10668 NOTIZIE DALL’ITALIA E DAL MONDO 14 GIUGNO

20130614 10:54:00 guglielmoz

EUROPA – Gli svizzeri hanno votato a favore delle restrizioni al diritto di asilo approvate nel settembre 2012
ITALIA – Stipendi italiani al palo – 15% rispetto ai tedeschi operai.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – . Silenzio stampa e visite vietate / Il Sudafrica non è pronto a «lasciarlo andare» «La nazione prega per Madiba» si poteva leggere ieri mattina all’alba su uno dei tanti manifesti di un giornale locale affissi sui pali della luce lungo la strada principale che collega Cape Town ai suoi sobborghi
ASIA & PACIFICO – SIDNEY – Popolazione raggiunge 23 milioni La popolazione australiana è sul punto di varcare la soglia dei 23 milioni di abitanti mentre continua a crescere il tasso di natalità, passato nell’ultimo decennio da 1,73 a 1,88 nati per ogni donna,
AMERICA CENTROMERIDIONALE – PERU – Artemio condannato L’8 giugno un tribunale ha condannato all’ergastolo Florindo Flores Hala noto come Artemio.
AMERICA SETTENTRIONALE – STATI UNITI – Il cammino della riforma.

EUROPA / PRIVACY DEGLI EUROPEI – Le Monde, Francia / E l’Europa? Gli Stati Uniti hanno spesso il pregio di essere dei precursori. Quello che viene dall’America finisce prima o poi per sbarcare sul vecchio continente. A questo proposito lo scandalo sulla sorveglianza digitale scoppiato oltreoceano è molto interessante: usando il cellulare e le altre piattaforme digitali, gli europei rischiano come gli americani di essere sorvegliati dai loro governi? Il punto è che uno statunitense appena usa il suo iPhone, il tablet, il computer, Twitter o Facebook, cioè appena entra nell’universo digitale, ormai sa cosa lo aspetta. Rinuncia a qualunque diritto a proteggere la sua vita privata. E i sondaggi dicono che lo accetta di buon grado.
Gli europei invece sembrano più preoccupati di tutelare la loro privacy digitale. Anche se bisogna riconoscere che sono stati meno colpiti dal terrorismo islamico, che ha causato, qui come negli Stati Uniti, una forte diminuzione delle libertà. Le istituzioni dell’Unione europea – in particolare Commissione e parlamento – si sono opposte a Washington e si sono battute per evitare le richieste eccessive fatte in nome della lotta al terrorismo. Nel 2010 l’Unione ha ottenuto di poter valutare le richieste statunitensi sul controllo dei flussi finanziari in Europa. Nel 2012 le istituzioni europee, grazie a una lunga battaglia del parlamento, hanno limitato il numero di dati personali che un passeggero europeo deve trasmettere alle autorità se va negli Stati Uniti. Ma quale è stato il comportamento dei governi europei di fronte al mostruoso apparato di sorveglianza elettronico creato dall’Nsa, l’Agenzia statunitense per la sicurezza nazionale? La domanda è ancora senza ri-sposta. Anche se è evidente che molti cittadini dell’Unione sono stati sottoposti a questa sorveglianza. Una cosa è certa: i paesi dell’Unione non riescono a mettersi d’accordo su come garantire la protezione digitale dei loro cittadini. Fanno fatica a dotarsi di una direttiva sulla protezione dei dati personali e non riescono a trovare un buon equilibrio tra sicurezza e libertà. Quello che succede negli Stati Uniti dovrebbe spingerli a farlo.

IL VOTO LOCALE E L’INERZIA DI LETTA – Financial Times, Regno Unito
Dopo l’ultima tornata di elezioni amministrative il presidente del consiglio italiano Enrico Letta può essere soddisfatto. Il Partito democratico ha conquistato i 16 capoluoghi in cui si è votato. E il centrosinistra ha riconquistato Roma, dove nel 2008 aveva subito un’umiliante sconfitta. I deludenti risultati del Popolo della libertà di Silvio Berlusconi, che appoggia il governo, rendono meno probabile che il Cavaliere decida di far cadere il governo. A livello nazionale il centrodestra è ancora avanti nei sondaggi, ma i risultati del voto dimostrano che se spingesse per un ritorno alle urne, Berlusconi potrebbe avere brutte sorprese.
Altrettanto significativa è la sconfitta del Movimento 5 stelle, che ha vinto solo in due comuni su 500. La creatura di Beppe Grillo, un comico trasformato in leader, ha pagato caro il suo rifiuto di appoggiare qualsiasi governo di coalizione. Nel movimento si comincia a litigare ed è possibile che il più grande gruppo di opposizione si spacchi, rafforzando la posizione di Letta. La buona notizia è che l’ondata di populismo che aveva scosso il paese alle elezioni di febbraio sembra essersi fermata. Gli italiani chiedono soluzioni alla crisi economica. E finora sembrano disposti a concedere al governo Letta il beneficio del dubbio. Ma il premier deve usare bene questo tempo. Nei primi tre mesi del 2013 l’economia italiana ha subito una contrazione del 2,4 per cento su base annua. Il governo prevede che la ripresa comincerà nella seconda metà del 2013, ma la cosa sembra sempre meno probabile. Da quando ha avuto l’incarico, Letta ha fatto molto poco per aiutare l’economia a ripartire. Oggi i tre punti principali del suo programma (ridurre le tasse, aumentare la spesa per l’istruzione e rispettare i limiti di deficit imposti da Bruxelles) sembrano inconciliabili. Chi vuole governare deve fare scelte difficili. E non sarà facile conciliare le diverse priorità dei partiti che sostengono il governo. Una delle cose che i politici italiani hanno imparato dal governo tecnico di Mario Monti è che le riforme non sempre pagano in termini di consenso. E se Berlusconi sarà condannato in uno dei processi in corso, c’è il rischio che la coalizione non duri.
Niente di tutto questo, però, giustifica l’immobilismo quando il bisogno di riforme è cosi pressante. Gli elettori hanno deciso di dare a Letta una possibilità, e lui dovrebbe cercare a tutti i costi di far ripartire l’Italia.

SVIZZERA
PIÙ LIMITI ALL’ASILO / Gli svizzeri hanno votato a favo-re delle restrizioni al diritto di asilo approvate nel settembre 2012. La consultazione era stata convocata da ong, verdi, sociali-sti e gruppi religiosi per abroga-re la nuova disciplina sull’asilo, che ha introdotto restrizioni molto severe sulla concessione dello status di rifugiato. A esprimersi a favore della nuova normativa è stato il 79 per cento dei votanti. Secondo La Liberté, questo risultato "mette in discussione la vocazione umanitaria del paese" e dimostra che "gli svizzeri temono che l’immigrazione e l’aumento della popolazione possano minacciare il loro livello di vita".

BASILEA – Il Circolo del Partito democratico di Basilea ha ripreso ad organizzare i suoi appuntamenti democratici, che di consuetudine si svolgono una volta al mese su temi di attualità politica italiana e nazionale svizzera. All’ultimo incontro, al quale assieme ai militanti e ai dirigenti locali ha partecipato anche il segretario nazionale, Michele Schiavone, è stato passato in rassegna l’esito delle elezioni legislative italiane e il lavoro svolto dal Partito democratico nella ripartizione europea della circoscrizione estero. “Per quanto riguarda l’esito elettorale nella ripartizione europea, i militanti del Partito democratico di Basilea – come si legge in una nota – hanno espresso un forte rammarico per la mancata riconferma in parlamento dell’onorevole Franco Narducci, il quale nelle recenti legislature si era distinto per la sua esemplare professionalità. Agli eletti del Pd in Europa viene espresso un convinto sostegno alle loro battaglie parlamentari, su temi e proposte che vorremmo elaborare e condividere, partendo dai dibattiti da promuovere nei circoli. Immancabilmente – conclude la nota del Circolo del Partito democratico di Basile – il primo tema sul quale vorremmo confrontarci è l’urgente e non più eludibile riforma del voto all’estero”.

REGNOUNITO – Risarcimenti tardivi / Il ministro degli esteri William Hague ha espresso "sincero rammarico" per le violenze inflitte ai keniani durante la re-pressione della protesta anticolonialista dei Mau mau, all’ini-zio degli anni cinquanta. Hague ha anche annunciato un risarcimento di 19,9 milioni di sterline per i 5.200 sopravvissuti ai campi di prigionia britannici. "Le scuse servono", scrive il Guardian, "ma non bastano: il paese deve ancora fare i conti con i periodi più bui della sua storia coloniale". Nella foto: il veterano Mau mau – Methenge Iregi

REGNO UNITO II 17 e il 18 giugno nella contea di Fermanagh, in Irlanda del Nord, si svolgerà il vertice del G8. Decine di persone sono state arrestate a Londra nelle proteste contro il vertice.

FRANCIA – Morte di un antifascista / Liberation, Francia / Il 6 giugno, a Parigi, Clément Méric, un militante antifascista di 18 anni, è morto dopo essere stato picchiato da un gruppo di naziskin. La polizia ha arrestato sette militanti del movimento Gioventù nazionalista rivoluzionaria (Jnr), un gruppuscolo di estrema destra, tra cui Esteban M., 22 anni, il quale ha ammesso di aver colpito Méric con il pugno in faccia che, secondo i primi accertamenti, ne avrebbe causato la morte. Secondo Liberation la vicenda si inserisce nel "clima pesante e fatto di violenze, verbali e simboliche, che ha profondamente degradato lo spazio pubblico" durante il periodo della discussione in parlamento e dell’approvazione della legge sui matrimoni gay. "Corteo dopo corteo, i gruppuscoli dell’estrema destra sono tornati in piazza e hanno ritrovato uno spazio di espressione, se non una nuova legittimazione, e di certo anche una spinta all’azione". Il quotidiano accusa quindi le manifestazioni contro il "matrimonio per tutti", che hanno dato visibilità ai movimenti ultraconservatori rimasti a lungo ai margini della vita politica. Chiamata in causa, la leader del Front national Marine Le Pen ha preso le distanze dagli aggressori di Méric. Il presidente Francois Hollande e il premier Jean-Marc Ayrault hanno invece invocato una lotta senza quartiere contro tutti i gruppi di ispirazione nazista e fascista e hanno chiesto la loro messa al bando

GRECIA – La tv vittima dei tagli / Dalle 23 dell’11 giugno tutte le trasmissioni della Ert, la radio-televisione pubblica greca, sono state sospese. La decisione, an-nunciata nel pomeriggio dal primo ministro Antonis Samaras, rientra nel piano di privatizzazioni concordato con Bce, Commissione europea e Fmi, e ha scatenato le proteste di sindacati e partiti d’opposizione {nella foto). L’Ert dovrebbe essere sostituita da una struttura privata e più snella. Secondo Eleftherotypia, la chiusura dell’Ert è "un problema di democrazia, perché limita il pluralismo dell’informazione", inoltre, aggiunge Kathimerini, "è stata decisa per decreto, senza una discussione pubblica né un di-battito in parlamento". Sempre l’n giugno è andata deserta l’asta per la privatizzazione della Depa, la compagnia greca del gas, che era un altro punto chiave del piano

BOSNIA ERZEGOVINA – Rivoluzione a Sarajevo / Anche la Bosnia Erzegovina ha I un suo movimento Occupy. A Sarajevo migliaia di persone hanno dato il via a una mobilitazione che i giornali hanno chiamato la bebirevolucija (baby rivoluzione). Come racconta il settimanale Dani, tutto è cominciato a febbraio, quando la corte costituzionale ha sospeso, per un cavillo burocratico, la legge sull’assegnazione ai cittadini del numero di identificazione personale, senza il quale non è possibile ottenere i documenti di identità. Il 6 giugno, quando è emerso che, a causa di questo pasticcio, un bambino che aveva urgentemente bisogno di cure all’estero non aveva potuto ottenere il passaporto, centinaia di persone hanno circondato il parlamento federale a Sarajevo. I manifestanti hanno impedito ai parlamentari di uscire dall’edificio per un’intera giornata. Le proteste sono proseguite anche nei giorni successivi, trasformandosi in una più generale contestazione della classe politica del paese. Come scrive Dani, "dopo anni di passività, i cittadini di Sarajevo hanno preso finalmente la situazione nelle loro mani".

BULGARIA L’n giugno un uomo di 59 anni è morto dopo essersi dato fuoco ad Harmanli, nel sud del paese. Da febbraio sette persone si sono uccise in questo modo per protestare contro la povertà e la corruzione.

ITALIA
ROMA – APPELLO / LA CAMERA VOTI LO STOP AGLI F-35 / Nei prossimi giorni la Camera dei Deputati discuterà una mozione di 158 parlamentari di Sel, Pd e M5S che chiede la cancellazione della partecipazione italiana al programma dei cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighter. In linea con le richieste e indicazioni della campagna «Taglia le ali alle armi» (che dal 2009 si batte contro i caccia) sosteniamo questa nuova iniziativa parlamentare e tutte quelle che si renderanno necessarie per bloccare una scelta così sbagliata.
Spendere 14 miliardi di euro per comprare (e oltre 50 miliardi per l’intera vita del programma) un aereo con funzioni d’attacco, capace di trasportare ordigni nucleari, mentre non si trovano risorse per il lavoro, la scuola, la salute e la giustizia sociale è una scelta incomprensibile che il Governo deve rivedere.
Per questo chiediamo a tutti i Deputati di sostenere questa mozione e tutte le iniziative parlamentari tese a fermare il programma degli F35 e a ridurre le spese militari a favore del lavoro, dei giovani, del welfare e delle misure contro l’impoverimento dell’Italia e degli italiani.
Ascanio Celestini, Luigi Ciotti, Riccardo Iacona, Chiara Ingrao, Gad Lerner, Savino Pezzotta, Roberto Saviano, Cecilia Strada, Umberto Veronesi, Alex Zanotelli

ROMA – “Occorre cominciare a sensibilizzare i parlamentari italiani sulle questioni che riguardano gli italiani all’ estero e ricordare loro la storia dell’ emigrazione italiana nel mondo, facendo conoscere meglio il ruolo e le potenzialità attuali delle nostre comunità all’ estero". Lo ha affermato Davide Zoggia, responsabile organizzazione della segreteria nazionale del Pd, nel corso del primo incontro con gli eletti all’ estero del suo partito e il responsabile italiani nel mondo, Eugenio Marino, per organizzare il lavoro politico e parlamentare dei prossimi mesi. "Lavoreremo in raccordo come Pd tra i gruppi di Camera e Senato – continua il dirigente Pd – e con gli altri gruppi di centrosinistra per assicurare alcune riposte urgenti sui principali temi che riguardano gli italiani all’ estero, a cominciare delle riforme costituzionali e del sistema elettorale, garantendo il diritto di voto e rappresentanza ai cittadini italiani nel mondo, così come sancito dal dettato costituzionale che lega inscindibilmente voto e cittadinanza". "Entro fine mese – conclude Zoggia – terremo una prima iniziativa politica pubblica di sensibilizzazione, con parlamentari italiani di Camera e Senato, sulle principali questione all’ ordine del giorno sugli italiani all’ estero".

ROMA – E’ stata convocata dal segretario generale Elio Carozza l’ assemblea plenaria del Cgie, il Consiglio generale degli italiani all’ estero, che si terrà a Roma, presso la sala Conferenze internazionali del ministero degli Esteri. Le sessioni si terranno il 26 e 27 giugno dalle 10 alle 18 e il 28 giugno dalle 9.30 alle 14 con il seguente ordine del giorno:
• relazione del governo;
• relazione del Comitato di Presidenza;
• intervento dei capi delegazione del Senato e della Camera; dibattito;
• elezioni Comites, modalità di voto e rinnovo Cgie; legge di stabilità: capitoli di bilancio in favore degli italiani all’ estero. Stampa italiana all’ estero;
• cittadinanza: jus sanguinis e jus soli;
• riforme istituzionali e rappresentanza degli italiani all’ estero: relazioni, dibattito e tavola rotonda – il programma, i relatori ed i partecipanti alla tavola rotonda saranno comunicati appena definiti;
• lingua e cultura italiana all’ estero: documento conclusivo del seminario e sviluppi; nuove mobilità e giovani italiani all’ estero
• luci ed ombre sulle modalità e sulle operazioni di voto all’ estero della recente consultazione elettorale; discussioni e approvazioni degli ordini del giorno e dei documenti;
• varie ed eventuali.
ROMA – L’ITALIA RESTA SALDA AL COMANDO DELLA CLASSIFICA EUROPEA DELLE PRODUZIONI CERTIFICATE, CHE CRESCONO A UN RITMO SOSTENUTO CHE NON HA PARI IN NESSUN ALTRO PAESE UE. Solo nei primi cinque mesi del 2013 lo Stivale ha guadagnato altri sei riconoscimenti, toccando quota 254 prodotti a denominazione tra Dop, Igp e Stg. Si tratta di un primato che conferma ancora una volta l’eccellenza dell’agroalimentare “made in Italy” rispetto ai nostri competitor più agguerriti. Francia e Spagna ci seguono, infatti, ma a notevole distanza: Parigi si ferma a 197 riconoscimenti e Madrid a 162”. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in occasione della presentazione dell’Atlante Qualivita. “Ancora di più con la crisi economica, il segmento dei prodotti italiani certificati si dimostra fondamentale per la nostra economia -spiega la Cia- con un fatturato al consumo pari a 12 miliardi di euro nel 2012, di cui il 35 per cento legato alle esportazioni. Un giro d’affari notevole, quindi, ma in grado di crescere molto di più: basterebbe da una parte potenziare gli strumenti di promozione e di marketing a sostegno delle nostre Dop e Igp ancora sconosciute e dall’altra intensificare la lotta alla contraffazione”. “Oggi, infatti, il 97 per cento del fatturato complessivo del paniere Dop e Igp italiano è legato esclusivamente a una ventina di prodotti: Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Aceto Balsamico di Modena, Mela Alto Adige, Prosciutto di Parma, Pecorino Romano, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Speck Alto Adige, Prosciutto San Daniele, Mela Val di Non, Toscano, Mortadella Bologna, Bresaola della Valtellina Igp e Taleggio. Ecco perché -osserva la Cia- ora occorre sviluppare le tante certificazioni meno conosciute ma suscettibili di forte crescita, non solo organizzando le filiere e incrementando Consorzi partecipati da tutte le componenti produttive, ma soprattutto rafforzando la politica di promozione in primis sulle vetrine internazionali”. “Ancora più importante, poi, bisogna usare ‘tolleranza zero’ verso chi imita i nostri prodotti d’eccellenza, facendo concorrenza sleale alle nostre imprese e compromettendo il prestigio del nostro sistema agroalimentare dentro e fuori i confini nazionali -sottolinea la Cia-. Solo in Italia la contraffazione alimentare fattura più di un miliardo di euro, con 10 milioni di chili di cibi ‘tarocchi’ sequestrati soltanto nel 2012. Per non parlare dei danni ancora maggiori provocati dall’Italian sounding nel mondo, con un business illegale di ben 60 miliardi di euro ogni anno.
ROMA – IMU, TURANO (PD): RISOLUZIONE COMITATO ITALIANI ALL’ESTERO E’ PASSO IMPORTANTE
"La risoluzione votata questa mattina, all’unanimità, dal Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato, è un passo importante per sbloccare la finora inaccettabile situazione del pagamento IMU sulle abitazioni sfitte di proprietà degli italiani all’estero". Così Renato Turano, senatore del Pd eletto nella ripartizione America settentrionale e centrale e membro del CQIE, sulla risoluzione che impegna il governo "a considerare le uniche proprietà immobiliari non locate o concesse in comodato d’uso gratuito come abitazione principale"."Il documento votato – spiega Turano – riveste un’importanza ancora maggiore perché richiesto, in via del tutto eccezionale, dal presidente del Senato che ha deferito l’affare relativo all’IMU sui beni immobili al Comitato, equiparando di fatto la sua deliberazione a quella di una commissione". "Adesso – conclude Turano – dobbiamo attendere la riforma complessiva dell’imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare che il governo Letta presenterà entro il 31 agosto e, all’interno di quel testo, ridaremo dignità alle collettività italiane all’estero ripristinando quell’uguaglianza tra i cittadini da sempre prevista dalla nostra Costituzione".
ROMA – Stipendi italiani al palo – 15% rispetto ai tedeschi Report Istat sulle retribuzioni: nel 2010 le buste paga al dodicesimo posto in Europa. NELLA CLASSIFICA EUROPEA, I MEGLIO PAGATI SONO I DANESI: PRENDONO IN MEDIA 27,9 EURO ALL’ORA; SEGUONO GLI IRLANDESI (22,23 EURO) E I LAVORATORI DEL LUSSEMBURGO (21,95 EURO). IN CODA TROVIAMO LA BULGARIA (2,04 EURO), ROMANIA (2,67 EURO), LETTONIA E LITUANIA.
Le donne pagate quasi il 10% in meno, i dirigenti quattro volte più degli operai. I lavoratori italiani hanno buste paga più leggere del 14,6% rispetto ai colleghi tedeschi.
Rispetto a quelli del Regno Unito la distanza è del 13% e dell’11% se il confronto avviene con i francesi. Questo almeno quanto accadeva nell’ottobre del 2010, data in cui l’Istat ha scattato la fotografia poi analizzata in un report sulla struttura delle retribuzioni pubblicato alcuni giorni fa. In quel mese, nella classifica generale le retribuzioni si collocano al dodicesimo posto nell’Unione europea a 27 e sono inferiori alla media dell’Eurozona: se invece si considera l’intera Unione europea, i salari italiani sono leggermente superiori alla media. Peggio stanno, tra gli altri, gli spagnoli con il 25,9% in meno. Questo il quadro generale. Vista da vicino, la struttura rivela altri dettagli. Nel 2010 la retribuzione lorda annua per ora era di 16,2 euro: così la media tra lavoratori dipendenti nelle imprese e istituzioni con almeno 10 addetti nell’industria e nei servizi (escluse le attività della pubblica amministrazione in senso stretto). Le donne però prendono meno: la loro retribuzione oraria è pari a 15,3 euro, inferiore del 9,2% a quella degli uomini (16,7 euro). Si chiama gender pay gap ed è la differenza percentuale tra la paga oraria di uomini e donne rapportata alla retribuzione maschile: ebbene tra il 2006 e il 2010 la distanza tra lavoratori e lavoratrici si è ridotta nella Unione europea a 27 passando dal 17,7% al 16,2%, mentre in Italia è aumentata da 4,4 al 5,3%. Altre differenze: i dirigenti guadagnano quattro volte tanto gli operai (44,3 euro contro 11,8) e i laureati o diplomati prendo il doppio di chi si è fermato alle medie o alle elementari (26,2 euro contro 11,6). Analizzando i diversi settori, guadagna di più in assoluto (26,5 euro) chi lavora nel comparto finanziario e assicurativi, in coda troviamo invece i lavoratori dei servizi con 10,8 euro lordi all’ora. Anche l’età ha il suo peso: si passa così dai 9,6 euro dei lavoratori tra 14 e 19 anni, a 11,2 euro in quella tra i 20 e i 29 anni, fino a 23,5 euro per il personale dipendente ultrasessantenne. Traducendo le percentuali in cifre assolute la retribuzione lorda annua per dipendente è pari a 28.558 euro: sale a 31.394 euro per gli uomini e scende a 24.828 per le donne. Questa differenza – spiega l’Istat – è dovuta in parte al diverso numero di ore annue retribuite, che per gli uomini si attesta a 1.876 ore e per le seconde a 1.620 ore. Le retribuzioni medie per i dipendenti che hanno qualifiche più elevate ammontano a 88.942 euro l’anno per gli uomini e a 61.361 euro per le donne; quelle delle qualifiche più basse a 20.064 euro per gli uomini e a 13.784 euro per le donne. ( DA NUOVO PAESE Australia)
BELLUNO – Venerdì 14 giugno si terrà presso la sede dell’ Associazione Bellunesi nel Mondo un incontro con i parlamentari bellunesi eletti nelle ultime politiche. L’ obiettivo della riunione è di presentare la realtà associativa, mettendo in primo piano le problematiche e i bisogni dei bellunesi residenti all’ estero. In questa occasione sarà illustrata e consegnata "L’ Agenda dell’ emigrazione", documento elaborato dal consiglio direttivo ABM per il nuovo Parlamento e Governo italiano. L’ agenda è composta da nove punti: lingua e cultura italiana nel mondo, rete e servizi per gli italiani nel mondo, organismi di rappresentanza, cittadinanza, tassazione sulla casa, associazionismo una risorsa, punto di riferimento, richiesta dei giovani. Con questa agenda l’ ABM vuole rappresentare e dare voce all’ emigrante italiano che rende onore e orgoglio all’ Italia
ROMA – Se la scommessa era quella di promuovere e far conoscere le peculiarità enogastronomiche di Granieri, la piccola frazione operosa di Caltagirone, anche questa volta i due rappresentanti dell’ associazione "Quelli che Granieri", Concetta Metrico e Carmelo Scalzo, l’ hanno vinta ampiamente. Così partecipando alla manifestazione "La Sicilia nella stanza", organizzata dall’ associazione di Zurigo "Kerasos Sicilia canta e racconta", presso il ristorante Santa Lucia di Wiedikon, l’ associazione "Quelli che Granieri" ha fatto conoscere le tradizioni culturali e gastronomiche di Granieri, facendo apprezzare ai tanti siciliani e non solo le più autentiche ricette delle pietanze locali come capunate, pane cunzatu, pasturieddi, ‘ mpanate, cassateddi ‘ ca ricotta, scacce, cuccìa, cutugnate, giuggiulena e tante altre pietanze dell’ antica cucina locale oltre all’ olio extravergine di oliva prodotto nell’ altopiano di Granieri. La manifestazione organizzata da Michele Siciliano con la sua associazione "Kerasos Sicilia canta e racconta" ha regalato, anche per un solo giorno, ai tanti siciliani, ormai da anni residenti a Zurigo e in tutta la Svizzera, dei momenti davvero intensi ma soprattutto tanti bei ricordi: dalla degustazione di vere e proprie specialità enogastronomiche siciliane, ad una mostra fotografica dal titolo "La Sicilia in bianco e nero", per concludere con l’ intrattenimento musicale, poesie, balli e canti folkloristici presentati dall’ associazione Kerasos e la brillante performance del musicista Massimo Laguardia al tamburo a cornice
ROMA – Confrontarsi sull’ intervento scolastico dello Stato italiano e sulla situazione attuale dei corsi di lingua e cultura italiana nel Baden-Württemberg. Questo lo scopo con cui il Comites e il Consolato generale d’ Italia a Stoccarda hanno organizzato una tavola rotonda per sabato prossimo dalle 14.30 alle 18.30 presso la Silcher-Saal del Kultur-und Kongresszentum Liederhalle a Stoccarda. L’ intento è quello di un confronto per apportare miglioramenti e ottimizzare l’ utilizzo dei fondi disponibili al fine di venire in contro ai bisogni degli studenti italiani e delle loro famiglie. Alla tavola rotonda, cui sono invitati anche genitori, rappresentanti di classe ed insegnante, fra gli altri parteciperanno il presidente del Comites di Stoccarda, Salvatore Virga, il console generale d’ Italia a Stoccarda, Francesco Catania, il responsabile dell’ Ufficio II della Direzione generale degli Italiani all’ estero del ministero degli Affari esteri, Maurizio Antonini, il consigliere degli Affari sociali dell’ Ambasciata di Berlino, Massimo Darchini, il dirigente scolastico, Massimo Mongero, il membro del Comitato di Presidenza del Cgie, Norberto Lombardi, il console d’ Italia a Friburgo, Filippo Romano, i responsabili degli Enti gestori dei corsi di lingua e cultura, Ial-Cisl di Stoccarda, Tony Màzzaro, e del Co.As.Sc.It di Friburgo, Michele Cristalli, il deputato eletto nella circoscrizione Estero Mario Caruso e il membro del Comitato di Presidenza del Cgie, Tommaso Conte. L’ auspicio degli organizzatori è che "il dibattito possa diventare un appuntamento ricorrente per un confronto costruttivo con la comunità italiana nel Baden-Württemberg non solo sulle tematiche scolastiche ma su tutte le esigenze del territorio".
ROMA – “MI PARE EVIDENTE CHE ABBIA VINTO MARINO”. Non era ancora trascorsa mezz’ora dalla chiusura delle 15 dei seggi quando il senatore del Pdl e coordinatore del comitato elettorale di Gianni Alemanno, Andrea Augello, prendeva atto del fatto che gli istant poll fornivano un risultato incontrovertibile: la vittoria di Ignazio Marino e la sua elezione a sindaco di Roma. Le parole di Augello sono state il primo motivo di esultanza nel quartier generale di Marino, al Tempio di Adriano, dove fino a quel momento regnava la cautela. I festeggiamenti dei militanti del centrosinistra intanto cominciavano all’esterno del Tempio, in piazza di Pietra, dove è stato allestito un maxischermo. Ignazio Marino è arrivato presso il suo quartier generale verso le cinque e un quarto. Parlando ai presenti il neo sindaco di Roma ha prima di tutto voluto “dire grazie a tutte persone che hanno creduto in questa mia candidatura” e “alla generosità dei militanti del partito, dei partiti, che quando ero ancora indeciso sulla mia candidatura, in 48 ore hanno ravvolto sei mila firme per farmi correre. Io – aggiunge – sono orgoglioso di loro e spero che nei prossimi anni Roma possa essere orgogliosa di me”. Marino si è poi soffermato sul dato dell’altissima astensione e a questo proposito ha detto: “L’impegno più grande lo sento per quei romani e quelle romane che non si sono recati alle urne perché disillusi dalla classe dirigente del nostro Paese”. Di fronte a questo distacco e a questo rifiuto “noi raggiungeremo il nostro obiettivo solo se coinvolgeremo tutte quelle persone” e quindi “noi dovremo dimostrare che la politica è al servizio della comunità. Roma è la capitale d’Italia – aggiunge – ed è da qui che dobbiamo partire bel ruolo di guida morale per il nostro Paese”. Ancora, l’ex senatore del Pd afferma che Roma deve “essere una città in cui si cambia il metodo” e nella quale “lavorare non sulla base delle ideologie ma delle idealità”. Il metodo al quale fa riferimento Marino è quello in base al quale “questa città la dobbiamo cambiare tutti insieme: non è il lavoro di uno solo” e, per questo, “continuate come avete fatto i questi mesi a raccontarmi, spiegarmi, i problemi, criticità e difficolta”. Al contempo, però “vorrei che ognuno di voi mi portasse la sua idee, le sue proposte”. A festeggiare la vittoria di Marino sono venuto al Tempio di Adriano, tra gli altri, anche il segretario del Pd Guglielmo Epifani e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Epifani ha detto che “Marino è uno dei leader del Pd. Per noi la sua vittoria è motivo di grandissima soddisfazione, anche perché riprendiamo Roma dopo la parentesi del centrodestra che i romani hanno bocciato. Speriamo – aggiunge Epifani – che con la Giunta di centrosinistra possiamo ricreare quel clima di cambiamento fatto di buon governo e non di occupazione da parte della è politica di tutti i posti”. Zingaretti invece ha dichiarato: “La buona politica è tornata a vincere: ora la buona politica governerà bene questo territorio che ne ha un grandissimo bisogno dopo anni di catastrofi”. Il Governatore del Lazio ricorda che, dopo le regionali, “l’altro grande obiettivo era di vincere a Roma e grazie a Ignazio Marino, che si è rivelato uno straordinario candidato, anche Roma è salva”.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
TURCHIA / USA / EU – URCHIA Usa e Ue monito a Erdogan / Dopo la notte di duri scontri a piazza Taksim, dopo l’arresto di 73 avvocati a Istanbul, gli Usa, l’Onu e l’Unione europea alzano la voce contro il governo turco. Washington e le Nazioni Unite chiedono alle autorità turche di garantire il diritto a manifestare: «Siamo preoccupati da qualsiasi tentativo di punire le persone per aver esercitato il loro diritto alla libertà di parola», ha affermato la portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza, Caitlin Hayden, ricordando che la Turchia è uno stretto alleato degli Stati uniti. Così l’Alto rappresentante per la politica estera europea Catherine Ashton ha lanciato un appello a Erdogan a privilegiare «il dialogo e non lo scontro» con l’opposizione. È accelerando verso l’adesione della Turchia all’Ue e non bloccandola che l’Europa può dare il suo contributo alla soluzione della grave crisi che sta affrontando Ankara, ha aggiunto il commissario Ue all’Allargamento, Stefan Fule, nel corso del dibattito al parlamento europeo. Erdogan, sorvegliato speciale dai suoi alleati, prosegue però con la strategia del pugno di ferro mettendo sul piatto qualche concessione da servire agli osservatori internazionali. Da una parte le violente repressioni e la censura, con tanto di multa da parte del Consiglio superiore della radio e televisione, imposta a quattro emittenti vicine all’opposizione colpevoli di aver mandato in onda i video dei pestaggi della polizia, dall’altra l’incontro nel pomeriggio di ieri con una «delegazione» di manifestanti di Gezi Park, da cui è stata però esclusa la piattaforma «Solidarietà Taksim», da cui sono iniziate le proteste.

OSSERVATORIO BALCANI / Dentro o fuori l’Ue? Il dibattito è on-line / Un paese in forte crescita economica, che amplia la propria influenza su Balcani, Medio Oriente, nord Africa. Ma anche un paese dove partecipazione democratica, libertà di stampa, distribuzione della nuova ricchezza restano questioni aperte.
Gezi Park e la risposta violenta delle autorità turche hanno rilanciato il dibattito internazionale sull’adesione delle Turchia all’Unione europea. Un dibattito presente anche sulle pagine elettroniche di «Osservatorio Balcani e Caucaso» che si chiede: «Il posto della Turchia è dentro l’Unione europea?». Chiamati a rispondere al quesito e a stimolare l’intervento dei lettori Joost Lagendijk, editorialista per i quotidiani turchi «Zaman» e «Today’s Zaman» e fino al 2009 parlamentare europeo del Partito dei verdi olandese e Renate Sommer, parlamentare europea per la Cdu e membro della direzione del Partito popolare europeo. A moderare i vari interventi Fazila Mat, corrispondente di «Osservatorio» da Instabul. Commenti aperti per dire la propria fino al 21 giugno su: www.balcanicaucaso.org

TURCHIA/ ISTANBUL / TWITTER – La protesta si organizza sul web, tv e giornali sotto accusa La piazza cinguetta, il governo maledice di Alberto Tetta. – L’88% DEI MESSAGGI SONO IN TURCO, NELLA RIVOLUZIONE EGIZIANA SOLO IL 30% ERANO INVIATI DA LOCALI.
«C’è una minaccia chiamata Twitter, le bugie più grosse vengono pubblicate lì. Quella cosa chiamata social media per me oggi è la più grande minaccia esistente per la società», ha dichiarato il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan nel corso di un’intervista trasmessa dall’emittente Haber Türk domenica scorsa. Secondo il premier, che dal 27 maggio deve fare i conti con le più dure proteste contro il suo governo da quando ha vinto la prima volta le elezioni nel 2002, le informazioni pubblicate dal sito di microblogging sarebbero uno dei fattori scatenanti delle manifestazioni che stanno attraversando tutto il paese.
Dichiarazioni, quelle del primo ministro, che non hanno però fatto presa sul prefetto di Istanbul Avni Mutlu, che domenica si è rivolto direttamente agli attivisti proprio attraverso Twitter. «Questa notte non riesco a dormire e voglio inviare un saluto ai ragazzi del parco Gezi, vorrei esseri lì con voi a sentire il ronzio delle api e il cinguettare degli uccelli» ha scritto Mutlu che ha inoltre escluso un intervento imminente della polizia per sgombrare il parco. Dichiarazioni concilianti che hanno lasciato non pochi manifestanti perplessi dopo la violenta repressione delle proteste dei giorni precedenti. Ad Adana sabato 14 persone sono state arrestate per «aver fatto propaganda e incitato alla rivolta» via Twitter, la stessa accusa che aveva fatto scattare le manette, lo scorso 5 maggio, per 34 attivisti poi liberati. Secondo la segretaria provinciale del principale movimento d’opposizione, il Partito repubblicano del popolo Sevda Erdan Kiliç i tweet contenevano, invece, solo indicazioni generiche utili ai manifestanti per evitare di imbattersi nella polizia e gli scontri.
LO STRUMENTO PIÙ USATO / Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di New York che hanno monitorato l’uso di internet a partire da venerdì scorso, giornata in cui a Istanbul si sono verificati gli scontri più duri prima che la polizia consentisse agli attivisti di entrare nel parco Gezi il giorno successivo, Twitter è stato lo strumento più importante usato dai manifestanti per scambiarsi informazioni e comunicare con l’esterno. Tra le 16 del 31 maggio e le 14 del giorno successivo sono stati inviati circa 2 milioni di tweet con hashtag inerenti alla protesta come #direngeziparki, #occupygezi o #geziparki. L’elemento che differenzia il caso turco da altri movimenti di piazza recenti, sottolineano i ricercatori, è che il sito di microblogging è stato utilizzato principalmente per scambiare informazioni tra attivisti, infatti l’88% dei messaggi sono stati scritti in turco e il 90% è stato inviato dalla Turchia (il 50% da Istanbul) mentre, ad esempio, durante la rivoluzione egiziana solo il 30% dei tweet sulla relativa piazza Tahrir sono stati inviati da utenti locali.
Molti personaggi famosi come Madonna, Roger Waters, tra i fondatori dei Pink Floyd, la stella di Hollywood Ashton Kutcher e lo stesso amministratore delegato di Twitter Jack Doresey, inoltre, hanno usato il sito di microblogging per esprimere la propria solidarietà al movimento Occupy Gezi.
Per gli attivisti che stanno scendendo in piazza in questi giorni in Turchia i social media sono stati quindi uno strumento indispensabile per organizzarsi e tenere informata l’opinione pubblica sulle proprie iniziative bypassando i media tradizionali sotto accusa per il blackout informativo quasi totale e la scarsa attenzione dedicata alle manifestazioni nei primi giorni della mobilitazione.
IL SILENZIO DEI MEDIA
Dopo il ritiro della polizia da piazza Taksim il primo giugno e la riconquista da parte dei manifestanti del parco Gezi migliaia di persone hanno protestato davanti alle sedi delle emittenti Ntv e Haber Türk e alla redazione del quotidiano Sabah contro «il silenzio della stampa», «non vogliamo media partigiani», lo slogan più gettonato. Critiche che insieme alle dimissioni di importanti giornalisti e conduttori come Ömer Aykar, Dilara Eldas e Mehmet Turgut, hanno spinto alcune emittenti a cambiare linea dando maggiori informazioni sulle manifestazioni. «Tentando di essere imparziali abbiamo fatto degli errori e ce ne scusiamo – ha scritto il 4 maggio in un messaggio ai propri dipendenti, ripreso dai media, il presidente del gruppo Dogus Cem Aydin a cui fa riferimento l’emittente Ntv, una delle all-news più importanti del paese – Siamo consci del fatto che abbiamo lavorato molto per conquistare la fiducia che le persone avevano in noi. Abbiamo sbagliato, ce ne scusiamo. D’ora in poi faremo il nostro lavoro nel modo più corretto possibile».
Nonostante l’inversione di tendenza di emittenti come CnnTürk, Ntv e Sky, i sostenitori del movimento Occupy Gezi non si fidano dei media tradizionali – secondo un sondaggio realizzato dai ricercatori dell’Università Bilgi di Istanbul il 91% di loro pensa che il silenzio dei media sia stato un elemento determinate nello spingere i cittadini a manifestare – e preferiscono comunicare e informarsi usando i social media o gli streaming video delle manifestazioni.
Proprio per permettere agli attivisti di Occupy Gezi di comunicare con l’esterno in maniera diretta il 6 giugno è nata la web-tv del parco Gezi, si chiama Çapul tv, «tv Saccheggio», termine usato con ironia dai manifestanti da quando Erdogan, la scorsa settimana ha definito i cittadini che manifestavano çapulcular (vandali, saccheggiatori, in italiano).
«Il sistema nervoso di questo movimento, che non ha eguali nella storia della politica turca, sono i social media ("la più grande minaccia", come li ha definiti Erdogan)", ha scritto il 5 giugno sul quotidiano Radikal Serdar Kuzuloglu, esperto di comunicazione e giornalista, rilevando inoltre che «il coordinamento, lo scambio di informazioni, l’organizzazione dei cortei che i media tradizionali hanno ignorato fino a quando migliaia di manifestanti non hanno protestato alla porta delle loro redazioni sono stati realizzati esclusivamente attraverso i social media. Video, foto, avvenimenti sono circolati online. Per questo si può dire che le manifestazioni per il parco Gezi sono il primo movimento davvero fondato sui social media».
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SIRIA – Diretti ad Aleppo / Dopo aver ripreso il controllo di Qusayr, l’esercito siriano prepara una grande offensiva su Aleppo per riconquistare la città controllata in parte dai ribelli, scrive Now Lebanon. "Dobbiamo fermare questa avanzata su Aleppo, il prossimo obiettivo di Hezbollah e degli iraniani", ha dichiarato il ministro degli esteri francese. Sul campo, dove il regime sembra sempre più forte, si moltiplicano scontri e massacri: l’n giugno un attacco dei ribelli ad Hatlah, nella provincia di Deir Ezzor, ha causato la morte di una sessantina di sciiti. Il giorno prima, in una nuova vio-lazione del confine con il Liba-no, l’aviazione del regime di Damasco ha compiuto un raid contro Arsal, una località dove la popolazione è ostile a Bashar al Assad. Dopo che a Quneitra, sulle alture del Golan, ci sono stati scontri tra i ribelli e l’esercito, il 12 giugno l’Austria ha ritirato i suoi caschi blu, che sorvegliavano la regione contesa tra Israele e Siria.

ISRRAELE
TEL AVIV – È piccante? Sei sicuro?", l’uomo di circa sessant’anni, rosso in volto, che aveva rivolto la domanda con un pesante accento russo, era chiaramente scettico. Con in mano un bicchiere di birra (quasi vuoto) ha addentato il peperoncino. Poi ha osservato l’uomo dietro al tavolo e ha scosso la testa. "Non è affatto piccante". Ho pensato che fosse troppo ubriaco per sentire il sapore. Senza bisogno di assaggiarlo, avevo piena fiducia nella potenza di quel peperoncino. Partito da Gaza, era arrivato fi-no al padiglione palestinese di un’esposizione agricola inter-nazionale a Tel Aviv. L’esposi-zione permette ad agricoltori, esportatori e produttori di macchinari agricoli di incontrarsi per firmare accordi commerciali. In particolare, gli agricoltori palestinesi possono incontrare i proprietari delle catene di distribuzione israeliane. Ho chiesto agli organizzatori qualche numero di tele-fono dei partecipanti palestinesi, ma non me li hanno dati. Quando ho raggiunto il padiglione ho capito perché. "Ci hanno chiesto di non parlare con i mezzi d’informazione", mi hanno spiegato. A quanto pare le pressioni interne per scoraggiare ogni forma di collaborazione con Israele sono molto forti. Ma questo non significa che non si facciano affari con gli israeliani. Significa solo che si fanno in segreto.
A proposito, il peperoncino mi ha deluso profondamente. Era più dolce che piccante, e non faceva onore ai peperoncini che bisogna mangiare in grandi quantità per essere considerati veri gazani.

LIBIA – GRAVI SCONTRI A BENGASSI / L’8 giugno 31 persone sono morte a Bengasi negli scontri tra i combattenti delle brigate Scudo della Libia e i manifestanti che chiedevano lo scioglimento delle milizie nate durante le rivolte contro Gheddafi (nella foto, familiari delle vittime). L’incidente ha spinto Yousef Mangoush, capo di stato maggiore dell’esercito, a dimettersi, scrive Libya Herald. Mangoush era da tempo criticato per l’instabilità di Bengasi, dove ci sono stati molti omicidi di funzionari degli apparati di sicurezza e attacchi contro uffici pubblici e ambasciate. L’11 giugno è esploso un ordigno davanti all’ambasciata italiana a Tripoli

IRAQ – Almeno 73 persone sono morte il 10 giugno in attentati in varie zone del paese. Ventinove persone hanno perso la vita nell’esplosione di cinque autobombe a Mossul. Madagascar Le elezioni presidenziali previste per il 24 luglio sono state rinviate al 23 agosto su richiesta della corte elettorale speciale.

KUWAIT – Tweet anti-emiro, 11 anni a una blogger / Vietato criticare l’emiro, Sheikh Sabah: per questo una blogger, Huda al Ajmi, 37 anni, è stata condannata a 11 anni di carcere in Kuwait. La donna è stata riconosciuta colpevole di tre capi di imputazione: insulto all’emiro, appello a rovesciare il regime e utilizzo improprio del cellulare, secondo la sentenza del tribunale, confermata dal direttore dell’associazione kuwaitiana dei diritti umani «Mohammed al Humaïdi».. Questo perché l’emiro è «immune» e «inviolabile» per Costituzione. Huda al Ajmi è un’insegnante ed è stata condannata a 5 anni di prigione per i primi due capi d’accusa, più un anno per il terzo, l’uso improprio del cellulare. È la condanna più dura per questa accusa nel «moderato» Kuwait. Huda – che ha respinto le accuse, ma dovrà scontare subito la pena – è anche la prima donna a ricevere una sentenza così pesante.

EGITTO-ETIOPIA – Litìgio sul Nilo / C’è tensione tra Egitto ed Etiopia dopo che, il 28 maggio, Ad-dis Abeba ha deviato un tratto del Nilo Azzurro per costruire la diga Grand renaissance, un progetto da 4,7 miliardi di dollari a cui partecipa l’azienda italiana Salini costruttori. Rivendicando la sovranità sulle acque del Nilo, il presidente egiziano Mohamed Morsi ha dichiarato di non escludere "nessuna opzione" pur di tutelare il fiume. Ma, secondo African Arguments, "non scoppierà nessuna guerra nel bacino del Nilo, perché nessuno degli stati coinvolti può permetterselo".

SUD AFRICA
CAPE TOWN / MANDELA – “ martedì 11 giugno” . Silenzio stampa e visite vietate / Il Sudafrica non è pronto a «lasciarlo andare» «La nazione prega per Madiba» si poteva leggere ieri mattina all’alba su uno dei tanti manifesti di un giornale locale affissi sui pali della luce lungo la strada principale che collega Cape Town ai suoi sobborghi. Le notizie più importanti del giorno si trovano urlate così, sul ciglio della strada, insieme agli annunci degli eventi culturali del momento. Ma ieri mattina, ancora buio, quelle poche righe risuonavano enfatizzate dal comunicato radio che in un flash perfettamente sincronizzato lanciava le ultime news iniziando da Mandela: nessun nuovo comunicato diffuso dalla Presidenza né dalla famiglia dopo quello di sabato mattina seguito al suo ricovero d’urgenza in un ospedale di Pretoria per un acuirsi delle condizioni respiratorie. La famiglia dell’ex presidente sudafricano si è da più di quarantotto ore chiusa in un silenzio assordante. Blindato anche agli esponenti dell’African National Congress (Anc) a cui, al pari degli altri, è stata vietata ogni visita. Non è chiaro se nel tentativo di difendere i suoi ultimi sospiri dalla deriva "informazionale" o piuttosto dalla retorica politica dei partiti già in salsa pre-elettorale.
La figlia di Nelson, Zindzi Mandela, domenica scorsa dopo la visita in ospedale avrebbe dichiarato che Madiba stava bene ed era combattivo mentre il portavoce di Zuma Mac Maharaj ieri, negando che alcun divieto di visita fosse mai stato pronunciato dai parenti di Mandela, ha spiegato che piuttosto si tratta di normali procedure mediche previste per i malati in terapia intensiva.
Era stato Desmond Tutu agli inizi di maggio su un settimanale locale, il Mail&Guardian, a rendere noto sommessamente un peggioramento delle condizioni polmonari di Mandela: «La mia preoccupazione è che non ci stiamo preparando, come nazione, per il momento in cui l’inevitabile accadrà. Il trauma della sua morte sarà molto intenso, se non cominciamo a prepararci al fatto che succederà». Ma alla notizia non era seguito alcuna eco mediatica. I sudafricani, neri e bianchi, benestanti e poveri, sono divisi e combattuti tra la consapevolezza che sia ormai giunta l’ora terribile, il tempo di lasciarlo andare – come vuole un’antica tradizione culturale del posto – e la determinazione a trattenerlo. Gli auguri di pronta guarigione sono arrivati dall’African National Congress – il suo partito e partito di governo dal 1994 -, dal maggior partito di opposizione, Democratic Alliance (Da), e tra gli altri maggiori soggetti politici, dal South African Communist Party. Così pure da leader internazionali come David Cameron e Obama oltreché da comuni cittadini, giovani e meno giovani. «È tempo di lasciarlo andare» ha titolato domenica scorsa il locale Sunday Times riportando le parole del compagno di prigionia a Robben Island, Andrew Mlangeni: «Devono lasciarlo andare spiritualmente. Una volta che la famiglia lo lascerà andare, il popolo del Sudafrica seguirà».
Se guardiamo al Sudafrica di questi giorni, che ancora vive forti tensioni, divisioni e diseguaglianze, non crediamo che sia ancora giunto per Madiba il momento di andare. di Rita Plantera

SUDAFRICA – L’8 giugno l’ex presi-dente Nelson Mandela, 94 anni, è stato ricoverato in ospedale a Pretoria per un’infezione polmonare. Le sue condizioni sono gravi.
MALI – L’8 giugno sono cominciati a Ouagadougou, in Burkina Faso, i negoziati tra il governo maliano e i ribelli tuareg dell’Mnla che controllano Kidal, nel nordest del Mali.

ASIA & PACIFICO
AUSTRALIA . SIDNEY – Popolazione raggiunge 23 milioni La popolazione australiana è sul punto di varcare la soglia dei 23 milioni di abitanti mentre continua a crescere il tasso di natalità, passato nell’ultimo decennio da 1,73 a 1,88 nati per ogni donna, Secondo proiezioni dell’Istituto di statistica, la quota di 23 milioni sarà raggiunta entro fine aprile. ‘’In Australia la popolazione aumenta di circa 1028 persone al giorno, grazie soprattutto agli immigrati (per il 58%), piuttosto che alla crescita naturale (42%)’’, riferisce un’analisi condotta dalla McCrindle Research. La fonte principale degli arrivi permanenti rimane il Regno Unito (un arrivo su 5). Due terzi degli arrivi permanenti (63%) entrano con un visto di lavoro, il 30% per ricongiungimento familiare e il 7% con un visto umanitario. ‘’Se l’attuale tendenza dovesse consolidarsi e continuare nei prossimi decenni, gli abitanti dell’Australia potranno raggiungere i 40 milioni entro il 2050’’. Erano 11,5 milioni nel 1966, quindi ci sono voluti solo 47 anni perché la popolazione raddoppiasse. L’analisi mostra inoltre che più della metà degli australiani (il 52%) è preoccupata per questo rapido aumento della popolazione, che continuerà a concentrarsi nelle grandi città presso la costa. Solo un terzo lo considera un fatto positivo.
MELBORNE – Australia ritira maggior parte truppe entro natale La principale base australiana di Tarin Kowt in Afghanistan chiuderà entro la fine dell’anno e la maggior parte delle truppe australiane saranno in patria
per Natale, di fatto mettendo fine a una missione militare di 12 anni che, lo stesso ministro della Difesa Stephen Smith ha ammesso, è durata fin troppo. La decisione di chiudere entro l’anno la base Isaf di Tarin Kowt, nella provincia meridionale di Uruzgan, usata dalle forze speciali australiane e per l’addestramento dell’esercito afgano, è stata confermata dalla stessa Isaf, ha detto Smith. ‘’Siamo stati in Afghanistan per più di un decennio ed è stato troppo. E non siamo stati aiutati dalla distrazione della guerra in Iraq’’, ha
detto ancora Smith. La lezione principale impartita dall’Afghanistan è che la cosa più facile del mondo è entrare. ma la cosa più difficile è uscire, ha osservato. Trentanove soldati australiani sono morti nel conflitto.

PENISOLA COREANA – L’incontro sfumato / I colloqui tra Corea del Sud e Corea del Nord, previsti per il 12 e il 13 giugno, sono stati cancellati da Pyongyang, che per prima aveva contattato Seoul dopo mesi di silenzio. In un incontro preliminare il 9 giugno i rappresentanti dei due paesi non si sono messi d’accordo sulla composizione delle delegazioni che avrebbero dovuto partecipare. Trattandosi del primo incontro dopo l’elezione della presidente Park Geun-hye, molti lo consideravano il punto di partenza di nuovi rapporti tra i due paesi, scrive Hankyoreh, ma è stata la conferma di quanta strada c’è ancora da fare.

GIAPPONE
OKINAWA – Agente arancio a Okinawa / Dopo le denunce dei veterani statunitensi della guerra del Vietnam, che nel 2011 avevano accusato Washington di aver immagazzinato decine di migliaia di barili di agente arancio dentro e fuori le basi americane a Okinawa prima del 1972, il Pentagono ha condotto un’indagine che smentisce le accuse. Secondo il rapporto, reso noto all’inizio del 2013, non ci sono prove della presenza del diserbante alla diossina sull’isola. Ma i veterani e gli ambientalisti che da anni si occupano della questione sostengono che gli investigatori non hanno interrogato nessuno dei testimoni oculari, non hanno tenuto conto delle fotografie dei barili stoccati e non hanno analizzato il terreno dove, secondo le accuse, sarebbero stati sotterrati. Inoltre, l’indagine è stata affidata a Alvin Young, che in passato ha ricevuto denaro dalla Monsanto e dalla Dow Chemical, produttori dell’agente arancio. Kris Ro-berts, ex capo della manutenzione della base aerea di Futenma, che afferma di aver disseppellito barili di diserbante nel 1981, sostiene di non essere stato interpellato perché, "essendo un colonnello con cinque medaglie è difficile dubitare della mia parola". Risarcire le vittime della diossina e bonificare le aree contaminate costerebbe una fortuna. Per questo, scrive il Ja-pan Times, il Pentagono vuole rimandare i test ambientali a dopo il 2022 quando, in base a un accordo tra Tokyo e Washington, il terreno su cui sorgono le basi statunitensi passerà alle autorità civili. In questo modo le spese per la bonifica saranno a carico dei contribuenti giapponesi.

TOKIO – UN CONSENSO INASPETTATO. Un pensiona malato Si vive più a lungo ma non sempre ci si gode la pensione. PER QUANTO bizzarro possa sembrare agli occidentali, in Giappone la categoria più ostile a un aumento dell’età pensionale è quella dei datori di lavoro; quantomeno i grandi gruppi. L’organizzazione padronale Keidanren, equivalente nipponico della Confindustria si è in un primo tempo opposta alla legge che mirava a fissare l’età a 65 anni. In effetti, anche se questo sistema è in declino, le remunerazioni dei lavoratori a tempo pieno aumentano parallelamente all’anzianità. Anche le liquidazioni crescono con il numero di anni di lavoro. Per Keidanren, mantenere nell’impiego chi ha 60-65 anni significa pagare salari più elevati a lavoratori il cui rendimento è ritenuto inferiore: «un fardello», sostengono. L’organizzazione padronale è insorta contro la legge anche in nome della difesa dell’occupazione per i giovani.
LE AZIENDE preferiscono fare a meno dei «LAVORATORI REGOLARI», come li chiamano qui, per privilegiare posti, meno pagati, a tempo parziale o di durata determinata. Che poi, possono essere occupati anche… dai senior, diventati però precari e sottopagati. In compenso, la più importante confederazione sindacale del Giappone, la Rengo (Nihon rodò kumai sòren gókai) si è congratulata per la legge adottata nel luglio 2012 che mira a mantenere i lavoratori nell’impresa fino ai 65 anni. (1) Sul lato dei partiti politici, il consenso è totale. La legge è stata votata quasi all’unanimità dai deputati dell’allora opposizione (il Partito democratico liberale del Giappone e il Komei), da quelli della maggioranza (il Partito democratico del Giappone) e dalle altre formazioni. Hanno votato contro solo i sei deputati comunisti e quattro socialdemocratici (su duecentoquaranta due) (2). Quanto alla popolazione, la pensione non rappresenta nel suo immaginario una nuova tappa nell’esistenza. In generale i giapponesi non sono ostili all’idea di lavorare più a lungo. Prima di tutto per ragioni economiche, perché il giovane sistema pensionistico, creato nel 1986, versa pensioni molto limitate e non copre tutti i salariati. I lavoratori che hanno cumulato contratti precari – anche a tempo pieno – non prendono praticamente nulla. Agli altri va meglio, ma tanti devono comunque continuare a lavorare per arrivare alla fine del mese, dal momento che la pensione deve coprire le spese di una coppia. Infine, una parte significativa dei potenziali pensionati rifiuta di lasciare il lavoro. «Preferisco lavorare che stare a casa», dicono in molti. Tutta la loro vita sociale si è svolta dentro e intorno all’impresa, anche con gli incontri serali, dopo il lavoro. Andare in pensione significherebbe tagliare tutti i legami sociali. Per i più giovani, la questione della pensione non si pone: la maggior parte di loro sono piuttosto preoccupati di trovare un impiego stabile, sempre più raro… Là si situa il dibattito centrale nella società giapponese. (dell’edizione giapponese di Le Monde diplomatique)
(1) Cfr. «Action policies, 2012-2013», Rengo (Japanese Trade Union Confederation), www.jtuc-rengo.org –
(2) Camera dei consiglieri, Tokyo, www.sangiin.go.jp

BANGLADESH – Ispettori negligenti / Il governo ha sospeso sette ispettori accusati di negligenza nell’ambito di un’indagine sulla tragedia del Rana Plaza di Savar, vicino a Dhaka. Il 24 aprile l’edificio, che ospitava alcuni stabilimenti tessili, è crollato uccidendo più di 1.100 persone. Secondo l’indagine gli ispettori non avevano mai fatto sopralluoghi nelle fabbriche che operavano nell’edificio. Il 6 giugno la polizia ha aperto il fuoco mentre centinaia di operai del Rana Plaza e i familiari delle vittime manifestavano a Savar per chiedere risarcimenti, scrive il Dhaka Tribune.

AFGANISTAN – OFFENSIVA TALIBAN / L’11 giugno almeno 16 persone sono morte a Kabul e più di 40 sono rimaste ferite in un attacco suicida rivendicato dai taliban. L’attacco aveva come obiettivo la corte suprema afgana, che ha la sede a poche centinaia di metri dall’ambasciata statunitense. Il giorno prima c’era stato un altro attentato contro la sede operativa della Nato all’aeroporto militare internazionale della capitale.

INDIA – La corsa di Modi / Il 9 giugno il Bharatiya janata party (Bjp), il principale partito all’opposizione, ha affidato la guida della campagna elettorale per le elezioni del 2014 a Narendra Modi, il chiefminister del Gujarath. Questo non significa che Modi sia il candidato premier del Bjp, ma è come se lo fosse. Ma conferma che Modi è la figura dominante nell’opposizione. La sua nomina alla guida della campagna elettorale ha suscitato le proteste di L.K. Ad-vani, vecchio dirigente del Bjp, che ha lasciato gli incarichi che ricopriva nel partito. Sembra che Advani, 85 anni, puntasse a diventare il candidato premier per il 2014. La crisi, che minacciava di indebolire il Bjp, è rientrata dopo che Advani ha ritirato le dimissioni. È stata una tempesta in un bicchier d’acqua, scrive il Times of India.

AMERICA CENTRO MERIDIONALE
PERU – Artemio condannato L’8 giugno un tribunale ha condannato all’ergastolo Florindo Flores Hala noto come Artemio, l’ultimo leader storico del gruppo guerrigliero maoista Sendero luminoso. Artemio è stato giudicato colpevole di terrorismo, traffico di droga e riciclaggio di denaro. "Durante il processo", scrive Milenio, "Artemio ha negato di essere un terrorista e si è definito un rivoluzionario della guerra popolare", un conflitto che tra il 1980 e il 2000 ha provocato migliaia di morti e di desaparecidos in Perù. Intanto, annuncia La Nación, "il 7 giugno il presidente Ollanta Humala ha negato l’indulto ad Alberto Fujimori".

VENEZUELA- L’11 giugno il consiglio nazionale elettorale ha confermato la vittoria di Nicolas Maduro nelle presidenziali del 14 aprile dopo una verifica compiuta su milioni di voti.

ANTIGUA – Intesa sulla droga Dal 5 al 7 giugno si sono riuniti ad Antigua, in Guatemala, i rap-presentanti dei paesi dell’Organizzazione degli stati americani (Oea) per discutere sulla lotta al traffico di droga. "La dichiarazione finale", scrive Los Tiempos, "non parla di un cambiamento immediato nella strategia contro il narcotraffico. Ma tutti si sono mostrati favorevoli a una discussione più ampia sul tema, che prenda in considerazione anche la legalizzazione". Secondo El País, "è necessario che il continente trovi soluzioni alternative al proibizionismo".

MESSICO – Capitale violenta / "Fino a qualche settimana fa la capitale messicana era considerata una città relativamente sicura in mezzo alla violenza di un paese colpito dal crimine organizzato", si legge su El Pais. "Ma il 26 maggio è accaduto un fatto inedito: dodici ragazzi sono stati sequestrati nel bar Heaven, nel centro della città". Secondo il settimanale Proceso, che dedica la copertina alla situazione della capitale, "oggi il Distrito Federai mostra il suo vero volto: quello della delinquenza organizzata che le autorità locali si ostinano a negare". Secondo il pubblico ministero che segue le indagini, il sequestro è dovuto alla rivalità tra due bande che si contendono il traffico di droga nel territorio. Dei ragazzi non si hanno notizie.

AMERICA SETTENTRIONALE
USA / ITALIA – ROMA – Il ministro degli Esteri Emma Bonino ha incontrato lunedì 10 giugno alla Farnesina una delegazione della "National Italian American Foundation" (NIAF), guidata dal Chairman Joseph Del Raso. Al centro dei colloqui i legami con la comunità italo-americana e, più in generale, lo sviluppo di sempre più strette relazioni tra Italia e Stati Uniti nei settori della formazione, degli scambi giovanili e della promozione culturale. Nell’ evidenziare il patrimonio comune di cultura e valori alla base degli straordinari legami tra Italia e Stati Uniti, il Ministro Bonino ha ringraziato i vertici della NIAF per il ruolo di rilievo nel favorire la reintroduzione nelle scuole superiori americane dell’ "Advanced Placement Program" di italiano. Il Chairman Del Raso ha manifestato alla Bonino la volontà della NIAF di valorizzare sempre più le eccellenze che l’ Italia esprime nel mondo economico e nei circoli culturali più prestigiosi negli USA proponendosi come istituzione capace di convogliare importanti risorse finanziarie di imprese americane per il successo dell’ Expo del 2015. Bonino ha chiesto la collaborazione della NIAF per valorizzare il Museo dell’ Emigrazione Italiana al Vittoriano, trovando interesse e disponibilità da parte degli interlocutori, che hanno prospettato la creazione di una rete tra i Musei dell’ emigrazione nel mondo, a partire da quello in via di costituzione a Washington. (da NoveColonne ATG)
STATI UNITI – II 5 giugno il soldato Robert Bales (nel disegno) si è di-chiarato colpevole dell’omicidio di 16 abitanti di un villaggio afgano nel marzo del 2012. Bales, che non ha spiegato i motivi del gesto, spera di evitare la pena di morte. Un detenuto di Guantanamo, l’iracheno Abd al Hadi al Iraqi, è stato incriminato il 10 giugno per aver partecipato a degli attentati in Afghanistan.
STATI UNITI – FUCILI FAI DA TE / Anche se il congresso riuscirà ad approvare una legge più severa sul controllo delle armi, il divieto di vendere fucili d’assalto non funzionerà, scrive Dan Baum su Harper’s. Il congresso infatti non potrebbe impedire la fabbricazione e la vendita dell’Ar-15, il fucile semiautomatico più popolare nel paese: l’unica parte con un numero di serie, quindi sottoposta ai controlli, è il castello inferiore, che contiene il meccanismo di scatto. Le altre componenti si possono comprare senza bisogno di permessi, e poi assemblare. Il Gun control act del 1968 stabilisce che negli Stati Uniti chiunque può costruirsi un’arma. Un’impresa impossibile ai tempi dell’approvazione della legge, ma oggi, grazie alle stampanti 3d e alle macchine a controllo numerico, basta poco. Si può anche comprare un castello finito all’8o per cento, che non è considerato un’arma, e completarlo. Otto stati americani, inoltre, hanno approvato una legge in base alla quale le armi prodotte entro i loro confini non sono soggette ai vincoli della legge federale. Il governo dovrebbe cominciare a occuparsi dei trecento milioni di ARMI già in mano ai privati, conclude Baum.
STATI UNITI – Il cammino della riforma / L’11 giugno è cominciato il dibattito al senato sulla riforma dell’immigrazione voluta dal presidente Barack Obama. Il testo, frutto di un compromesso tra democratici e repubblicani, prevede la regolarizzazione di 11,5 milioni di immigrati in cambio del pagamento di un’ammenda e della rinuncia a dipendere dagli aiuti sociali. Fra tredici anni gli immigrati regolarizzati potranno chiedere la cittadinanza. La legge facilita anche la concessione dei visti di lavoro agli immigrati qualificati e a quelli del settore agricolo. Obama spera nell’approvazione definitiva entro l’estate. Molti repubblicani, scrive il New York Times, sostengono la riforma perché sperano di riavvicinarsi all’elettorato latinoamericano, ma i falchi, che considerano la legge un’amnistia mascherata, daranno battaglia per ottenere modifiche sostanziali, soprattutto un rafforzamento dei controlli al confine con il Messico.
( articoli da: Il Manifesto, Le Monde, Financial Time, Internazionale, Time of India e nove colonne)

 

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