritorno? E poi siamo disposti a pagare bene. Non cacciamo la gente di casa. Gli ebrei hanno il diritto di comprare una casa qui così come la comprano a Londra o a New York”, aggiunge Luria. “I veri occupanti abusivi sono gli arabi, non noi. Se hanno problemi a vivere accanto agli ebrei, possono andare a vivere altrove”. Negli ultimi anni la popolazione nella Città Vecchia è raddoppiata e il sovraffollamento ha aggravato tutti i problemi sociali, povertà compresa. Secondo un rapporto Onu la densità demografica nel quartiere arabo è quasi tre volte superiore a quella del quartiere ebraico e molte case palestinesi sono prive di acqua corrente e di fognature. Per godere del diritto al-l’assistenza sanitaria e alla scuola gratuita, i palestinesi debbono dimostrare che a Gerusalemme hanno il “centro principale” delle loro attività. Tra il 2006 e il 2011 a oltre 7.000 palestinesi è stata revocata la residenza a Gerusalemme e con essa l’accesso ai servizi sociali. Per molti è stata una vera tragedia.

EGITTO
IL CAIRO – «Morsi? Sta bene, ha accesso alle informazioni perché può guardare la tv e leggere i giornali. E quindi abbiamo potuto parlare della situazione» / Catherine Ashton, ministro degli esteri Ue, a proposito di Mohammed Morsi. Ashton è la prima personalità europea che incontra l’ex presidente egiziano, ma non ha rivelato il contenuto della conversazione.

ASIA & PACIFICO
AFGHANISTAN
KABUL, 7 Ago Afghanistan: attentati in fine Ramadan Capo polizia Helmand sfugge a attacco – Almeno 13 persone, fra cui due agenti di polizia, sono rimasti feriti stasera in un’esplosione avvenuta a Ghazni City, capoluogo della omonima provincia centro-orientale afghana, seguita da un fallito attacco di un kamikaze contro il capo della polizia della provincia meridionale di Helmand. Nella sera in cui si celebra la giornata dell’Eid ul Fitr (che segna la fine del Ramadan) i talebani hanno preso di mira un veicolo civile ferendo 11 civili, fra cui quattro bambini, una donna e due agenti.

PAKISTAN
LA CRISI DELLA SETTIMANA – II Pakistan ha un nuovo presidente, Mamnoon Hussain, businessman alleato dei primo ministro Nawaz Sharif, ma la stabilità del suo Paese è ancora lontana. Nella notte tra il 29 e il 30 luglio un gruppo di 100 talebani pakistani ha assaltato la prigione centrale di Dera Ismail Khan, nel nord ovest. Gli assalitori volevano liberare 5 compagni. Hanno attaccato il carcere con granate e armi pesanti, e aperto ogni cella con esplosivo, liberando 243 prigionieri. Le autorità hanno imposto il coprifuoco in tutta l’area e bloccato tutte le strade che la collegano alle regioni tribali del Waziristan.

INDIA
IL TESORO DEL MAHARAJA / Dopo 21 anni possono mettere le mani sull’eredità del padre. Il tribunale indiano di Chandigarh ha stabilito che lefiglie del maharaja Harinder Singh Brar hanno diritto a godere del patrimonio (stimato in 4.4 miliardi dollari) che fu del padre. Le legittime discendenti hanno vinto un lunghissimo contenzioso legale riuscendo a dimostrare che il testamento sottoscritto dal padre era stato redatto in un momento in cui il maharaja non era capace di intendere. Inizialmente, infatti, l’eredità era andata a un fondo di beneficienza crea to da alcuni servi di corte. Il patrimonio comprende: un pa lazzo regale, l’antica fortezza della città di Faridkot, una base aerea, gioielli e parecchie auto d’epoca.

COREA DEL NORD
FESTA ALLA COREANA – In Corea del Nord si festeggia la pace. Non quella di oggi, ma quella firmata 60 anni fa, con l’armistizio tra Pyongyang e Seul. L’accordo sanciva la fine di una guerra lunga tre anni e cristallizzava l’attuale divisione tra Sud capitalista e Nord comunista lungo il 38esimo parallelo. Ancora oggi, i bambini nordcoreani realizzano coreografie di massa allo Stadio "primo maggio" per celebrare il 27 luglio del 1953.

CINA
BEIDAIHE – Il tradizionale incontro «balneare» dei leader Socialismo democratico o no? Se ne può discutere di – Simone Pieranni / Beidaihe, nota località balneare cinese nella regione dell’Hebei, a un tiro di schioppo da Pechino, rappresenta in modo efficace il tradizionalismo e la capacità di cambiare muta del Partito comunista cinese. L’incontro estivo dei leader politici nazionali ha origini lontane, perché furono proprio i padri della rivoluzione comunista a dare vita all’usanza dell’incontro agostano a Beidaihe. Allo stesso tempo, da allora, sono cambiati e non di poco, i temi di discussione, nel corso della burrascosa e a tratti esaltante vita della Repubblica Popolare.
Quest’anno si tratta del primo incontro presieduto dal nuovo capo del Partito Xi Jinping e gli argomenti saranno principalmente economici, secondo i bene informati; i temi politici però aleggiano sull’incontro a seguito principalmente di due eventi: l’imminente processo a Bo Xilai, che pare abbia raggiunto un accordo con i vertici del Partito e salvo colpi di testa ammetterà le proprie colpe in un processo rapido e senza sorprese, e una discussione nata da un dibattito politico piuttosto acceso tra magazine e quotidiani del Partito. La rivista della Scuola di Partito, Study Times, ha infatti pubblicato un editoriale nel quale sottolineava come dopo il 18mo congresso del novembre scorso, ci si aspettasse un’accelerazione di riforme puramente politiche, in nome di un socialismo democratico capace di rappresentare al meglio le istanze costituzionali. Da sempre la rivista viene vista come la rappresentazione e il megafono della sponda liberal del Partito Comunista. A Study Times ha risposto in modo perentorio il Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito Comunista e considerato la roccaforte dei conservatori: «Il costituzionalismo sotto la maschera del socialismo democratico è più pericoloso del capitalismo in quanto è stato progettato per sovvertire il socialismo in tutto il mondo». Anzi, secondo il Quotidiano del Popolo, «dall’inizio della guerra fredda, le agenzie di intelligence Usa hanno utilizzato il socialismo democratico, come potente arma ideologica contro il totalitarismo».
Al di là del botta e risposta questo dibattito dice qualcosa che spesso in Occidente è ignorato: in Cina si discute, c’è un confronto che spesso – specie negli ambienti più accademici – mira anche a superare le specificità cinesi. In particolare, come già segnalato su queste pagine, il dibattito verte sulla Costituzione e la sua forza e capacità di raccogliere i cambiamenti sociali del paese.
Processi che trovano al momento una loro riflessione da parte dei leader, nell’ambito delle ricette economiche. Per la prima volta dal 1990 l’economia cinese crescerà «solo» del 7,5%. Alcuni istituti e banche hanno provato a immaginare scenari anche peggiori, con la Cina in preda al cosiddetto hard landing, ovvero un risveglio dalla crisi molto simile a un incubo. Da Pechino tranquillizzano i mercati internazionali e a Beidaihe questo rallentamento cercherà di diventare il tentativo di immaginare le riforme economiche capaci di riequilibrare la società cinese – preda di clamorose diseguaglianze – e provare a convertire la quantità in qualità, magari dispensando importanti direttive alle periferie del potere cinese, da sempre capace di sperperare denaro e investimenti (tanto che da qualche mese il debito pubblico delle amministrazioni locali è diventato uno dei problemi principali della leadership).
Le linee guida sono quelle della già nota «Likonomics», nel tentativo di effettuare riforme strutturali; in particolare si cercherà di aumentare l’ingresso dei privati nei settori considerati da sempre territorio statale, anche se al riguardo non mancheranno resistenze. Come sottolineavano i media cinesi in questi giorni, «le cosiddette 36 clausole, uscite nel 2005, avevano incoraggiato gli investitori privati a inserirsi in alcuni settori in gran parte controllati dallo Stato, come i trasporti, l’energia, le telecomunicazioni, la finanza, i servizi medici e l’istruzione». Questo processo di liberalizzazione però pare sia stato troppo lento, o almeno così ritiene anche il Fondo Monetario Internazionale che da tempo suggerisce nuove liberalizzazioni a Pechino. Così il governo ha rilasciato un’altra linea guida nel 2010, «le nuove 36 clausole», nel tentativo di rinnovare tale spinta che nel 2013 verrà ancora potenziata.

FILIPPINE
COTABATO CITY – BOMBA SULLA STRADA, SEI MORTI E TRENTA FERITI / Almeno sei morti e più di trenta feriti per l’esplosione di una bomba lungo una strada molto frequentata nel sud delle Filippine: a Cotabato City, che si trova a circa 900 km al sud della capitale Manila. La città è già stata teatro di attentati attribuiti a ribelli musulmani o alla criminalità comune. La bomba è esplosa al passaggio del veicolo blindato che trasportava la Cynthia Guiani-Sayadi, sorella del sindaco e impegnata nell’attività politica del municipio. Sayadi, che aveva già ricevuto minacce, è rimasta illesa, è morto invece un poliziotto di scorta. L’attentato non è stato rivendicato, ma si sospetta possa essere opera di una frazione dissidente di ribelli musulmani dissidente che si oppone alle trattative in corso tra il governo di Benigno Aquino III e il principale gruppo ribelle.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
VENEZUELA
CARACAS – Presentati i candidati per le elezioni comunali Chavismo e opposizione scaldano i motori in vista delle elezioni comunali dell’8 dicembre. Ieri, a quattro mesi dalla scomparsa di Hugo Chávez, che ha governato il paese da 14 anni, i candidati dei due schieramenti si sono iscritti al Consiglio nazionale elettorale: pronti a una campagna che si presenta accesa e non solo basata su questioni locali. Da una parte, il «socialismo del XXI secolo» che scommette sui programmi sociali e sul riscatto dei settori popolari. Dall’altra un piano di privatizzazioni che segue il modello occidentale e che si articola nel campo della Mesa de la unidad democratica (Mud), diretto da Henrique Capriles Radonski: il quale non ha riconosciuto la vittoria (di misura) dell’ex autista del metro Nicolas Maduro alle presidenziali del 14 aprile. L’ala più filo-Usa della Mud ha proposto «una nuova costituente». Una «follia» per Maduro.

ARGENTINA
BUENOS AIRES – Il salario minimo dei lavoratori argentini aumenterà del 25 per cento. È il risultato dell’accordo siglato tra sindacati e imprenditori nell’ambito del "Congresso del salario", convocato dal ministero del Lavoro. Nelle tasche dei lavoratori entreranno almeno 3.600 pesos al mese (circa 498 euro) a partire dal primo gennaio 2014. Ma già da agosto, secondo l’intesa firmata, ogni argentino non potrà guadagnare meno di 3.300 Kirchner. Anche lo scorso anno (set-tembre 2012) il salario minimo era stato aumentato del 25 per cento.

NICARAGUA
È più semplice raggiungere la luna che costruire un canale in Nicaragua» / Fernando Nunez Fàbrega, ministro degli Esteri panamense, commenta il progetto di costruire un canale in Nicaragua alternativo a quello di Panama

BOLIVIA
COCHABAMBA – 1.200 delegati per l’organismo di «liberazione latinoamericana». E l’Alba vara gli arbitrati regionali Termina oggi la Cumbre antimperialista – di Geraldina Colotti / Si è concluso il 2 agosto la Cumbre antimperialista iniziata tre giorni fa a Cochabamba, in Bolivia. Un vertice convocato da una ventina di movimenti sociali, sindacali e indigeni, membri del Pacto social, che appoggiano il governo Morales. Una iniziativa che ha riunito 1200 delegati provenienti da 18 paesi del mondo, anche europei: sindacati, movimenti sociali, alcuni partiti. Una risposta al «sequestro» di Evo Morales per via del caso Snowden, l’ex analista Cia che ha rivelato le intercettazioni illegali del Pentagono e l’esistenza di 5 basi clandestine in America Latina.
Edward Snowden ha ricevuto la disponibilità all’asilo politico da parte di Bolivia, Ecuador, Nicaragua e Venezuela e proprio ieri ha lasciato l’aeroporto moscovita di Seremetevo. Anche il fondatore del sito Wikileaks Julian Assange, a cui l’Ecuador ha dato asilo un anno fa, è chiuso da 400 giorni nell’ambasciata ecuadoregna a Londra. Ieri ha dichiarato che dorme in bagno, e teme di essere avvelenato: in questo modo verrebbe portato all’ospedale e verrebbe arrestato ed estradato in Svezia, dov’è inseguito da un’accusa di stupro, e da lì mandato negli Usa. In nord america farebbe una fine ancor peggiore di Bradley Manning, il soldato che gli ha fornito i 700.000 documenti top secret del Cablogate, attualmente in attesa di sapere se una Corte marziale del Maryland lo condannerà a oltre 100 anni di carcere.
Obiettivo della Cumbre, creare «uno strumento politico di liberazione latinoamericana» che renda vincolanti le decisioni prese a livello continentale. I partecipanti hanno discusso su cinque temi: sovranità politica, economia territoriale, violazione dei trattati e degli accordi internazionali, strategie politiche continentali. In questo ambito si è affrontata anche la storica questione dello sbocco al mare che il Cile nega alla Bolivia, fortemente sostenuto dalle organizzazioni sociali cilene. Centrale la questione delle ingerenze e degli «attacchi terroristici» ai paesi socialisti latinoamericani come il Venezuela, che ha denunciato un nuovo piano per uccidere il presidente Nicolas Maduro. Una rete criminale che si estende da Miami alla Colombia dove l’ex presidente Alvaro Uribe, amico dei paramilitari, continua a manovrare. La stessa lunga mano della Cia, che arma e sostiene gli anticastristi di Miami, hanno ricordato le contadine cubane presenti.
«L’integrazione la stanno costruendo i popoli, i lavoratori perché sempre pensano ai poveri del mondo, perché il nemico è comune. La sovranità dei popoli è internazionalista e questa è la piattaforma per costruire una vera integrazione continentale – ha detto il vicepresidente boliviano Alvaro Garcia Linera in apertura del Vertice – Noi siamo il futuro, loro la decadenza», ha aggiunto riferendosi ai capitalisti e all’«impero».
Già martedì scorso, il vertice dei paesi dell’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America (Alba), riuniti in Ecuador con i movimenti sociali, ha proposto di costituire tribunali di arbitraggio regionali a partire dagli organismi di integrazione come l’Alba, la Comunità degli stati latinoamericani e dei Caraibi (Celac) e l’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur). È stato il primo vertice senza l’ex presidente venezuelano Hugo Chávez, scomparso il 5 marzo, che lo ha ideato nel 2004 insieme a Fidel Castro. Al suo lascito politico si sono riferiti tutti i presidenti della Cumbre per rifiutare l’Alleanza del Pacifico (composta da Cile, Colombia, Messico e Perù sotto l’egida degli Usa), come Chávez aveva rifiutato l’Alca – l’Accordo di libero commercio delle Americhe, promosso da Bush – nel 2004. Anche in quel caso, si è discusso di spionaggio e di Snowden e si è ribadito l’appoggio a Morales. Il quale conclude oggi la Cumbre antimperialista con una grande manifestazione nella Avenida Blanco Galindo a Cochabamba.

HAITI
Onu responsabile dell’epidemia di colera /Uno studio dell’università di Yale, nel Connecticut, una delle più prestigiose università nordamericane, ritiene l’Onu responsabile della devastante epidemia di colera scoppiata ad Haiti nell’ottobre 2010. Secondo i ricercatori della facoltà di diritto e del dipartimento della salute pubblica di Yale, esistono numerose prove scientifiche che mostrano come alcuni Caschi blu dell’Onu, originari del Nepal abbiano introdotto l’epidemia. I ricercatori ritengono che l’organizzazione internazionale dovrebbe assumersi la responsabilità, presentare scuse e fornire sostegno alle vittime. Le Nazioni unite hanno già rigettato una richiesta di risarcimento. Gli autori del rapporto affermano che le Nazioni unite violino le norme del diritto internazionale non creando un’istanza per ricevere le denunce delle vittime. L’esplosione di colera ad Haiti ha provocato oltre 7.500 morti e infettato oltre 578 409 persone.

CILE
Non si processa la famiglia Pinochet / Un giudice cileno ha chiuso il caso denominato Riggs, un’indagine di nove anni sui conti segreti del dittatore Augusto Pinochet, senza processare la famiglia del defunto dittatore. Un altro giudice ha rigettato la richiesta di famigliari che chiedevano di processare il generale in pensione Fernando Matthei, per la morte di Alberto Bachelet, padre dell’ex presidente Michelle Bachelet.

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
George W. Bush operato d’urgenza / L’ex presidente degli Stati uniti George W. Bush è stato sottoposto d’urgenza a una delicata operazione chirurgica nell’Ospedale presbiteriano di Dallas, nel Texas, per via dell’ostruzione di un’arteria coronaria. L’intervento si è concluso positivamente per Bush, 67 anni, che rimane comunque ricoverato.
USA
24 milioni di dollari che il governo americano ha speso per finanziare un programma di propaganda anticastrista. Ogni giorno un aereo vola sull’isola trasmettendo segnali radio captabili dai cubani. Peccato per gli Usa che le autorità de L’Avana riescano a intercettare il segnale e a bloccarlo
NYC – SEXVICTIM / La polizia ha arrestato 150 sfruttatori e salvato 105 minorenni dalla prostituzione. Non è successo in Thailandia o Cambogia, ma negli Stati Uniti d’America. L’Fbi ha lanciato un’enorme operazione contro lo sfruttamento minorile che ha coinvolto tutto il Paese. Dopo mesi di inseguimenti e investigazioni -anche attraverso i social network – l’Agenzia federale ha mobilitato 230 unità di polizia in 76 città per tre giorni. Oltre a liberare i ragazzini, l’Fbi ha sequestrato grandi quantità di contanti, automobili e droga. Le occasioni più "gettonate" per lo sfruttamento dei minorenni sono i principali eventi sportivi. L’età delle vittime è compresa trai 13 e i 17 anni.
( articoli da : Le Monde Diplomatique, NYC

 

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