10517 Intervista a Rocco Di Trolio candidato nella lista PD del collegio Nord e Centro America

20130214 15:37:00 redazione-IT

[b]“Quali politiche pubbliche occorre mettere in campo”?[/b]
[i]D. Fra alcune settimane dalle urne uscirà un nuovo parlamento. Anche lei,oggi candidato della Circoscrizione Estero, dovrà decidere, se eletto, priorità ed urgenze da gestire in un quadro di recessione del sistema produttivo. Quali politiche pubbliche, a suo giudizio occorre mettere in campo da subito? [/i]

R- Prima di porre mano ai contenuti e di specifiche politiche pubbliche andando necessariamente all’esame di merito di ogni singola “policy” coglierei la critica dei cittadini italiani al modo come si governa, alla mancanza di procedure, per accertare se le stesse soddisfano più generali criteri di buona gestione pubblica.

Larga parte della campagna elettorale è stata giocata sulla critica, anche ma non solo populistica, al sistema di governo delle decisioni non meno che alle specifiche scelte di volta in volta effettuate.

Il prof Sabino Cassese in una recente Lectio magistralis riferendosi al sistema pubblico parla di “primitivismo organizzativo, rudimentalità delle procedure, insufficienze del personale, scarso ricorso a tecnologie informatiche, arcaicità del disegno complessivo, suo anacronismo rispetto agli altri governi moderni”. Si dovrà affrontare con serietà, in parlamento, il tema ineludibile della qualità delle politiche pubbliche che coincide con la questione strategica del metodo del governare.
Non è un caso che tra le componenti strutturali della crisi del nostro paese viene ormai da tempo annoverata la debolezza organizzativa dei governi. Su questo è essenziale intervenire. Non basta il falò televisivo di Calderoli per avviare la semplificazione burocratica. Esempi interessanti si possono rinvenire nel metodo di lavoro del Dipartimento per la coesione territoriale diretto dal Prof. Barca.

Cassese osserva ancora “ Non c’è fase della sequenza complessiva (dalla scelta degli indirizzi politici alla progettazione,formulazione e decisioni, all’attuazione,alla valutazione dell’impatto e dei risultati, al feedback e alle correzioni) nella quale non emerga l’inadeguatezza degli strumenti dei governi italiani rispetto alle moderne esigenze del governare.”

E’ evidente che bisogna cambiare il metodo. Non basta governare, occorre governare bene.
Il funzionamento delle politiche pubbliche è uno degli aspetti fondamentali per il funzionamento della democrazia.
Per assicurarsi l’attuazione degli indirizzi politici finali occorrono politiche strumentali, tecniche di “policy evaluation” e “policy analysis” delle quali le pubbliche amministrazioni devono dotarsi.
Se nel metodo di governo non ci allineiamo ai paesi più virtuosi europei, vista l’interdipendenza e la condivisione di sovranità, finiremo per essere governati da altri.

[i]D. A suo giudizio un governo di coalizione fra progressisti e lista Monti sarà in grado di garantire una crescita con equità, i diritti degli anziani e quelli dei giovani al lavoro?[/i]

R. Si farà un governo progressisti- “scelta civica” di Monti?
Non eludo la domanda su una ipotesi che, tuttavia, appare condizionata dall’esito elettorale.
Per ora osservo in queste settimane significativi aggiustamenti delle diverse “agende” elettorali alcuni dei quali sono quelli, promessi da Monti, ai provvedimenti presi dal suo attuale governo.
La coalizione dei progressisti “Bene comune” nella quale mi riconosco ha le proposte concrete per porre in essere crescita ed equità. Questa è la coalizione per la quale io ho chiesto agli elettori il voto per poter governare il paese. Se tuttavia non vi fosse un consenso pieno, atto a garantire la governabilità riformatrice, una ipotesi è quella di una intesa della coalizione dei progressisti con la lista di Monti. L’altra quella di nuove elezioni avanzata, tra altri, da Fassina.
I prossimi mesi saranno duri. Il problema sarà la distribuzione equa dei sacrifici, l’avvio della crescita, la tutela delle fasce sociali e dei singoli più colpiti dalla crisi.
La lista Monti è una lista a direzione personale molto influenzata dalle gerarchie vaticane oggi alle prese anche con le conseguenze del loro protagonismo fuori misura nelle vicende italiane. Una eventuale intesa di governo con Monti deve essere segnata da una “scelta civica” di non ritorno alle politiche liberiste degli ultimi venti anni,da una svolta in cui Monti scelga al suo interno la sostanza delle proposte del cattolicesimo democratico, in tema del lavoro e di welfare rispetto alla melassa “moderata” camuffata da riformismo delle sue componenti partitiche e confindustriali.
Monti ha l’occasione storica di non ostacolare ma di favorire, come la Dc di De Gasperi, la crescita di una società più giusta, svolgendo la storica funzione di una forza di centro che guarda a sinistra. L’Italia ha bisogno di una fase di riforme strutturali che la rendano più simile e più vicina ai paesi a direzione socialdemocratica d’Europa.
Sviluppo ed equità devono permeare il programma di governo.
Bersani capo della coalizione di governo ha il tempo necessario per fare il tagliando alla intesa rafforzando, d’accordo con gli altri due partners della coalizione, la “Carta d’intenti”. La coalizione deve aprire una fase di rinnovata attenzione al movimento sindacale, alle piattaforme unitarie rivendicative con al centro un “Piano del Lavoro “ per i prossimi anni.
A mio giudizio, si deve dare un primo segnale immediato di equità redistributiva proponendo al parlamento una patrimoniale sui grandi patrimoni immobiliari e finanziari, una diversa e più selettiva modulazione dell’Imu che escluda la prima casa, tranne quella di lusso, il superamento del patto di stabilità – causa di larga parte delle difficoltà degli enti locali nel pagamento delle imprese – per quanto riguarda gli investimenti e una sua generale ricontrattazione.
Secondo segnale dovrebbe venire dalla ricostruzione della scuola pubblica libera, del merito e della formazione attraverso una riforma organica tanto del sistema delle scuole superiori comunque collegabili al mondo del lavoro e aperte alle esperienze del progetto ‘Erasmus’, quanto dell’università, centro di eccellenza da sottrarre a vecchie logiche baronali e da sostenere con una percentuale fissa del nostro PIL. Dobbiamo dare fiducia nel futuro agli insegnanti ed ai giovani.
Il terzo segnale una rimodulazione del welfare che deve restare pubblico universalistico tenendo conto dei mutamenti demografici, epidemiologici, reddito e abbattendo duplicazioni e burocratizzazioni.

(santi news)

 

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