10635 Notizie dall’Italia e dal mondo del 25 maggio

20130524 11:48:00 guglielmoz

[b]EUROPA – Lagarde «comunista»: «Stop disuguaglianza».[/b] In questo momento ci sono studi che dimostrano che una distribuzione più equa della ricchezza favorisce una crescita più duratura.
[b]VATICANO – Lo IOR.[/b] A dicembre il consiglio d’Europa deciderà se inserire il vaticano nella white list.
ITALIA-FIAT va a Londra per non pagare le tasse, perché il governo ed il fisco italiano non fanno come in USA?
[b]AMERICA SETTENTRIONALE.[/b] 100 giorni di sciopero della fame.
[b]AMERICA CENTRO MERIDIONALE.[/b] La morte di un assassino.
[b]AFRICA & MEDIO ORIENTE.[/b]È morto l’ambulante che si era dato fuoco / Come Muhammad Bouazizi, il venditore ambulante che si è immolato dando il via alla «rivoluzione dei gelsomini» tunisina.
[b]ASIA & PACIFICO.[/b] In aula, i Mullah contro le donne[b][/b]

[b]EUROPA[/b]

VATICANO/IOR –TRANSZIONI SOSPETTE, IL RAPPORTO DELL’AIF – A DICEMBRE IL CONSIGLIO D’EUROPA DECIDERA’ SE INSERIRE IL VATICANO NELLA WHIT LIST…

Lo IOR viene utilizzato anche per operazioni di riciclaggio di danaro sporco. Non è una sorpresa – la banca vaticana ha una lunga tradizione di movimenti finanziari illeciti, si pensi solo a monsignor MARCINKUS o alle tangenti Enimont gestite dal faccendiere Bisignani -, ma la novità è che ora lo ammettono anche in Vaticano. L’Autorità di informazione finanziaria vaticana (AIF), competente per la vigilanza antiriciclaggio sullo Stato pontificio, ha infatti appena presentato il suo primo rapporto dal quale emerge che nella seconda metà del 2012 si sono verificate almeno sei operazioni sospette. E in due casi si è trattato, molto probabilmente, di riciclaggio di soldi frutto di tangenti, tanto che gli atti sono stati trasmessi al promotore di giustizia, ovvero il pubblico ministero di OLTRETEVERE. Un primo passo verso una trasparenza che tuttavia appare ancora molto lontana: non si conoscono gli attori delle operazioni sospette, né l’ammontare delle cifre. Né si conoscono i bilanci e si sa a chi appartengono realmente, al netto dei prestanome, tutti gli oltre 30mila conti aperti allo IOR, come dice lo stesso direttore dell’AIF, lo svizzero Bruelhart: «Il monitoraggio è in corso, nei prossimi mesi avremo i risultati». Anche per questo MONEYVAL, l’organismo di controllo antiriciclaggio del Consiglio d’Europa, ancora non ha inserito il Vaticano nella white list dei Paesi virtuosi: il giudizio definitivo arriverà entro l’anno.

[b]RUSSIA[/b] – II 20 maggio quattro persone sono morte e 43 sono rimaste ferite in un duplice attentato davanti al tribunale di Makhackala, in Daghestan.

MOSCA – La procura di Mosca ha comunicato al Centro Levada, il più importante centro studi russo sull’opinione pubblica, l’obbligo di registrarsi come "agente straniero", obbedendo a una legge approvata di recente per le organizzazioni che ricevono finanziamenti dall’estero. Le autorità russe hanno già sanzionato altre ong che si sono rifiutate di adeguarsi. Il direttore Lev Gudkov ha affermato che ora il Centro Levada rischia "di non poter più agire come istituto di ricerca indipendente". Il mese scorso il centro aveva pubblicato i risultati di un’indagine secondo cui il rating di Russia unita (Ru, il partito di Vladimir Putin) è crollato al 10 per cento. Secondo il sondaggio, la metà dei russi considera Ru il partito "dei ladri e dei banditi", secondo la definizione coniata dal leader dell’opposizione Aleksej Navalnij. Gazeta.ru.

[b]ISLANDA[/b] – II 22 maggio il Partito dell’indipendenza e il Partito del progresso, vincitori delle elezioni del 27 aprile, hanno annunciato un referendum sull’adesione all’Ue.

[b]SVEZIA / STOCCOLMA[/b] – IL GOVERNO APRIRÀ UN’INCHIESTA PER CAPIRE LE RAGIONI DELLE RIVOLTE GIOVANILI.

SVEZIA, INTEGRAZIONE IN FUMO. di Aldo Garzia.
da IL Manifesto 24 05 2013

QUARTA NOTTE DI SCONTRI NELLE PERIFERIE. SONO FRUTTODELLA FINE DEL WELFARE E DI UNA ONDATA MIGRATORIA RECORD. Periferia in fiamme a Stoccolma, come è avvenuto nelle banlieue di Parigi per la prima volta nel 2005. La scintilla dell’incendio si deve alla polizia che ha sparato contro un immigrato uccidendolo. Anche in Francia tutto scoppiò per l’uccisione di due minorenni da parte di alcuni poliziotti che stavano reprimendo un atto di piccola criminalità. Da qui la richiesta dei giovani ribelli che le forze dell’ordine, abituate per la verità a non compiere atti di violenza, debbano chiedere almeno scusa alla vedova dell’ucciso in attesa dello sviluppo delle indagini. Le notizie che arrivano da Stoccolma colpiscono perché il modello di integrazione per gli immigrati in Svezia ha fatto scuola: corsi di lingua e di storia gratis, verifica per ottenere il visto di residenza che si parli svedese almeno in modo elementare e che si conoscano i principali passaggi della storiografia del paese in cui si è deciso di vivere. Assistenza e opportunità di lavoro equiparate a quelle degli svedesi doc. Il problema – come avevano dimostrato le rivolte ricorrenti nella popolosa città di frontiera di Malmö, quasi un’unica metropoli con Copenaghen dopo la costruzione del ponte che unisce la Danimarca alla Svezia – è che però sono saltati i parametri delle politiche di integrazione. L’ultimo censimento dice che la popolazione svedese è PARI A 9 MILIONI E 450 MILA, di cui oltre 1 milione risulta composta da immigrati di prima generazione. Il che vuol dire che il problema dell’integrazione riguarda oltre il 10% dell’intera popolazione, mentre è difficile quantificare gli immigrati di seconda generazione nati in Svezia ma da genitori non svedesi. Queste cifre danno la dimensione del fenomeno a cui si deve aggiungere un’altra osservazione che riguarda la curva della demografica. La Svezia – dopo stanza dal centro città di piazza Sergels o di viale Sveavagen.

UN’INDAGINE SUL QUARTIERE DI HUSBY HA RIVELATO CHE IL 20% DEI GIOVANI TRA I 16 E I 19 ANNI NÉ STUDIA, NÉ LAVORA. Dal 1989 in poi le società nordiche sono molto cambiate. Con la caduta del Muro di Berlino sono andati progressivamente in frantumi i loro welfare, oltre alla collocazione di frontiera delle società nordiche abituate a praticare la ostpolitik (il dialogo Est-Ovest) e a godere di un prestigio internazionale, n nord Europa è stato letteralmente invaso dall’immigrazione da Est, Medio Oriente e perfino America Latina e Asia. Pur essendo la Scandinavia tradizionalmente luogo di immigrati per compensare la propria emigrazione e per riequilibrare lo scarto tra enormi territori e scarsa popolazione residente, la contraddizione di un’immigrazione con poche regole si è insinuata come un virus in Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia. La piccola e grande criminalità, in particolare la mafia russa, raccontano le inchieste giornalistiche e i libri noir di grande successo scandinavi, hanno trovato la via sgombra per infiltrarsi in questi flussi migratori, riciclare denaro e fare innanzitutto di Svezia e Finlandia luoghi d’appoggio per le centrali del malaffare che operano in Europa. Non è quindi una casualità che a Stoccolma da due legislature governino i conservatori del premier Fredrik Reinfeldt, dopo decenni di ininterrotti governi socialdemocratici a iniziare dal 1932. E non bisogna dimenticare che nelle ultime elezioni politiche svedesi ha fatto irruzione il partito di estrema destra Democratici svedesi, co-stringendo il Partito socialdemocratico ad astenersi su molti atti di governo per isolare le frange estremiste. Centristi e estremisti di destra cavalcano come in altre parti del mondo la paura del "diverso" e della troppa immigrazione. E capita sempre più spesso di ascoltare a Stoccolma discorsi del tipo: «Meglio non stare in centro il venerdì sera e il sabato». Il primo ministro Reinfeldt e Erik Ullenhag, ministro dell’integrazione, hanno promesso di aprire un’inchiesta per capire le origini delle rivolte nell’hinterland di Stoccolma e di voler studiare alcune iniziative per favorire la maggiore integrazione dei giovani immigrati. Ma data la natura strutturale del fenomeno delle ribellioni giovanili è probabile che il fenomeno sia destinato a durare costringendo gli svedesi a guardarsi allo specchio e a interrogarsi su come mai la loro «società del benessere» non esiste più. Anche la sinistra socialdemocratica dovrà prendere le misure a un fenomeno che aveva sottovalutato nel suo impatto sociale e numerico.

[b]PAESI BASSI[/b] – De Groene Amsterdammer, "Le università olandesi sono sempre più preda del neoliberismo", scrive De Groene Amsterdammer, che spiega come ormai "i consigli di amministrazione gestiscono gli atenei come imprese commerciali". La tendenza è apparsa con le riforme degli anni novanta, varate dai laburisti con l’obiettivo di "mantenere l’università alla portata di tutti grazie a una gestione razionale. In questo modo è nata una generazione di amministratori che ha governato le università secondo i criteri dell’efficienza e della concorrenza". Dal punto di vista degli studenti, però, la riforma è stata un successo: "Il loro numero è passato da 160mila nel 2000 a 245mila oggi, e rispetto agli anni ottanta i costi si sono dimezzati. Ma questo regime comporta una gestione rigorosa e attenta", che – spiega il settimanale – ha dei riflessi sulla vita universitaria. Alla Vrije universiteit di Amsterdam, per esempio, alcuni docenti non hanno più a disposizione un ufficio privato, ma hanno diritto solo a spazi nelle zone comuni in base al loro orario di lavoro. Sono stati inoltre introdotti "dei sistemi di sorveglianza e valutazione dei docenti che limitano la loro autonomia".

[b]FRANCIA/PARIGI[/b] – Il 21 maggio Dominique Venner, un saggista di estrema destra, si è ucciso sparandosi un colpo alla testa dietro all’altare della cattedrale di Notre-Dame, a Parigi. Ex paramilitare durante la guerra d’Algeria, Venner, 78 anni, aveva con sé una lettera nella quale spiegava di voler "svegliare le coscienze assopite" e lottare contro "i desideri individuali che distruggono la nostra identità e la famiglia". Le Figaro ricorda che l’uomo era anche uno strenuo oppositore della legge sul "matrimonio per tutti", firmata il 18 maggio dal presidente Francois Hollande: in un messaggio postumo letto alla radio da un suo amico, Venner esprime il suo sostegno ai dimostranti che il 26 maggio manifesteranno a Parigi contro la legge.

[b]FRANCIA[/b] – Le Monde / A quanto pare la lotta contro il debito pubblico negli Stati Uniti e in Europa ha un inatteso effetto benefico: suscita una generale mobilitazione dei governi contro l’evasione fiscale. Ormai a essere presi di mira non sono solo i paradisi fiscali, ma anche il segreto bancario e le cosiddette politiche di delocalizzazione fiscale. Il Consiglio europeo si è riunito il 22 maggio per discuterne. Anche gli Stati Uniti vogliono fare la loro parte, rendendo più severa la loro legislazione fiscale e lottando contro il segreto bancario. L’argomento sarà all’ordine del giorno del G8 – i "vecchi" paesi ricchi – a giugno nel Regno Unito.
Perché ora? La ragione è ovvia, le casse pubbliche sono vuote. Nella battaglia contro il debito e i deficit si contano anche gli spiccioli. Così gli stati, per molto tempo lassisti, ipocriti e complici, cercano ogni risorsa disponibile. E capiscono fino a che punto l’evasione fiscale legale “ l’ottimizzazione fiscale" , li privi di somme enormi di cui hanno grande bisogno. Ma perché bisogna prendere questa mobilitazione più ni serio che in passato? Stavolta due delle capitali più sensibili alla deregolamentazione, Washington e Londra sono impegnate nella battaglia. In questi giorni il rapporto di una commissione del senato statunitense – che rivelava come le imposte versate dalla Apple nei paesi in cui vende i suoi prodotti sono quasi inesistenti – ha avuto l’effetto di una vera e propria bomba. In effetti la Apple, attraverso degli artifici legali, riesce a non essere fiscalmente registrata da nessuna parte. Su questo fronte anche il primo ministro britannico David Cameron è molto attivo e si è schierato a fianco di Berlino e Parigi contro gli abusi dell’ottimizzazione fiscale". È una importante novità. L’evasione fiscale fa perdere ogni anno agli stati dell’Unione una somma cento volte superiore ai dieci miliardi di euro stanziati per aiutare Cipro! A lungo difesa da Londra, l’Irlanda è sul banco degli imputati: con una tassa sulle aziende del 12,5 per cento – la più bassa dell’Ue – questo paese destabilizza l’intera Europa. Gli europei, se saranno coerenti, prenderanno la via indicata dalla Francia, cioè una progressiva armonizzazione fiscale. Questo dovrebbe essere un elemento fondamentale in un mercato unico che si considera uno spazio di concorrenza leale.

[b]PARIGI / FMI – FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE[/b] Lagarde «comunista»: «Stop disuguaglianza» .

In questo momento ci sono studi che dimostrano che una distribuzione più equa della ricchezza favorisce una crescita più duratura. Non sono comunista, ma questa è la realtà». Così si è espressa Christine Lagarde, direttrice generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), durante una conferenza sul tema della lotta alla povertà che si è tenuta a Washington. Le disuguaglianze nel mondo sono aumentate, ha detto Lagarde, lo 0,5% della popolazione controlla il 35% della ricchezza. E poi la direttrice Fmi ha aggiunto: «La Primavera araba e il movimento Occupy, per quanto siano manifestazioni diverse, sono state in parte motivate da questa tendenza». Negli Stati uniti, punto di partenza del movimento degli Indignados Occupy Wall Street nel 2011, l’1%% della popolazione si accaparra il 18% delle risorse totali esentasse, contro l’8% di 25 anni fa, ha detto ancora la funzionaria.

[b]GERMANIA[/b] – Pierre de Gasquet, Les Echos, Francia /

La politica di austerità accelera i flussi migratori dal sud della zona euro. Con 42mila trasferimenti (su un totale di circa un milione di immigrati nel 2012, secondo le stime dell’istituto tedesco di statistiche Destatis) gli italiani che vivono in Germania superano gli spagnoli (trentamila), i greci (34mila) e i portoghesi. Anche se sono ancora distanti dai polacchi (i8omila emigrati in Germania solo nel 2012), il fenomeno non è sfuggito ai mezzi d’informazione italiani, che hanno visto nell’accelerazione della fuga dei cervelli all’estero un altro effetto perverso delle politiche di austerità. Da una parte c’è un livello alto di disoccupazione giovanile nella penisola (38,4 per cento) e dall’altra il mercato del lavoro in Germania è molto attivo. "C’è un aumento esponenziale delle richieste di impiego, del 300 per cento, in particolare per ingegneri, fisici meccanici e professionisti del settore aeronautico", spiega Laura Robustini, che lavora per la rete Eures (Servizi europei per l’impiego). Tra le altre figure professionali, le più richieste sono i tecnici informatici, i medici, il personale paramedico e gli operatori turistici. La conoscenza del tedesco è spesso un requisito necessario. Per alcuni lavori, invece, come quello di ingegnere aeronautico, non è sempre richiesta la conoscenza della lingua. Il numero di stu-denti italiani che sceglie il tedesco come seconda lingua all’università è in forte crescita (37 per cento in più nel 2012), così come le domande di soggiorno per studiare in Germania (36 per cento in più). A Berlino la nuova emigrazione italiana è costituita soprattutto da giovani laureati. La Conferenza episcopale italiana (Cei) ha presentato uno studio sul lavoro in cui parla di "fuga di cervelli a senso unico" che interessa quasi trecentomila laureati all’anno. Tra le professioni più esposte: gli architetti e gli ingegneri, che hanno visto crollare del 26 per cento il loro reddito medio annuo nell’arco degli ulti-mi cinque anni. da Internazionale 1001 / 24 maggio 2013

[b]BELGIO/parlamento Europeo[/b] –

Mario Borghezio, eurodeputato della Lega e, inverosimilmente, membro della COMMISSIONE PER LE LIBERTÀ CIVILI è stato sospeso o quantomeno indotto all’autosospensione dal gruppo “Europa della libertà e della democrazia” di cui l’esponente del Carroccio fa parte. Il gruppo di euroscettici, conservatori e nazionalisti della Efd non ha affatto gradito le espressioni razziste pronunciate dal collega nei confronti della ministra italiana Cecile Kyenge e ne ha chiesto l’espulsione ottenendo, per adesso, la sospensione. Borghezio pertanto non si è affatto "autosospeso" come egli stesso ha dichiarato “per tutelare la Lega e l’Efd in attesa di fare piena chiarezza sulle sue frasi (“lei è una bonga bonga”, nominarla “è stata una scelta del cazzo”, ndr). Alla sospensione ha sensibilmente, enormemente, contribuito la petizione che ho lanciato sul sito Change.org e che ha ottenuto in pochi giorni oltre 130mila firme. Lunedì 20 maggio il presidente del Parlamento Martin Schulz in apertura di seduta ha espresso “vergogna” per le dichiarazioni di Borghezio citando la petizione. Quando il giorno successivo siamo stati ricevuti dai capigruppo di socialisti e democratici, popolari, liberali, verdi, comunisti gruppi diversi che, all’unisono hanno espresso altrettanta vergogna per le affermazioni offensive dell’esponente del Carroccio ai danni del ministro dell’Integrazione Kyenge abbiamo subito pensato che non si trattasse di un incontro rituale ma di una forte presa di coscienza e di una indignazione vera della gran parte del parlamento europeo per le affermazioni del deputato del Carroccio. La sospensione di Borghezio di oggi dal gruppo Efd è pertanto la vostra, la nostra vittoria: 130mila cittadini (tutti voi) che avete voluto scolpire un concetto: “fuori il razzismo dal Parlamento europeo”. Questa vittoria dimostra ancora una volta che una petizione non è solo uno strumento simbolico di denuncia ma può cambiare le cose, incidere addirittura e condizionare il dibattito di una imponente istituzione come il Parlamento europeo fino a determinare la sospensione di europarlamentare dal suo gruppo per le sue dichiarazioni offensive. E’ una vittoria che ne chiama altre, che deve indurre ognuno di voi a lanciare le proprie campagne sul sito Change.org. "Perché quando si sogna da soli è solo un sogno – recita una nota massima – ma quando si sogna insieme è la realtà che comincia!". Avanti tutta (e tutti) con nuove petizioni! . Corradino Direttore Articolo21 www.articolo21.org

[b]REGNO UNITO[/b] – II magistrato Robert Owen ha annunciato il 17 maggio la fine dell’inchiesta sulla morte nel 2006 di Aleksandr Litvinenko per l’impossibilità di verificare il coinvolgimento della Russia.

REGNO UNITO – L ‘accordo salva i matrimoni gay/ Il progetto di legge per l’introduzione dei matrimoni gay voluto dal premier conservatore David Cameron è salvo. Grazie ai voti del Partito laburista. L’appello di Cameron all’opposizione ha funzionato, e il Labour ha votato contro l’emendamento proposto da un gruppo di deputati conservatori in rotta con il premier. Il provvedimento, respinto alla camera dei comuni con 375 voti contro 70, prevedeva di estendere alle coppie eterosessuali i benefici della nuova disciplina, puntando così a far slittare l’approvazione della riforma. Subito dopo, scrive il Guardian, la legge è stata approvata alla camera dei comuni. Ora passerà all’esame dei lord.

[b]GERMANIA[/b] – Angela Merkel e il suo passato /
Il passato di Angela Merkel (?) torna a far discutere con l’uscita di DAS ERSTE LEBEN DER ANGELA M., un libro in cui i giornalisti Günther Lachmann e Ralf Georg Reuth raccontano la vita della cancelliera tedesca ai tempi della DDR. Lachmann e Reuth descrivono una giovane Merkel che non solo non si ribella al sistema, ma ci collabora. Per esempio nel 1981, quando diventa segretaria responsabile della propaganda della cellula dei giovani comunisti all’istituto di fisica e chimica dell’accademia delle scienze di Berlino. In realtà il libro, commenta Die Zeit, non porta alla luce nulla di particolarmente nuovo. "Ma è ugualmente utile ripercorrere il passato della cancelliera. Come molti, Merkel non è stata vicina al sistema, ma allo stesso tempo ha evitato l’opposizione". Anzi, aggiunge DieWelt, "in questo spaccato della prima parte della sua vita, ritroviamo alcuni tratti della cancelliera che già conosciamo: il pragmatismo e la ca¬pacità di agire con freddezza".

[b]ITALIA[/b]

TORINO – FIAT va a Londra per non pagare le tasse, perché il governo ed il fisco italiano non fa come in USA? Perseguire quelle aziende italiane che dislocano sedi all’estero ed evadono il fisco ? Stati uniti. Secondo il senato statunitense, la APPLE si avvale di una complessa rete per eludere il fisco ( come molte aziende italiane ) . L’azienda pagherebbe meno tasse spostando in conti esteri gran parte dei suoi miliardi di dollari di liquidità. Invece cosa fa lo stato Italiano ignora completamente il problema.

ROMA – CRISI / Siamo un Paese che rinuncia al futuro – di Roberto Romano / LA CRISI ECONOMICA INTERNAZIONALE HA COLPITO TUTTI I PAESI A CAPITALISMO AVANZATO. A partire dal 2008 tutti i principali indicatori economici europei, Pil, occupazione, investimenti, produzione industriale, hanno il segno meno davanti ad ogni indicatore da almeno 4 anni, ma l’Italia ha manifestato una caduta di reddito, occupazione, produzione e investimenti molto peggiore della media dei Paesi europei. Per l’Italia, infatti, più che di recessione è più corretto parlare di depressione.
I tassi di crescita del Pil (cumulati) tra il 2008 e il 2013, prendendo per buone le previsioni per 2013 di Eurostat e Def, sono negative per 8,3 punti percentuali, contro una crescita del 4,3% della Germania. Nel periodo considerato nessun Paese di area euro è riuscito a fare peggio. Solo la Spagna si avvicina un po’all’Italia con una crescita negativa di 5,6 punti percentuali. Quindi l’Italia ha maturato un gap di crescita molto prossimo a quello di un Paese sull’orlo di un precipizio. Non bisogna mai dimenticare che un punto di Pil è pari a quasi 15 mld di euro.
Ma come spesso accade, dietro il Pil si celano fattori e oggetti che meglio di altri fotografano la crisi di struttura. Infatti, tra il 2008 e il 2012 i tassi di variazione della produzione industriale cumulata è pari a meno 21%. Tutti i Paesi hanno eroso una parte della propria struttura produttiva, ma il meno 21 per cento dell’Italia non regge il confronto con nessun paese europeo. L’area euro tra il 2008 e il 2012 ha contratto la propria produzione di 10 punti percentuali, mentre la Francia, altro grande ammalato dell’Europa, ha perso il 16%. Quindi, solo l’Italia ha compromesso così in profondità la sua struttura produttiva.
Gli effetti sociali potevano anche essere peggiori se non ci fosse lo stato sociale, al quale, però, non si possono chiedere miracoli. Le ricadute occupazionali, più precisamente il tasso di occupazione, sono senza precedenti storici. Se consideriamo che il tasso di occupazione dell’Italia, già mediamente più basso di 7 punti percentuali di quello medio europeo, l’ulteriore contrazione di 2 punti percentuali intervenuta tra il 2008 e il 2012, la maggiore tra i paesi di area euro, è lecito sostenere che l’Italia non è più un Paese europeo. La combinazione di minore crescita della produzione industriale, di minore crescita del Pil e di una ulteriore riduzione del tasso di occupazione, fanno dell’Italia un malato particolare. Parlare di recessione è un eufemismo a buon mercato. L’Italia ha strutturalmente imboccato la strada della depressione.
Ma la situazione economica e industriale è ancora più grave se guardiamo al futuro, cioè alla volontà del sistema industriale nazionale di uscire dalla crisi attraverso nuovi investimenti. L’Italia è sempre stato un Paese che ha investito più della media dei Paesi europei, ma il crollo intervenuto tra il 2008 e il 2012 ha un significato economico storico e senza precedenti. Infatti, l’industria italiana ha sempre investito per inseguire i Paesi che generavano innovazione, cioè gli investimenti, pur non giocando il ruolo strategico che meritavano, hanno concorso a tenere agganciato il Paese all’Europa; nell’attuale situazione, invece, le imprese italiane de-industrializzano. Utilizzando sempre i dati Eurostat, il tasso di variazione degli investimenti è crollato del 17 per cento tra il 2008 e il 2013, contro una media europea del meno 10 per cento. Non tutti i Paesi hanno reagito allo stesso modo. Per esempio, nello stesso periodo, la Germania ha investito il 5,5 per cento in più, la Finlandia l’1 per cento e gli Stati Uniti il 6,5 per cento. In qualche modo l’industria italiana produce beni di consumo immediati, e non si preoccupa più della produzione futura.
Il governo Letta punta su un riordino della pressione fiscale e qualche altro intervento di tutela del lavoro, ma l’impressione è quella di un governo, ma forse anche di un Paese, che ha deciso di rimuovere dalla discussione politica dai problemi veri del Paese. Prima iniziamo a discutere di questi problemi, cioè di depressione, deindustrializzazione, assenza di investimenti, meglio sarà per tutti.
Solo in questo modo sarà possibile discutere dell’abissale distanza dell’Italia dai Paesi che formano l’euro, e impostare una discussione seria su industria, bilancio, occupazione e giovani.

ROMA – LA PIATTAFORMA Le richieste della FIOM al governo Letta / Dal blocco dei licenziamenti fino al reddito di cittadinanza / FERMARE I LICENZIAMENTI, ANCHE GRAZIE A UNA RIMODULAZIONE DEGLI ORARI E ALLA DEFISCALIZZAZIONE DEI CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ. ABROGARE L’ARTICOLO 8. INTRODURRE IL REDDITO DI CITTADINANZA. RICOSTITUIRE LA TUTELA PIENA DELL’ARTICOLO 18. FARE UNA LEGGE PER LA RAPPRESENTANZA E LA DEMOCRAZIA SINDACALE.
Ma anche: qualificare i servizi pubblici, come scuola e sanità, perché per i più deboli fanno la vera differenza. Dare la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, secondo il principio dello ius soli. Combattere le mafie. Una piattaforma sindacale ma insieme molto politica quella che la Fiom porta oggi in piazza, insieme a precari, studenti, associazioni.
Le politiche degli ultimi governi, Berlusconi e Monti, hanno ampliato le differenze tra ricchi e poveri, tagliato istruzione e welfare, peggiorato la condizione di tanti, che si sono rinchiusi nella solitudine. Solitudine che ha portato persone a togliersi la vita. La Fiom invita quindi a unirsi, stare insieme per cambiare. Ecco le 9 richieste alla politica e al governo.
1) riconquistare il diritto del e nel lavoro;
2) la riconversione ecologica del nostro sistema industriale per valorizzare i beni comuni acqua, aria e terra;
3) un piano straordinario di investimenti pubblici e privati e il blocco dei licenziamenti anche attraverso l’incentivazione della riduzione dell’orario con i contratti di solidarietà e l’estensione della cassa integrazione;
4) un contratto nazionale che tuteli i diritti di tutte le forme di lavoro con una legge sulla democrazia che faccia sempre votare e decidere i lavoratori;
5) un reddito per una piena cittadinanza di inoccupati, disoccupati e studenti;
6) fare in modo che la scuola, l’università e la sanità siano pubbliche e per tutti;
7) combattere le mafie e la criminalità organizzata che si sono infiltrate sia nella finanza che nell’economia;
8) la rivalutazione delle pensioni e per un sistema pensionistico che riconosca la diversità tra i lavori;
9) un’Europa fondata sui diritti sociali e contrattuali, su un sistema fiscale condiviso e sul diritto di cittadinanza e sulla democrazia delle istituzioni.
Per queste ragioni, la Fiom, nell’appello del corteo si rivolge «a tutte le donne, gli uomini, i giovani, i precari, i disoccupati, i migranti, i pensionati: perché noi operaie, operai, impiegate e impiegati metalmeccanici, come voi, vogliamo una democrazia che ci permetta di partecipare e decidere del nostro futuro».

[b]AMERICA SETTENTRIONALE[/b]

ONU . NAZIONI UNITE / La Polinesia territorio da «decolonizzare» / L’Assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione nella quale la Polinesia francese viene inserita nell’elenco dei territori da decolonizzare, ribadendo il «diritto inalienabile della popolazione all’autodeterminazione e all’indipendenza». La risoluzione era stata presentata da tre piccoli stati del Pacifico, le isole Salomone, Nauru e Tuvalu, ed è stata adottata per consenso; la Francia non ha partecipato al voto, criticato anche da Gran Bretagna, Olanda e Stati Uniti. Il documento invita il governo di Parigi a «facilitare e accelerare la messa in atto di un processo equo ed efficace di autodeterminazione», aprendo in linea di principio a un referendum di indipendenza o di altre forme di autodeterminazione; Parigi da parte sua ha sottolineato la sconfitta degli indipendentisti alle ultime elezioni politiche. Attualmente la Polinesia francese è un «territorio d’Oltremare» governato da un proprio Consiglio dei Ministri e da un Presidente. La Francia mantiene le sue competenze in vari ambiti, dalle relazioni internazionali alla sicurezza.

[b]USA[/b] – I GIORNI DEGLI SCANDALI / Prima l’assalto al consolato statunitense di Bengasi dell’n settembre 2012: la Casa Bianca, accusata di aver nascosto all’opinione pubblica la natura terroristica dell’attacco, ha diffuso il testo delle email scambiate con il dipartimento di stato e le agenzie d’intelligence dopo l’attentato. Poi lo scandalo dell’Internai revenue Service (Irs), l’agenzia delle entrate accusata di violazione dei diritti civili per aver preso di mira alcuni gruppi conservatori. Infine il caso Associated Press: i repubblicani hanno chiesto le dimissioni del ministro della giustizia Eric Holder dopo che il governo ha ammesso di aver controllato i telefoni dell’agenzia di stampa per due mesi nel 2012. "Eppure dopo dieci giorni di scandali i son¬daggi dicono che il 51 per cento dei cittadini statunitensi approva la condotta di Obama, contro il 44 per cento di scontenti", scrive il Washington Post.

USA – WALMART non firmerà l’accordo sulla sicurezza nelle fabbriche in Bangladesh, scrive il Wall Street Journal (Inter-nazionale 1000, pagina 15). Negli ultimi anni la più grande catena di distribuzione degli Stati Uniti ha dato qualche grattacapo anche ai copy editor. Nel 2008 ha deciso che il nome legale della compagnia sarebbe rimasto il vecchio Wal-Mart, mentre il marchio sarebbe cambiato in Walmart. Tutto a un tratto i giornalisti si sono ritrovati a scrivere frasi come "Wal-Mart ha annunciato che i negozi Walmart apriranno alle otto". È il marketing a dettare legge. Negli anni novanta è cominciato il boom dei marchi con la maiuscola interna (PayPal, Black-Berry, MasterCard), un uso inventato dai programmatori per tenere insieme pezzi di codice in poco spazio. Poi come se non bastasse sono arrivate eBay e la Apple, con i suoi iPod e i Tunes (a proposito: che fare quando un marchio con l’iniziale minuscola è all’inizio della frase? Risposta: girate la frase). Su Internazionale i marchi conservano i lo¬ro vezzi, tranne Yahoo! che perde il punto esclamativo. Come scrive l’Economist, "so¬no trucchi per catturare l’occhio, ed è per questo che le aziende li usano. Ma noi vogliamo catturare gli occhi con la qualità della scrittura e delle analisi, senza distrazioni".
(Giulia Zoli è una giornalismi di Interazionale. L’email di questa rubrica è correzioni@intemazionale.it.)

STATI UNITI/ NEW YORK – La tentazione dì Obama / The New Yorker, Stati Uniti

Nei prossimi mesi il presidente degli Stati Uniti Barack Obama deciderà se approvare la costruzione dell’oleodotto Keystone, che dovrebbe trasportare petrolio greggio dalle sabbie bituminose dell’Alberta, in Canada, alle raffinerie del golfo del Messico. Il 13 maggio Ottawa ha lanciato una campagna a sostegno del progetto negli Stati Uniti. Il messaggio è chiaro, spiega la giornalista Elizabeth Kolbert: "Il Canada è un partner commerciale più affidabile dell’Iraq". Inoltre l’oleodotto creerebbe migliaia di posti di lavoro. "Ma ci sono ottime ragioni per opporsi. Per estrarre il petrolio dalle sabbie bituminose serve energia prodotta da combustibili fossili. Il risultato è che per ogni barile di petrolio estratto dalle sabbie bituminose, nell’atmosfera viene immessa una quantità di COz maggiore di quella prodotta dall’estrazione di un normale barile di petrolio. Se bloccherà il progetto, Obama non risolverà il problema dei consumi. Ma metterà un freno alla marcia verso la catastrofe climatica".

STATI UNITI – Ergastolo al sergente che uccise 5 dei suoi /Il 48enne John Russell, sergente dell’esercito americano (nella foto), è stato condannato ieri all’ergastolo per aver ucciso cinque militari Usa in un ospedale per soldati feriti vicino Baghdad, nel maggio 2009. Russell rischiava la pena di morte, ma dopo che si era dichiarato colpevole la corte ha optato per l’ergastolo, senza possibilità di scarcerazione anticipata.

USA – GUANTANAMO 100 GIORNI DI SCIOPERO DELLA FAME PROTESTE A WASHINGTON
Hanno superato il 100mo giorno di sciopero della fame i prigionieri rinchiusi senza processo e in alcuni casi senza accuse nel carcere di Guantanamo, che l’Onu e tutte le organizzazioni per i diritti umani chiedono agli Usa di chiudere. La protesta riguarda 102 detenuti su 166. Trenta di loro vengono nutriti a forza con delle sonde, metodo classificato dalle Nazioni unite come «tortura». Venerdì attivisti vestiti di arancione, come le tute dei prigionieri, hanno manifestato davanti alla Casa Bianca e consegnato una petizione con 370 mila firme per la chiusura immediata del carcere.

STATI UNITI – II 21 maggio una commissione del senato ha ap-provato, con 13 voti a favore e cinque contrari, il passaggio in aula di una riforma dell’immigrazione che permetterebbe a milioni di immigrati di ottenere la cittadinanza.

[b]CANADA[/b] – II 19 maggio si è dimesso Nigel Wright, capo di gabinetto del premier Stephen Harper. Era accusato di aver fornito denaro a un senatore conservatore, Mike Duffy, per permettergli di restituire rapidamente allo stato i soldi incassati illecitamente come rimborsi spese. ( come in Italia….)

[b]AMERICA CENTRO-MERIDIONALE.[/b]

[b]ARGENTINA[/b] – MADRI DI PLAZA DE MAYO / Videla, QUANTA IPOCRISIA. È morto Videla. La notizia mi ha paralizzata. Ho pensato subito ai miei figli. Come facevo a pensare ad altro? La testa mi girava, volevo pensare a qualcosa ma niente. Pensavo a loro e alle torture che hanno subito. Vedevo i loro visi che gridavano, mentre mi chiedevano e chiamavano tutti, come hanno fatto tutti nei mo-menti tenibili, quando erano soli, nei momenti di peggior tortura. I media hanno iniziato a chiamarmi ma non avevo niente da dire. Ho sentito un’angoscia grande, un profondo dolore che mi prendeva tutto il corpo. Non potevo pensare ad altro. Non ero contenta che fosse morto. Non potevo esse me contenta se pensavo a tutto quello che ci aveva fatto. Ho pensato a tutte le «Madres» a tutto II dolore, a tutte le fami-glie distrutte. Mi è crollato il mondo e ogni volta che qualcuno chiamava sentivo sempre più l’angoscia perché la maggior parte di quelli che hanno appoggiato la dittatura, i giornali, soprattutto il «Clarin», adesso lo chiamano dittatore, lo denominano genocida, che vergogna! Ma io pensavo ancora a loro, ai nostri figli. Hanno tanto amato questo paese, hanno dato tanto per es-so, ed io dovevo ascoltare questi che hanno appoggiato la dittatura, che oggi parlano di genocida? Quanta ipocrisia! Il nostro popolo deve capire che tutta quella ipocrisia ha fatto sì che i nostri figli fossero segnalati come terroristi quando tutti questi, che oggi si levano gli abiti sporchi di dosso, hanno guardato da un’altra parte. Alcuni si sono arricchiti e altri si sono riempiti di obbrobri. Volevo parlare ma non riuscivo. Oggi ho deciso di scrivere qualcosa affinché tutti quelli che erano in attesa della mia voce potessero sapere quello che penso. Sono stata soffocata dal dolore, dall’angoscia, dalla rabbia e dalla tristezza ma di colpo mi è scoppiato il cuore e ho detto: che fortuna aver avuto figli così valorosi! Questa è l’unica felicità che ho provato alla fine: il coraggio dei nostri figli nel dare le loro vite per far vivere altri. HEBE de BONAFINI Presidenta Asociación Madres De Plaza De Mayo

ARGENTINA – Vìdela (e Rodolfo Walsh) La morte di Jorge Rafael Videla dà una sensazione di sollievo che non può smaltire tuttavia il ricordo del criminale genocida a lungo prediletto dalle cancellerie occidentali e poi, al tramonto della dittatura, tutelato in patria da quella stessa legge che gli ha permesso di arri¬vare incolume all’età di 87 anni: nel suo caso si tratta di un traguardo anagrafico che disonorerebbe qualunque democrazia. Colgo qui l’occasione per ricordare un giornalista e scrittore argentino, Rodolfo Walsh, assassinato nei pri¬mi giorni del «Pian Condor» per aver diffuso clandestinamente una «Lettera aperta alla giunta militare» (ora reperibile in rete così co¬me un nitido ritratto di Walsh a cura di Alessandro Leogrande, nel sito di Radio 3 «Wikiradio» che lo ha commemorato il 25 marzo nella ricorrenza della sua scomparsa). Nel 1977 Walsh aveva appena cinquantanni ed era già braccato per il libro in cui splende di una luce cupa il suo genio di analista sociale, «Operazione massacro» (a cura di Angelo Morino, Sellerio 2003, poi La nuova frontiera 2011), un’opera concepita vent’anni prima ma presaga della catastrofe imminente. Il corpo di Walsh non è stato mai rinvenuto e sembra che i paladini dell’Occidente e della Cristianità, cioè gli agenti di Videla, dopo averlo bruciato ne abbiano disperso le ceneri in un fiume. Massimo Raffaeli

ARGENTINA – LA MORTE DI UN ASSASSINO / Videla contava anche – dispiaccia o no a papa Bergoglio – sulla forte simpatia della Chiesa cattolica. Il quotidiano di Buenos Aires a pag. 12 cita testualmente le dichiarazioni rese dall’ex-dittatore in tribunale:
«Mi relación con la Iglesia Católica fue excelente, muy cordial, sincera y abierta ».
E continuava: «… perché la Chiesa fu prudente, non mi creò problemi né seguì la tendenza di sinistra e terzomondista di altre chiese del continente. Condannava alcuni eccessi, ma senza rompere le relazioni. Con il presidente della Conferenza episcopale argentina, il cardinale Raúl Primatesta, siamo diventati perfino amici». Videla non ha ricordato la sua intima amicizia con il nunzio apostolico, cardinale Pio Laghi, ma le loro periodiche partite di tennis testimoniano un legame solido e ampiamente noto.
Gli articoli da “ Il Manifesto del 18 maggio 13):

[b]BOLIVIA[/b] – Terzo mandato per Morales / "Il 20 maggio il vicepresidente boliviano, Alvaro Garcia Linera, ha promulgato una legge che permette al presidente Evo Morales di presentarsi per un terzo mandato nel 2014", annuncia La Razón. Secondo l’opposizione, la legge è un pericolo per la democrazia. "Non ci sarebbe niente da obiettare", scrive El Pais, "se non fosse che la costituzione, la stessa approvata da Morales nel 2009 con l’intento di inaugurare una nuova era per la Bolivia, proibisce un terzo mandato. La legge sottolinea una tendenza preoccupante in tutta l’America Latina". La Razón mette in guardia da eccessivi allarmismi: "La rielezione è solo una possibilità".

[b]VENEZUELA[/b] – Divisioni nel chavismo / Il 20 maggio alcuni parlamentari dell’opposizione venezuelana hanno diffuso una registrazione di cinquanta minuti che dimostrerebbe le divisioni interne al chavismo tra i fedeli del presidente Nicolas Maduro e i sostenitori di Diosdado Cabello, presidente dell’assemblea nazionale. Nella registrazione si ascoltano le voci di un uomo dall’accento cubano, che secondo l’opposizione è il castrista Aramis Palacios (capo dell’intelligence cubana in Venezuela ), e di Mario Silva, il presentatore del programma televisivo La hojilla, il preferito di Hugo Chàvez. L’autenticità della registrazione dev’essere dimostrata, ma Tal Cualfa notare "l’assurdità dell’assenza di una dichiarazione da parte del chavismo".

[b]AFRICA & MEDIO ORIENTE[/b]

[b]TUNISIA[/b] – SALAFITI ANSAL EL SHARIA SFIDA IL GOVERNO OGGI IL RADUNO NON AUTORIZZATO / Il partito salafita Ansar al Sharia, non riconosciuto dal governo a guida Ennahda, ignora il divieto per motivi di ordine pubblico imposto dal ministero dell’Interno tunisino al congresso-raduno dell’organizzazione religiosa previsto per oggi a Kairouan, dove i militanti stanno convergendo già da alcuni giorni. Ieri proseguivano i preparativi. Gli ingressi della città sono presidiati e nei posti blocco disseminati lungo le strade che la collegano a Tunisi si sono riviste dopo mesi anche unità dell’Esercito. Nella capitale occhi puntati sui quartieri considerati bastioni dell’organizzazione. Hibz Ettahrir, il partito salafita riconosciuto, ha invitato Ansar al Sharia a desistere per evitare il rischio di gravi disordini

[b]EGITTO[/b] /IL CAIRO – Movimenti ancora in piazza al Cairo e Alessandria / Due milioni di firme anti-Morsi e una parola d’ordine: Rivolta di Giuseppe Acconcia «Senza sicurezza né dignità per i poveri, vogliamo la fine del regime islamista». La Fratellanza in difficoltà anche sul fronte sindacale . I movimenti non cedono. Anche ieri, hanno attraversato la Gameat Al-Dowel, arteria principale del quartiere di Mohandessin, diretti verso piazza Tahrir. Ai giovani di «6 aprile» e ai socialisti si sono uniti uomini e donne di classe media. Tutti avevano tra le mani dei fogli con la scritta Tamarod (Rivolta). «Abbiamo raccolto oltre due milioni di firme», ci ha spiegato Galal, mentre distribuiva i fogli ai conducenti delle vetture che affollavano la via. A due passi, i clacson di chi sosteneva l’iniziativa assordavano i passanti. «Senza sicurezza né dignità per i poveri vogliamo la fine del regime del murshid (autorità islamica, ndr)», gridavano seguendo la marcia verso Qasr el-Nil. In piazza Tahrir sono confluiti anche i cortei di Shubra e Sayeda Zeinab con attivisti liberali vicini al-Dostur, partito di Mohammed el-Baradei e i nasseristi della Corrente popolare di Hamdin Sabbahi.
Stessa scena alle porte della Corte di giustizia di Alessandria. Non sono mancati qui momenti di tensione con i sostenitori della Fratellanza. «Viviamo un clima di terrore e insicurezza perché i leader politici islamisti sono delegittimati», ha assicurato al manifesto Mahi el-Masri, attivista socialista più volte arrestata con gravi accuse di sovversione, poi ritirate. Mahi è anche direttamente impegnata in difesa dei diritti sindacali. Le unioni sindacali egiziane sono in piena trasformazione. «Tra medici, farmacisti, ingegneri e studenti, le elezioni nelle rappresentanze dei lavoratori stanno riservando non poche sorprese. Anche se si tratta di votazioni parziali (spesso semplici sorteggi per definire i nuovi consigli sindacali), i Fratelli musulmani pagano l’ampia impopolarità per l’attuale stallo politico», ha aggiunto Mahi. Ma i cambiamenti di casacca sono dietro l’angolo. Ne è un esempio Sarah Shazli, nota dentista e attivista di Alessandria, che ha partecipato a scioperi e manifestazioni fino alle elezioni del nuovo board sindacale dello scorso mese. Quel giorno anziché spingere i suoi allievi ad andare a votare per candidati indipendenti o laici, ha organizzato un workshop. Per molti attivisti dell’associazione di medici indipendenti «Dottori senza diritti» (Dsd), in questo modo Shazli è chiaramente passata nelle fila della Fratellanza. «Gli islamisti vogliono trasformare i sindacati in comitati tecnico-scientifici e ci stanno riuscendo», argomenta Taher, attivista di Dsd.
Sorprendentemente la Fratellanza non ha ottenuto un buon risultato neppure tra le rappresentanze studentesche, dove pure, subito dopo le rivolte, hanno vinto candidati islamisti moderati e salafiti. Gli islamisti moderati hanno mantenuto però la maggioranza nei sindacati studenteschi dell’Università di Al-Ahzar, centro dell’Islam sunnita in Egitto. «In generale hanno vinto i candidati che hanno fatto campagna elettorale sulla giustizia sociale, indipendenti e non politicizzati». È il commento di Khaled Ali al manifesto, ex candidato alle presidenziali e direttore del Centro per i diritti economici e sociali (Ecesr), ai risultati delle recenti elezioni all’interno delle rappresentanze dei lavoratori. «Tuttavia, bisogna diffidare delle usurpazioni della Fratellanza, spesso dietro candidati indipendenti si nascondono uomini del vecchio regime con una certa esperienza, che vengono cooptati dagli stessi islamisti all’interno dei movimenti sindacali», aggiunge Khaled Ali. «È pur vero che la società inizia a reagire all’invasione della Fratellanza nelle principali istituzioni», conclude l’attivista. I Fratelli musulmani continuano nelle politiche di liberalizzazione economica, ma perdono per strada parte della loro base sociale. I lavoratori sindacalizzati sono però ancora alla ricerca di una valida alternativa.

[b]ISRAELE[/b] – Da Gerusalemme Amira Hass / Me ne stavo in piedi davanti a un cratere scavato dai bulldozer, bevendo un po’ di tahina, una crema di sesamo. Quel giorno avevo partecipato a un incontro sull’arresto dei bambini palestinesi organizzato da un gruppo anti occupazione. Mentre tornavo verso la macchina ho visto il vecchio Abu al Abed, 68 anni, arabo-israeliano, che aspettava alla fermata dell’autobus davanti all’università ebraica di Gerusalemme. Ho immaginato che venisse da Issawiyeh, un vicino villaggio palestinese. Avevo ragione. Nel 1967 Issawiyeh è stato annesso a Gerusalemme, e da allora le politiche discriminatorie di Israele l’hanno trasformato in un luogo triste e sovraffollato. Ho chiesto ad Abu al Abed se voleva un passaggio. Abbiamo impiegato mezz’ora per raggiungere il suo luogo di lavoro. Abu lavora come guardiano notturno in un cantiere edile. Durante il viaggio mi ha spiegato che ogni turno dura 14 ore e che guadagna circa 700 euro al mese. "In realtà dovrei essere io a pagare loro, perché non faccio niente", ha detto intuendo la mia indignazione. Abu vive in un container di due metri quadrati. Quando gli operai tornano a casa, si siede all’aperto sotto un grande albero e si mette a pensare.
A un certo punto mi ha chiesto se fumo. Gli ho risposto di no, e che la mia voce ro-ca era l’effetto di un’influenza. Così mi ha consigliato di bere tahina. Quando siamo arrivati al cantiere, mi ha invitato in ci-ma alla collina e abbiamo bevuto la tahina direttamente da un barattolo.

[b]ALGERIA[/b] – PROGNOSI RISERVATA / Due quotidiani, Djaridati e la sua versione francese Mon Journal, sono stati censurati il 18 maggio per aver rivelato informazioni sulla malattia del presidente Abdelaziz Bouteflika, ricoverato in ospedale a Parigi dal 27 aprile. Le autorità di Algeri hanno a lungo mantenuto il silenzio sullo stato di salute di Bouteflika ma la stampa francese aveva parlato di un peggioramento. Il direttore dei giornali censurati, Hichem Aboud, aveva scritto che il presidente era tornato in Algeria in stato di coma. Il 22 maggio la stampa ha rivelato che Bouteflika è ancora in Francia. "Gli algerini l’hanno eletto tre volte e hanno il diritto di sapere come sta", sostiene Aboud, che è accusato di attentato alla sicurezza dello stato. Djaridati aggiunge che la mancanza di trasparenza non riguarda solo la salute del presidente, ma anche i casi di corruzione che coinvolgono i vertici dello stato. Un esempio su tutti è la serie di scandali legati all’azienda petrolifera Sonatrach, in cui l’ex ministro dell’energia Chakib Khelil è accusato di aver riscosso tangenti. Tuttavia "Khelil è finito sotto processo in Francia e in Italia, e non nel suo paese, l’Algeria, che è la principale vittima della corruzione".

[b]IRAN[/b] – Rafsanjani fuori dai giochi / Il 21 maggio il Consiglio dei guardiani iraniano ha invalidato le candidature dell’ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani e di Esfandiar Rahim Mashaei, uno stretto collaboratore di Mahmoud Ahmadinejad, alle presidenziali del 14 giugno. Il favorito è a questo punto Saeed Jalili, alleato dell’ayatollah Ali Khamenei, scrive Al Jazeera.

[b]IRAQ[/b] – Doppio attentato anti-sunnita: 49 morti / Duplice bomba davanti alla moschea di Saria a Baquba, 60 km a nordest di Baghdad: una prima esplosione ha investito i fedeli all’uscita della preghiera del venerdì, un secondo ordigno è esploso invece poco dopo l’arrivo dei soccorsi. Bilancio, almeno 41 morti e oltre 60 feriti. Altre otto persone hanno perso la vita in un attentato durante il funerale di un sunnita a Madain, a sud della capitale. 25 i feriti. Nelle ultime settimane numerosi luoghi di culto, sia sunniti che sciiti, sono stati investiti da una nuova ondata di violenze interconfessionali. Sale inoltre la tensione tra il governo di Nouri al-Maliki (sciita) e la comunità sunnita.

IRAQ – II 21 maggio il primo ministro Nuri al Maliki ha annunciato una riforma delle forze di sicurezza dopo che dal 15 maggio più di duecento persone sono morte nelle violenze nel paese.

[b][/b]Rep. Democratica del Congo[b] – Almeno 19 persone sono morte il 20 maggio nei combattimenti tra l’esercito e i ribelli dell’M23 vicino a Goma, nel Nord Kivu.

[b]NIGERIA[/b]/BOKO HARAM – PROSEGUE L’OFFENSIVA MILITARE NEL BORNO, CIVILI IN FUGA / Quarto giorno di operazioni militari e raid aerei contro gli islamisti di Boko Haram negli stati di Borno, Yobe e Adamawa. Fonti dell’esercito riferiscono che ieri «almeno 10 terroristi sono stati uccisi e 65 catturati». E che nell’operazione nell’area di Maiduguri è stato sequestrato un arsenale con lanciarazzi RPG. Presi tra due fuochi, i civili, che hanno buone ragioni per temere sia i jihadisti sia i militari, cominciano a fuggire dal Borno verso il confine con il Camerun. Il segretario di Stato Usa John Kerry condanna le violenze di Boko Haram ma si dice anche preoccupato per le «credibili accuse di violazioni dei diritti umani commesse dalle forze nigeriane, che finiscono per produrre un’escalation di violenza e alimentare l’estremismo».
NIGERIA . L’offensiva di Jonathan Dal 15 maggio l’esercito nigeriano conduce un’offensiva ae¬rea e terrestre contro i ribelli islamici della setta Boko haram nei tre stati, Borno, Adamawa e Yobe, dov’è stato decretato lo stato d’emergenza. Il 21 maggio sono stati arrestati a Maiduguri 120 presunti terroristi, mentre molti altri combattenti della regione stanno scappando verso il Ciad e il Niger. "Il presidente Goodluck Jonathan ha finalmente dimostrato di voler prendere in pugno la situazione", scrive The Punch. Secondo Alex Thurston di Sahel Blog, invece, "il governo non può limitarsi all’uso della forza ma dovrà impegnarsi anche nei negoziati politici".

[b]ARABIA SAUDITA[/b] – II 15 maggio un venditore ambulante è morto dopo essersi dato fuoco per protesta a Manfuha.

ARABIA SAUDITA – È morto l’ambulante che si era dato fuoco / Come Muhammad Bouazizi, il venditore ambulante che si è immolato dando il via alla «rivoluzione dei gelsomini» tunisina, Ali Jabiri Alhouraysi vendeva verdure. E come lui ha deciso di darsi fuoco perché vessato e perseguitato dalle autorità di polizia. Mercoledì ha deciso di ricorrere a una protesta così estrema e rara, per quanto se ne sa, in Arabia Saudita, e ieri è morto in ospedale. Un centinaio di persone si sono riunite davanti a un commissariato di Ryadh in segno di solidarietà con l’uomo.

[b]ETIOPIA[/b] – Un boom effimero /In Etiopia lo stato promuove una serie di misure economiche volte a stimolare la crescita e ad alleviare la povertà, una politica messa in atto da funzionari che godono di poteri quasi dittatoriali. Le porte sono aperte per aziende e investitori stranieri, ma c’è diffidenza nei loro confronti. Il modello è quello cinese, scrive l’Economist, concepito in antitesi al capitalismo occidentale, a cui s’ispirano altri paesi africani emergenti come il Kenya. Secondo i piani dell’ex premier Meles Zenawi, morto il 20 agosto 2012, la priorità va data all’agricoltura, che contribuisce al 46 per cento del pil e impiega il 79 per cento della forza lavoro. Alla fine degli anni novanta, spiega il settimanale, gli etiopi si sono fissati degli obiettivi di crescita, che poi hanno perseguito metodicamente. I funzionari statali hanno monitorato i progressi e cambiato strategia, se necessario. Allo stesso tempo sono riusciti a mantenere la corruzione eccezionalmente bassa per un sistema così centralizzato. I risultati sono stati impressionanti. Per esempio, la mortalità alla nascita si è ridotta del 40 per cento dal 2000. Nel giro di cinque anni il paese potrebbe raggiungere l’autosufficienza alimentare, anche perché ha accumulato 50 milioni di capi di bestiame. Il governo vanta una crescita del pil dell’11 per cento, anche se molti osservatori si chiedono quale sia il dato reale. L’Etiopia resta un paese povero e non tutti gli abitanti beneficiano dei frutti dello sviluppo: nel 2011 il reddito prò capite era di 400 dollari all’anno, ben al di sotto della media dell’Africa subsahariana che è di 1.466 dollari. Addis Abeba fatica a tenere sotto controllo l’inflazione (che nel 2011 ha toccato il 40 per cento ed è alimentata dalla grande spesa pubblica per le infrastrutture) e, mantenendo bassi i tassi d’interesse, scoraggia il risparmio .

[b]SOMALIA[/b] – Due presidenti per il Jubaland / Tra il 15 e il 16 maggio due signori della guerra, Barre Hirale e Ahmed Madobe, si sono pro-clamati presidenti del Jubaland (sud della Somalia). Nessuno dei due è stato riconosciuto dal presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, che si è detto favorevole a un sistema federale, ma chiede alle comunità locali di collaborare con Mogadiscio. Allo stesso tempo Mohamud ha chiesto ai leader del Somaliland, lo stato autoproclamatosi indipendente 22 anni fa, di partecipare alla costruzione dell’unità somala, scrive Garoweonline.

[b]ASIA & PACIFICO.[/b]

[b]GIAPPONE[/b] – L’AUTOGOL DI HASHIMOTO / Le affermazioni del sindaco di Osaka e astro nascente della politica giapponese Töru Hashimoto sulle "donne di conforto", usate dagli eserciti come schiave sessuali, hanno scatenato molte reazioni in Giappone e negli Stati Uniti. Durante una conferenza stampa il 16 marzo, Hashimoto ha dichiarato che il ruolo di queste donne durante la guerra era necessario per intrattenere le truppe giapponesi. E ha aggiunto che oggi i marines delle basi statunitensi a Okinawa dovrebbero fare un "buon uso" dei servizi messi a disposizione dall’industria dell’intrattenimento sessuale. In questo modo diminuirebbero i crimini commessi dai marines sull’isola ogni anno. Le autorità statunitensi nell’arcipelago hanno definito oltraggiose le affermazioni del sindaco e hanno invitato il governo giapponese a prendere le distanze. Per l’ex sindaco di Tokyo Shintarö Ishihara, che guida il Partito per la restaurazione insieme a Hashimoto, "i militari e le prostitute sono inseparabili”.

[b]COREA DEL NORD[/b] – II 22 maggio un emissario del regime ha raggiunto Pechino, probabilmente per organizzare un incontro tra Kim Jong-un e il presidente cinese XI JINPING. Intanto negli ultimi giorni

PYONGYANG – ha lanciato sei missili di corta gittata. Indonesia Ventotto persone sono morte il 14 maggio nel crollo di una galleria in una miniera nella provincia di Papua Ovest.

[b]CINA[/b] – II 16 maggio centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Kunming per protestare contro la costruzione di una fabbrica chimica.

[b]CINA/INDIA[/b] – Diplomazia al lavoro / Li Keqiang sceglie l’India / Nonostante l’incursione cinese 1 di aprile nella regione contesa di Aksai Chin, in LADAKH, il 20 maggio il premier cinese Li Keqiang ha scelto l’India come meta della sua prima visita ufficiale. Una decisione che fa prevedere un possibile miglioramento delle relazioni cinoindiane, scrive Tehelka. Tra i due paesi ci sono vari punti di frizione: le dispute territoriali, i progetti cinesi di diversione idrica che minacciano il fiume Brahmaputra, la questione tibetana, con l’esilio del DALAI LAMA in India, spina nel fianco della normalizzazione dei rapporti.

[b]BIRMANIA/MYANMAR[/b] – Thein Sein vola a Washington / Il 21 maggio il presidente birmano Thein Sein ha incontrato a Washington il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. È la prima visita ufficiale a Washington di un leader birmano dal 1966. Obama, che per la prima volta ha usato il nome Myanmar, adottato dalla giunta militare nel 1989, ha elogiato Thein Sein per le riforme democratiche avviate nel paese, dicendosi però preoccupato per le violenze contro le minoranze musulmane nel paese.

[b]BANGLADESH[/b] – Le regole dì Yunus / Dopo il disastro del Rana Plaza, l’edificio con cinque stabilimenti tessili che è crollato uccidendo 1.200 persone, in Bangladesh si continua a discutere della necessità di migliorare le condizioni di lavoro nel settore. Il premio Nobel per l’economia Mohamed Yunus sul Dhaka Courier pro-pone di fissare un salario minimo per gli operai che tutte le aziende straniere devono rispettare, di garantire la previdenza sociale ai lavoratori, di migliorare la formazione per il lavoro specializzato. Infine, di aumentare il prezzo di ogni indumento di 0,35 dollari per finanziare queste misure.

[b]PAKISTAN[/b] – Votare a Karachi Sette giorni dopo le elezioni generali dell’n maggio, a Karachi si è tenuta la parziale ripetizione del voto a causa di sospetti brogli. Il Pakistan tehreek-e-in-saf (Pti), il partito dell’ex campione di cricket Imran Khan, si è aggiudicato il primo seggio parlamentare della città, ottenendo il maggior numero di voti dopo il Muttahida quami movement (Mqm), al potere a Karachi dagli anni ottanta. Il 18 maggio la vicepresidente del Pti, Zahra Shahid Hussain, è stata uccisa da un killer in motocicletta che le ha sparato da-vanti a casa. Khan ha accusato un esponente importante dell’Mqm di essere il mandante. L’omicidio ha fatto salire la tensione nella città, una delle più violente del paese, scrive Dawn

[b]AFGHANISTAN[/b] • IN AULA, I MULLAH CONTRO LE DONNE / EMENDAMENTI A RAFFICA SULLA LIBERTÀ FEMMINILE – di Em. Gio. da “il Manifesto” / Aspra discussione tra conservatori e partigiani della legge, dibattito rinviato / Il decreto legge che nel 2009 era stato siglato dal presidente Karzai e che stabilisce un passo avanti inequivocabile dei diritti delle donne afgane e nel campo delle pene per chi li viola non è riuscito ieri a superare il dibattito parlamentare, necessario a farne legge dello Stato a tutti gli affetti. Così com’è, il dl resta in vigore ma è pur sempre passibile di lunghe discussioni in tribunale e soprattutto di emendamenti come quelli ieri richiesti in aula e che alla fine, dopo un fuoco di sbarramento di mullah e conservatori, hanno fatto decidere per un rinvio del dibattito a data da destinarsi. Rinvio che apre la strada a nuove possibili erosioni dei dritti conquistati faticosamente dalle donne afgane. Col decreto attuale, una coppia non può decidere di dare in sposa la propria figlia prima dei 16 anni di età. Diciotto invece gli anni necessari a una donna afgana per decidere se sposarsi o meno e con chi, una novità nel Paese dove vige la pratica di matrimoni combinati di maschi e soprattutto femmine (spesso bambine) e dove è ancora in vigore la poligamia, benché limitata a "sole" due mogli. Ma gli emendamenti, denunciati dalle attiviste di Afghan Women’s Network, la maggior rete di associazioni femminili, vanno ancora più in là perché vorrebbero chiudere la case rifugio faticosamente costituite per le donne in fuga da un matrimonio indesiderato e da una tradizione e pressione sociale oscurantiste, che spesso le spinge al suicidio o forza i parenti all’omicidio d’onore. Infine la legge punisce duramente lo stupro e la violenza contro le donne e da che esiste ha già fatto finire dietro le sbarre non pochi uomini, mariti e non. Un emendamento vorrebbe edulcorare le sanzioni. In parlamento la discussione è stata aspra: da una parte i partigiani della legge, capeggiati dalla parlamentare del Badakhshan Fawzia Koofi, dall’altro mullah e conservatori le cui tesi, sostenute con il Corano alla mano, sono ben spiegate da quanto ha detto in aula Obaidullah Barekzai, un deputato dell’Uruzgan che ha citato Hazrat Abu Bakr Siddiq, un compagno di strada del Profeta che aveva dato sua figlia in moglie a soli sette anni di età. Sia detto per inciso, in Uruzgan si registra uno dei tassi più elevati di analfabetismo femminile, in Afghanistan ancora di gran lunga superiore a quello maschile. La discussione in parlamento ha anche creato polemiche nel mondo femminile: molte attiviste avrebbero preferito cercare di bypassare gli emendamenti ed evitare il dibattito in aula, passo per altro inevitabile visto che i decreti presidenziali richiedono alla fine la luce verde del parlamento. Un parlamento tra l’altro che, in questo momento, è sfavorevole e ostile al presidente. Koofi ha anche spiegato che un nuovo presidente potrebbe cambiare per decreto la legge attuale (Elimination of Violence Against Women Law o Eval) introducendo de facto gli emendamenti richiesti dai conservatori. Per strizzare l’occhio ai talebani. Lettera22

[b]ISOLE MARSHALL[/b] – L’atollo di Bikini fa parte della Repubblica delle isole Marshall, annesse all’impero giapponese nel 1914 e passate sotto il controllo statunitense nel 1945, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ottennero l’indipendenza nel 1986.
Nel 1946, nell’ambito dell’operazione Crossroads, il governo degli Stati Uniti fece esplodere 23 ordigni nucleari per vedere gli effetti della bomba atomica sulle navi militari. Il costume a due pezzi prese il nome dall’atollo perché fu lanciato negli Stati Uniti proprio nei giorni in cui i mezzi d’informazione parlavano di Bikini.
La popolazione era stata trasferita su un altro atollo ma nel 1954, durante il test della prima bomba H che si rivelò più potente del previsto, le radiazioni colpirono alcune persone, tra cui i 23 membri dell’equipaggio del peschereccio giapponese Daigo Fukuryù Mani. Undici di loro morirono e la notizia ebbe un impatto enorme sull’opinione pubblica giapponese. In risposta a quell’incidente nacque il movimento antinucleare giapponese.
Nel 1997 l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), su richiesta del governo delle isole Marshall, ha mandato una squadra di tecnici per misurare la radioattività nell’atollo di Bikini. Secondo il rapporto pubblicato nel 1998, non c’erano le condizioni per il ripopolamento permanente dell’atollo, considerando che questo comporterebbe un’alimentazione fatta esclusivamente di prodotti locali, quindi con un’assunzione di alimenti con livelli eccessivi di radioattività. L’unico modo per ovviare a questo problema, secondo l’Aiea, sarebbe l’uso di fertilizzanti al potassio e il ricambio ciclico dello strato superficiale del terreno. da Aiea
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