10443 Notizie 02 feb

20130201 11:03:00 guglielmoz

EUROPA
AMERICHE
ASIA & PACIFICO
MEDIO ORIENTE & AFRICA

EUROPA.

RUSSIA – II 28 gennaio il presidente Vladimir Putin ha annunciato la destituzione di Magomedsalam Magomedov, leader del Daghestan, una delle regioni più povere e instabili del paese.
RUSSIA – Repressione alla russa DIRITTI / Il matrimonio gay e i diritti degli omosessuali continuano a essere al centro del dibattito politico in tutta Europa. Il 25 gennaio in Russia la duma ha approvato, pressoché all’unanimità, una legge che vieta la "propaganda dell’omosessualità". La norma, spiega Vzgljad, prevede, tra le altre cose, il divieto di "esibire comportamenti omosessuali in luoghi frequentati da minorenni" e di fare "commenti positivi sull’omosessualità" su radio e tv al di fuori degli orari notturni. Secondo i promotori, l’obiettivo è sostenere "i valori della famiglia tradizionale". Contro la legge, un gruppo di gay e lesbiche moscoviti ha organizzato un "kiss-in di protesta", ma la manifestazione è stata interrotta dalla polizia che ha arrestato una ventina di attivisti. A Varsavia, invece, il 25 gennaio il parlamento polacco ha bocciato tre progetti di legge sulle unioni civili per le coppie omo ed eterosessuali, uno dei quali presentato da Piattaforma civica (Po), il partito al governo. La decisione, spiega Gazeta Wyborcza, ha scatenato polemiche, attirando forti critiche sui deputati di Po che avevano votato contro il progetto di legge. Tutt’altra aria in Francia. Qui il 29 gennaio, due giorni dopo una grande manifestazione a favore del matrimonio omosessuale, il progetto di legge in materia ha cominciato il suo iter in parlamento. Il voto finale è previsto per il 12 febbraio, scrive Libératìon.

REPUBBLICA CECA – A Praga un presidente europeista / È Milos Zeman il nuovo presidente della Repubblica Ceca. Al ballottaggio del 26 gennaio l’ex primo ministro socialdemocratico, oggi su posizioni populiste, ha sconfitto il suo avversario, Karel Schwarzenberg, con il 54,8 per cento dei voti. Schwarzenberg, conservatore ed ex ministro degli esteri, è riuscito a superare Zeman solo a Praga, scrive il quotidiano Dnes. Dopo l’elezione Zeman ha subito criticato duramente il governo guidato da Petr Necas, accusandolo di essere inefficiente e chiedendo elezioni anticipate. Secondo il nuovo presidente, la priorità per il paese è il varo di politiche per la crescita. Come scrive Lidové Noviny, dopo l’euroscettico Vaclav Klaus, Zeman sarà anche "il presidente della riconciliazione con l’Europa".

REPUBBLICA CECA – Via libera alla cannabis per uso terapeutico / Il senato ceco ha approvato in via definitiva una legge che autorizza l’uso terapeutico della cannmabis, già passata alla Camera. Con il voto di 67 senatori su 74, la normativa attende ora solo la firma del Presidente della Repubblica per entrare in vigore. Destinata ad alleviare i sintomi di malattie come il cancro, il morbo di Parkinson, la sclerosi a placche, la psoriasi e gli eczemi atopici, la cannabis sarà tuttavia disponibile solo dietro ordini on-line. Lo stato ne importerà fino a quando l’Istituto nazionale per il controllo sui farmaci non rilascerà delle licenze, della durata di massimo cinque anni, a dei coltivatori locali.
UCRAINA – Un caso ancora aperto / Il tribunale di Kiev ha condannato all’ergastolo l’ex generale Oleksij Pukac per l’omicidio del giornalista Georgij Gongadze, scrive l’Ukrajnska Pravda, fondata proprio da Gongadze. Il giornalista spari nel settembre del 2000, e il suo cadavere fu ritrovato, decapitato, alcuni mesi dopo. Il tribunale ha stabilito che l’omicidio fu commissionato dall’allora ministro dell’interno Jurij Kravcenko (morto suicida nel 2005 in circostanze ancora oscure), ma Pukac, che si è dichiarato colpevole, ha tirato in ballo anche l’ex primo ministro Leonid Kucma e Volodimir Lit-vin, ex presidente del parlamento. La moglie di Gongadze ha annunciato il ricorso in appello, spiegando che il caso non sarà chiuso finché non saranno condannati tutti i mandanti.

BULGARIA – II referendum del 27 gennaio sulla costruzione di una centrale nucleare è stato invalidato a causa della bassa affluenza. Ha votato solo il 20,22 per cento degli elettori.

KOSOVO/SERBIA – «No ai confini» , scontri e nuovi blocchi serbi / Gruppi di serbi nel nord del Kosovo hanno bloccato alcune strade locali per impedire il passaggio di convogli con poliziotti e doganieri kosovari albanesi diretti ai posti di confine (che non esiste e che si vuole imporre, con la Serbia) di Brnjak e Jarinje. I serbi, maggioranza della popolazione nel nord (In Kosovo il 95% di abitanti è albanese), non accettano la presenza di personale albanese ai checkpoint perché implicherebbe il riconoscimento di una regolare linea di frontiera fra Serbia e Kosovo. La protesta è inoltre diretta contro la riscossione di dazi doganali alla frontiera, denaro che i serbi non vogliono che vada a finire nella casse di Pristina. Nel negoziato fra Belgrado e Pristina a Bruxelles, i premier Ivica Dacic e Hashim Thaci si sono accordati nelle scorse settimane per la gestione congiunta dei posti di confine, con la presenza di personale di polizia e di dogana kosovaro, serbo e di Eulex (la missione Ue): il denaro ricavato dai dazi doganali deve essere versato in un Fondo speciale sotto supervisione Ue, e utilizzato a beneficio della popolazione serba del nord. Ma Pristina all’improvviso ha fatto marcia indietro: ora chiede che il denaro affluisca nella casse statali del Kosovo. Ed è scontro anche sul seggio all’Onu per il Kosovo come condizione per il sì al negoziato di adesione della Serbia alla Ue. Non se n’è mai parlato in sede di negoziato Belgrado-Pristina a Bruxelles, ribadisce il premier serbo Ivica Dacic all’ambasciatore tedesco a Belgrado Heinz Wilhelm che in un’intervista ha ipotizzato che Germania e Ue si aspettano una normalizzazione Belgrado-Pristina prima che la Serbia faccia un altro passo verso la Ue.

PAESI BASSI – L’addìo di Beatrice "La regina Beatrice ha scelto il momento migliore per abdicare": così il quotidiano Trouw commenta la decisione della regina olandese di lasciare il trono al figlio Willem Alexander dopo 33 anni di regno. Quest’anno, infatti, la regina compirà 75 anni e si celebrerà il bicentenario del regno dei Paesi Bassi. Un ruolo importante nella scelta di Beatrice l’hanno giocato anche la nuova situazione politica e alcune questioni personali. Se infatti le tensioni degli anni passati avevano convinto la regina a rimanere sul trono, con il nuovo governo di Mark Rutte la politica olandese sembra aver ritrovato stabilità. E per di più la regina non ha più un ruolo chiave nella formazione del governo. Un altro fattore importante è stato la volontà di non fare attendere troppo il figlio Willem Alexander, che ha già 46 anni e sarà il primo regnante maschio dal 1890. Libera da impegni, Beatrice avrà poi più tempo per assistere il figlio Johan Friso, in coma a Londra dopo un incidente sugli sci.

GRECIA/ITALIA – SOS dagli Istituti di cultura italiani nel Mondo, e un rilancio partendo da quelli del Mediterraneo. Atene 31 gennaio. All’Istituto Italiano di Cultura di Atene ,ieri sera e’ avvenuta l’inaugurazione della bellissima mostra di Silvio Cattani, PER DECIFRARE GLI ASTRI, che potrebbe essere di prologo e di buona speranza per una nuova politica veramente culturale del prossimo governo italiano, che ritrovi un suo nuovo filo conduttore che rivaluti queste nostre prestigiose strutture di rappresentanza nel Mondo che per decenni ci hanno fatto sentire orgogliosi di essere italiani. Mi sono anche intrattenuto a colloquio con il numeroso pubblico italo greco presente e in particolare mi sono soffermato a discutere dei problemi di gestione dell’Istituto con la bravissima direttrice Silvana Vassilli che continua, nonostante le difficoltà, a offrire servizi e programmi di notevole qualità.
Inoltre con l’addetta culturale Silvana Giampaola abbiamo discusso di come potrebbero essere coinvolte nelle attività dell’Istituto, imprenditori italiani presenti ad Atene e in Grecia,come per esempio, il settore della gastronomia e della ristorazione italiana molto presente nella nazione greca. Angelo Saracini Candidato SEL Grecia

PORTOGALLO – Il «grande successo» di un Paese allo stremo – di Goffredo Adinolfi / In Portogallo la disoccupazione in questi mesi non ha smesso di crescere, come a crescere è il debito pubblico e il deficit ha sforato di 4-5 miliardi gli obiettivi previsti e quindi occorrerà procedere a ulteriori tagli. Insomma tutti i numeri dell’economia reale indicano una situazione in drastico peggioramento. E invece gli spread tra i tassi di interesse del debito portoghese e quello tedesco sono scesi, erano a 1560 nel gennaio 2012, sono a 430 circa in questi giorni. Ok, si è vero, gli spread sono scesi ovunque, si dice sia la strategia della Banca Centrale Europea, però si diceva anche, quando erano alti, che i «mercati» diffidavano di quei paesi considerati potenziali insolventi. Oggi il Portogallo, dal punto di vista dei fondamentali, è ancora più insolvente di prima eppure, magie delle magie, la scorsa settimana è tornato sui «mercati» ed è riuscito a piazzare ben due miliardi e mezzo del suo debito, con una domanda che ha superato di 4 volte l’offerta e un tasso di interesse intorno al 5%.
Com’è che adesso i gelidi e razionali uomini che operano sui mercati adesso hanno fiducia in un paese tanto fragile? Mah!? Un grande fremito percorre tutto il paese, si ha voglia di tornare alla normalità, a uscire il più in fretta possibile dai programmi definiti dai Memorandum concordati con la Troika, tanto oramai ci sono quelli stabiliti nel quadro dell’unione monetaria, ma questo è un altro discorso.
Se non fosse drammatico, sarebbe buffo, quasi una commedia a lieto fine. Appena una settimana fa si parlava di «rifondare lo stato», ovvero di demolire lo stato sociale, licenziare 100 mila dipendenti pubblici e di ritoccare qui e là tasse e tariffe. Sembrava addirittura che i 78 miliardi concessi a suo tempo dalla Troika non sarebbero stati sufficienti e che quindi sarebbero stati aggiunti tre miliardi.
La sensazione è che la strategia sia quella di fare del Portogallo «un caso di successo» costi quel che costi. Forse sarebbe più corretto chiamarlo accanimento terapeutico, visto lo stato comatoso dell’economia reale, ma a settembre in Germania ci saranno le elezioni e se l’epilogo del «caso» portoghese fosse «positivo» sarebbe una bel colpo per i pasdaran del monetarismo feroce.
Insomma diciamocela tutta, il Portogallo è un paese periferico, considerato da molti come un posto pittoresco: le sue trattorie a poco prezzo, le vecchiette vestite di nero e i tram che ci riportano a un lontano passato, ma chi mai andrà a controllare quanti sono quelli che non mangiano, che non hanno una casa, che molto semplicemente non hanno un futuro?
Sono molti gli indizi ci confermano l’ipotesi «successo». Sul versante non Fmi della «troika» spira un buon vento, la commissione europea si è mostrata disponibile alla richiesta fatta dal ministro delle Finanze Vitor Gaspar di concedere una dilazione dei pagamenti e, forse, una riduzione dei tassi di interesse, insomma sta valutando la possibilità di accettare una ristrutturazione del debito, ma questo non si può dire perché poi occorrerebbe anche dire che la terapia ha fallito. Per il Fondo Monetario, detentore di 1/3 del debito, si vedrà più in là, per il momento accontentiamoci.
È sbalorditivo poi come una ben oliata macchina della propaganda riesca a trasformare brutte notizie in buone. Intanto perché comunque la nuova emissione di debito ha un tasso di interesse superiore a quello preteso dalla Troika, poi perché è pur sempre debito che si somma ad altro debito e poi perché, se stiamo bene a guardare, il grande successo del governo altro non è che una remunerativa partita di giro: la Bce presta alle banche e le banche comprano il debito portoghese che, attualmente, è quello che offre i tassi più vantaggiosi (in Italia emissioni a cinque anni sono vendute intorno al 3%).
Sia come sia, per noi comuni mortali l’unico cambiamento che si intravede all’orizzonte è un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita.

SPAGNA – II 29 gennaio la Catalogna ha chiesto nove miliardi di euro per il 2013 al fondo creato dal governo centrale per aiutare le regioni in crisi finanziaria.
SPAGNA – Sentenza storica del «Tar» locale In Galizia la Chiesa cattolica pagherà l’Imu – Giuseppe Grosso MADRID /La cifra è bassa, ma è il valore simbolico è altissimo: 329 euro che segnano un precedente giuridico e che la diocesi galiziana di Ourense dovrà versare al comune di Allariz per regolarizzare il pagamento dell’Ibi (l’equivalente della nostra Imu) su quattro terreni edificabili di proprietà della curia. Così ha deciso il tribunale amministrativo respingendo il ricorso dell’arcivescovato, che aveva rispedito al mittente quattro rate della tassa municipale sui beni immobili, appellandosi all’esenzione di cui godono, secondo la legge spagnola, gli edifici appartenenti ad entità senza fini di lucro. Una categoria in cui, evidentemente, la diocesi di Ourense contava di rientrare, come peraltro accreditato in un rapporto stilato (non senza un velo di faziosità) dal ministero del Tesoro e ribaltato dalle autorità amministrative.
Il giudice ha infatti rilevato nella sentenza (inappellabile) che la Chiesa «non ha dimostrato di essere un’entità senza scopo di lucro» e ha inoltre sottolineato che i quattro terreni «non rientrano in nessuna delle tipologie contemplate dagli accordi tributari tra lo stato spagnolo e la Santa sede», i quali stabiliscono l’esenzione dall’Ibi solo per i luoghi adibiti al culto e per gli edifici annessi. Una decisione che lascia poco margine alle interpretazioni e si attiene – secondo il testo della sentenza – a norme «molto chiare», sulle quali il sindaco di Allariz farà leva per riscuotere i tributi corrispondenti ad altre 95 proprietà della Chiesa presenti nel municipio galiziano, governato da 23 anni dai nazionalisti di sinistra del Bloque nacionalista gallego.
Sarebbe letteralmente una benedizione per il piccolo paese (6.000 abitanti) della provincia di Ourense. Poca cosa, in ogni caso, rispetto ai 900 milioni all’anno – secondo il calcolo della laica e progressista Fundación Ferrer y Guardia – che la Chiesa spagnola risparmierebbe soltanto con l’esenzione dalla tassa sui beni immobili. Una cifra che, sommando tutto il ventaglio di esenzioni fiscali, i finanziamenti a centri educativi e sanitari e quelli destinati al patrimonio artistico, ascenderebbe a 10 miliardi annui, stando a quanto riporta il quotidiano di sinistra Público. Sempre secondo i calcoli della fondazione Ferrer y Guardia, la Chiesa possiederebbe nel paese iberico 100.000 proprietà che occuperebbero circa 120.000 ettari di terreno: il 70% del suolo abitabile di città come Toledo, Avila, Burgos e Santiago si estenderebbe – si stima – all’ombra del crocifisso.
Un tema, questo dei privilegi della Chiesa cattolica, su cui la sinistra spagnola ha dimostrato storicamente una certa sensibilità. Il Psoe ha più volte proposto una revisione degli accordi tributari con il Vaticano e l’ultima iniziativa a favore della trasparenza fiscale risale all’inizio del mese in corso, quando il deputato socialista Juan Moscoso ha chiesto al governo di rendere conto del costo delle esenzioni tributarie per il pubblico (e laico) erario.

GRAN BRETAGNA – SONDAGGIO Inglesi contro il rinvio del referendum sull’Ue: danneggerebbe l’economia /L’incertezza sul futuro della Gran Bretagna nell’Unione europea rischia di danneggiare l’economia del paese. A pensarlo sono gli stessi inglesi, almeno secondo quanto rivela un sondaggio svolto da ComRes per il quotidiano «The Independent» su un campione di 1.002 cittadini. Per il 49% degli intervistati sarebbero infatti troppe le incertezze per aziende e investitori che il rinvio del voto sulla permanenza di Londra nell’Ue comporta.
Un timore cui però va incontro lo scetticismo del 32% del campione, che secondo la ricerca non appare particolarmente turbato dalle perplessità espresse da laburisti, liberaldemocratici e imprese sulle ricadute per il sistema economico inglese del referendum da dentro o fuori l’Ue che Cameron ha promesso entro il 2017. Da notare è che l’orientamento rivelato dal sondaggio non cambia passando dall’uno all’altro fronte elettorale: almeno su questo punto, il 52% degli elettori conservatori la pensa come il 54% di quelli del Labour.
GRAN BRETAGNA – La scommessa di Cameron sul futuro dell’Europa Lluis Bassets, El Pais, Spagna / Il primo ministro britannico sogna un’Unione europea simile a una semplice area di libero scambio. Un progetto che va in direzione opposta agli interessi dei paesi dell’eurozona.
ALLA fine gli euroscettici britannici avranno il loro referendum. Per decidere se uscire dall’Unione europea, come vogliono i conservatori, checché ne dica il primo ministro David Cameron. Lo ha annunciato Cameron stesso in un attesissimo discorso pronunciato il 23 gennaio. Nessuno può mettere in discussione il diritto dei britannici di decidere se vogliono rimanere nell’Unione europea o meno. Prima lo faranno, meglio sarà. Più discutibile è invece l’idea che possano imporre a tutta l’Unione non solo le loro condizioni, ma anche un progetto che va in direzione opposta agli interessi degli altri paesi europei e soprattutto della zona euro. Anche se non lo ammettono apertamente, i britannici hanno un’idea molto chiara di come debba funzionare l’Ue.
L’Europa che propone Cameron è quanto di più simile ci sia a una semplice area di libero scambio, qual è stata per esempio l’EFTA, nata nel i960 come alternativa alla Comunità economica europea. Le richieste britanniche attaccano al cuore l’idea illustrata dalla celebre frase del trattato criticato da Cameron: "Un’unione sempre più stretta tra i popoli europei". Per il premier britannico l’Unione è un mero strumento, non un obiettivo. Cameron sa bene a cosa punta, anche se ancora non lo dice a chiare lettere: o l’Unione europea si trasforma in qualcosa che gli euroscettici sono disposti a tollerare o i britannici ne usciranno.
La sfacciataggine di questo ricatto è evidente. A dirlo meglio di chiunque altro è stato Boris Johnson, l’euroscettico sindaco conservatore di Londra e aspirante premier: "Abbiamo l’opportunità di ottenere un grande accordo per il Regno Unito, che ci porterà nel cuore del commercio europeo ma ci permetterà anche di pensare globalmente". È un piano ben congegnato, pensato per tutelare la principale industria britannica, cioè la piazza finanziaria della City: "Il futuro di Londra sta nel continuare a essere la capitale finanziaria e commerciale d’Europa, nell’avere un rapporto speciale con gli Stati Uniti e nel rafforzare il suo ruolo come
centro nevralgico per gli affari dei Brics e delle altre economie emergenti".
I conservatori sognano di trattare senza intermediari con il mondo globale e di usare l’Unione europea come un semplice spazio di libero commercio, il più deregolamentato possibile. È un’idea che poteva essere attraente sulla carta tempo fa, ma che oggi si scontra con un’infinità di ostacoli: il principale è la difficoltà di tutti i paesi europei, Regno Unito compreso, di esistere da soli nel mondo globale, come se fossero paesi emergenti e non vecchie potenze in declino. In questo senso Washington e Pechino criticano esplicitamente Cameron: preferiscono avere a che fare con Londra passando attraverso un’Unione europea forte. Il mondo imprenditoriale e degli affari non la pensa molto diversamente.
NUOVI EQUILIBRI
Nel discorso di Cameron, invece, un aspetto sembra aver radici solide: la scelta di rimandare il referendum fino al 2018. Non si sa ancora come sarà l’Unione europea che uscirà dalla crisi e quindi è meglio aspettare prima di prendere decisioni. Tuttavia anche questa mossa è una truffa, perché la proposta britannica va esattamente nella direzione opposta a quella intrapresa dai paesi dell’euro e sancita con la firma del patto fiscale, da cui Londra ha deciso di rimanere fuori. In ogni caso è una scommessa sul fallimento dei piani di Angela Merkel.
I cinque anni che ci separano dal 2018, con la tappa intermedia delle elezioni britanniche del 2015, concedono a tutti lo spazio per avanzare a velocità diverse, a cominciare dalla gestione delle questioni interne. Come ha già fatto Cameron, scaricando su altri le sue responsabilità per l’attuale crisi e usando il referendum sull’Europa per placare le tensioni interne al governo. Ma il futuro negoziato sull’Unione dipenderà anche da fattori esterni, perché non è detto che quando cominceranno le trattative ci saremo già lasciati alle spalle la crisi dell’euro e che potremo contare su un nuovo schema di governance monetaria, fiscale e di bilancio. La cosa più probabile è che il negoziato si giochi su più piani. Indipendentemente dai suoi propositi tattici ed elettorali, il discorso di Cameron si presta anche a una lettura geopolitica: davanti ai progressi fatti dall’Europa a guida tedesca, le proposte di Cameron possono essere interpretate come un tentativo di ristabilire un certo equilibrio nel continente,

ITALIA

ROMA – NON C’È MAI FINE A QUESTA NOSTRA INCREDIBILE STORIA. DOPO I CALCIATORI, LE SPIE, I FINTI/VERI TERRORISTI, ARRIVA L’AMERIKANO… TRANQUILLI? IN EVIDENZA… PER COME SPREMERE MEGLIO GLI ITALIANI… E PER CONTINUARE LA SHOCK ECONOMY A TUTELA DEGLI INTERESSI AMERICANI E DELLA FINANZA GLOBALE…
David Axelrod, consigliere di Obama, è arrivato in Italia a dare consigli a Monti sulla campagna elettorale. Pare gli abbia detto di essere più cattivo con gli avversari… Beh, se lo dicono gli americani… toccherà farlo. Ma come….un colto professore europeo di scuola gesuita che prende istruzioni da un cow boy Axelrod?
Strano. Perché in genere da sempre sono gli americani che fanno arrivare negli USA i professori europei per dire loro cosa fare (Kissinger, Brzezinsky, Einstein, Von Braun, ecc.) Ma qualche amerikano spunta sempre nei momenti delicati… non si capisce mai bene a fare cosa esattamente. Niente di tranquillizzante, a giudicare dai precedenti… In un altro momento delicato arrivarono a dare consigli al governo due stranissimi amerikani, Michael Ledeen e il dr Pieczenik. Diedero consigli a Cossiga e Andreotti durante i giorni del rapimento di Aldo Moro. E si è visto come è andata a finire. Ma sembra che, al di là della sceneggiata, questi consiglieri americani non servano per dare “consigli” ad astuti poteri vecchi di millenni, ma solo a mostrare a tutti che si è sostenuti dalla Casa Bianca. Non un aiuto, ma un segnale…
Noi davamo per scontato che Monti fosse appoggiato dagli stessi poteri mondialisti da cui è sostenuto Obama. Ma il segnale ovviamente non era per noi: era per quel grande elettorato dormiente che considera Obama una specie di santo. Ma anche per gli ambienti partitici, che così "si danno una regolata"… ps: pare che David Axelrod sia uno specialista nel far fare carriera a politici "BLACK"… ( Ah ecco…) , viva la democrazia..

ROMA – GOLDMAN SACHS, il sole 24 ore e la rai annunciano che la crisi è finita. Che meraviglia! In evidenza Non fatevi incantare: piangono lacrime di crisi quando in realtà, sottobanco, realizzano giganteschi profitti sulla pelle di noi tutti. Sembra una notizia inventata da Maurizio Crozza, quando parla dei sogni di Flavio Briatore "al top" e invece è la realtà.
Ascoltando la radio (Gr2-rai) nella specifica sezione relativa allo stato dell’economia, alcuni esponenti della cupola mediatica davano notizie positive, sulla ripresa già iniziata, sul fatto che bisogna andare a guardare gli aspetti positivi del mercato perché la ripresa è già iniziata e finalmente si vede la luce in fondo al tunnel e tornano i profitti e la voglia di imprendere. Non solo. Oltre alla ripresa dell’economia c’è anche il rilancio dello sviluppo e dell’occupazione. Ma che bella notizia, mi sono detto. Alla richiesta di un esempio specifico che potesse illuminarci sulla via di pensieri positivi, il cronista ha risposto citando almeno cinque aziende che a Milano stanno assumendo a pieno ritmo, con pimpante allegria dei lavoratori.
E’ VERO.
Andando a controllare, però, si dà il caso che tali aziende risultino essere delle società finanziarie che appartengono alla multinazionale Goldman Sachs perché –è sempre il nostro baldo cronista rai a spiegarcelo- "come spiegava stamattina il collega Corrado Poggi su Il Sole 24 ore, sono stati resi noti i conti di Goldman Sachs e il risultato per il 2012 è stato davvero sorprendente, superiore a ogni migliore attesa: ben 53% superiore alle attese per un utile al netto delle tasse di quasi 10 miliardi di euro. Basti pensare che le azioni al 31 dicembre del 2011 valevano 1,84 $ e al 31 dicembre 2012, invece, toccavano i 5,60 $. Stanno assumendo e a Milano e in diversi centri della Lombardia apriranno nei prossimi sei mesi ben dieci nuovi uffici. E’ un segno dell’ottimismo che si sta diffondendo sui mercati". Ma che meraviglia!
GRAZIE A QUESTE NOTIZIE, LE BORSE DI TUTTO IL MONDO VANNO IN NEGATIVO.
Il cronista rai deve essere rimasto sorpreso, ma non pensiamo si sia interrogato sul perché il suo personale ottimismo non sia stato condiviso dai cosiddetti "mercati". Da Tokyo a Londra, da Francoforte a Parigi, via Milano, la borsa capisce che la ripresa è molto lontana, e che a dettar legge sono sempre e soltanto loro: i colossi della finanza in guerra contro l’economia che produce merci, lavoro, occupazione, espansione.
Soltanto in Italia, Goldman Sachs (avvalendosi della trasversale consulenza di Corrado Passera, Mario Monti, Romano Prodi, Giuliano Amato ed Enrico Letta) ha realizzato nel 2012 un profitto netto di 2,2 miliardi di euro.
Tradotto vuol dire che per loro non c’è crisi, anzi. Va tutto benissimo e bisogna impedire a tutti i costi che si verifichi il benché minimo cambiamento.
Certo, ciò che la Rai non spiega (e neppure il Sole 24 ore) è che il prezzo da pagare per tali profitti corre su un binario parallelo; su una rotaia la finanza gongola, sull’altra rotaia l’economia che produce merci e servizi crolla.
QUESTA È LA VERA CAMPAGNA ELETTORALE. IL RESTO SONO CHIACCHIERE.
Vista la proliferazione di simboli, gagliardetti e curiosi nomi delle liste civiche, ci aggiungiamo anche "distintivo" perché viene naturale la citazione dal film di Brian de Palma "Gli intoccabili" dove Al Capone urla a squarciagola all’ufficiale del FBI "sei solo chiacchiere e distintivo". (ve lo ricordate? Erano Robert De Niro e Kevin Kostner).
E’ CIÒ CHE SONO LE NOSTRE MUMMIE. FINGONO UN AGONE CHE NON ESISTE, UN’OPPOSIZIONE FALSA, UN ANTAGONISMO INESISTENTE.
Berlusconi, Bersani, Monti, Casini, Fini sono "obbligati" a garantire ai colossi della finanza che, in un qualche modo, saranno in grado di fare un governo che seguiterà a produrre tali profitti.
VOLETE CAPIRE LA VERA POSTA IN GIOCO IN QUESTA CAMPAGNA ELETTORALE?
Andate a leggere i dati sulla finanza operativa in Italia, e chi li garantisce nel nostro paese, e capirete come stanno le cose, conti alla mano.
Intervistato alla tivvù nipponica, ieri il presidente di Goldman Sachs ha dichiarato "il 2012 è stato l’anno migliore dal 1980, le cose si stanno mettendo davvero molto bene e siamo grandiosamente ottimisti per il 2013". La borsa di Tokyo ha reagito con una flessione pari al -2,56%. Tradotto in linguaggio accessibile vuol dire che hanno in cantiere la prosecuzione di un rigore e di una austerità ancora più perfida e non hanno nessuna intenzione di fare nulla e hanno già un piano predisposto per far contrarre ancora di più l’economia; chi è quotato in borsa (come azienda che produce merci) lo sa, lo capisce e quindi tutti vendono e le borse vanno giù.
SONO CHIACCHIERE E DISTINTIVO, TUTTO QUI.
Siamo ormai arrivati al trionfo del paradosso: ci spiegano alla radio di stato che la crisi non esiste e che va tutto bene.
PENSATECI E RIFLETTETE.
Non fatevi ingannare dalla facile demagogia elettorale: non mandate in parlamento i bastardi che rappresentano i giochi della finanza: vi svuoteranno le tasche. A sinistra ci penserà il PD, a destra il PDL e al centro l’Udc & co. Questa è la ragione per la quale Berlusconi sta facendo campagna per invitare a votare o lui o Bersani. E’ uguale.
ECCO, QUI DI SEGUITO, IL LANCIO SUL SITO ONLINE DE IL SOLE 24 ORE RIPRESO DALLA RAI
GOLDMAN SACHS: utili iv trim a 2,89 mld, ricavi a 9,24 mld (rco)
Risultati migliori delle attese (Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 16 gen – Goldman Sachs ha riportato per il quarto trimestre del 2012 un utile netto pari a 2,89 miliardi di dollari, o 5,60 dollari ad azione contro 1,84 un anno fa, a fronte di un giro d’affari salito del 53% a 9,24 miliardi. I profitti per l’intero anno sono invece piu’ che raddoppiati a quota 7,3 miliardi. I risultati sono migliori delle attese degli analisti. Nel trimestre il giro d’affari delle attività di investimenti banking e’ cresciuto del 64% mentre il totale degli asset sotto gestione e’ salito a quota 939 miliardi alla data del 31 dicembre. Il capitale Tier 1 e’ invece salito alla fine del trimestre a quota 16,7%, ben oltre i requisiti di Basilea Le spese operative invece nel trimestre si sono attestate a quota 4,92 miliardi, mentre il numero dei dipendenti era di 32,400 unità a fine anno ma nel 2013 sono previste nuove assunzioni. Corrado Poggi per Il Sole 24 Ore c.poggi@ilsole24ore.com
SIENA – Montepaschi: a cosa serve veramente questo scandalo In evidenza – Montepaschi Sì, é una storia di grandi ladri, ma qualcuno ha lasciato e voluto che rubassero. Questa frase vale per il Monte dei Paschi di Siena, così come vale per la politica.
Negli ultimi venti anni volutamente i grandi poteri oscuri hanno fatto diventare la politica un immondezzaio, con ladri, sessuomani, ignoranti, gente priva di morale, bande di rapinatori. Capaci di rovinare lo Stato e la stessa politica. Per fare in modo che noi ci disgustassimo e ci impaurissimo, ed infine affibbiarci qualche Messia tecnocrate che ci avrebbe traghettato alla "ineluttabile" perdita di sovranitá e al superstato europeo. Il superstato massonico-gesuita, anticamera dell’orwelliano Stato Mondiale.
Tutto questo per impedire che l’onda di risveglio delle coscienze libere si impossessasse nei prossimi anni dei livelli politici ed economici, a partire da quelli locali, orizzontali.
Quindi due le cose da rovinare: la politica in sé e tutto quello che era organizzazione ai livelli locali, politica ed economica.
Colpire anche i livelli e le autonomie locali sia politiche che economiche serve ai poteri centralisti per facilitare la verticalizzazione ed impedire che si formino sacche di potere politico, economico e sociale occupate da coscienze che si organizzano al di fuori del loro controllo.
IL CASO MPS RIENTRA PERFETTAMENTE IN QUESTA LOGICA.
La banca rappresentava da sempre il bastione principale di un potere nazionale basato su una forte concentrazione di potere locale toscano. Nelle mani di un intreccio di massoneria e sinistra politica. Il classico potere locale che non ha interesse alla verticalizzazione, e che con la sua stessa esistenza e funzionalità la ostacola.
MONTEPASCHI 2
E allora, proprio mentre si rovinava la politica con la ridicola e tragica berlusconeide e annessi, si faceva in modo che qualche lestofante mandasse a rotoli questa banca. E i poteri di controllo? Ministeri, Banca d’Italia, ecc? Hanno ben controllato che questo accadesse.
Certamente da questo scandalo alcune conseguenze: l’azzeramento del potere locale precedente, e l’aumento di importanza della finanza internazionale nella proprietà.
E POI UNA CONSEGUENZA DI CARATTERE PIÙ GENERALE.
Tremonti ha detto – “ non sappiamo quanto consapevolmente – che questa vicenda è simile per importanza allo scandalo della Banca Romana”.
Alla fine del diciannovesimo secolo, uno scandalo travolse la principale banca italiana, la Banca Romana, per una grande ruberia in favore della politica. Dopo enormi clamori, processi e qualche strano suicidio, tutto venne messo a tacere. Ma il risultato (e quindi la causa) di tanto scandalo quale fu? La perdita di potere politico enorme della massoneria anti-vaticana risorgimentale e la grande ripresa di potere del papato sulla politica italiana. E poi la creazione di un istituto centrale che "mettesse sotto" tutti gli altri con il pretesto di "mettere ordine": la Banca d’Italia.
Ora dallo scandalo MPS qualcosa di molto simile: la perdita di potere economico-politico locale e la spinta a dare più potere alla BCE di Draghi, visto che la Banca d’Italia "non è capace" di controllare…
SI CREA IL PROBLEMA E POI ANCHE LA SOLUZIONE, ED IL GIOCO È FATTO!
A questo proposito è illuminante l’intervento di Monti a Radio Anch’io
in cui dice «Non sono qui per attaccare Bersani, ma il fenomeno storico della commistione fra banca e politica che va ulteriormente sradicato».
A pensarci, come è possibile che Monti (Goldman Sachs) attacchi la commistione tra banche e politica. Dovrebbe attaccarsi da solo! E’ quindi chiaro che Monti fa riferimento a "certe" banche, e a "certa" politica…
Si scatenano i ladri per devastare la casa, e poi si mandano i gendarmi che se la prendono, per "mantenere l’ordine".
Giorni fa avevamo scritto che qualcuno stava suonando a tutta forza la tastiera degli scandali per condizionare il nostro voto. Per quanto riguarda questo particolare scandalo, serve all’europeista Monti ad attaccare il PD, del quale il MPS era una costola…
ERA…
MONTEPASCHI3 . Ma c’è un altro interesse del Vaticano nella vicenda MPS. Fino ad ora il Monte è stato uno dei grandi bastioni del potere regionale toscano. Che ha espresso – con tutte le limitazioni della intrinseca massonicità di questo potere . una sorta di ministato italiano con orientamenti maggiormente libertari, con organizzazione sociale e culturale più avanzata, con apertura mentale maggiore e minore influenza della Chiesa.
ECCO, CON LO SCANDALO MPS QUESTA STAGIONE DI ILLUMINATA INDIPENDENZA TOSCANA POTREBBE ESSERE ARRIVATA ALLA FINE.
Tutto ci indica sempre di più che di fronte a questi sviluppi non possiamo contare sul mondo del potere, vecchio o nuovo che sia. Le manovre in corso tendono a bloccare la capacità delle coscienze libere di prendere influenza nella società attraverso le istituzioni.
Noi continuiamo a lavorare per il bene nei luoghi dove siamo, intorno a noi… come se lo Stato e le sue strutture non ci fossero. Noi lavoriamo per il risveglio della consapevolezza e per l’ uso di genuine forze d’amore per il miglioramento delle situazioni intorno a noi. Lavoriamo per un mondo buono, parallelo a quello del potere, basato sulle nostre interiorità.. Lì non entreranno. ( da " Coscienza in rete)
nota red.. VI RICORDATE di Calvi, la P2, la destra, l’arrivo dei rottamatori, ecc..

SIENA – Dizionario MPS . La banca veneta dalle origini all’inchiesta 1996 – La prima fusione

BANCA ANTONVENETA nasce dalla fusione nel 1996 di due istituti cooperativi con sede a Padova: Banca Antoniana e Popolare Veneta. Poi si è unita la Banca nazionale dell’Agricoltura

DERIVATO – Un prodotto derivato è uno strumento finanziario il cui prezzo deriva dal valore che un altro bene, detto sottostante (attività finanziarie 0 merci), ha sul mercato. I derivati sono di diversi tipi. Mps ha realizzato con Nomura un derivato, chiamato «Alexandria», per ristrutturare un altro derivato della Dresdner Bank. Perdite stimate per 220 milioni

FRESH – Fresh sta per Floating rate equity-linked subordinated hybrid preferred securities. E un tipo di prestito obbligazionario (bond) con caratteristiche precise. Mps ha sottoscritto nel 2008 con JpMorgan un Fresh da un miliardo per finanziare l’acquisizione di Antonveneta. Tra le caratteristiche la possibilità di convertirlo in azioni Mps

COLLAR – Il COLLAR è uno strumento finanziario derivato: i due soggetti si accordano in modo che il tasso d’interesse variabile di un’operazione non scenda al di sotto di un livello minimo (floor) e non salga al di sopra di un livello massimo (cap), garantendosi entrambi dalle oscillazioni eccessive dei tassi d’interesse di mercato. Il derivato «Santorini» di Mps è un COLLAR

HEDGEFUND – Gli HEDGE FUND sono fondi comuni di investimento che effettuano investimenti a carattere speculativo e ad alto rendimento. È il modello che sembrava seguisse l’area finanza di Mps negli investimenti, in particolare nella gestione del portafoglio di titoli di Stato. Mps è arrivata a detenerne fino a 28 miliardi, 21,6 dei quali dello Stato italiano

TREMONTI-MONTI BOND – I Tremonti bond sono obbligazioni emesse nel 2009 dalle banche quotate e sottoscritte dal Tesoro per sostenere la loro capitalizzazione. Furono emessi da Bpm, Banco popolare, Mps e Creval. I Monti bond (3,9 miliardi) sono obbligazioni analoghe che saranno emesse dal governo in carica per il solo Mps: con circa la metà riscatterà i tremonti bond e con l’altra metà aumenterà il capitale.

PRONTI CONTRO TERMINE – Sono contratti nei quali un venditore cede titoli a un acquirente e si impegna a riacquistarli dallo stesso acquirente a un prezzo (in genere più alto) e a una data (termine) predeterminati. L’operazione è un prestito di denaro da parte dell’acquirente e di titoli da parte del venditore. Il sottostante di «Alexandria» era una posizione pronti contro termine a 30 anni in Btp

CEDOLA – Il termine è sinonimo di dividendo, cioè la quota di partecipazione agli utili realizzati e distribuiti annualmente da una società come remunerazione del capitale investito. Il Montepaschi quest’anno non distribuirà il dividendo al suo principale azionista, la FONDAZIONE.

SIENA – Uno scandalo a Siena / come ci vedono gli altri / Financial Times, Regno Unito / In Italia è scoppiato uno scandalo bancario nel mezzo della campagna elettorale. Il Monte dei Paschi di Siena (Mps), terzo gruppo bancario del paese, ha avuto dallo stato un prestito di 3,9 miliardi di euro per far fronte alle sue difficoltà patrimoniali. Il salvataggio della banca era stato annunciato a giugno, ma la notizia che una parte del prestito sarà destinata a coprire le potenziali perdite causate da contratti rischiosi (i cosiddetti derivati) ha scatenato un’ondata di indignazione e feroci scambi di accuse tra i politici. L’esatta storia di questi derivati -che potrebbe costare alla banca fino a 700 milioni di euro – non è ancora chiara. Da quanto si sa, Monte dei Paschi li ha sottoscritti per coprire le perdite causate da altri investimenti andati male. I dirigenti che li hanno negoziati – la maggior parte dei quali ha lasciato la banca – sono sospettati di aver nascosto le informazioni ricevute dalle autorità di regolamentazione e dai revisori contabili. È un reato penale, e se i sospetti fossero confermati i dirigenti rischiano delle condanne severe. Ma ci sono domande a cui anche le autorità di controllo devono rispondere.
I DIRITTI DEI CONTRIBUENTI .La Banca d’Italia era al corrente dell’esistenza di due di questi derivati almeno dal 2010, e dovrà fornire un resoconto delle azioni compiute dopo aver scoperto queste transazioni sospette. Neppure il resto del sistema bancario italiano è immune da critiche.
Il Monte dei Paschi è stato messo in ginocchio da una strategia manageriale troppo aggressiva, impostata dall’allora presidente Giuseppe Mussari. Nel 2007 Mussari ha acquistato a un prezzo eccessivo l’Antonveneta, un altro istituto di credito italiano, lasciando Monte dei Paschi troppo esposto all’imminente crisi finanziaria. Incredibilmente, quando Mussari ha lasciato la banca senese, nel 2012, i suoi colleghi non gli hanno chiesto di dimettersi dalla presidenza dell’Associazione bancaria italiana, e lo hanno rieletto. Lo scandalo ripropone la questione del controllo politico sulle banche. Il Monte dei Paschi è controllato da una fondazione, una struttura diretta da esponenti locali molto influenti, i quali usano i dividendi per finanziare attività che interessano la comunità. Queste regole bizantine – adottate anche da altre banche italiane – spingono la dirigenza a privilegiare gli interessi dei politici invece di quelli della banca. Il prossimo governo dovrà fare qualcosa per spezzare questo intreccio. Per quanto riguarda il Monte dei Paschi, la scelta del governo di concedere un prestito alla banca ha scatenato molte polemiche. L’istituto di credito toscano avrebbe dovuto raccogliere nuovi capitali sul mercato, cosa che di fatto avrebbe tolto alla fondazione il controllo sulla banca. Se la nuova direzione non sarà in grado di restituire il prestito, lo stato potrà chiedere in cambio una partecipazione azionaria. È meglio che le banche siano gestite dal settore privato, ma se sono i contribuenti a pagare il conto è giusto che possano dire la loro su come la banca è gestita.

DA SAPERE

Il rapporto politici/consiglieri in alcune fondazioni bancarie italiane.

Fondazioni………Rapporto politici/consiglieri
Cassamarca……………………….6 su 12
Caribo ………………………………3 su 12
Carige ………………………………1 su I0
Cariparma………………………….1 su 5
Carito………………………………5 su 11
Cariplo ………………………………5 su 9
Banco di Sicilia…………1 su 8
Monte dei Paschi………14 su 24

AMERICHE.
CUBA – Dall’Avana Yoani Sànchez Raul Castro e la Celac / Il presidente cubano è andato qualche giorno in Cile per il vertice della Comunità degli stati latinoamericani e caraibici (Celac) con l’Unione europea. Da quando è diventato presidente nel 2008, le sue poche visite all’estero hanno scatenato polemiche. Questa volta c’è stato chi l’ha acclamato e chi ha chiesto di processarlo. Eppure, il fratello minore del comandante in capo ha ottenuto la presidenza pro tempore di quest’organismo regionale. Molti credono che la Celac perderà il suo prestigio, perché ha scelto come guida un presidente che non è stato eletto democraticamente. Ma quest’incarico obbligherà Raùl a mostrare più rispetto per i diritti umani. Quella che sembra una vittoria politica del raulismo potrebbe trasformarsi in un elemento di pressione sul suo governo. La recente apertura di Castro sull’economia e sulla possibilità di uscire dal paese sarà valutata con più severità ora che Cuba è alla guida del blocco latinoamericano e caraibico. E la decisione del governo cubano di non ratificare il Patto sui diritti civili, politici ed economici non sarà più accettabile. Tutti gli occhi del continente saranno puntati sul nostro paese. Nessun onore è privo di responsabilità. Forse negli ultimi cinque anni di mandato Raùl Castro si comporterà da riformista, come molti ritengono che sia. Adesso che la presenza del fratello Fidel sta svanendo e quella di Hugo Chàvez sta perdendo terreno, Raùl dovrà camminare per la prima volta sulle sue gambe.
CUBA – L’AVANA -USA La nuova legge migratoria Raul Castro, colpo basso all’Adjustment Act
di Roberto Livi / La nuova legge migratoria cubana mette in crisi i rappresentanti repubblicani degli anticastristi negli Stati uniti. L’apertura decisa dal presidente Raul Castro potrebbe infatti dare un colpo mortale al Cuban Adjustment Act, la legge americana che concede la residenza a tutti i cubani che mettano piede negli Usa, considerandoli di fatto esuli dall’inferno comunista. Solo che negli ultimi anni la stragrande maggioranza delle centinaia di migliaia di cubani che hanno lasciato l’isola per trasferirsi nel poderoso vicino del Nord, lo hanno fatto per ragioni economiche e non politiche. Per questo mantengono stretti legami con la madrepatria, sono contrari al cinquantennale embargo Usa e viaggiano con regolarità (alcuni più volte l’anno) a Cuba per visitare i parenti o per turismo. Così, ogni anno, circa mezzo milione di «esiliati» cubano-americani sbarcano all’aeroporto dell’Avana, molti dei quali con i voli quotidiani da Miami.
Il primo a rendersi conto di questa contraddizione, ovvero di «esiliati» e «perseguitati» che vanno regolarmente in vacanza nel supposto gulag (e soprattutto ne escono indenni), fu l’ex presidente George W. Bush che, violando il suo sbandierato liberismo, decise di limitare i viaggi dei cubano-americani nell’isola e di ridurre le quantità di denaro che essi potevano inviare ai loro parenti a Cuba. Barak Obama fece la sua prima campagna elettorale in Florida promettendo di eliminare queste restrizioni e mantenne la sua promessa. Con il risultato che lo scorso novembre ha vinto anche nella tana degli anticastristi, storicamente legati ai repubblicani.
La nuova legge migratoria cubana, in vigore il 14 , mette in ulteriore crisi la destra repubblicana: adesso infatti è possibile avere (o mantenere) la residenza negli States senza dover rinunciare a quella cubana. La legge migratoria Usa esige di permanere in territorio nazionale un anno e un giorno per avere la residenza, mentre la riforma migratoria cubana permette ai suoi cittadini di permanere all’estero due anni. Così, i nuovi emigrati cubani avranno tempo di ottenere (dopo un anno dall’arrivo negli States secondo il Cuban Adjustmente Act) la green card senza dover rinunciare alla residenza cubana. E soprattutto potranno vivere parte dell’anno a Cuba e parte negli Usa, con buona pace della destra repubblicana che continua a considerarli esiliati o perseguitati.
Tale prospettiva rende furiosi i super falchi cubano-americani repubblicani. I quali non esitano a dare degli ipocriti agli elettori che essi rappresentano (sono infatti eletti in Florida). Ileana Ros-Lehtinen, presidente del Comitato affari esteri della Camera, ha affermato che ora è necessaria una nuova legge per proibire agli immigranti cubani che entrano negli Usa approfittando del Cuban Adjustment Act di ritornare a Cuba per turismo: «Non possono sostenere che a Cuba sarebbero perseguiti per ragioni politiche e poi andarsene in vacanza nell’isola». Il senatore Marco Rubio ha messo in chiaro che «se qualcuno viene in questo paese come esiliato e poi viaggia a Cuba 10 o 12 volte l’anno, allora per noi è difficile tornare a Washington e giustificare lo status speciale concesso ai cubani (unici ad avere la green card assicurata dopo un anno,ndr)… E questo mette in pericolo il Cuban Adjustmente Act». In realtà gli ipocriti solo loro che, per fini politici continuano a considerare qualsiasi emigrante cubano come perseguitato, nonostante che l’anno scorso dei circa 30.000 cubani trasferitisi negli Usa solo 2.954 sono stati ammessi come esiliati o rifugiati.
In sostanza questi leader storici dell’anticastrismo Usa sembrano voler ritornare ai tempi di Bush (junior) e impedire per legge che i cubano-americani possano ritornare a Cuba per turismo. O, più radicalmente, mettere fine ai privilegi di cui godono i cubani che mettono piede negli Usa. In pratica che bisogna chiudere le porte degli Stati uniti per «impedire una valanga di nuovi immigrati cubani». Ed è proprio quello che -secondo il corrispondente a Cuba della Bbc, Fernando Ravsberg – si sostiene a Miami nella sede della Brigata militare 2506, quella che nel 1961 tentò, invano, di invadere Cuba, ovvero che non bisogna più concedere la residenza ai cubani che la chiedono perché questo implicherebbe «una valanga sociale, politica e economica perturbatrice e incontrollabile». Insomma, quelli che accusavano i Castro di tener prigionieri i propri concittadini, «ora sono i critici più duri delle aperture del governo cubano. E coloro che esigevano dall’Avana la libertà di viaggiare, ora chiedono a Washington di chiudere le porte» del Paese.
La crisi evidente del Cuban Adjustment Act , corollario politico dell’embargo Usa, potrebbe fornire a Obama l’occasione per rispondere alle aperture del governo cubano con nuove misure che mettano in discussione il blocco che da cinquant’anni, e senza nessun risultato, gli Stati uniti impongono a Cuba.

USA – Verso la riforma / Il 29 gennaio il presidente degli Stati Uniti Barack Obama (nella foto) ha detto che è il momento di riformare il sistema dell’immigrazione statunitense, definendolo "marcio e datato". Il giorno prima otto senatori, quattro repubblicani e quattro democratici, avevano presentato un progetto di riforma che permetterebbe a 11 milioni di immigrati irregolari di ottenere la cittadinanza. Dopo la sconfitte alle presidenziali i repubblicani hanno capito che l’ostilità verso gli ispanici – che hanno votato al 70 per cento per Obama – è perdente, scrive il Los Angeles Times. Ma la strada verso la riforma è in salita, osserva Time.

STATI UNITI – Donne combattenti / Il 24 gennaio il segretario alla di¬fesa Leon Panetta ha deciso di revocare la norma del 1994 che impedisce alle donne di parteci¬pare a operazioni di combatti-mento, scrive il Washington Post. Da anni le donne faceva¬no pressione per poter essere schierate in prima linea. Ora po¬tranno aspirare a migliaia di nuovi incarichi: 237mila secon¬do la Bbc. La svolta, definita "storica" dal presidente Obama, avverrà entro il 2016.
STATI UNITI – II 24 gennaio il presidente Barack Obama ha nominato la procuratrice federale Mary Jo White a capo della Sec, l’organismo di controllo delle operazioni di borsa.
STATI UNITI – Obama rinuncia a chiudere Guantanamo / L’amministrazione Obama non chiuderà Guantanamo, il carcere Usa nella base militare, nell’est di Cuba. Il Dipartimento di Stato ha deciso di assegnare ad altro incarico Daniel Fried, l’alto funzionario a cui aveva attribuito il compito di studiare tempi e modalità per mettere in atto la promessa fatta dal presidente nordamericano Barack Obama all’indomani del suo primo insediamento. L’ufficio di Fried è stato chiuso e le sue mansioni sono state assorbite dall’ufficio legale del Dipartimento di Stato. La decisione lascia presumere che Obama non consideri più una priorità realisticamente realizzabile la chiusura della prigione, fiore all’occhiello della «guerra al terrorismo» di George W. Bush. L’incarico a Fried era stato affidato all’inizio del 2009 dopo la promessa di Obama di chiudere Guantanamo entro l’anno. Guantanamo funziona in una base militare Usa in territorio cubano, annesso da Washington e fu destinata ad accogliere sospetti di terrorismo nel 2002. Oggi conta tra i 160 e i 170 prigionieri, sottoposti a privazioni e torture

MESSICO – Uccisi i 12 musicisti di Kombo Kolombia / Fra i corpi delle 12 persone uccise in Messico, ritrovati in un pozzo nella città di Mina (nello stato settentrionale di Nuevo Leon), vi sono anche 4 esponenti della band musicale Kombo Kolombia, scomparsa la scorsa settimana nella zona. La band, che suonava musica colombiana nota come "vallenato", è stata sequestrata da uomini armati venerdì scorso. Uno degli ostaggi è riuscito a fuggire e ha indicato alla polizia il luogo del massacro. Sui corpi dei quattro musicisti, ferite da arma da fuoco e segni di tortura. Gli altri cadaveri non hanno ancora un nome, ma un portavoce del governo di Nuevo Leon – uno degli Stati che presenta un tasso di omicidi ed estorsioni fra i più elevati del Messico – ha detto che potrebbero essere quelli degli altri componenti e collaboratori del gruppo musicale.

VENEZUELA – Cinquantotto persone sono morte tra il 25 e il 27 gennaio in una rivolta nella prigione di Uribana, nel nordovest del paese. Le violenze sono scoppiate durante un’ispezione della polizia.

BRASILE – Fiamme in discoteca / Il 27 gennaio un incendio nella discoteca Kiss a Santa Maria, una città universitaria nella regione di Rio Grande do Sul, ha provocato 235 morti e più di cento feriti. Nel locale era in corso una festa organizzata da un gruppo di studenti. La band Gurizada Fandangueira è salita sul palco accendendo dei bengala. Le fiamme si sono propagate in poco tempo. La polizia ha arrestato quattro persone e sta indagando sul funzionamento delle uscite di sicurezza. Sembra che solo una fosse agibile. Il Brasile ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale.

ARGENTINA – Accordo con l’Iran / "Il 26 gennaio i governi dell’Argentina e dell’Iran hanno firmato in Etiopia un accordo per creare una commissione indipendente che indaghi sull’attentato del 1994 contro l’Associazione di assistenza israeliana a Buenos Aires, dove morirono 85 persone". Secondo la presidente argentina Cristina Fernàndez è un’intesa "storica". Invece Israele ha condannato la decisione di Buenos Aires di condividere l’indagine con l’Iran. Un portavoce ha detto: è come invitare l’assassino a collaborare con le sue vittime.

ASIA E PACIFICO.

CINA-GIAPPONE . Il potere dell’economia / Il 29 gennaio il primo ministro giapponese Shinzò Abe si è det-to pronto a incontrare i leader cinesi per cercare di migliorare i rapporti economici con Pechino danneggiati dalle tensioni degli ultimi mesi, scrive l’Asahi Shimbun. Tuttavia, ha aggiun-to Abe, la sovranità sulle isole Senkaku (Diaoyuper i cinesi), al centro della disputa tra Cina e Giappone, è fuori discussione. Una settimana prima dell’an-nuncio di Abe, il capo del Partito comunista cinese, Xi Jinping, in un incontro con un inviato di Tokyo a Pechino, non aveva escluso un summit per sviluppare i rapporti bilaterali con il Giappone.

COREA DEL SUD – Fabbrica letale / Sei anni dopo il primo caso di leucemia tra i lavoratori di una fabbrica di semiconduttori della Samsung, l’azienda ha proposto ai familiari delle vittime di avviare un dialogo. Nel 2007 la morte di Hwang Yumi, 22 anni, gettò luce sui rischi per la salute del lavoro nelle fabbriche della Samsung. Da allora il numero dei morti per leucemia è salito a sessanta e altri 160 operai hanno denunciato l’insorgenza di tumori al cervello, al petto, alla cervice e alla pelle. Banollim, il gruppo che difende i diritti degli operai del settore, ha accettato la proposta della Samsung, che finora aveva negato ogni responsabilità nella morte dei suoi operai, e che spera così di far ritirare le denunce nei suoi confronti, scrive Hankyoreh.

BIRMANIA – Il premio dei creditori / "Come riconoscimento degli sforzi fatti dal governo in termi-ni di riforme economiche, la Birmania ha ottenuto una ridu-zione pari al 60 per cento del suo debito con i creditori stranieri", scrive Straits Times. Il Club di Parigi, un gruppo infor-male di organizzazioni finanziarie dei 19 paesi più ricchi del mondo, ha deciso di cancellare 6 miliardi di dollari di debiti dovuti dalla Birmania. Separatamente il Giappone e la Norvegia hanno cancellato debiti per 534 milioni di dollari e 3 miliardi di dollari.

BANGLADESH – Nuovo incendio in fabbrica tessile / Almeno 7 operai sono morti e altri quindici sono rimasti feriti nella fabbrica tessile Smart, a Dacca, capitale del Bangladesh, a causa di un incendio. Due mesi fa, in un incidente analogo sono morte 110 persone. Negli ultimi anni, oltre 700 lavoratori tessili hanno perso la vita in circostanze simili: a causa del super sfruttamento, più acuto nelle imprese di subappalto che agiscono senza regole. La Dacca, in cui lavoravano 300 persone, fabbricava marche europee, ma non aveva i permessi. Grazie alla manodopera a basso costo, il Bangladesh è diventato il secondo esportatore mondiale di abiti, con oltre 19 miliardi di

INDIA – Il prìncipe ereditario / Il 20 gennaio Rahul Gandhi, figlio di Sonia e Rajiv Gandhi, è stato nominato vicepresidente del partito del Congresso. La nomina è di fatto un’investitura in vista delle elezioni presidenziali che si terranno nel 2014, dove quasi sicuramente Rahul Gandhi sarà il candidato del suo partito. "Il suo discorso un po’ filosofico, semipolitico, a tratti emozionante, e soprattutto vago è stato uno dei suoi migliori finora", scrive Outlook, che dedica la copertina ai due probabili sfidanti alle elezioni del 2014, Rahul Gandhi e Narendra Modi, chiefminister del Gujarat ed esponente del Bharatiya j anata party, il principale partito all’opposizione. "Il Congresso spera che con Rahul rimanga vivo il carisma della dinastia a cui appartiene. Ma oltre alle emozioni che ha suscitato con il suo discorso e al suo cognome, Gandhi avrà la capacità necessaria a risollevare le sorti del partito, oggi in difficoltà?". I dubbi sull’erede della famiglia Gandhi-Nerhu sono tanti. "La sua nomina è stata accolta con festeggiamenti ma Rahul non ha carisma e difficilmente otterrà dei risultati", commenta il chief minister dell’Urtar Pradesh, lo stato dove Rahul Gandhi è stato eletto.
INDIA-PAKISTAN I – governi dei due paesi hanno annunciato il 28 gennaio la ripresa del commercio e dei trasporti transfrontalieri nella regione contesa del Kashmir.

THAILANDIA – II 23 gennaio un giornalista vicino alle camicie rosse, Somyot Prueaksakasem- suk, è stato condannato a undici anni di prigione per lesa maestà. Aveva criticato il re Bhumibol Adulyadej in due articoli.

SINGAPORE – EVOLUZIONE POLITICA / Alle elezioni suppletive del 27 gennaio c’era in palo il solo seggio per la circoscrizione di Punggol East, ma la sconfitta del Partito d’azione popolare (Pap) – al potere a Singapore ininterrottamente dal 1959 – è la sua seconda battuta d’arresto dal 2011. In parlamento il Pap ha 80 seggi su 87. La vittoria elettorale del Partito dei lavoratori, che porta così a sette il numero dei partiti rappresentati in parlamento, è stata attribuita alla scelta del Pap di presentare un candidato senza legami con il territorio. Sul voto ha pesato anche il malcontento dei cittadini per l’aumento dei prezzi delle case e dei trasporti, e per l’afflusso sempre maggiore di lavoratori stranieri nella città-stato, dove il numero delle nascite è in calo. A niente sono serviti gli incentivi alle famiglie annunciati dal governo di Lee Hsien Loong (nella foto) .Ma, scrive Asia Times, nonostante la vittoria dell’opposizione, non è chiaro se Singapore stia evolvendo verso un reale sistema bipartitico.

AUSTRALIA – II 30 gennaio la premier laburista Julia Gillard (nella foto) ha annunciato che le elezioni legislative si svolgeranno il 14 settembre.

MEDIO ORIENTE & AFRICA

ISRAELE/ GERUSALEMME – Esplode il caso del Depo Provera, iniettato alle donne FALASHA a loro insaputa L’anticoncezionale razzista di – Michele Giorgio GERUSALEMME «Non siamo in grado di dire quanto le donne (ebree) etiopi fossero consapevoli degli effetti del Depo Provera ma per noi la lettera diffusa dal ministero della salute, volta a fermare la somministrazione di quel farmaco, è un importante riconoscimento di ciò che è accaduto». Misura le parole Marc Grey, portavoce dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele (Acri), rispondendo al manifesto. La vicenda è delicata ma è finalmente venuta alla luce. Anzi è riemersa perché in passato si era già parlato del drastico calo del tasso di natalità tra le falasha, le donne ebree giunte dall’Etiopia, a molte delle quali per anni è stato iniettato, forse a loro insaputa, il Depo Provera, un anticoncezionale molto efficace ma con gravi effetti collaterali, a cominciare dall’osteoporosi.
La vicenda è pubblica grazie all’impegno di Acri, grazie ad un’inchiesta del giornalista Gal Gabbay conduttore del programma televisivo Vacuum e soprattutto alla denuncia fatta già nel 2008 da Rachel Mangoli, responsabile a Bnei Braq (Tel Aviv), di un asilo per bambini falasha, che negli ultimi tre anni ha registrato solo un nuovo arrivo. Mangoli non si è arresa di fronte alle reticenze del sistema sanitario e assieme all’associazione «Woman to Woman» di Haifa ha portato sino in fondo la sua battaglia. Mangoli chiese spiegazioni all’ambulatorio di Bnei Braq che assiste 55 famiglie etiopiche e scoprì che i suoi responsabili avevano avuto istruzioni di somministrare iniezioni di Depo Provera alle falasha in età fertile. Per quale motivo? Nessuno lo dice ma a mezza bocca tutti parlano di «razzismo» nei confronti degli ebrei neri. «Si tratta di ridurre la natalità in un gruppo che è nero e per lo più povero», ha commentato Hedva Eyal, che ha condotto le indagini per conto di «Womam to Woman». Un giudizio che pochi osano smentire, specie dopo la decisione presa da Ron Gamzu, direttore generale del ministero, finito sotto accusa, di ordinare a quattro organizzazioni sanitarie di base l’interruzione del programma di somministrazione del Depo Provera. Questa storia, che fa venire la pelle d’oca, non comincia in Israele ma proprio in Etiopia, nei campi di accoglimento per i Falasha che si preparavano a partire per Israele. Alcune donne hanno riferito al giornalista Gal Gabbai che dei responsabili dei programmi di assistenza a Gondar avevano condizionato la consegna del biglietto aereo per Tel Aviv alla somministrazione del farmaco, alcune di loro, a causa anche di problemi di lingua, avevano capito che dovevano vaccinarsi prima di partire per Israele. Una delle intervistate, Amawaish Alane, ha riferito: «Non volevano quella iniezione ma ci risposero che in quel caso non ci avrebbero fatto partire per Israele e sospeso il programma di assistenza medica». I responsabili del ministero della salute e delle agenzie ebraiche di sostegno agli immigrati negano che il Depo Provera sia stato somministrato con la forza o con l’inganno. L’American Jewish Joint Distribution Committee (Ajjdc), che gestisce i servizi sanitati in Etiopia a favore dei falasha che intendono trasferirsi in Israele, ha negato seccamente che il farmaco sia stato somministrato contro la volontà delle donne. Il ministero della salute e i responsabili dell’Ajjdc non hanno spiegato però il perché del calo del 20% (qualcuno parla addirtittura del 50%) del tasso di natalità tra i falasha in questi ultimi anni e perché i medici evitano di iniettare il farmaco a donne ebree appartenenti ad altre comunità. Senza contare le dichiarazioni dell’impiegato di un ambulatorio pubblico secondo il quale le ebree etiopi farebbero fatica a «comprendere» anche le cose più elementari. La frustrazione è enorme nella comunità falasha (120mila persone), già consapevole di essere al punto più basso della piramide sociale in Israele e costretta ad ingoiare gravi discriminazioni. Anni fa i falasha scoprirono che il sangue che donavano veniva sistematicamente gettato via. I FALASHA SONO UNA COMUNITÀ EBREA ORIGINARIA DELL’ETIOPIA

ALGERIA/GRAN BRETAGNA – DOPO IN AMENAS, Cameron in visita PER LA SICUREZZA / Il primo ministro britannico David Cameron è arrivato ieri a Algeri, per una visita ufficiale di due giorni, la prima di un premier britannico dopo l’indipendenza algerina del 1962. L’agenda ufficiale prevede l’esame di questioni di interesse reciproco, ma appare scontato che il tema della sicurezza nella regione sarà in evidenza – a pochi giorni dall’assalto di In Amenas, conclusosi con un pesante bilancio di vittime (37) tra i lavoratori degli impianti, gestiti sia dall’algerine Sonatrach, che dalla britannica Bp e dalla norvegese Stato – nei colloqui ai massimi livelli che Cameron avrà ad Algeri.

FRANCE/AFRIQUE – PAUL BIYA, IL TIRANNO DEL CAMERUN ALL’ELISEO
Un altro piccolo rigurgito di quella «Françafrique» che il presidente François Hollande considerava una storia chiusa per sempre e che l’intervento militare in Mali ha viceversa riaperto alla grande. Così molti analisti francesi hanno bollato la visita ufficiale che ieri ha portato il presidente del Camerun, Paul Biya, all’Eliseo. Biya è arrivato al potere nel 1982, cioè ai tempi in cui Mitterand diventava presidente a Parigi. Da allora non ha più mollato le redini del paese, tra corruzione, affari petroliferi e scarsissimo rispetto dei diritti umani. Quasi 80enne, seguito ovunque dall’appariscente terza moglie Chantal, Biya è stato rieletto per l’ennesimo mandato nel 2011 tra accuse di brogli e forzature costituzionali.

EGITTO / IL CAIRO – LA RABBIA DI PORTO SAID CONTRO I POLITICI DEL CAIRO . Nella città sul canale di Suez le proteste contro il governo si sono unite all’indignazione per la condanna a morte di 21 persone accusate della strage di un anno fa allo stadio / Mentre i graffiti sui muri del Cairo ricordano chi è già morto, quelli di Porto Said itraggono chi è destinato a morire. Sui muri della città si vedono i volti di Homos, Outa e degli altri imputati del gruppo di ultrà protagonisti del massacro del 1 febbraio 2012 allo stadio di Porto Said. I graffiti sono accompagnati dalla scritta "Giustizia per chi sta in carcere".
IL CAIRO – Il 26 gennaio al Cairo sono stati condannati a morte 21 dei 75 imputati nel processo per la strage di Porto Said, con l’accusa di aver ucciso 72 tifosi della squadra rivale dopo la partita tra l’Ai Masry di Porto Said e l’Ai Ahly del Cairo. Un verdetto molto duro, che alcuni abitanti di Porto Said hanno visto come un tentativo delle autorità del Cairo di imporre la loro autorità sulla città.
La battaglia di Porto Said si è così spostata dal campo di calcio al tribunale, e poi alle strade, che negli ultimi giorni sono state il teatro di scontri mortali. Dal 26 gennaio a Porto Said gli scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza non si sono mai fermati. Tutto è cominciato quando le famiglie degli imputati in carcere si sono riunite davanti alla pri

 

Visits: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.