10680 I BRASILIANI IN PIAZZA CONTRO GLI SPRECHI

20130621 17:39:00 guglielmoz

Meno soldi per i Mondiali del 2014 e più investimenti per la sanità e i trasporti. Lo chiedono migliaia di persone che dal 13 giugno protestano nelle principali città del paese.

Sono giornate di tensione, ma anche di perplessità. I partiti alleati con il governo e tutte le forze all’opposizione non sanno più che pesci prendere. Un movimento spontaneo, nato da piccoli gruppi di studenti della classe media con il sostegno di partiti politici poco rappresentativi, ha scatenato a partire da Sào Paulo un’ondata di proteste che ha riempito le strade di decine di città.
Il 17 giugno sono scesi in piazza 25omila brasiliani. Era dal 1992, quando centinaia di migliaia di giovani manifestarono per chiedere le dimissioni del presidente Fernando Collor de Mello, che non si vedeva niente di simile.
Ci sono però delle differenze fondamentali rispetto alle proteste di massa del passa-to. Nel 1984milioni di brasiliani manifestarono per chiedere elezioni democratiche. Nel 1992 la protesta scoppiò per esigere dal parlamento la destituzione di un presidente chiaramente corrotto. In tutte e due le occasioni partiti politici, leader, dirigenti e movimenti sociali si erano uniti per raggiungere un obiettivo comune. Gli slogan delle proteste avevano richieste chiare e le manifestazioni erano state organizzate. Erano movimenti organici, con una forte adesione popolare. Ora non è così. Tutto è cominciato all’inizio di giugno con piccole proteste che non sono riuscite a riunire più di tremila persone. La gente è scesa in piazza contro l’aumento del prezzo (venti centesimi di re-ai) dei trasporti pubblici a Sào Paulo. In poco più di dieci giorni lo scenario si è trasformato e oggi le manifestazioni non hanno una leadership organica. La repressione della polizia militare, prima a Sào Paulo e poi in altre città, ha aumentato la popolarità dei manifestanti. È vero che ci sono stati episodi di vandalismo da parte di una minoranza di persone, ma il comportamento selvaggio della polizia militare a Sào Paulo, soprattutto il 13 giugno, ha scatenato la rea-zione indignata dei brasiliani. Nessuno, né chi ha convocato le manifestazioni né le autorità, si aspettava un’adesione così alta. Un esempio: il 17 giugno la polizia di Rio de Janeiro aveva previsto che il corteo non avrebbe superato i tremila partecipanti e ha disposto misure di sicurezza basate su quest’ipotesi. Invece i manifestanti sono stati centomila.
DIVARIO
Sono molte le domande ancora in sospeso, così come sono molte le conclusioni che si possono già trarre. Com’è possibile che un movimento senza una direzione chiara e concreta si espanda così tanto e in così poco tempo? Come fa un alto indice di gradimento del governo a convivere con una simile dimostrazione d’insoddisfazione? E perché nessuno, né al governo né all’opposizione, ha percepito questa rabbia latente? Negli ultimi anni l’inflazione è sempre stata sotto controllo, il potere d’acquisto del salario medio è cresciuto in termini reali e la disoccupazione è ancora bassa. Circa cinquanta milioni di brasiliani sono usciti dalla povertà e sono entrati a far parte della cosiddetta nuova classe media. Perché allora protestano? Queste sono le grandi domande a cui i politici, al governo e all’opposizione, non sanno rispondere. Ora è chiaro a tutti: la pessima qualità dell’istruzione pubblica, la situazione caotica della sanità, il sacrificio dei lavoratori dei grandi centri urbani, costretti ogni giorno a subire la tortura dei trasporti pubblici, sono ormai insostenibili. Ed è altrettanto chiaro che il sistema politico così com’è non rappresenta più grandi set-tori della popolazione. Le alleanze politiche progettate con l’unico obiettivo di assicurare una presunta governabilità servono esclusivamente a tu-telare interessi meschini di dirigenti di partito. La situazione è preoccupante e i politici
POLIZIA VIOLENTA – Il 13 giugno la polizia militare di Sào Paulo ha represso duramente la manifestazione contro l’aumento del prezzo del biglietto del trasporto pubblico. Il quotidiano Folha de Sào Paulo ha denunciato in un editoriale il comportamento delle forze dell’ordine: "La polizia è stata protagonista di uno spettacolo più grave degli atti di vandalismo dei manifestanti. Il suo compito è mantenere l’ordine, invece ha contribuito solo ad aumentare il disordine, con violenze arbitrarie e fuori controllo. Alcuni giornalisti sono stati feriti. Da promotori della pace pubblica, i poliziotti si sono trasformati in agenti del caos".
non sanno davvero più che pesci prendere.
Le decine di migliaia di manifestanti che dal 7 giugno occupano le strade delle principali città del paese protestano per tantissimi motivi: dalla sanità all’istruzione, dai trasporti pubblici alla corruzione, dall’inflazione alle spese smisurate per l’organizzazione degli eventi sportivi, come i Mondiali di calcio del 2014 0 le Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016. C’è un grande diva-rio tra il paradiso dei numeri e l’inferno quotidiano di milioni di brasiliani. È indicativo il risultato di un sondaggio che si è svolto a Sào Paulo, principale polo finanziario dell’America Latina, all’inizio di giugno, quando sono cominciate le prote-ste. Nonostante il suo provincialismo metropolitano (mi si passi la contraddizione in termini), il suo atteggiamento conservatore mal mascherato, il suo razzismo latente, i suoi pregiudizi sociali e tutto l’orgoglio del-la sua classe media abituata a disprezzare chi non le somiglia, il 55 per cento degli in-tervistati ha dichiarato di sostenere i mani-festanti. Qualcosa di strano e pericoloso, ma al-trettanto stimolante, sta succedendo nel resto del Brasile. Il vero pericolo è la mancanza di una guida chiara e organizzata del movimento. In questa situazione, anche se volessero, le autorità municipali e i leader al governo non saprebbero con chi parlare o trattare. Inoltre, senza una leadership definita, c’è il rischio che una minoranza vio-lenta (per non parlare degli onnipresenti infiltrati) possa facilmente far finire la situa-zione fuori controllo, com’è successo più volte in questi ultimi giorni. Tra molte stranezze, ce n’è una che salta agli occhi: l’evi-dente contraddizione tra i livelli di approva-zione del governo e della stessa presidente Dilma Rousseff e le richieste senza mezzi termini dei manifestanti. Un’altra curiosità: per la prima volta in Brasile l’uso dei social network ha dimostrato di funzionare. Usando un’espressione cara all’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, potremmo dire che "mai prima in questo paese" i social network sono stati così efficaci. C’è perplessità e tensione, e i dirigenti non sanno cosa fare. Il 18 giugno, durante un evento ufficiale, la presidente Dilma Rousseff ha detto che il suo governo è attento alle voci della piazza. Speriamo che ci sia ancora il tempo necessario per ascoltare con attenzione quelle voci e cominciare a cambiare le cose, più di quanto non siano già cambiate.
PARADISO PERDUTO / E. Cantanhède, Folha de Sào Paulo, Brasile / I fischi alla presidente Dilma Rousseff il 15 giugno, durante la partita d’esordio del Brasile nella Confederations cup, vanno ridimensionati. Il pubblico presente allo stadio Mane Garrincha di Brasilia non rappresenta la maggioranza dell’elettorato brasiliano e poi, prima o poi, tutti i leader vengono fischiati. Più preoccupante per la presidente è il momento storico della contestazione: l’inflazione è in aumento, mentre la sua popolarità diminuisce. L’insicurezza cresce, il dollaro schizza alle stelle e le borse crollano. Ma il problema principale è che la protesta popolare si è estesa e viene mostrata al mondo. L’aumento di pochi centesimi del prezzo del biglietto dell’autobus a Sào Paulo non è l’unico motivo che ha fatto scendere in piazza centinaia di migliaia di persone in tutto il Brasile. I manifestanti non protestano solo contro il governo. Le ragioni del malcontento sono molte e si trovano tutte nei palazzi del potere: nella sede del governatore di Sào Paulo, il socialdemocratico Geraldo Alckmin, e in quella del sindaco di Sào Paulo, Fernando Haddad. Di certo il rischio di eccessive lungaggini nei processi contro i politici coinvolti in alcuni scandali di corruzione ha alimentato la tensione. Un elemento di novità di queste manifestazioni è che i social network hanno mostrato la loro forza anche in Brasile. Speriamo che la presidente perdoni i fischi di uno stadio e ascolti la voce del paese. Il sogno che il Brasile fosse un paradiso, urna maravilha, è finito. La verità fa male, ma aiuta a migliorare il paese.

 

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