11835 Presentato ieri a Roma il Dossier statistico immigrazione 2015

20151030 10:24:00 redazione-IT

[b]L’Italia si riscopre Paese di emigrazione con un aumento più significativo dei propri connazionali all’estero (+155 mila, per un totale di 4.637.000 iscritti all’Aire) che degli stranieri residenti in Italia nel 2014 (+92 mila per un totale di 5.014.000 stranieri residenti).
Il presidente di Idos, Ugo Melchionda, parla di un’immagine schizofrenica dell’immigrazione in Italia: da un lato una forte tendenza all’insediamento, soprattutto tra i non comunitari; dall’altro l’emergenza di profughi, richiedenti asilo e rifugiati che sono sbarcati sulle coste italiane nel 2014 in 170 mila.
Tra gli interventi anche quello del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: “La conoscenza del fenomeno migratorio è un antidoto ai pregiudizi, al terreno di coltura degli spacciatori di odio e di paura. Le migrazioni, se gestite correttamente, vengono incontro ad esigenze della nostra economia e delle nostre società”.
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ROMA – L’Italia si riscopre Paese di emigrazione stando ai dati del Dossier statistico immigrazione 2015 presentato questa mattina a Roma: nel 2014 gli italiani residenti all’estero sono aumentati più degli stranieri residenti in Italia, di 155 mila unità nel primo caso, secondo i dati Aire (l’Anagrafe dei connazionali residenti all’estero), a fronte dei +92 mila stranieri residenti nella Penisola, registrati dall’Istat. Per ricordare un saldo migratorio negativo dobbiamo tornare al 1975 – segnala Ugo Melchionda, presidente del Centro studi e ricerche Idos che ha curato il Dossier con la collaborazione della rivista Confronti e l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I residenti stranieri nel nostro Paese sono, all’inizio del 2015, 5.014.000, numero che si avvicina a quello dei connazionali residenti all’estero (4.637.000); se consideriamo le stime di Idos i due numeri sono ancora più vicini: la presenza regolare straniera in Italia sarebbe di circa 5.400.000 di persone, mentre le anagrafi consolari registrano poco più di 5 milioni di italiani residenti all’estero. La fotografia della popolazione straniera residente in Italia, scattata con la consueta attenzione dal Dossier, quantifica in 3,5 milioni i non comunitari e in 2,6 quelli di provenienza europea (60% di cittadini Ue): la collettività più numerosa è quella romena (1.131 mila), seguita dall’albanese (490 mila), marocchina (449 mila), cinese (265 mila) e ucraina (226 mila). 126 mila sono gli stranieri che hanno ottenuto nel 2014 la cittadinanza italiana, in forte aumento rispetto al 2013 (+29%); 1,1 milioni i minori, di cui circa 800 mila iscritti a scuola nell’anno 2014/2015, il 9,2% di tutti gli iscritti, incidenza che è maggiore al Nord e al Centro (13,6% e 11,1%), soprattutto di cittadinanza romena (157 mila, il 19% del totale), albanese (109 mila), marocchina (102 mila), cinese (41 mila), filippina (26 mila). Nelle università gli iscritti stranieri incidono invece di un 4.2% (sono albanesi, cinesi, romeni, iraniani, camerunensi, greci e moldavi).

Ma il Dossier rileva – come evidenziato nel corso della presentazione da Melchionda – un’immagine “schizofrenica” dell’immigrazione in Italia: da un lato una forte tendenza all’insediamento, soprattutto tra i non comunitari, che per oltre la metà hanno ottenuto un permesso di lungo soggiornanti e quindi a tempo indeterminato, e con il dato importante già richiamato dei minori che frequentano le nostre scuole; dall’altro l’emergenza di profughi, richiedenti asilo e rifugiati che sono sbarcati sulle coste italiane nel 2014 in 170 mila (insieme ai migranti economici), con la previsione di un andamento simile anche nel 2015.
Le richieste di asilo sono state 64 mila nel 2014 e hanno coinvolto in particolare persone provenienti dall’Africa subsahariana (Nigeria 10 mila, Mali 9 mila, Gambia 8 mila, Senegal 4 mila), Asia (Pakistan 7 mila, Bangladesh 4 mila e Afghanistan 3 mila) e per l’Europa, l’Ucraina (2800). Gli stranieri irregolari intercettati dalle forze dell’ordine in condizione irregolare sono stati quasi 31 mila e di essi il 50% è stato effettivamente rimpatriato.

A coordinare gli interventi della mattinata sono stati Claudio Paravati, direttore della rivista Confronti, e Franco Pittau del coordinamento redazionale del Dossier, che ha ricordato la strada sin qui percorsa e l’impegno rimasto inalterato di “far conoscere il fenomeno migratorio ed essere di sevizio per l’inserimento in Italia dei nuovi cittadini”. Di seguito è intervenuto Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese – gli eventi di sensibilizzazione e presentazione del Dossier organizzati contestualmente in tutte le regioni d’Italia sono sostenuti con i fondi dell’8 per mille della Chiesa Valedese – che ha richiamato il dramma che da mesi ha coinvolto prepotentemente la stessa l’Europa, con il transito di masse imponenti di rifugiati e richiedenti asilo “in un’Europa impreparata e divisa”, un “fenomeno epocale cui si è risposto troppe volte con il cuore e con la pancia, mentre il Dossier – ha rilevato Bernardini – ci aiuta a fare un bagno di realtà in mezzo a tante ideologie, indispensabile per trovare soluzioni adeguate e realistiche ad un cambiamento che ormai fa parte della nostra realtà”.

Tra gli aspetti considerati nel Dossier e su cui viene richiamata l’attenzione i dati sull’appartenenza religiosa delle collettività immigrate, che sono per la maggior parte cristiani “ma non per questo dobbiamo considerarli automaticamente integrati – afferma Bernardini, che sollecita ad una considerazione più sensibile alle differenze, dimensione indispensabile alla gestione dell’accoglienza e dell’integrazione.

Melchionda mette in evidenza come sia difficile operare nette distinzioni tra migranti economici e rifugiati e richiedenti asilo, il cui numero è enormemente aumentato nell’ultimo anno (sui 240 milioni di migranti quantificati nel mondo nel 2014, più del 3% della popolazione mondiale, il numero dei migranti forzati ha sfiorato i 60 milioni, ben 8 milioni in più rispetto all’anno precedente). Questi ultimi sono il portato di 33 conflitti oggi combattuti in tutto il mondo, cui la comunità internazionale risponde con 11 missioni di pace, mentre 65 sono i muri costruiti per impedire il passaggio dei migranti. Altro numero che impressiona è quello dei morti nell’attraversamento del Mar Mediterraneo nel 2014, circa 3000, mentre non dobbiamo dimenticare – segnala il direttore di Idos – che se Germania, Svezia e Italia sono i Paesi che accolgono più rifugiati, l’incidenza di questi ultimi sulla popolazione italiana è di molto inferiore a quella dei primi due Stati (uno 0,3% di contro a percentuali che sono doppie per la Germania, per esempio).

Melchionda segnala anche come solo il 25% dei 78 mila richiedenti asilo in Italia si trovi presso le strutture di accoglienza temporanea (Sprar) a giugno 2015, segnalando la necessità prioritaria di monitorare il restante 75% delle presenze. Richiamati infine i circa 500 imprenditori di origine straniera attivi nel nostro Paese, un dato che conferma la dinamicità ed il contributo degli immigrati all’economia italiana: gli occupati stranieri sono 2.290 mila, sono quelli che hanno risentito maggiormente gli effetti della crisi (il loro tasso di occupazione è più elevato rispetto agli italiani ma anche quello di disoccupazione – il 16% di contro il 12%, 154 mila sono i permessi di soggiorno per motivi di lavoro e famiglia che giunti a scadenza non sono stati rinnovati, un +6,2% rispetto al 2013; importante è la loro presenza in settori come l’agricoltura – 327 mila, – settore che li espone in particolare a fenomeni di sfruttamento come il caporalato; le entrate fiscali loro imputabili sono di 16 miliardi di euro, 3 miliardi dei quali sono un utile per le casse dell’Inps per il mancato raggiungimento dei requisiti per la pensione).

Gli imprenditori sono soprattutto di origine marocchina, albanese, tunisina ed egiziana, dati che inducono Melchionda a sollecitare la valorizzazione di questi ultimi quali agenti di promozione del made in Italy nel Mediterraneo, tanto più in tempi di difficoltà del bilancio statale che ha comportato anche la ristrutturazione di enti adibiti alla promozione del commercio estero come l’Ice. “Gli imprenditori rappresentano la mediazione tra economie, ma anche il legame tra cooperazione, sviluppo e internazionalizzazione, legame che può contribuire a realizzare concretamente l’integrazione del Mediterraneo e il rilancio del processo di Barcellona – conclude Melchionda.

Sottolinea il contributo qualitativo alla conoscenza del fenomeno migratorio apportato dal Dossier il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Paolo Gentiloni, che ribadisce come l’aumento in particolare del numero dei rifugiati sia diventato un problema europeo ma “preme e crea difficoltà soprattutto nei Paesi del Sud del mondo”. Cita in particolare il Kenya, il Libano e la Giordania, Paesi questi ultimi “messi veramente a dura prova dalla pressione dei rifugiati – rileva il ministro, ricordando come in Giordania per esempio i migranti in fuga accolti in campi profughi siano pari ad un quinto della popolazione.
“Si tratta inoltre di un fenomeno di lunga durata – prosegue – per cui disporre di una ricetta sarebbe un’illusione e che cercare di fermare e respingere è impossibile ed è un errore: le migrazioni, se gestite correttamente, vengono incontro infatti ad esigenze della nostra economia e società, si pensi al tasso di invecchiamento che avanza in numerosi Paesi europei.

È il caso – dice Gentiloni – di Ungheria, Repubblica Ceca o Slovacchia che oggi invece sono tra gli Stati europei che respingono con più forza i flussi”.

Torna poi sulla distinzione tra migranti economici e rifugiati, che, a suo dire, “non deve diventare un alibi per le nostre coscienze. Esiste un fondamento giuridico a questa distinzione – aggiunge – ma anche i migranti economici interpellano le nostre coscienze, le nostre società e le nostre decisioni”. Occorre dunque fare di più, a cominciare dal “rimettere sotto controllo alcune delle crisi che sono origine di questi flussi – rileva il ministro, richiamando la crisi libica, la necessità di trovare una soluzione politica anche alla crisi siriana, coinvolgendo tutti gli attori che possono dare un contributo in questa fase, compresa la Russia, e le difficoltà dell’Africa, su cui l’Europa è chiamata a riflettere anche con la conferenza che si svolgerà a breve a Malta.

Richiamata anche l’importanza della cooperazione, “le cui risorse saranno riportate in questa legge di stabilità – fa sapere il ministro – ad un livello dignitoso” e la necessità di “cambiare le regole europee, a partire dal regolamento di Dublino”. “Come si pensa che un Paese come la Grecia possa gestire 400 mila migranti che vi approdano? – si chiede Gentiloni, riferendosi alla norma che prescrive che sia il luogo di ingresso in Europa quello incaricato a prendere in carico la domanda di asilo.

“Non possiamo sacrificare Schengen per Dublino – aggiunge, – ossia mettere in discussione regole fondanti la stessa Unione come il principio della libera circolazione delle persone, ma garantire insieme l’accoglienza e approntare un regolamento comune per i richiedenti asilo”. L’alternativa è dunque quella di “agire da Paese civile” o “rinunciare alla nostra civiltà”.

Di seguito interviene il sociologo di origine albanese Rando Devole, che paragona i flussi migratori a quelli dell’acqua, che “se ben gestiti apportano benefici alla società, se invece mal governati o non gestiti possono distruggerla” e invita superare la retorica dell’invasione e l’approccio univocamente economicista al fenomeno. Richiama anche l’importanza delle norme in materia di cittadinanza approvate recentemente alla Camera dei Deputati.

Per il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali interviene Stefania Congia, direttore generale per l’Immigrazione, che rileva come il Dossier apporti un contributo di conoscenza ormai consolidato sul tema e con la costante capacità di innovazione necessaria ad una comprensione aggiornata e capace di mettere in luce i percorsi di persone e la loro dignità, oltre che i numeri. Indica come necessario inoltre per il nostro Paese il “passaggio culturale dall’accoglienza all’integrazione, processo che coinvolge il soggetto immigrato, il Paese di accoglienza e quello di origine”.

Le conclusioni sono state affidate a mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma e incaricato delle migrazioni presso la Conferenza episcopale laziale, che ha ribadito l’importanza della conoscenza per “configurare soluzioni possibili” e uscire dalla logica dell’emergenza, “che è funzionale alla corruzione”. Sottolinea come il problema dell’Europa e le sue resistenze all’accoglienza dei profughi siano riconducibili ad una carenza di “umanesimo, che è la vera radice della nostra civiltà”. Richiama, sul fronte della conoscenza e della lotta al pregiudizio, i dati del Dossier sui reati a carico di stranieri: risultano diminuiti nell’arco temporale 2004-2013, nonostante il loro numero sia aumentato. Tra le azioni operative, egli indica il riconoscimento immediato di protezione europea per coloro che fuggono da contesti come la Siria, l’allestimento di aree di transito in cui si possano ricongiungere la famiglie in fuga, l’introduzione di sponsorizzazioni per favorire l’accoglienza di singoli e famiglie, la revisione del regolamento di Dublino e un impegno più serio di attenzione verso i Paesi in guerra.

(Viviana Pansa – Inform/eminews)

 

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