10314 Un anno con Terzi alla Farnesina: un bilancio negativo

20121209 20:12:00 guglielmoz

Con le dimissioni annunciate del Governo Monti e a pochi mesi di distanza dalle elezioni politiche generali, è ormai possibile tracciare un bilancio complessivo della gestione della Farnesina condotta dal Ministro Terzi.
Va subito però operata un premessa. Benché abbia adottato significative scelte politiche, il Governo Monti si è insediato come un governo di tecnici, ovverosia di specialisti ed esperti nelle materie di competenza dei dicasteri chiamati a dirigere.

Potrà sembrare un paradosso, ma ci si dovrebbe chiedere se un ministero a competenze così varie e di tipo generalista, in particolare per tipo di organizzazione, come la Farnesina possa generare al suo interno, almeno nella sua impostazione attuale, uno specialista di gestione di una materia così ampia, generale ed indistinta come quella degli affari esteri, tra l’altro chiamando un tale tecnico a una guida precipuamente politica quando per anni egli è stato invece costretto, anche dal principio di separazione tra politica e amministrazione, a fare spesso unicamente il burocrate.

Inoltre, in linea di principio, la carriera diplomatica italiana non è fondata su competenze specialistiche, né risulta che Terzi abbia maturato nel corso della sua carriera qualificazioni particolari nei settori della politica, del diritto o dell’economia (diversamente, l’Ambasciatore Umberto Vattani, padre dell’ormai noto Katanga, è stato così bravo da meritare una consulenza da parte dell’allora Presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a titolo di esperto di diritto commerciale…).

Sicché è lecito pensare che, a titolare della Farnesina, sia stato nominato un tecnico che tecnico invero non era o giocoforza non poteva essere (se non soltanto all’apparenza in quanto proveniente dai ranghi della diplomazia). Ciò che si vuole sottolineare, in altre parole, è che pensare di chiamare un diplomatico a gestire la Farnesina e la politica internazionale dell’Italia con l’appellativo di tecnico, perlomeno nel tempo presente, altro non è che una contraddizione nominale e sostanziale. Proprio quest’aspetto ha determinato il corso successivo degli eventi.

Già in passato ci siamo occupati della gestione della Farnesina da parte di Terzi dandone un giudizio negativo, ad esempio nella gestione del caso di Mario Vattani (e chissà che il prossimo anno non ci tocchi vedere Mario Vattani in Parlamento, casomai La Destra di Storace decidesse di candidarlo) e del caso dei fucilieri di marina detenuti in India.

Trascorso qualche mese da quegli eventi, tuttavia, non può affatto dirsi che Terzi abbia recuperato in immagine e capacità di incidere sugli assetti internazionali del nostro Paese. Occorre, però, ulteriormente premettere che Terzi non è l’unico colpevole della situazione in cui versa la Farnesina. Il decennio berlusconiano ha lasciato senza dubbio vari detriti accumulati anche all’interno del Ministero degli Affari Esteri.

Terzi si è ritrovato d’improvviso a gestire un ministero che aveva perso peso sia in termini qualitativi (Berlusconi aveva, infatti, oltremodo accentrato a Palazzo Chigi la gestione della politica estera) sia quantitativi (cioè, in fondi e personale a disposizione) durante la gestione Berlusconi-Tremonti-Frattini.

Il caso dei fucilieri di marina detenuti in India è stato esemplificativo, tra l’altro, di una situazione più generale su cui la nostra diplomazia non sembra avere né riflettuto né più mantenuto il controllo. Basti pensare, ad esempio, al progressivo ampliamento della nostra presenza militare all’estero a fronte di una progressiva perdita di peso e risorse della nostra diplomazia. Anche in una simile asimmetria strutturale insorta in questi ultimi 20 anni risiede il problema dei fucilieri di marina, giacché l’Italia non ha concluso con gli Stati interessati al problema della pirateria nell’Oceano Indiano alcun accordo specifico tendente ad assicurare protezione alla nostra marina militare.

Senonché, poste queste doverose premesse a titolo di onestà intellettuale, bisogna far immediatamente presente, per altro verso, che Terzi è stato, comunque, corresponsabile della situazione di declino della Farnesina di questi ultimi anni, perché egli fa parte, al pari di tanti suoi colleghi oggi al vertice del Ministero, di una carriera che non ha mai offerto uno spunto innovativo di gestione, limitandosi piuttosto al mantenimento dell’esistente in un’ottica conservatrice senza accorgersi peraltro che la situazione, specialmente dal punto di vista delle risorse economiche, si stesse deteriorando talmente tanto da rendere sempre più urgenti interventi riorganizzativi sulla struttura ministeriale (ma in un ministero peculiare come la Farnesina, a cui si applica il principio di separazione tra politica e amministrazione, non si capisce mai chi abbia titolo a proporre riforme organizzative e in quale direzione).

Più complessivamente e molto sinteticamente, per venire agli ultimi tempi Terzi si è ritrovato dapprima in contrasto in Consiglio dei Ministri sulla questione del taglio delle indennità di servizio spettanti al personale in servizio all’estero, ma pur finendo per soccombere non si è per niente dimesso. Ricordiamo che, nella circostanza, il Ministero dell’Economia impose direttamente nella legge di stabilità una contrazione delle indennità senza consultarsi col Ministero degli Esteri violandone così l’autonomia organizzativa (consci evidentemente del fatto che la Farnesina, lasciata in autonomia, quel taglio non lo avrebbe mai effettuato). Poi, negli ultimi giorni, Terzi ha persino tentato di portare avanti, nonostante il diverso avviso delle commissioni parlamentari, l’idea che l’Italia si dovesse almeno astenere all’ONU sul voto relativo al riconoscimento all’ANP dello status di Stato non membro osservatore, tant’è vero che per ottenere il voto finale positivo dell’Italia pare che sia stato necessario un intervento del Presidente della Repubblica. Il tutto mentre, sempre a quanto è stato possibile cogliere, Monti ha dovuto assumere su di sé l’onere della gestione del dossier negli ultimi giorni (persino nei contatti con Israele dove pure Terzi ha ricoperto l’incarico di Ambasciatore) e si è riacceso, sia pure con un Ambasciatore diverso, ossia Michele Valensise (che ha sostituito Massolo), il conflitto con la Segreteria Generale del Ministero degli Esteri, Valensise essendo viceversa favorevole a seguire l’indirizzo delle commissioni parlamentari.

Sul piano della gestione interna, è necessario riconoscere a Terzi il merito di aver congelato il piano delle chiusure originariamente disposto per il 2012, scongiurando così una nuova, dannosa ristrutturazione della rete diplomatico-consolare. Va, tuttavia, osservato che, da un lato, la situazione di tensione interna alla struttura ministeriale si è innalzata verticalmente dall’arrivo di Terzi, se addirittura un Ambasciatore incline alla tranquillità come Valensise si è trovato in conflitto con Terzi (rammentiamo, oltretutto, che la stessa nomina di Valensise non può considerarsi un successo di Terzi, poiché anche in quell’occasione venne esautorato dai partiti che sostenevano la maggioranza di Monti), dopo che analoga situazione era stata vissuta da Massolo. Dall’altro lato, è stata seguita pervicacemente la strada di introdurre anche all’interno della Farnesina un sistema di valutazione della performance dei dipendenti pubblici già mal elaborato in partenza all’epoca della presenza di Renato Brunetta alla Funzione Pubblica e, per di più, scarsamente adattabile a un ministero come quello degli esteri.

Tutto ciò, con ogni evidenza, nell’assenza di un’analisi giuridico-amministrativa della normativa da introdurre e dell’impatto che essa avrebbe determinato sulla struttura.
La gestione di Terzi ha plasticamente offerto, dunque, l’immagine dell’incapacità, allo stato attuale, del vertice della carriera diplomatica a riformarsi, a introdurre moduli organizzativi più innovativi e soprattutto a superare una mentalità personalistica che da tempo fa danni alla Farnesina perché cancella ogni logica di buona gestione amministrativa che, per contro, andrebbe fondata sul massimo dell’impersonalità di gestione. D’altronde, chiedere di autoriformarsi a chi è convinto di essere bravo e di star facendo bene non è altro che, purtroppo, pia illusione.

Infine, ci sia consentita un’annotazione-domanda, anche a titolo di ironia, ma che è ad ogni modo indicativa dello stato dell’arte alla Farnesina: ma perché da quando Terzi, di origini bergamasche, è stato nominato Ministro degli Esteri compare sulla rassegna stampa del Ministero il giornale "Eco di Bergamo"? (G.K.Z.)

 

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