10764 Notizie dall’ITALIA e dal MONDO 3 agosto 2013

20130803 10:50:00 guglielmoz

ITALIA. Il made in Italy è a rischio .
VATICANO. Bergoglio. «Un giovane che non protesta non mi piace».
EUROPA. Lisbona. Risolta la crisi politica
AFRICA & MEDIO ORIENTE. Tunisi – RABBIA IN PIAZZA – Massiccia adesione allo sciopero dell’Ugtt
ASIA & PACIFICO. Tokio. Un’ammissione tardiva
AMERICA CENTROMERIDIONALE. Caldera – pezzi di metallo per affondare i «DESAPARECIDOS» Ritrovate nell’oceano le prove dei «voli della morte» di Pinochet
AMERICA SETTENTRIONALE. Stati Uniti «Domenica ambasciate chiuse

ITALIA
ROMA – L’ex presidente del consiglio ha frodato il fisco. La Cassazione conferma la condanna a quattro anni di carcere per Silvio Berlusconi e rinvia a Milano il conteggio definitivo degli anni di interdizione dai pubblici uffici. Vertice notturno dei big del Pdl a Palazzo Grazioli. Il Cavaliere perde il titolo e in un videomessaggio attacca «una parte della magistratura»: la giustizia è morta, perseguitato dal ’92. Napolitano chiede il rispetto della sentenza e apre alla riforma della giustizia. Il Pd trema e spera che non ci siano contraccolpi sul governo.
VITTORIA ALATA /Silvio Berlusconi è stato condannato con sentenza definitiva a quattro anni di carcere per frode fiscale, mentre è stato rinviato alla corte d’appello per la sola rideterminazione della pena accessoria per la interdizione dai pubblici uffici, erroneamente calcolata in cinque anni. La cassazione, senza farsi risucchiare dentro le larghe intese come la si supplicava da più parti, ha fatto il suo mestiere di giudice di legittimità riaffermando la correttezza delle due sentenze conformi di merito: questa volta non ci sono state toghe rosse contro cui imprecare. I giudici di Milano hanno dimostrato con i fatti che il Cavaliere, pur negando sdegnato il conflitto d’interessi, ha sempre diretto Mediaset e non c’è da scervellarsi per capire come se l’è ripetutamente cavata prima, con leggi ad personam, la prescrizione abbreviata, il falso in bilancio cancellato ed altre simili abnormità. Con un curriculum giudiziario di tal fatta, specie dopo lo scandalo della sentenza Mondadori e della prescrizione per corruzione della Guardia di finanza, in un altro paese sarebbe già scomparso politicamente da tempo, mentre da noi ha resistito anche grazie a venti anni di virtuosa opposizione di facciata e di supporto al suo impero televisivo, con il conflitto di interessi sempre agitato come spauracchio e mai tradotto in legge.
Certo in un paese normale sarebbe stata auspicabile una sconfitta politica, ma in uno stato di diritto, dove la separazione dei poteri è il cardine della democrazia, anche le sentenze svolgono il loro ruolo di controllo della legalità e da esse non si può prescindere. Non a caso, proprio su questo punto il Pdl, sempre pronto a scagliarsi contro la politicizzazione della magistratura, negli ultimi tempi aveva invocato un atto di responsabilità della Cassazione e, cioè, una sentenza politica di assoluzione che mettesse da parte i problemi giuridici risolti nei primi gradi del merito e difendesse il quadro istituzionale su cui oggi si regge la non troppo strana maggioranza di governo.
Quando arriverà la pena accessoria "rideterminata" si porrà il problema della decadenza del Cavaliere dal suo status di senatore con una pronuncia del Senato, dato che per l’art. 66 Cost. è questo che dovrà giudicare delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità di uno dei suoi membri. Credo che il Senato dovrà solo prendere atto della sentenza poiché il godimento dei diritti civili e politici è una precondizione per essere eletti e per continuare a far parte del Parlamento: a meno che non si vorrà riproporre, questa volta in maniera devastante per le istituzioni, la farsa del voto sulla nipote di Mubarak. Qui i dilemmi del Pd si accentueranno e, a fronte di una tradizione ventennale di salvataggio del Cavaliere e di una strenua difesa del governo Letta, le rassicurazioni provenienti da quell’area non rassicurano affatto. Ne è un indizio la strana intervista data ieri a Repubblica da Dario Stefàno, ex democristiano prestato a Sel e presidente della giunta del Senato per le autorizzazioni, nella quale si prevedevano tempi lunghi per la decisione con una eventuale: "apertura di una complessa, e credo non brevissima, fase di approfondimento istruttorio anche attraverso l’attivazione di un eventuale apposito comitato inquirente". Con anni di giurisprudenza parlamentare alle spalle e con la Costituzione e leggi elettorali alla mano, ci sarà davvero da insediare un "comitato inquirente" per stabilire che chi non gode più dei diritti politici non può sedere in Parlamento?
Pena accessoria e interdizione a parte, è difficile dire quello che ora succederà al governo e alla legislatura anche perché lo scenario è inedito, ma i buoni samaritani del centrosinistra non potranno più far finta di nulla di fronte ad un leader della destra condannato per frode fiscale nel contesto di un conflitto di interessi conclamato e passato in giudicato. C’è materia per tentare di risorgere ma anche per continuare a precipitare attratti dal baratro della governabilità. di Giuseppe Di Lello

ROMA – PALAZZACCIO / Circo mediatico di Luca Fazio / Centinaia di televisioni per cosa? Il Papa a Rio de Janeiro l’altro giorno ha battuto i Rolling Stones, però è vero che né Bergoglio né Jagger sono riusciti a farsi aspettare due giorni di fila come hanno fatto i giudici supremi della Cassazione prima di comunicare al mondo la condanna definitiva di Silvio Berlusconi. Pochi secondi, e tanti saluti. Davanti al «palco» di piazza Cavour non era come a Copacabana, di fan ce n’erano pochi, eppure centinaia di giornalisti si sono appostati con le telecamere come per trasmettere l’evento più importante del XXI secolo.
Invece anche ieri sono state solo otto lunghe ore di suspense a bassissimo tasso spettacolare. Non per sminuire la performance di tutto rispetto degli uomini togati, però che il neo pregiudicato capo del Pdl avesse qualche problemino con la giustizia lo sapevano tutti i telespettatori, e ben prima che la verità giudiziaria venisse archiviata per la storia con la lettura di un dispositivo giuridico. Eppure il circo mediatico, con tanto di cagnolino (c’era anche Dudù, che consolava la fidanzata del Cavaliere facendosi baciare sul musetto) mai come questa volta è riuscito a mettere in piedi uno dei più giganteschi studi televisivi a cielo aperto della storia italiana per scrutare nient’altro che la granitica insensibilità del Palazzaccio. Misteri della tv, bisognerebbe chiedere a Sua Emittenza. Piazza Cavour è stata trasformata in una specie di bivacco isterico a caccia dell’immagine che non c’era. Nessuna passerà alla storia, probabilmente nemmeno il profilo di Marina, la figlia, quando si è imbucata nel portone di Palazzo Grazioli per stare vicina a suo padre.
Del resto nessuno è mai riuscito a soddisfare un’attesa tanto lunga senza venire a noia, figuriamoci il set di un’aula giudiziaria dopo che gli italiani da più di un decennio sono spettatori della stessa ributtante telenovela. E siccome la società dello spettacolo si nutre anche di audience per misurare il livello di interesse di chi sbircia gli eventi comodamente seduto in poltrona, bisognerebbe chiedere a un qualche Mannheimer se questo evento abbia lasciato una qualche traccia nei cittadini italiani (e nell’elettorato). O se invece il circo mediatico che regge il teatrino della politica – come direbbe l’illustre evasore fiscale – ormai abbia finito per rinchiudersi nella sua gabbia senza nemmeno accorgersi che gli spettatori hanno cambiato canale da un pezzo.

ROMA – INFORMAZIONE , PERCHÉ BISOGNA CAMBIARE, ALTRIMENTI NON CAMBIERÀ NULLA .
MANIPOLAZIONE DELL’INFORMAZIONE E SPETTACOLARIZZAZIONE DELLE NOTIZIE / Notizie che vengono gonfiate ed enfatizzate, altre notizie che vengono minimizzate e sminuite nella loro importanza…
La manipolazione dell’informazione in Italia risulta davvero imponente nella sua azione: manipolazione che distorce la realtà dei fatti, manipolazione che “veicola” l’informazione in diverse direzioni “volute”, manipolazione attuata tramite la censura e l’oscuramento delle notizie etc.
Manipolazione dell’informazione che può essere affiancata alla spettacolarizzazione delle notizie tramite Tg e talk show politici.
La spettacolarizzazione delle notizie è un fenomeno che va avanti da tempo nel nostro paese: fenomeno reso possibile grazie ai diversi media ma che trova la sua massima espressione all’interno di talk-show politici che assumono sempre più le sembianze di show televisivi e programmi di intrattenimento perdendo la loro naturale connotazione di programmi votati al dibattito e all’approfondimento delle notizie e degli argomenti.
Talk show politici che tratti assumono anche la forma del cabaret e in sporadiche occasioni anche della peggiore “tv urlata”.

IL MADE IN ITALY È A RÌSCHIO / The Economist, Regno Unito / Nella moda ci sono sempre meno giovani con competenze specifiche. Per questo le aziende devono realizzare parte dei loro prodotti all’estero Giugno è il mese in cui nel mondo chi veste alla moda guarda alle sfilate italiane per sapere cosa dovrà indossare. A giugno Firenze ha ospitato Pitti Immagine, seguita a pochi giorni di distanza da Milano Moda. Ma non lasciatevi ingannare dall’incedere impettito di certe stampelle umane con le guance scavate: benché lo stile italiano continui ad attirare compratori da tutto il mondo, sotto le passerelle le fondamenta dell’industria italiana dell’abbigliamento e degli accessori tremano.
"Nel giro di una generazione l’etichetta made in Italy rischia di sparire", afferma lo stilista Ermanno Scervino. Pur essendo sopravvissuta relativamente indenne alla crisi economica del paese, l’industria italiana della moda rischia di estinguersi. Per un motivo molto semplice: è sempre più difficile convincere i giovani italiani a lavorare in questo settore. Dietro i raffinati capi in vendita nelle boutique Scervino di Londra, Mosca e Tokyo c’è una vasta gamma di competenze artigianali – realizzazione dei modelli, taglio, cucito, ricamo, maglieria – che trasformano le idee in capi finiti. Cucire a mano decine di rombi di chiffon nero per un abito da sera richiede pazienza, un’ottima vista e una destrezza manuale che si ottiene solo facendo molta pratica. Molti dei dipendenti dell’atelier Scervino, vicino a Firenze, sono ormai di mezza età e hanno acquisito le loro competenze in casa o presso uno dei piccoli laboratori di sartoria e camiceria che un tempo abbondavano nelle città italiane. Ora che questi dipendenti si avviano alla pensione non si sa chi prenderà il loro posto.
I timori di Scervino assillano anche le aziende che fabbricano cinture, borse e portafogli in pelle dando lavoro a circa dodicimila persone a Firenze e dintorni.
Gianfranco Lotti, che produce borse con il suo nome e per un marchio del lusso, incarna una tradizione fiorentina ormai perduta. Lotti ha quasi settantanni e ha imparato a fare borse completamente a mano a quattordici anni come apprendista. Ora il lavoro puramente artigianale è stato sostituito dalla produzione meccanizzata, ma anche in questa situazione certe competenze servono ancora e il costo della loro trasmissione è fuori dalla portata di molte aziende.
UNO STIPENDIO DIGNITOSO
" La perdita di competenze e drammatica", dice Franco Baccani, capo della B&G che produce borse per marchi come Gucci e Cartier. Anche se oggi alcune lavorazioni sono meccanizzate, la B&G continua ad aver bisogno di persone competenti per selezionare i pellami, tagliarli, prepararli e cucire le varie parti che compongono una borsa. Un problema che riguarda anche i produttori di calzature. Nelle Marche circa il sessanta per cento dei settecento dipendenti della Tod’s possiede elevate competenze tecniche, ma anche se lo stipendio e le condizioni di lavoro sono buone e l’apprendistato dei giovani è sovvenzionato
con fondi pubblici, la Tod’s ha difficoltà a sostituire i dipendenti che vanno in pensione. Visto che il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è del 35 per cento, e che un giovane tagliatore di pellami appena assunto guadagna circa i8mila euro all’anno, le case di moda dovrebbero essere assediate dalle richieste di assunzione. Ma gli italiani, come succede in altri paesi ricchi, tendono a guardare dall’alto in basso il lavoro manuale, anche quello altamente qualificato, e le famiglie preferiscono indirizzare i figli verso le libere professioni o il pubblico impiego. Inoltre il sistema scolastico prepara poco alla vita lavorativa.
Dal 2006 l’industria tessile e dell’abbigliamento italiana ha perso circa 86mila posti di lavoro. Anche nel settore calzaturiero l’occupazione si è molto ridotta a vantaggio di paesi dove la manodopera costa meno. Oggi ci sono aziende che cercano di sottrarre ai concorrenti i pochi artigiani presenti sul mercato. Quindi chi ha determinate competenze può essere assunto con un buono stipendio. Ma i sindacati non hanno saputo far passare questo messaggio. Alcune aziende cercano cucitrici e ma-glieriste specializzate all’estero. Altre fanno realizzare parte del lavoro di cucito all’estero e prima di finire il prodotto in Italia attaccano l’etichetta made in Italy. Così si rischia di offuscare la reputazione della qualità italiana, ma se le aziende non convinceranno i giovani a lavorare per loro, questo potrebbe Essere l’unico modo di stare sul mercato.

VATICANO
BERGOGLIO – Basta giudizi sugli omosessuali. È ora di una nuova teologia / Gay e donne, la «svolta» del Papa / LE LOBBY? «SONO TUTTE CATTIVE». Gli omosessuali? «Chi sono io per giudicarli?». La protesta giovanile? «Un giovane che non protesta non mi piace». Le donne? «La Chiesa è femminile, madre, e la donna non è solo la maternità, la madre di famiglia». Papa Francesco I sceglie di lasciare il Brasile lanciando al mondo un messaggio che sembra attinto direttamente dalla Teologia della liberazione. Ed è già come una promessa: «Oggi è arrivato il tempo della misericordia, un cambiamento d’epoca», dice rispondendo alle domande dei giornalisti sull’aereo che lo riporta a Ciampino, dove ad accoglierlo ieri pomeriggio ha trovato il vice premier Angelino Alfano. Un nuovo orizzonte, quello descritto dal Papa argentino con parole che assumono però corpo e sostanza soprattutto con la notizia lanciata simultaneamente da Radio Vaticana e dalla Banca d’Italia di un protocollo d’intesa siglato nei giorni scorsi dall’Aif, l’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede, e dal suo corrispettivo italiano di via Nazionale, l’Uif, l’Unità di informazione finanziaria. Un accordo che «consentirà di scambiare informazioni utili all’approfondimento di casi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo di interesse per le due Autorità».
Dunque, sembrerebbe procedere sul serio sulla via del cambiamento, Jorge Mario Bergoglio. A cominciare da se stesso, visto che quando era cardinale in Argentina si era distinto per la sua campagna contro le unioni omosessuali. Ma, come testimoniò il padre della Teologia della liberazione, Leonardo Boff, al manifesto, fu anche capace di grande flessibilità, al punto da permettere l’adozione di un bambino da parte di una coppia gay.
«Si scrive tanto delle lobby gay in Vaticano – ha detto ieri ai giornalisti Francesco I – ma io ancora non ho trovato nessuno che si presenti con la carta d’identità da gay. Ce ne saranno, ma bisogna distinguere: le lobby sono tutte non buone, ma se c’è una persona gay che cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarlo?». Parole che risultano felicemente «spiazzanti» agli occhi di Nichi Vendola soprattutto perché, dice il governatore pugliese, «Papa Francesco ha fatto un’operazione strabiliante: ha separato l’omosessualità dalla pedofilia», ricordando che è la seconda ad essere «un peccato, un delitto, un reato». Incredibilmente anche questo Bergoglio piace a tutti. Perfino alla teocon Eugenia Roccella che nella predica trova la conferma alle proprie teorie: «Vedete? Il Papa ribadisce che i cattolici non sono omofobi». A darle ragione in qualche modo è Aurelio Mancuso, presidente dell’associazione glbt Equality Italia, che delle parole di Bergoglio apprezza più il cambiamento di stile che di sostanza: «Francesco rimanda alla morale cattolica in vigore che nulla concede alla condizione omosessuale quando è felice e praticata. L’articolo 2359 del Catechismo infatti recita: "Le persone omosessuali sono chiamate alla castità"».
Più che altro una pretesa, quella dell’ex presidente dell’Arcigay. Nemmeno Bergoglio ha il potere, per esempio, di aprire il sacerdozio alle donne: «La Chiesa ha parlato chiaro e ha detto no – spiega Francesco I – La porta è chiusa, lo ha detto Giovanni Paolo II». Eppure, aggiunge il Papa in carica, non basta aprire alle donne com’è stato finora, «metterle a capo della Caritas o permettere loro di prendere la parola durante la messa»: «Bisogna fare una profonda teologia della donna». «Questo – sembra scusarsi Bergoglio – è ciò che penso io». di Eleonora Martini

EUROPA
REGNO UNITO
LONDRA – Una generazione curiosa / Alain de Botton, High Life, / C’è ancora chi pensa che viaggiare "per piacere" sia una cosa semplice. Basta avere un po’ di tempo, un po’ di soldi e un paio di buoni indirizzi. Ma stiamo cominciando a capire che, come la maggior parte delle attività, viaggiare è in realtà un’arte, che trae vantaggio dalla riflessione e dalla pratica sistematica. Non nasciamo sapendo come si fa, e senza esperienza cadiamo nelle trappole più ovvie. In quasi tutti i paesi ricchi del mondo, si viaggia in massa solo da mezzo secolo. Quindi c’è poco da stupirsi se solo oggi stiamo imparando a metterci in viaggio con una saggezza e un’attenzione che i nostri genitori non avevano.
Una delle prime verità che abbiamo scoperto è che non esiste per forza un rapporto tra i soldi che si spendono per i cosiddetti "lussi" e la felicità. Stiamo imparando a essere meno materialisti, il che non significa che le comodità non ci interessano, ma che abbiamo cominciato a capire meglio i limiti che hanno cose come il servizio in camera o un pasto di cinque portate nel lenire i mali che affliggono la nostra mente. L’idea del lusso della generazione precedente, con grandi alberghi e ristoranti raffinati, ora ci sembra ingenua e superata. In questo mondo travagliato e misterioso, starsene al sole come lucertole può farci sentire a disagio invece di rilassarci. Discendiamo da gente che ha lavorato sodo per avere successo nella vita. E, giustamente, "non fare nulla" è la cosa che ci è meno familiare e ci spaventa di più.
Al tempo stesso ci chiediamo cosa dovremmo fare una volta arrivati a destinazione. In passato la risposta era ovvia: andare in un museo. Questo atteggiamento era influenzato dalle priorità culturali dei giovani che nell’ottocento completavano la loro educazione con il grand tour europeo, come se lo scopo ultimo di un viaggio fosse ammirare in rispettoso silenzio i capolavori artistici di un paese.
L’arte è sicuramente un buon mezzo per capire le caratteristiche di un popolo, ma limitarci a contemplarla non è quell’esperienza vivida e viscerale che vogliamo. Preferiremmo parlare con la gente. Cosa molto più difficile che visitare i musei. Esistono varie istituzioni che ci aiutano a conoscere la cultura di un paese attraverso la sua arte, ma se vogliamo parlare con le persone comuni non c’è nulla che ci aiuti.
Possiamo passare un’intera settimana all’estero senza interagire con nessuno oltre al personale del nostro albergo. L’industria dei viaggi del futuro sarà quella che ci aiuterà a inserirci nelle realtà di ogni paese e a capirle. Ci toglierà dalla routine dei musei e ci getterà nella vibrante realtà delle cucine, degli uffici, degli asili e delle feste di matrimonio. Si impara di più sulla cultura dei Paesi Bassi pranzando con cinque chimici di Amsterdam che non passando le giornate al Rijksmuseum.
Un tempo i viaggiatori si sforzavano di scoprire più informazioni possibili sul paese che visitavano. Erano molto orgogliosi quando arrivavano a sapere l’anno in cui la cattedrale era stata finita o chi era stato il primo presidente dopo l’indipendenza. Oggi i nostri cellulari ci permettono di accedere a queste informazioni ovunque e ad averne in quantità inutilmente abbondante. Quello che ci serve sono le esperienze che soddisfino i nostri bisogni interiori. Possono esserci anche cinque luoghi "imperdibili" nella città che visitiamo, ma forse nessuno di quelli è appropriato al nostro stato d’animo del momento. Stiamo cominciando ad accettare l’idea che forse faremmo meglio ad andare al supermercato o alla pista di pattinaggio.
UN IO NUOVO E MIGLIORE
Pensate ai pellegrinaggi e al modo in cui un tempo le religioni organizzavano i viaggi. Viaggiare significava entrare in un mondo che avrebbe dovuto curare qualche nostra afflizione. Può sembrare un’aspettativa esagerata ma ci ricorda uno degli scopi del viaggio che spesso ci sfugge: si viaggia per guarire. Per andare a trovare in un altro paese qualcosa – una filosofia o un atteggiamento verso la vita – che nel nostro non abbiamo. In futuro, le agenzie non ci chiederanno più dove vogliamo andare, cercheranno di capire cosa vogliamo cambiare di noi stessi.
Viaggiamo per trovare qualcosa di esotico che ci è necessario. Un tempo esotismo significava gonnellini di paglia e artigianato locale. Ma in realtà dovrebbe significare qualcosa che non ci è familiare e che è importante per la nostra crescita. Può essere un modo di crescere i bambini o di organizzare lo spazio di lavoro, di rapportarci con la natura o con il corpo. Stiamo imparando come strutturare un viaggio in modo che ci dia ciò che ci manca. Stiamo imparando a renderci conto della nostra complessità e del fatto che un campo da golf e una camera con vista non bastano. In fondo raggiungere il piacere è difficile quanto guadagnare denaro. Dovremmo trattare con maggior rispetto le aspirazioni legate ai nostri viaggi. Viaggiare dovrebbe aiutarci a partorire un io nuovo e migliore.
Alain de Botton è nato in Svizzera e vive nel Regno Unito. Isuoi libri sono pubblicati in Italia da Guanda. A novembre uscirà Arte come terapia

RUSSIA
MOSCA – La talpa del Datagate lascia il terminal dell’aeroporto di Mosca. Ha l’asilo politico
Snowden spicca il volo – Geraldina Colotti / IL GOVERNO RUSSO GLI HA CONCESSO I DOCUMENTI. RIMARRÀ NEL PAESE ALMENO PER UN ANNO ORA È NASCOSTO «IN UN LUOGO SICURO»
La talpa è sgusciata via. Edward Snowden, l’ex consulente Cia che ha rivelato il grosso scandalo delle intercettazioni illegali messo in atto dagli Usa, ha lasciato ieri il terminal dell’aeroporto moscovita di Sheremetievo dov’era imbottigliato dal 23 giugno scorso. Il suo legale, Anatoly Kucherena, ha dichiarato che il governo russo gli ha fornito i documenti per poter uscire dal suo limbo di attesa e ha mostrato il permesso di asilo temporaneo intestato a «Snowden Edward Joseph», valido fino al 31 luglio del 2014 e rinnovabile per un altro anno. Senza quei pezzi di carta, l’ex tecnico informatico sarebbe rimasto bloccato lì senza ricorso, poiché i giudici del suo paese gli hanno annullato tutti i documenti poco prima che arrivasse in Russia da Hong Kong: spiccando un mandato di cattura internazionale per un bel cumulo di reati legati al furto di beni dello stato e allo spionaggio.
Snowden ha portato via dati segretissimi, diffusi dal Guardian in Gran Bretagna e dal Washington Post in nordamerica e rilanciati, a seconda delle rivelazioni, dall’America latina all’Europa. La potente Nacional Security Agency (Nasa), per cui Snowden lavorava come contrattista, non spiava solo gli eventuali «combattenti nemici» o i paesi non graditi, ma anche gli alleati europei. E in America latina la Cia – che si serve della Nsa e di altre grandi agenzie – aveva installato cinque basi clandestine con relativo personale: per spiare i punti più caldi a livello economico e militare (Venezuela e paesi non più proni a Washington). Rivelazioni che stanno infastidendo l’amministrazione Obama e che hanno spinto il Congresso a chiedere spiegazioni ai vertici dell’intelligence, sempre più potenti e pervasivi con la scusa della «guerra al terrorismo». L’altro ieri, però, il Guardian ha pubblicato le prove che la Nsa non usava senza autorizzazione solo il programma Prism, ma anche il più insidioso Xkeyscores, un sistema di sorveglianza che consente di risalire allo storico di tutte le operazioni online di milioni di cittadini e di intercettarle. In causa anche le compagnie telefoniche che hanno fornito all’intelligence i dati privati dei cittadini. I vertici della sicurezza Usa hanno cercato di giustificarsi spiegando come funzionano i programmi di sorveglianza, che «non collezionano tutto». Hanno esibito i risultati della loro attività che avrebbero consentito di sventare «54 attacchi terroristici compreso un bombardamento alla metropolitana di New York». E hanno mostrato documenti desecretati con le autorizzazioni della Fisa Court, una Corte federale creata nel ’78 per approvare e sorvegliare indagini relativi a sospette spie straniere negli Usa, che invece ha esteso a dismisura i poteri della Nsa.
DOV’È ORA LA TALPA DEL DATAGATE? «L’ho accompagnato fino al taxi ed è andato per gli affari suoi», ha detto l’avvocato, precisando che si trova «in un luogo sicuro» che non può essere rivelato ma che presto si farà vivo con i giornalisti. I rischi per la sua vita? In Russia, ha assicurato il legale, Snowden ha «amici americani» capaci di assicurare in un primo tempo la sua sicurezza. «Mosca è il luogo più sicuro per mio figlio» ha fatto sapere anche il padre del trentenne in fuga. Gli Usa hanno esercitato forti pressioni su Mosca ed è improbabile che mollino la presa. Tra Mosca e Washington non esistono trattati di estradizione, ha risposto però dal Cremlino il presidente Vladimir Putin. Gli Stati uniti non hanno peraltro formalizzato nessuna richiesta in questo senso, ma hanno lasciato capire che la visita ufficiale di Barack Obama, prevista all’inizio di settembre, prima del G20, potrebbe non essere confermata. «Siamo profondamente delusi dalla decisione – ha fatto sapere il Pentagono – alla luce di questo stiamo valutando l’utilità del vertice bilaterale con la Russia». Anche diversi deputati nordamericani hanno fatto fuoco e fiamme alla notizia.
Intanto il sito Wikileaks, che ha sostenuto a livello comunicativo e legale la talpa del Datagate ha fatto sapere che Snowden ringrazia la Russia e ritiene che abbia «vinto la giustizia». Il sito ha anche annunciato che l’ex tecnico informatico della Nsa intende fornire «importanti dichiarazioni» sul caso del soldato Bradley Manning, che rischia più di 100 anni di carcere per aver passato a Wikileaks oltre 700 mila documenti top secret sulle violazioni del Pentagono: lo scandalo del Cablogate che ha costretto alla fuga il cofondatore di Wikileaks, Julian Assange. Da oltre un anno, Assange è bloccato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra che gli ha dato rifugio, inseguito da una richiesta di estradizione in Svezia da cui può essere inviato negli Usa. Lì seguirebbe la sorte di Manning a cui, come sembra probabile, verrà inflitta una «condanna esemplare». Assange è intervenuto l’altro ieri a una conferenza mondiale degli hacker in cui ha parlato della pervasività dei sistemi di sorveglianza e della «parabola di Google». E a Mosca Pavel Duron, fondatore della rete sociale russa Vkontakte, nota come il «Facebook russo», ha offerto a Snowden di lavorare per lui come programmatore.

GRECIA
ATENE – Dal 31 luglio 2013 l’IVA passa dal 23 al 13%! nella ristorazione (altro che l’1% italiano!)…ma con qualche casino! sul posto risparmi (13%).. ma se ti porti le cose a casa paghi sempre il 23%!
Una misura molto attesa dal settore della ristorazione data l’importanza fondamentale del turismo soprattutto in questa stagione. Negoziata con i creditori internazionali della Grecia, la misura è provvisoria e in prova, ha precisato Samaras: "Se l’evasione fiscale continua, e se nulla si muove (se non diminuiscono i prezzi dei ristoranti, ndr) l’Iva verrà riportata al 23%". )

FRANCIA
PARIGI – Il messaggio che arriva da Trappes Liberation, Francia / Dalla rivolta delle Minguettes, alla periferie di Lione, dove nel 1983 gli abitanti si ribellarono ai soprusi della polizia, sono passati trentanni. La scena e gli attori sono cambiati, ma nei giorni scorsi a Trappes è andato in scena lo stesso, pessimo film, con stessi commenti politici e le stesse di-: " trazioni vuote. Il 19 luglio nella banlieue parigina un controllo di polizia su una donna con il niqab ha innescato due giorni di
scontri tra gli agenti e gli abitanti del quartiere. Brice Hortefeux e altri campioni della cosiddetta destra "senza complessi" hanno intonato il solito ritornello contro la sinistra lassista, l’immigrazione e le comunità chiuse. Parole vane e patetiche, che testimoniano l’incapacità della politica di affrontare i problemi delle banlieues. Al di là delle cause immediate degli scontri, e dopo l’indispensabile appello al rispetto della legge, emerge il fallimento dei piani per lo sviluppo di Trappes e delle altre periferie. L’ultimo rapporto dell’osservatorio francese sulle zone urbane sensibili rivela che in queste aree il tasso di disoccupazione è doppio rispetto alla media del paese (22,8 per cento contro 9,4 nel 2011), la classe media è scomparsa, il sistema scolastico non funziona e la popolazione si è impoverita. È un quadro inquietante, alimentato dall’emarginazione dei giovani, in cui le discriminazioni legate alla nazionalità d’origine si sommano a quelle che hanno a che fare con il quartiere in cui si vive. La responsabilità è sia della destra sia della sinistra. Per misurare il disagio della politica di fronte a questi temi basta notare quanto sia stata scarsa l’attenzione dedicata alle banlieues nella campagna per le ultime presidenziali. A prescindere dalla crisi e dai tagli alla spesa, gli scontri di Trappes ricordano al governo l’urgenza di trovare una soluzione.

LONDRA/MOSCA – L’ultimo giro di vite a Mosca Financial Times, Regno Unito
Dai moderni processi farsa celebrati in Russia piovono a raffica le sentenze. Ma la condanna a cinque anni per Aleksej Navalnij, il blogger che ha denunciato la corruzione del Cremlino, arriva dopo un giro di vite contro l’opposizione che dura da un anno, e segna un momento decisivo nell’era del presidente Vladimir Putin. Forse e un segnale ancora più grave dell’arresto di Mikhail Khodorkovskij, avvenuto ormai dieci anni fa. Khodorkovskij era un ricchissimo petroliere, non aveva alcun seguito politico, e molti russi pensavano e pensano che lui, come altri oligarchi degli anni novanta, abbia avuto quel che si meritava. Invece Aleksej Navalnij, anche se in provincia non è ancora conosciuto, è molto popolare tra i ceti urbani e gli intellettuali. Su un social network russo, subito dopo la sentenza sono stati postati 500mila messaggi con il suo nome. La condanna del primo leader d’opposizione popolare ed esterno alla "democrazia controllata" del Cremlino emerso finora in Russia è per Putin un punto di non ritorno. Trasforma quella che uno studioso russo ha definito "dittatura con il co nsenso dei governati" in puro e semplice autoritarismo. Per giunta è pericolosa, perché Navalnr – che resta a libero fino all’appello ed è candidato a sindaco di Mosca alle comunali di settembre – ha il potenziale per diventare un martire e un leader.
Ora l’occidente deve ripensare tutti i suoi rapporti con la Russia. L’atteggiamento più deciso degli Stati Uniti ha prodotto alcuni successi in politica estera, ma ha fatto ben poco per contrastare la linea repressiva adottata dalla Russia dal ritorno di Putin alla presidenza. Quanto all’Unione europea, appare incapace di qualsiasi reazione tranne qualche parola di costernazione.
Ma la cerchia di Putin sta danneggiando le sue prospettive future più di quanto possa mai farlo una reazione occidentale. Il giro di vite sta infatti frenando gli investimenti interni e internazionali, e aggravando il declino economico della Russia. Dopo la sentenza contro Navalnij, il mercato azionario di Mosca, già molto sottovalutato, ha subito un nuovo calo. Il disagio della comunità degli affari si fa sentire. E qui c’è un grave pericolo per il Cremlino. Se non riesce a far ripartire l’economia, infatti, si sgonfia anche lo scambio su cui si fonda la proposta di Putin ai russi: un aumento costante del tenore di vita in cambio di una limitazione delle libertà democratiche.

BULGARIA
IL PARLAMENTO SOTTO ASSEDIO / Dopo quaranta giorni di manifestazioni, il 23 luglio a Sofia per la prima volta la polizia ha affrontato i dimostranti (nella foto) che circondavano il parlamento per protestare contro il governo del premier socialista Plamen Ore-sharski. I deputati sono rimasti bloccati nel parlamento assediato fino a notte inoltrata. La crisi politica è sempre più profonda, scrive Dnevnik, e "il rischio è quello di accordi sottobanco per salvare la situazione con un governo di larghe intese sostenuto dal Gerb", il partito dell’ex premier Boiko Borisov, che proprio nei giorni scorsi aveva parlato di una soluzione simile.

UE/SIRIA
L’Europa tra Hezbollah e la Siria / Le Monde, Francia / La scelta è abbastanza paradossale. L’Europa ha deciso di colpire il braccio armato del partito libanese Hezbollah, una delle principali forze politiche del paese dei cedri, come se questo potesse compensare l’assenza di una politica chiara sulla Siria. I ministri degli esteri dell’Unione europea hanno deciso di inserire il braccio armato di Hezbollah – "Partito di Dio", una formazione islamica sciita – nella lista delle organizzazioni terroriste. La motivazione ufficiale è legata a una serie di attentati attribuiti a Hezbollah in Bulgaria e a Cipro, cioè nel territorio dell’ Unione.
I ministri hanno precisato che manterranno i contatti con gli esponenti di Hezbollah all’interno del governo e del parlamento libanese. Il Partito di Dio è il principale rappresentante della comunità sciita del Libano (30 per cento della popolazione) e comanda la più potente milizia armata del paese. Hezbollah è finanziato dall’Iran, che arruola, addestra e inquadra i suoi miliziani.
II messaggio degli europei è ambiguo. Se è innegabile che Hezbollah usa il terrorismo, è vero
anche che da tempo alcuni stati europei considerano inopportuno punire un partito che è al centro della politica libanese, e in cui è difficile distinguere il braccio politico da quello militare. Gli europei si sono messi d’accordo solo perché Hezbollah sta aiutando il regime di Assad (sua seconda fonte di sostentamento dopo l’Iran), mandando centinaia di uomini in Siria a combattere i ribelli. È probabile che gli europei abbiano voluto mandare un messaggio anche a Teheran e Damasco, ma è difficile non scorgere un senso di impotenza e imbarazzo di fronte alla tragedia siriana.
Gli europei non sanno ancora come muoversi. La maggior parte di loro si oppone a ogni tipo di intervento militare in Siria, e molti esitano anche ad armare una ribellione multiforme in cui proliferano i gruppi jihadisti e radicali. A Washington i dubbi sono più o meno gli stessi.
Punire Hezbollah è giusto, ma questo non cambierà la situazione nel Libano destabilizzato e neanche in Siria, teatro di un

PORTOGALLO
LISBONA – Risolta la crisi politica / Il 21 luglio il presidente Anibal Cavaco Silva ha chiuso la crisi politica innescata dalle dimissioni di due ministri del governo di Pedro Passos Coelho. Verificata l’impossibilità di dar vita a un governo di unità nazionale, il presidente ha annunciato che l’attuale coalizione rimarrà in carica fino al 2015. "Cavaco Silva voleva dimostrare all’Europa che il Portogallo non è inaffidabile, ma ha finito per lasciare tutto com’era", scrive Publico.

CIPRO
NICOSIA – II 28 luglio si svolgeranno le elezioni legislative nella Repubblica Turca di Cipro Nord (autoproclamata).
GRECIA
II 18 luglio il parlamento ha approvato una riforma del settore pubblico che prevede ìjmila licenziamenti entro la fine del 2014.

SPAGNA
II 23 luglio il primo ministro Mariano Rajoy ha annunciato che il 1 agosto si presenterà in parlamento per riferire sullo scandalo dei fondi neri.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
TUNISIA
TUNISI – RABBIA IN PIAZZA – Massiccia adesione allo sciopero dell’Ugtt. «Via la Troika» Brahami, il governo trema- di Giuliana Sgrena / Proteste in tutto il paese per l’uccisione del leader del Fronte popolare. Oggi funerali ad alta tensione. Il ministro dell’interno scarica le colpe sui salafiti
L’assassinio di Mohamed Brahami, il secondo di un leader politico in meno di sei mesi, ha suscitato grande emozione in Tunisia, dove in molti si chiedono chi sarà il prossimo e soprattutto come impedirlo. Entrambe le vittime eccellenti appartenevano al Fronte popolare, lo schieramento che ha raccolto i vari partiti della sinistra.
A quasi sei mesi dall’assassinio di Chokri Belaid e a poche ore da quella di Brahmi, il ministro degli interni Lofti Ben Jallou ha affermato che i due leader politici sono stati uccisi con la stessa arma da estremisti salafiti. Il principale responsabile sarebbe Boubaker al Hakim, ricercato per importazioni di armi dalla Libia e individuato due settimane fa nella cité di al Ghazali, dove è stato assassinato Brahmi, ma poi sparito. Altri 14 jihadisti sarebbero coinvolti. Questa è l’ultima versione del ministro che ha anche detto che non risultano partiti coinvolti. Un tempismo ammirevole ma anche delle lacune sospette che sembrano dirette più a salvare il governo che a chiarire le responsabilità degli assassinii. Contro l’assassinio di Brahmi il sindacato Unione generale dei lavoratori tunisini (Ugtt) ha indetto ieri uno sciopero con una massiccia adesione: nessun aereo è decollato dall’aeroporto di Tunis Carthage, per fare solo un esempio. Migliaia di persone ieri mattina si sono riunite nella piazza Mohamed Ali, di fronte alla sede del sindacato, nel centro di Tunisi, per poi dirigersi in corteo, con in testa l’ordine degli avvocati, verso avenue Burghiba, dove si trova la sede del ministero degli interni, sempre circondato da rotoli di filo spinato dai tempi della rivoluzione.
Lo slogan urlato dai manifestanti è lo stesso gridato dai rivoluzionari nel 2011 «dégage» (vattene), allora era contro il dittatore Ben Ali, oggi è contro il governo della Troika (formato dal partito islamista Ennahdha più i due partiti «laici»: il Congresso per la repubblica e Ettakatol) e contro l’Assemblea nazionale costituente. Dall’Ugtt a tutti i partiti della sinistra e Nidaa Tounes (che può essere considerato un po’ schematicamente di centro-sinistra e viene dato in testa ai sondaggi elettorali) sono tutti concordi nel chiedere lo scioglimento del governo accusato di incapacità nel far fronte ai problemi economici e sociali, di svendere i beni del paese a stranieri, di coprire gli estremisti islamici. Tra le richieste dell’opposizione vi è anche lo scioglimento della Lega per la protezione degli obiettivi della rivoluzione che con la rivoluzione non ha nulla a che vedere e che colpisce le forze democratiche.
La famiglia di Brahmi vuole conoscere i mandanti dell’assassinio di Mohamed, avvenuto proprio nel giorno della festa della repubblica, così come continua a fare la moglie di Chokri Belaid, Basma Khalfaoui. Per molti la responsabilità è di Ennahdha, che ha sempre coperto i salafiti, gli estremisti islamici. Che dopo la preghiera del venerdì seguita nella moschea di al Fath in via della Libertà, quartier generale dei salafiti, hanno raggiunto a loro volta avenue Bourghiba per difendere la legittimità del governo e accusare l’opposizione di voler interrompere il processo di transizione.
L’Assemblea costituente era stata eletta il 23 ottobre 2011 con il compito di redigere la costituzione, sono passati quasi due anni e non c’è nessuna speranza che si arrivi presto ad un testo da sottoporre a referendum. Il tentativo degli islamisti di introdurre la sharia (legge coranica) è fallito, ma l’opposizione è troppo debole per far passare una propria proposta costituzionale. Alcuni deputati si sono dimessi e il costituente Mohamed Brahmi è stato assassinato. Anche il governo doveva rimanere in carica per il periodo costituente e nonostante la sua inettitudine rimane al potere.
La mobilitazione continuerà oggi con i funerali di Brahmi, che si svolgeranno in mattinata prima della sepoltura accanto a Chokri Belaid. Salirà anche la tensione che probabilmente è destinata a cambiare il corso degli eventi e a rimettere in moto un processo di transizione che rispetti i valori della rivoluzione, finora scartati dai partiti al potere.
L’assassinio di due uomini politici così popolari ha messo in evidenza la ferocia del potere che usa un sistema di repressione e di eliminazione fisica che rispecchia i metodi utilizzati dalla dittatura. Per Ennahdha sarà più difficile nelle prossime elezioni sfruttare il richiamo religioso per ottenere la vittoria elettorale (nel 2011 è risultato primo partito con il 37 per cento dei voti), dopo quasi due anni di governo il «doppio linguaggio» usato dai Fratelli musulmani per mantenere ufficialmente una immagine accettabile e nella pratica agire per instaurare una teocrazia si è rivelato in tutta la sua ambiguità.
PENA DI MORTE Cina, Iran e Iraq sono i primi tre «Paesi-boia» del 2012 nel mondo, tuttavia si conferma l’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte. I Paesi che ancora mantengono la pena capitale sono scesi da 43 nel 2011 a 40 nel giugno 2013, mentre quelli che hanno deciso di abolirla, per legge o in pratica, sono complessivamente 158. E’ la fotografia scattata dal Rapporto 2013 di Nessuno tocchi Caino, presentato ieri a Roma. Gli Stati Uniti rimangono l’unico paese delle americhe ad aver compiuto esecuzioni nel 2012 (43) mentre in Europa la Bielorussia continua a rappresentare un’eccezione, con tre esecuzioni lo scorso anno. Un’ulteriore nota negativa arriva da quei paesi che, come ha spoeagto il minister degli Esteri Emma Bonini, «stanno andando indietro», quelli che «stavano in una moratoria di fatto, cito per tutti Gambia e Giappone, invece sono passati a una ripresa delle esecuzioni»

MEDIO ORIENTE
RITORNO AI NEGOZIATI / Il segretario di stato americano John Kerry ha annunciato ad Amman, il 19 luglio, che i leader israeliani e palestinesi hanno raggiunto un accordo di massima per tornare al tavolo dei negoziati, fermi da tre anni. "Washington ha parlato di una grande svolta", scrive The National, "ma è difficile pensare che questo passo porterà a risultati significativi. Israele è guidato da un governo convintamente di destra, mentre l’Autorità nazionale palestinese è diventata quasi irrilevante ed è vista soprattutto come un alleato dell’occupazione israeliana".

SIRIA
L’AFFERMAZIONE DEI CURDI / Con l’occupazione di Ras al Ayn, in Siria, da parte di un gruppo curdo legato al Pkk turco, cresce la preoccupazione che nel nord della Siria si formi una regione autonoma curda. "Ma è rischioso pensare di poter replicare l’esperienza del Kurdistan iracheno", scrive Al Hayat. Occupando Khan al Assai il 22 luglio i ribelli hanno rafforzato le loro posizioni intorno ad Aleppo, ma l’esercito controlla saldamente il sud, soprattutto Damasco. Il 23 luglio a Washington si è discusso del piano per armare i ribelli siriani, che sarà gestito dalla Cia per evitare che le armi arrivino a gruppi jihadisti.

IRAQ
A luglio gli attentati nei luoghi pubblici e nelle moschee sciite e sunnite dell’Iraq hanno causato la morte di almeno 520 persone, portando a più di duemila il bilancio delle vittime del 2013. Il 20 luglio 65 persone hanno perso la vita nell’esplosione di dieci autobomba in alcuni quartieri sciiti di Baghdad (nella foto, il sito di una delle esplosioni, il 21 luglio 2013). Nessuno se ne è assunto la responsabilità, scrive Gulf News, ma "è chiaramente opera di Al Qaeda". L’organizzazione ha rivendicato gli attacchi del 21 luglio contro le prigioni di Taji e Abu Ghraib, da dove sono evasi centinaia di detenuti, tra cui esponenti di Al Qaed.

EGITTO
IL SINAI S’INFIAMMA / Da quando il presidente Moha-med Morsi è stato deposto dai militari, la situazione è sempre più tesa nella penisola del Sinai, con attacchi quasi quotidiani contro le forze di sicurezza da parte di gruppi estremisti islamici, scrive il Daily Star. Nel resto del paese continuano gli scontri tra sostenitori e oppositori di Morsi. Le violenze del 22 luglio hanno causato la morte di almeno nove persone.

GUINEA
II bilancio degli scontri etnici tra guerzé e konianké nel sudest del paese, tra il 15 e il 17 luglio, è salito a 58 vittime.

MALI
II 20 luglio cinque scrutatori sono stati rapiti per alcune ore a Kidal, nel nord del paese. Il primo turno delle presidenziali si svolge il 28 luglio.

SUD SUDAN
II 23 luglio il presidente Salva Kiir ha sospeso il governo e annunciato un rimpasto a causa delle divergenze con il vicepresidente Riek Machar

ASIA & PACIFICO
AUSTRALIA
DIROTTA I MIGRANTI IN PAPUA NUOVA GUINEA / Kathy Marks, The Independent, Regno Unito / Il 19 luglio il primo ministro australiano Kevin Rudd ha presentato la linea più severa nella storia del paese in materia di rifugiati. D’ora in poi i richiedenti asilo diretti in Australia via mare saranno portati in Papua Nuova Guinea, un paese afflitto dalla criminalità, dalla miseria e dalla corruzione. L’annuncio, forse un tentativo di conquistare i voti dei colletti blu in vista delle elezioni, ha colto di sorpresa l’opposizione conservatrice e ha suscitato reazioni inorridite nei difensori dei diritti umani. I richiedenti asilo, che quest’anno sono arrivati in numero record (quasi tórni-la), tra il 2001 e il 2007 erano spediti in Papua Nuova Guinea solo per il tempo necessario a sbrigare le loro domande d’asilo. Questo sistema, abbandonato dallo stesso Rudd nel 2008, è stato ripreso nel 2012 dalla premier laburista Julia Gillard. Ma ora, dopo aver spodestato Gillard il mese scorso, Rudd è andato oltre, secondo qualcuno violando la convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati. La Papua Nuova Guinea, dove l’assistenza sanitaria è scadente, la disoccupazione elevata, il rispetto dei diritti umani discutibile e il tasso di criminalità nella capitale Port Moresby tra i più alti del mondo, è una destinazione improbabile per i rifugiati. "E come dire che l’Australia è un pae-
se ricchissimo pronto a scaricare questo peso su un paese poverissimo solo perché il suo primo ministro non ha il coraggio né l’autorità morale per affrontare la situazione", ha commento la leader dei verdi Christine Milne. Rudd non ha ancora svelato quanto l’Australia pagherà la Papua Nuova Guinea per accollarle il fardello, si è solo limitato a dire che il programma "non avrà costi irrisori". Lo scopo è dissuadere i richiedenti asilo dal lasciare l’Indonesia, il principale paese di transito, e intraprendere la pericolosa traversata dell’oceano Indiano. Ma è anche dimostrare che il governo laburista è disposto ad adottare una linea più dura di quella dell’opposizione, che è per il respingimento delle imbarcazioni. In Australia la questione dei richiedenti asilo è tra le più spinose, e per molti elettori dei collegi in bilico è una delle preoccupazioni principali. Il governo ha anche lanciato una campagna pubblicitaria per scoraggiare i migranti: "Se arrivate via mare, non troverete sistemazione in Australia". Per l’esame delle loro richieste, i boatpeople saranno portati nel centro di accoglienza di Manus, recentemente criticato dalle Nazioni Unite per le condizioni in cui si trova. Chi non otterrà asilo sarà rimandato nel paese d’origine o espulso.

NAURU
II 20 luglio centinaia di richiedenti asilo sono evasi da un centro gestito dal governo australiano sull’isola.
AUSTRALIA-INDONESIA
Decine di migranti partiti dall’Indonesia e diretti in Australia risultano dispersi dopo il naufragio della loro imbarcazione il 24 luglio.

GIAPPONE
Un’ammissione tardiva / Il 23 luglio la Tepco, che gestisce la centrale nucleare di Fukushima, ha ammesso che l’acqua radioattiva uscita dall’impianto della centrale colpito dallo tsunami del 2011 ha raggiunto l’oceano Pacifico. L’ammissione tardiva, arrivata un mese dopo la scoperta del problema, la lentezza nell’agire e la scarsa condivisione dei dati sull’impianto hanno suscitato la rabbia dei pescatori della regione che nel 2012 avevano ripreso le loro attività, anche se in un’area limitata. Recentemente si era deciso di provare ad allargare l’area di pesca da settembre, ma l’annuncio potrebbe cambiare le cose, scrive il Japan Times.

VIETNAM
I diritti dei blogger / Sessantacinque blogger vietnamiti hanno firmato una petizione che chiede al governo di minorare la situazione dei diritti umani nel paese. Il Vietnam, infatti, e candidato a far parte del consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Proprio per questo, sostiene la petizione, dovrebbe mostrare la volontà di collaborare con il consiglio. In realtà il governo sembra non voler fermare il giro di vite contro i blogger che lo criticano. Quest’anno ha già arrestato 43 dissidenti il doppio del 2012, scrive Asia Sentinel.

CINA
POLIZIOTTI SPECIALI – Qingnian Shibao, / Il 17 luglio la notizia della morte di un venditore ambulante di angurie nel distretto di Lingwu, nella provincia dello Hunan, ha cominciato a circolare sui social network cinesi. Deng Zhengjia è morto durante uno scontro con i chengguan, la polizia cittadina, che ha compiti amministrativi e deve far rispettare il decoro urbano. Secondo le testimonianze, Deng è stato picchiato dagli agenti che lo accusavano di non avere la licenza. Il caso non è l’unico che in queste settimane ha coinvolto il corpo dei chengguan. Nella provincia del Jiangsu cinque funzionari sono stati sospesi per aver "ottemperato in modo improprio al loro dovere". Nell’aprile del 2009 circolò in rete un manuale che istruiva gli agenti su come usare la forza senza lasciare segni. I governi locali stanno mettendo in piedi iniziative per riabilitare l’immagine di questo corpo, con scarsi risultati. Pensare all’abolizione del sistema dei chengguan oggi è irrealistico, scrive il Qingnian Shibao, tuttavia lo si può modificare. Il potere dei chengguan deve essere limitato e regolato, continua il giornale, perché più la loro autorità aumenta, più è difficile evitare i soprusi
CINA
PECHINO – FARMACI E TANGENTI / La GlaxoSmithKline (Gsk), la più grande casa farmaceutica britannica, ha promesso tolleranza zero nello scandalo che ha portato all’arresto in Cina di almeno quattro suoi dirigenti. La Gsk è accusata di aver corrotto con denaro e sesso a pagamento medici e avvocati, convincendoli ad acquistare e prescrivere i propri farmaci, per poter mantenere cosi i prezzi alti. La presunta corruzione avveniva attraverso agenzie di viaggio e intermediari. Il giro di tangenti è stimato in 3 miliardi di yuan, pari a oltre 400 milioni di euro. L’inchiesta si sta allargando alle altre multinazionali del settore in Cina: un rappresentate della britannica Astra-Zeneca è stato interrogato dalla polizia. Anche la belga Ucb ha ricevuto una visita delle autorità antitrust cinesi. Lo scandalo e le inchieste su altri colossi potrebbero portare a cambiamenti nel mercato della case farmaceutiche straniere in Cina, scrive il 21 Century Business Herald.

AFGHANISTAN
II 20 luglio il presidente Hamid Karzai ha presentato le regole per le presidenziali dell’aprile del 2014. L’obiettivo è evitare le irregolarità delle ultime elezioni. Due giorni dopo il parlamento ha destituito il ministro dell’interno Mujtaba Patang.

PAKISTAN
QUANTI MORTI FANNO I DRONI / Il 22 luglio il Bureau of investigative journalism ha pubblicato un documento segreto che rivela perla prima volta le stime del governo pachistano sulle vittime civili dei droni statunitensi nel paese. Il documento prende in considerazione gli attacchi fino all’ottobre del 2009 e riporta un numero di morti molto superiore rispetto alle cifre diffuse dagli Stati Uniti. Washington continua a insistere che nella guerra segreta della Cia sono morti non più di 60 "non combattenti", mentre il documento riporta almeno 174 civili morti, di cui 94 bambini. A marzo l’inviato speciale delle Nazioni Unite Ben Emmerson aveva reso noto che le vittime civili dei droni confermate da Islamabad sono almeno 400.

AMERICA CENTROMERIDIONALE
CILE
CALDERA – PEZZI DI METALLO PER AFFONDARE I «DESAPARECIDOS» Ritrovate nell’oceano le prove dei «voli della morte» di Pinochet di Ge. Co. / Sulle coste di Caldera, in Cile, 870 chilometri a nord di Santiago, sono stati ritrovati pezzi di metallo simili a rotaie, che riconducono al periodo più buio della storia cilena: la dittatura militare di Augusto Pinochet, che tenne in pugno il paese dal ’73 al ’90. Il materiale potrebbe essere stato usato per impedire che tornassero a galla i cadaveri degli oppositori, gettati in acqua dagli aerei durante i «voli della morte». A condurre gli inquirenti sul posto sono state le rivelazioni di un militare, il cui nome non è stato reso noto, che avrebbe confessato prima di morire. I reperti vengono ora analizzati dal Laboratorio di criminalistica nell’ambito delle indagini condotte dalla giudice Patricia Gonzalez sulla Carovana della morte: con la quale i militari, sul finire del ’73, percorsero il paese e uccisero un centinaio di prigionieri politici. Nel libro Gli artigli del Puma (Sperling & Kupfer), la giornalista cilena Patricia Verdugo, purtroppo scomparsa, consegna i risultati delle sue indagini proprio su quei crimini. Il Puma è il nome dell’elicottero che trasportò gli assassini a caccia di oppositori, piombava all’improvviso sulle sue prede che sarebbero poi scomparse nel nulla dopo atroci torture. Uno sterminio che spianò la strada agli orrori annunciati con il colpo di stato militare contro Salvador Allende, l’11 settembre di quell’anno. Verdugo, intervistata sul manifesto del 28 marzo 2007, ha avuto il padre torturato e ucciso in quella circostanza. Nel ’98, la denuncia dei famigliari delle vittime, fra cui la giornalista, portarono all’apertura di un procedimento contro l’ex-dittatore Pinochet, che venne rinviato a giudizio nel 2005, dopo sette anni.
Le sue inchieste hanno supportato il lavoro della giudice Gonzalez. Secondo varie testimonianze, vi furono almeno 40 voli della morte, ognuno dei quali ha trasportato fra gli otto e i quindici corpi, chiusi nei sacchi e appesantiti con pezzi di metallo. Finora è emerso dall’oceano solo il cadavere di una docente comunista, Marta Ugarte, scomparsa nella regione di Coquimbo il 12 settembre del ’76. Le ultime stime della Commissione Valech, incaricata di indagare su detenzioni, sparizioni e esecuzioni durante la dittatura, hanno portato a 10.000 il numero delle vittime di tortura ai tempi di Pinochet. I voli della morte sono stati anche «un favore» che le dittature militari degli anni ’70 si scambiavano nell’ambito del Piano Condor ideato da Washington per cacciare gli oppositori politici ovunque si trovassero. In Argentina ne ha parlato per primo il militare pentito Adolfo Scilingo al giornalista Horacio Verbitsky, che ne dà conto nel libro Il volo (Feltrinelli). Dalle indagini su quel periodo aperte in Uruguay risultano infatti foto di cadaveri ritrovati dopo il ’76 sulle spiagge del paese.
Però i voli della morte e i desaparecidos non sono stati decisi solo dalle dittature sudamericane di quegli anni. In Venezuela, la Commissione contro l’oblio ha su questo tema un ampio lavoro di indagine che dimostra responsabilità analoghe nel corso degli anni ’60: quando governava la democrazia dell’alternanza (centrodestra e centrosinistra), portata ad esempio negli Usa e in Europa.

VENEZUELA
CARACAS – In arrivo una biografia e centro studi sul «comandante» /I presidenti dell’America Latina celebrano il compleanno di Chávez / di Ge. Co. L’AMERICA LATINA CELEBRA IL 59° COMPLEANNO DI HUGO CHÁVEZ.
Dal Nicaragua a Cuba, dall’Ecuador alla Bolivia all’Argentina, istituzioni, sindacati e movimenti partecipano alla settimana di iniziative per ricordare l’ex presidente del Venezuela, nato il 28 luglio del ’54 e scomparso il 5 marzo di quest’anno. Le organizzazioni popolari si sono mobilitate anche nei paesi come il Cile, la Colombia, l’Honduras e il Guatemala, dove il «socialismo del XXI secolo» non è propriamente di casa.
Celebrazioni hanno avuto luogo anche a Mosca, nella strada che ha da poco il nome del «comandante» scomparso. In Russia, sempre al transito dell’aeroporto moscovita di Sheremetevo, si trova ancora l’ex consulente Cia Edward Snowden, in attesa di asilo.
La sua vicenda ha provocato il grave incidente diplomatico tra alcuni paesi europei e il presidente della Bolivia, Evo Morales, disposto a dargli asilo al pari di altri omologhi latinoamericani (Nicaragua, Venezuela e Ecuador). Morales è stato bloccato per ore a Vienna perché alcuni paesi europei gli avevano vietato lo spazio aereo. Tutta l’America latina ha protestato. E il tema della sovranità nei confronti dell’«impero» è stato al centro dei discorsi tenuti dai presidenti latinoamericani per commemorare il capo di stato scomparso, alfiere dell’indipendenza continentale.
Chávez, che il 7 ottobre del 2012 era stato rieletto con larga maggioranza per governare fino al 2019, è morto due mesi e mezzo dopo essersi sottoposto a una quarta operazione per la ricomparsa del tumore che lo affliggeva dal giugno 2011. Le celebrazioni hanno avuto inizio a Sabaneta, dove Chávez nacque da una famiglia di origini modeste. Per l’occasione, è stata presentata la biografia del presidente scomparso, Mi primera vida, scritta da Ignacio Ramonet e pubblicata da Vadell Hermanos. Adan, fratello maggiore di Chávez ha anche annunciato la nascita di un Centro studi dedicato alla memoria del «comandante». Al Cuartel de la Montana di Caracas una folla di persone ha cominciato ad affluire dalle prime ore di domenica in un continuo pellegrinaggio alla tomba di Chávez.
«Il popolo venezuelano ha stretto un patto per la vita con il progetto rivoluzionario del comandante che ora dobbiamo rafforzare», ha detto il presidente Nicolas Maduro. Eletto il 14 aprile con uno stretto margine (1,49 punti) sul rappresentante della destra, Henrique Capriles, Maduro ha compiuto i suoi primi 100 giorni di governo: un «governo di strada» per il primo presidente operaio, ha ricordato Maduro, ex autista del metro. Un governo che ha preso di petto i principali problemi del paese, come l’insicurezza (i delitti sono diminuiti del 35%) e la guerra economica dichiarata dai grandi gruppi che sostengono l’opposizione, dentro e fuori il paese. E i risultati si vedono, stando ai sondaggi che gli attribuiscono un gradimento di oltre il 60%.
Un primo test arriverà con le prossime elezioni comunali dell’8 dicembre. Intanto, Capriles – che ha contestato la vittoria di Maduro – intensifica i viaggi all’estero: dopo la Colombia, il Perù, il Cile, e la Bolivia dove incontrerà l’opposizione a Morales. E mentre Correa e Maduro si riuniscono a Caracas nel «primo gabinetto bi-nazionale», i movimenti sociali latinoamericani e caraibici si incontrano nella città ecuadoregna di Guayaquil: per elaborare proposte e idee da presentare al prossimo vertice dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, ideata da Chávez e Fidel Castro nel 2004.

URUGUAY
L’URUGUAY APPROVA LA LEGALIZZAZIONE DELLA MARIHUANA Mundo Cámara de Diputados de Uruguay aprueba legalización de la marihuana El proyecto debe pasar ahora al Senado, donde el gobierno también tiene mayoría. La propuesta indica que el Estado deberá asumir el control de todo el proceso de producción y venta de cannabis.
http://static.latercera.com/20130731/1795200.jpg La Cámara de Diputados de Uruguay dio media sanción a un proyecto de ley para legalizar la marihuana, que de ser ratificado en el Senado convertirá al Estado uruguayo en el primero en el mundo en asumir el control de todo el proceso de producción y venta de cannabis. El texto fue aprobado por 50 votos de 96, tras casi 14 horas de debate, sólo con el respaldo de la izquierda gobernante Frente Amplio (FA), que también tiene mayoría en el Senado. La votación fue recibida con aplausos por poco más de un centenar de defensores de la legalización del cannabis, que presenciaron la sesión desde las gradas.
El proyecto de ley -lanzado en junio de 2012 en el marco de una serie de medidas para combatir el aumento de la violencia- prevé que el Estado asuma el control y la regulación de la importación, plantación, cultivo, cosecha, producción, adquisición, almacenamiento, comercialización y distribución de cannabis y sus derivados.
Tras registrarse, los usuarios podrían comprar hasta 40 gramos mensuales de cannabis en farmacias, pero también se permitirá el autocultivo y el cultivo en clubes de membresía.
El polémico proyecto, promovido por el presidente José Mujica, es rechazado por el 63% de la población, según una reciente encuesta de la empresa Cifra.

MESSICO
Accordo di frontiera / Il 23 luglio i rappresentanti di Stati Uniti e Messico hanno firmato un accordo per rafforzare la sicurezza al confine tra i due paesi, con misure che includono pattugliamenti congiunti e scambio di informazioni tra le polizie dei due paesi. Il ministro dell’interno messicano Miguel Àngel Osorio Chong e Janet Napolitano, la segretaria alla sicurezza interna degli Stati Uniti, si sono incontrati a Matamo-ros, nello stato di Tamaulipas. La frontiera tra i due paesi, lunga circa 3.200 chilometri, è attraversata ogni giorno da droga e armi che i narcotrafficanti messicani cercano di far arrivare negli Stati Uniti, e da migranti diretti verso nord. "Il 24 luglio nello stato del Michoacàn", scrive il quotidiano ElUniver-sal, "un cartello locale ha lanciato sei attacchi contro la polizia federale". Gli scontri hanno causato 22 morti (20 criminali e due agenti)

CILE
SANTIAGO – La candidata Matthei / Il 20 luglio l’Alleanza politica, la coalizione conservatrice al potere, ha nominato la ministra del lavoro Evelyn Matthei candidata alle elezioni presidenziali del 17 novembre. Matthei, scrive La Tercera, prende il posto del vincitore delle primarie Pablo Longueira, che aveva rinunciato tre giorni prima a causa di una depressione. Sfiderà la socialista Michelle Bachelet, già presidente dal 2006 al 2010 e favorita nei sondaggi. Le due donne sono figlie di generali che un tempo, fino al golpe del 1973, erano amici. Poi Fernando Matthei entrò nella giunta militare di Augusto Pinochet, mentre Alberto Bachelet, fedele a Salvador Allen-de, morì in prigione.

COLOMBIA
La guerriglia torna a colpire / Il 21 luglio 19 soldati colombiani sono stati uccisi dalle Farc nel dipartimento di Auraca, al confine con il Venezuela. "È lo scontro più grave da quando sono cominciati i colloqui di pace tra governo e guerriglia, all’Avana", spiega El Espectador. Intanto nella regione di Catatumbo, nel nord del paese, continuano le proteste dei con-tandini, che chiedono giustizia sociale e misure contro la povertà

GIAMAICA
II 20 luglio il govern ha annunciato una serie di misure per combattere la piaga da rapimento di bambini nel paese

VENEZUELA
II 20 luglio, in polemica con alcune dichiarazioni 1 Washington, il governo ha mes so fine ai negoziati per normalizzare le relazioni diplomatici* con gli Stati Uniti.

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI «Domenica ambasciate chiuse» / Per non meglio specificate preoccupazioni concernenti la sicurezza delle rappresentanze diplomatiche interessate, un numero imprecisato di ambasciate degli Stati Uniti all’estero domenica prossima saranno chiuse.
Lo ha annunciato la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Marie Harf, senza indicare quali e quante legazioni saranno coinvolte dal provvedimento né per quale tipo di potenziale minaccia. Harf si è limitata ad aggiungere che, trascorsa la giornata del 4 agosto, l’amministrazione di Washington sottoporrà le proprie opzioni a nuova valutazione.
STATI UNIT I- Sorveglianza minacciata / Il 24 luglio il deputato repubblicano del Michigan Justin A ha presentato un emendata alla legge sul finanziamela della difesa. La proposta p: de di proibire il finanziami del programma grazie al qi la National security agency (Nsa) raccoglie i dati delle e fonate dei cittadini statunitensi a meno che non sia richiesti tribunale per la sorvegliare; dell’intelligence straniera. La reazione della Casa 1 Bianca non si è fatta attenda osserva l’Huffìngton Post "Raccomandiamo alla can» di respingere l’emendarne™ Amash e di prendere in con» razione la necessità di una dI ma ponderata degli strumenti utili a garantire la sicurezza® la nazione".
STATI UNITI
II 24 luglio la Russ. ha fornito a Edward Snowden la fonte del Datagate, i documenti che gli permetteranno di uscire dall’aeroporto di Mosca. Snowden è in attesa di raggiungere l’America Latina.
STATIUNITI – L’America dopo Trayvon / Time, Stati Uniti / piazza in decine di città degli Stati Uniti per protestare contro l’assoluzione di George Zimmerman, il vigilante che il 26 febbraio 2012 ha sparato e ucciso il diciassettenne afroamericano Travyon Martin a Sanford, in Florida. La questione razziale è di nuovo al centro del dibattito nazionale. Negli ultimi cinque anni, scrive Time.

 

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