10679 MADURO A ROMA

20130621 17:12:00 guglielmoz

Maduro a Roma incontra il Papa
La Fao: «Avete sconfitto la fame»
Il presidente offre a papa Francesco l’avvio di «misiones» mediche in Africa

VENEZUELA – AL PAESE IL PREMIO PER IL MIGLIOR SVILUPPO Maduro a Roma incontra il Papa La Fao: «Avete sconfitto la fame» di G. Colotti / Nell’ambito della Conferenza biennale della Fao, che si concluderà il 22 giugno, il Venezuela ha ricevuto un premio per aver raggiunto anzitempo sia il primo Obiettivo di sviluppo del millennio – dimezzare la proporzione di coloro che soffrono la fame entro il 2015 – sia quello stabilito dal Vertice Mondiale dell’Alimentazione, ovvero dimezzare per il 2015 il numero dei sottonutriti. Un traguardo raggiunto da 18 paesi. «Siete la prova vivente che quando una società decide di porre fine alla fame, e quando c’è un impegno politico da parte dei governi, possiamo trasformare quella volontà in azioni e risultati concreti», ha dichiarato il Direttore generale della Fao, il brasiliano Graziano da Silva. Un impegno eroico per il governo di Cuba, strozzata dal blocco economico Usa, che dura da oltre 50 anni. La platea della Conferenza – massimo organo di governo dell’Organizzazione, gremita di rappresentanze diplomatiche, capi di Stato e giornalisti – ha infatti tributato il più alto volume di applausi a Cuba e Venezuela. Per la Repubblica bolivariana ha ritirato il premio il presidente Nicolas Maduro, eletto il 14 aprile dopo la scomparsa di Hugo Chávez, il 5 marzo. «Ricevo questo riconoscimento a nome del popolo venezuelano e dell’uomo che ha reso possibile la lotta contro la fame nel mio paese e ne ha fatto una ragione di vita, Hugo Chávez», ha detto il capo di stato venezuelano rendendo omaggio al suo predecessore. «Non è vero, come pensano alcuni, che abbiamo bisogno di meno stato – ha aggiunto Maduro – occorrono politiche pubbliche in grado di tutelare la popolazione più esposta fortificando il quadro legale entro cui garantire il primo dei diritti umani, quello all’alimentazione». Quindi ha elencato i principali passi concreti compiuti in merito dal governo bolivariano: i 22.000 punti di distribuzione alimentare, i sussidi – rivolti al 61% delle famiglie – che coprono tra il 70 e l’80% dei prodotti basici; le Case di alimentazione, che forniscono cibo gratuito. Misure che «hanno consentito di ridurre la percentuale di sottonutriti dal 13,8% esistente prima della Rivoluzione, al 2,4% attuale». Oggi, la popolazione venezuelana consuma ogni giorno 3.182 calorie a persona. «Molto è stato fatto, ma tanto altro è ancora da fare. E per fortuna la rivoluzione è in buone mani», ha detto ancora Maduro, denunciando che il suo paese «soffre per una guerra economica contro il rifornimento di alimenti». Un atto di accusa ai grandi gruppi privati che cercano di condizionare il clima politico in Venezuela facendo mancare i prodotti dai supermercati e organizzando il sabotaggio della produzione. Anche per questo, per incrementare gli sforzi verso la diversificazione dell’economia in un paese che possiede le più grandi riserve di petrolio certificate al mondo, il presidente socialista ha chiesto aiuto alla Fao: per uno speciale programma di assistenza tecnica che estenda la produzione in ambito rurale e per il miglioramento della qualità dei prodotti alimentari. «In Venezuela – ha detto – abbiamo 33 milioni di ettari coltivabili per alimenti; ce ne restano da coltivare 30 milioni perché, come sanno i paesi petroliferi dell’Opec, i modelli di sultanato petrolifero che ci hanno imposto in precedenza ci hanno costretto ad abbandonare il campo e la sua cultura produttiva di cui ci stiamo riappropriando». In quest’ottica – ha annunciato – si svolgerà anche la prossima riunione di Petrocaribe, prevista per il 29 giugno in Nicaragua. Insieme a una nutrita delegazione di governo, Maduro – al suo primo viaggio europeo da presidente -, ha anche incontrato il papa – con cui ha discusso anche del processo di pace in Colombia – e poi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E ha visitato il monumento a Simon Bolivar, a Roma. feroce, che provoca fame, guerre e disuguaglianze». Il cammino di Bolivar – ha detto – «oggi deve avanzare su un terreno minato, ma continua nel socialismo bolivariano, cristiano e umanista»
VENEZUELA – Il presidente offre a papa Francesco l’avvio di «misiones» mediche in Africa – / Geraldina Colotti La visita romana si conclude tra l’omaggio al fondatore del partito comunista e un incontro affollatissimo con le reti sociali di tutta Italia Al Palazzetto delle carte geografiche, la sala è piena. Si attende Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, per l’ultima tappa del suo viaggio a Roma. Domenica ha ritirato il premio alla Fao perché il suo paese ha raggiunto con molto anticipo le prime «Mete del millennio», l’altroieri mattina ha visto papa Bergoglio e nel pomeriggio il presidente Napolitano. Per la serata è stato organizzato un incontro con le reti sociali. Attivisti, politici, intellettuali, provenienti da tutta Italia, sono sul posto da diverse ore. In molti non riusciranno a entrare. All’ultimo è stato inserito un gruppo di bambini e bambine con relativi accompagnatori: testimoniano la buona riuscita di un progetto per il trapianto di midollo osseo, realizzato tra Italia e Venezuela con i finanziamenti dell’impresa petrolifera Pdvsa. Prima del governo Chávez, Pdvsa era «uno stato nello stato», un comitato d’affari che rispondeva ai grandi capitali multinazionali e non al proprio paese. Dal 1998 invece i proventi del petrolio (di cui il Venezuela possiede le più importanti riserve certificate) sono controllati dallo stato, e servono per le spese sociali: istruzione, pensioni e sanità. «Entro il 2018 – promette il presidente – avremo 60.000 medici, finora ne abbiamo formati 14.000». Salta anche la prevista conferenza stampa che avrebbe dovuto precedere l’iniziativa: all’improvviso, Maduro ha deciso di rendere omaggio alla tomba di Gramsci, perno del socialismo del XXI secolo: «Abbiamo fatto un giuramento gramsciano: per una rivoluzione socialista basata sulle idee di quest’uomo che morì resistendo al fascismo, senza mai piegarsi», dice alla sala. E ricorda che il presidente Hugo Chávez, scomparso il 5 marzo, «fu un grande ammiratore di Gramsci, di cui ha abbracciato molto presto tutti quei nuovi concetti di rivoluzione democratica, di giustizia, che noi continuiamo a praticare». Una ragazza interrompe il presidente per parlargli della sua associazione italo-venezuelana. Maduro la invita al tavolo, poi riprende a parlare. Lo «spirito» della «rivoluzione bolivariana» è anche questo: autentico e improvvisato, ma anche tenace e caparbio, capace di trovare guizzi inediti e proprie alchimie. Maduro e il suo gruppo dirigente hanno preso in mano un paese cresciuto ma in lutto, orfano di un uomo amato e odiato con un’intensità fuori dal comune, come fuori dal comune era la sua capacità di sentire il ritmo di un popolo e quello del tempo. Contro venti e maree, intendono proseguire sul «terreno minato» di un «nuovo socialismo umanista, boliviariano, gramsciano e cristiano». Un progetto che punta sulla democrazia partecipata e che alla logica dei poteri forti contrappone quella della giustizia sociale. Maduro è venuto a chiedere solidarietà e sostegno per il suo «governo di strada», inaugurato il giorno dopo aver assunto l’incarico, il 19 aprile. Il 14, la vittoria con uno stretto margine di voti sul candidato delle destre Henrique Capriles Radonski, rappresentante della Mesa de la unidad democratica. Capriles non l’ha accettata, ha chiamato i suoi alla rivolta e ha chiesto appoggio ai padrini politici a livello internazionale (in primo luogo Usa, Colombia, Osa, e destre europee). Maduro ha portato l’opuscolo Victimas de la Arrechera, che documenta i 4 giorni di «violenza fascista» postelettorale: 11 militanti chavisti uccisi, 78 feriti, incendi e devastazioni ai dispensari di quartiere in cui lavorano e vivono i medici cubani impegnati nelle misiones. Al papa argentino, «che porta il nome di Francesco d’Assisi», Maduro ha proposto un intervento comune proprio nell’ambito delle misiones, i piani sociali del governo rivolti agli esclusi di sempre: con l’appoggio della chiesa – ha spiegato – le misiones si potrebbero estendere ad altre parti del mondo, anche con il sostegno dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America, ideata da Cuba e Venezuela. Una sfida a superare la logica dell’assistenza in favore della partecipazione politica e dell’autorganizzazione sociale, principale punto di forza del modello bolivariano. Bergoglio l’accetterà o sceglierà di svolgere contro questo variegato socialismo dell’America latina lo stesso ruolo nefasto giocato da Wojtyla contro il marxismo e la Teologia della liberazione? Simbolicamente, il presidente venezuelano ha portato al papa anche un’altra richiesta: la beatificazione di José Gregorio Hernandez (1864-1919), conosciuto in Venezuela come «il medico del popolo». Appoggiati dal loro grande sponsor, il cardinale Jorge Urosa, i deputati di opposizione sono però già scesi in campo, chiedendo udienza al papa perché «difenda il diritto al dissenso» in Venezuela. «L’unico modo di mantenere la pace in Venezuela è che la rivoluzione si faccia governo – ha affermato Maduro – noi siamo gli unici che possiamo garantire stabilità e diritti sociali». E ha aggiunto: «Al presidente Napolitano ho parlato della nostra ben strana ‘dittatura’, messa alla prova da 17 elezioni. Prima del 14 aprile, conoscendo i piani destabilizzanti dell’opposizione, ho promesso che se avessi perso per un solo voto avrei riconosciuto la sconfitta, come aveva fatto Chávez dopo il referendum del 2007, perso per un soffio, ma che se avessi vinto anche per un solo voto, ero deciso a governare. E ora intendo andare avanti».

 

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