10766 OGGI su Il Fatto Quotidiano: IL PREGIUDICATO INNOCENTE

20130809 08:30:00 guglielmoz

IL PREGIUDICATO INNOCENTE
GIUSTAMENTE / L’insostenibile leggerezza di Esposito
PIOVONO PIETRE – La Guerra civile delle truppe di B. come in un film dei VANZINA

IL PREGIUDICATO INNOCENTE – di Marco Travaglio / Poniamo che in un qualunque processo, uno degli 80mila che celebra ogni anno la Cassazione, un giornalista chiedesse a un giudice perché ha confermato la condanna di Tizio e il giudice rispondesse: “Perché era colpevole”. Che farebbero i giornali? Non riprenderebbero nemmeno la notizia, essendo assolutamente ovvio che un giudice condanni un imputato che ritiene colpevole. Sarebbe strano il contrario, e lì sì che si scatenerebbe il putiferio, se cioè un giudice che ha appena condannato Tizio dichiarasse: “Secondo me era innocente, ma l’ho condannato lo stesso”. Il guaio del presidente Esposito è che il suo non è un processo normale, perché l’imputato si chiama B., che ha nelle sue mani, o ai suoi piedi, il 90% dei giornali e delle tv. Dunque diventa tutto uno scandalo anche la normalità: un giudice che conferma la sentenza d’appello che condanna B. perché non solo sapeva, ma era il “regista” e il “beneficiario” di un gigantesco sistema di frode fiscale durato anni messo in piedi da lui; e poi spiega off record a un giornale scorretto (che concorda con lui un testo e poi ne pubblica un altro e continua a non divulgare l’audio integrale da cui risulta che il giudice non rispondeva a una domanda su B.) che la conferma non si basa sulla sciocchezza del “non poteva non sapere”, ma sulla prova provata che B. sapeva (anzi, ordinava). Non solo, ma il fatto di ribadire che B. era colpevole perché sapeva, anzi ordinava, diventa la prova che B. era innocente perché non sapeva e non ordinava. Se non ci fosse da piangere, verrebbe da sbudellarsi dal ridere. I giuristi di corte, quelli che non distinguono un codice da un paracarro, sono scatenati. Per Sallusti, un giudice che dà del colpevole a un pregiudicato è, nell’ordine: “scorretto, illegale, vile, inadatto, pericoloso, imbroglione, indegno, scellerato, bugiardo”, da “radiare dalla magistratura”, mentre la sentenza decisa da lui e da altri 4 giudici (da lui contagiati per infezione) “non dovrebbe avere nessun valore” e va “annullata” come sostengono “alcuni giuristi” di sua conoscenza (Gambadilegno, Macchianera e la Banda Bassotti al completo). Belpietro, altro giureconsulto di scuola arcoriana e libero docente di diritto comparato, ha saputo che “in altri Paesi ciò costituisce immediata causa di ricusazione del magistrato o di revisione della sentenza”: poi però non precisa quali siano, questi “altri paesi” della cuccagna dove un giudice che parla dopo invalida la sentenza emessa prima.
Intanto B., sempre in guerra contro la legge ma soprattutto contro logica, sostiene che questa è la prova che “la sentenza era già scritta”: ma se fosse già scritta, perché accusa Esposito di aver parlato prima di scriverla? Strepitoso il duo Brunetta & Schifani: invocano punizioni esemplari contro Esposito perché ha parlato e contemporaneamente una fantomatica “riforma della giustizia” per proibirgli di parlare: e così ammettono che nessuna norma gli vietava di parlare. Secondo Franco Coppi, il fatto è “inaudito” perché “non s’è mai visto un presidente di collegio che anticipa la motivazione della sentenza”: invece s’è visto un sacco di volte. L’ultima, quando il presidente della Corte d’appello di Perugia, Claudio Pratillo Hellmann, all’indomani della lettura del dispositivo della sentenza che assolveva Amanda Knox e Raffaele Sollecito per il delitto di Meredith Kercher, incontrò pubblicamente i giornalisti per spiegare perché i due erano innocenti e i giudici di primo grado avevano preso una cantonata. Nessuno disse nulla, nessuno aprì procedimenti disciplinari, tutti fermi e zitti. Poteva mancare sul Corriere l’illuminato parere di Antonio Polito? No che non poteva. Eccolo infatti avventurarsi pericolosamente su un terreno a lui ignoto – il diritto – con corbellerie sesquipedali. Invoca le solite “riforme della giustizia”, ignorando che se ne son fatte 110 in 20 anni.
Blatera di “sanzione disciplinare”, ignorando che questi illeciti sono tipizzati con precisione dal nuovo ordinamento giudiziario n. 269 del 2006 (a proposito di riforme della giustizia), che punisce “le pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione”, non in quelli già chiusi con sentenza definitiva. Del resto se Polito, per punire Esposito, invoca una nuova legge, vuol dire che lo sa anche lui che con quella attuale non lo si può punire, visto che l’ha rispettata. Alla fine El Drito si supera: Esposito non doveva parlare perché, essendo “un giudice e non un accusatore”, è “obbligato alla terzietà”: sì, ma prima del processo, non dopo. Un giudice che condanna, o assolve, non è più terzo: avete mai visto accusare l’arbitro di non essere più terzo rispetto a un fallo da rigore per aver fischiato un rigore e aver detto che era rigore?
Ma la farsa non finisce qui, perché la premiata ditta B&Coppi&Ghedini vuole ricorrere alla Corte europea dei Diritti del-l’Uomo. Grande idea. Oltre ad aver respinto tre ricorsi di Previti contro le sue condanne per Imi-Sir e Mondadori, la Corte di Strasburgo il 29 maggio 2012 ha dato ragione a un pm dell’Estonia accusato di aver rilasciato interviste e dichiarazioni alla stampa e alla tv su una sua indagine contro un giudice corrotto, condizionando i giudici e violando la presunzione di innocenza. E, secondo la Corte, fece benissimo perché l’opinione pubblica “dev’essere informata su questioni di interesse collettivo”, come le inchieste su personaggi pubblici; e, se il magistrato indica “le accuse all’imputato”, non pregiudica i suoi diritti. Figurarsi se un giudice parla di un pregiudicato. Si spera dunque vivamente che B. ci vada davvero, a Strasburgo. Troverà pane per i suoi denti: fortuna vuole che Strasburgo non sia in Italia.

GIUSTAMENTE / L’insostenibile leggerezza di Esposito – di Bruno Tinti / IO, ESPOSITO lo ammazzerei. È stato il primo a ficcare una condanna definitiva a B; ha spiegato bene la “fretta” con cui è stato fissato il processo; ha dato una dimostrazione di indipendenza annullando i 5 anni di interdizione che ci avrebbero levato dai piedi B subito e una volta per sempre; e si mette a sproloquiare con i giornalisti proprio quando B e la sua corte stanno affannosamente cercando di far dimenticare una ruberia fiscale di molti milioni compiuta da un Presidente del Consiglio che ha depredato il Paese che gli era stato affidato?
Per carità, è ovvio che si tratta di nuddu ‘mmiscatu ccu nenti. Ma la capacità di utilizzare il nulla come argomento non ha mai fatto difetto a B&C; che però, questa volta, hanno dato veramente il meglio di sé. Pensate. Esposito racconta perché il processo a B è stato fissato in fretta: si prescriveva, come altri fissati nella stessa udienza. Si sottrae a domande pericolose sul segreto della camera di consiglio. Arriva a spiegare con chiarezza, sia pure inquinata dall’uso di un napoletano da mercato del pesce, perché non si può utilizzare come prova a carico il “non poteva non sapere” e perché occorrono prove che dimostrino che l’imputato “sapeva”; e la corte dei miracolati da B pianta un casino. “Un infortunio, gravissimo, a conferma dell’ineluttabilità di una riforma che ponga fine alla sfibrante contrapposizione tra giustizia e politica” (Schifani e Brunetta). “Non si è mai visto, la vicenda suscita perplessità e preoccupazioni” (avv. Coppi). “L’accaduto non potrà non avere concreti riflessi sulla valutazione della sentenza” (avv. Ghedini). Ma de che?
CHIUNQUE si legga o ascolti (se la capisce) l’intervista, può rendersi conto che Esposito sta enunciando principi generali. Poteva fare a meno della sua modesta lezione di diritto, ma tant’è. Ammesso che invece si riferisse al processo di B e stesse spiegando perché il collegio ha ritenuto che era colpevole; e allora? Fosse avvenuto prima del giudizio , ricusazione, nullità, fucilazione del giudice prevenuto, beatificazione della vittima. Ma è avvenuto dopo; Esposito ha solo raccontato quello che si leggerà tra qualche giorno. Quale potrebbe essere il pregiudizio del condannato? E che c’azzeccano la riforma della giustizia, le perplessità, i concreti riflessi sulla valutazione della sentenza? Forse che, avendo Esposito riassunto una parte della motivazione prima della pubblicazione, B non ha rapinato al paese una montagna di soldi?
La corte dei miracolati pensi piuttosto alla gravità dell’affermazione intorno a cui fa quadrato: “B è stato eletto da milioni di cittadini che non possono essere lasciati senza rappresentanza politica. Bisogna trovare un modo per garantirgli di proseguire nella sua missione”. Non dicono (oppure mentono sapendo di mentire): B è innocente. Non importa, B deve essere intoccabile . Anche se ruba al Paese? “Ma sì, ha pagato talmente tante tasse, cosa sono 7 milioni di euro evasi” (Gelmini). E se rende schiavi i dipendenti pubblici perché violino la legge e nascondano le sue puttane? E se si mette in affari con la mafia? E se uccide? Dov’è che questo straordinario principio del voto popolare che rende superiori alla legge deve essere abbandonato? E infine: è un principio che vale per tutti? Se Riina si organizza e si fa eleggere da qualche milione di mafiosi e cittadini ricattati, lo tiriamo fuori di prigione e gli consegniamo le chiavi della città?
Cortigiani, vil razza dannata, a qual prezzo vendereste il nostro Paese?

PIOVONO PIETRE – La Guerra civile delle truppe di B. come in un film dei Vanzina / di Alessandro Robecchi
Per carità, non è che le cose antiche devono per forza essere meglio di quelle moderne, anzi, quasi sempre è una fesseria dettata dagli anni che passano. Però, confesso, che se penso alle parole “guerra civile” mi viene in mente il partigiano Johnny, certe sue marce con la mitraglia in spalla di qua e di là delle Langhe con i rastrellamenti tedeschi che salgono la collina, e la scrittura spigolosa di quel Fenoglio, che era spigoloso anche lui. Oppure certe pagine inestimabili di Pavese. Insomma, non la farò lunga con le suggestioni letterarie: credo che un popolo, finché può,laguerra civile la dovrebbe evitare a tutti i costi. Se poi c’è il rischio che invece di Fenoglio o Pavese te la raccontino Signorini e Sallusti, beh, amici, diciamo no alla guerra civile evocata da Sandro Bondi!
Solo immaginare lo scenario mette i brividi. Intanto ci sarebbe una pre-guerra civile per decidere chi sono i buoni e chi i cattivi. Insomma, che sarebbero i partigiani, i Johnny della situazione, e chi invece i tiranni? A sentire le Brigate Santanchè, i giannizzeri di Silvio sarebbero i ribelli che vogliono giustizia e libertà (almeno condizionata) e quegli altri il regime. Un po’ come dire che l’Ovra voleva beccare Pertini per frode fiscale. Lo vedete, non sta in piedi.
Poi ci sarebbe la faccenda delle montagne: Sankt Moritz è irrimediabilmente in Svizzera e non si può internazionalizzare il conflitto. Restano Cortina e Madonna di Campiglio dove, marciando l’esercito di Silvio con la neve al ginocchio o a mezza coscia, Brunetta sarebbe tagliato fuori. Il cane di Francesca Pascale, Dudù, una delle menti più lucide del PdL,avrebbe anche lui i suoi problemi.
Naturalmente si può vedere tutto dal-l’altro lato, perché la guerra civile è sempre double-face. E immaginare l’Italia incensurata che si rivolta al regime ad personam, con tanto di Gran Sasso, Salò e infine Dongo, e i cinquecento pullman di domenica, nel caso, si potrebbero usare per tutte le Clarette.
E poi, siccome siamo in Italia, in caso di guerra civile avremmo a che fare con molti badogliani, che è sempre una specie di tassa che si paga da queste parti quando il gioco si fa duro. Qualcuno che si alzerebbe a dire, ehi! Fermi! Siete due minoranze che bloccano il paese, però nello stile liftato di Antonio Polito, che mette sullo stesso piano un condannato e chi dice che deve andarsene. Un po’ come dire a ladri e polizia, ehi, siete due minoranze! Mah.
Nella guerra civile avremmo poi il problema degli approvvigionamenti. Perché un conto era requisire qualche maiale e qualche gallina, come facevano il partigiano Johnny e i suoi compagni, e un altro conto, invece, è portare a spalla nei boschi della Lunigiana o dell’Ossola bigodini, asciugacapelli, estetisti, Spa con tanto di sauna, i sigari per Verdini, un vulcano finto per stupire gli ospiti e Capezzone per fare il portavoce con le popolazioni locali. Date retta, lasciate perdere. La guerra civile è una cosa seria, ancorché tragica e disperata. Qui non ci sono le condizioni, a meno che non la si voglia affidare ai Vanzina, o a Neri Parenti, magari con Lino Banfi che guarda già dalla collina e dice battendosi la pelata: “Arrivano i tedeschi, porca putténa!”. E poi non so se potremo sopravvivere alle copertine di Chi? con Marina Berlusconi che piazza il mortaio e il titolo: “Vita sana all’aria aperta”.
Non so. A occhio direi che è meglio evitare ‘sta guerra civile, però, intendiamoci, vedete voi, fate quello che volete, insomma. Solo, quando tornate portatemi un gelato.

 

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