10159 Il Risorgimento da riconquistare

20120912 17:37:00 redazione-IT

[b]di Rino Giuliani[/b] *

In queste mesi che precedono il rinnovo del Parlamento, non si è ancora concluso il braccio di ferro sul sistema elettorale. Vi sono infatti diverse contingenti convenienze di partito che prevalgono non permettendo di a portare a sintesi le disparità esistenti .
Quale che sia la soluzione data – maggioritaria o proporzionale – , se verrà data, il rischio di una alterazione del principio democratico: una testa un voto è molto forte .
E’ innegabile il fatto che, se il potere deve venire dal popolo e dal popolo deve essere esercitato, non c’è governabilità che tenga o stabilità di esecutivo che tenga. L’una e l’altra non vanno anteposte a modalità di voto e sistemi elettorali che garantiscano la massima estrinsecazione di un principio che alla base di un vero modello repubblicano.

Una democrazia depotenziata anche in termini di costituzione materiale si definisce ed è sistema diverso da quello democratico.

Ci sono conseguenze giuridico-istituzionali anche nel permanere a lungo di un parlamento che accetta che un persona nominata senatore a vita diventi una settimana dopo la nomina. capo di un governo del presidente nella cui composizione maggioritariamente trovano espressione le indicazioni delle gerarchie della Chiesa cattolica e di quella di un tipo imprenditoria e di sistemi bancari i cui profitti dipendono dall’andamento speculativo della proprie azioni in borsa e non viceversa.

La comunità italiana non deve tornare al passato ma non deve neanche fare salti nel buio. Nei fatti la transizione lunga in Italia, dopo la caduta del muro di Berlino, ha tra le sue cause la vittoria del liberismo e la crisi del mondo che lo stesso liberismo, incapace di autoriforma, ha determinato ovunque.

Il conservatorismo ed il moderatismo non ha favorito il confronto anche aspro fra le piattaforme dei riformatori e quelle dei liberisti del secondo millennio.

La sinistra palingenetica non ha voluto fare i conti con Bad Godesberg pensando che quello che non era riuscito con il compromesso storico potesse realizzarsi con l’intesa fra quello che rimaneva della DC ed un partito senza memoria storica presentabile e quindi senza una identità e senza un programma condiviso. I risultati ed i danni si vedono, come effetto, dal modo come nascono, si trasformano e crescono diverse aggregazioni populiste (dai girotondi ai seguaci di Grillo).

Una vigorosa nuova pianta non è ancora nata dalla radice del mondo del lavoro.

Quei lavoratori troppo spesso salgono da soli sulle torri, si rintanano nelle miniere, gridano e piangono, esprimendo rabbia e manifestando una solitudine che ha cause chiarissime e che oggi soltanto il sindacato può trasformare in una grande, cosciente forza collettiva per cambiare le cose. Per fare ciò va stabilito un più intenso rapporto d’identità fra le rivendicazioni sindacali e le lotte per il pane e per il futuro che oggi assumono forme necessariamente radicali.

La forza organizzata dei lavoratori è sempre stata il presidio delle istituzioni democratiche, l’astensionismo e la chiusura individuale sono l’anticamera di sconfitte. Non lasciamoli soli ma uniamoli per rinnovare l’Italia.

Colpisce chi, e noi fra questi, ha sempre tenuto a mettere al riparo dal collateralismo il mondo delle associazioni degli italiani all’estero, l’attivismo di alcune associazioni collocate nel campo del centrodestra.

Il tragitto avviato è da associazioni a partito di rappresentanza degli italiani all’estero. Nelle motivazioni ( e cioè nel giudizio critico sulla scarsa incidenza degli eletti all’estero nella legislazione italiana ) ci sono molte ragioni.

I partiti in un sistema democratico si riconoscono per i principi che sono alla base dei loro programmi per il paese, per le priorità e le scelte fra diverse opzioni, per le persone che si intende rappresentare. In assenza di un suo riconoscibile profilo l’associazionismo che diventa movimento associativo e che poi può diventare partito si troverà al bivio pratico o di svolgere una rappresentanza di interessi specifici ma limitati rispetto alla assenza di mandato, prerogativa degli eletti, oppure di essere in alleanza con altri partiti in una coalizione che, a prima vista non è escluso che sia quella moderata e conservatrice (dall’UDC a Forza Italia) che già l’Italia a conosciuto negli ultimi venti anni.

Non credo che tutti gli italiani all’estero siano conservatori e moderati e quindi chiederne genericamente il consenso per il solo fatto dirimente di essere una associazione di persone prevalentemente viventi all’estero corre il rischio di fuorviare le persone già così poco propense ad esercitare il diritto dovere del voto.

Per ora una informazione incalzante da conto della nomina di referenti locali che, prima facie, appaiono dotati di storie personali, profili culturali e politici fra loro molto diversi, si annunciano liste in nome di generici interessi degli italiani all’estero. Si punta sul noto “effetto annuncio” ma latita una analisi della realtà italiana, diagnosi e cure valutabili da parte degli elettori e ci si sottrae alla responsabilità di dire anche agli italiani all’estero con quali i ricette e, in un sistema di coalizioni, d’intesa con chi si vuole porre mano ai gravi problemi di uno sviluppo necessario, annunciato e non ancora fatto partire dal governo Monti.

Non credo che ci si voglia ridisegnare il ruolo politicamente non proprio edificante scelto dal Senador Pallaro che a giorni alterni prometteva il suo impegno ora a Prodi ora a Berlusconi. A fronte del nulla che è stato fatto per gli italiani all’estero anche da parte del governo Monti , la campagna elettorale di queste associazioni avrà come punto centrale la stessa parola d’ordine dell’on Casini del il governo Monti bis.

Ma allora a che serve un parlamento eletto se gli si toglie la responsabilità di decidere il governo ed il presidente del Consiglio ?

Difficile dire quale bilancio consuntivo oltre alle generiche promesse possa essere avanzata da ognuna delle forze politiche presenti in parlamento, UDC compresa, la cui proposta politica seguita ad essere : dopo Monti ancora Monti, aldilà di come vadano le elezioni.

Ogni cittadino italiano, a nostro giudizio, oltre ed al di là delle prossime elezioni, dovrebbe invece porsi oggi la domanda.: cosa posso fare io per il mio paese?.

Ad una crisi non ciclica ma di sistema non può essere d’aiuto la solita campagna elettorale poco trasparente che già abbiamo conosciuto all’estero né può risolversi con la non partecipazione al voto.

Non ci sono, come nel passato, ideologie, spesso errate, che facciano da collante ed è difficoltoso distinguere, dopo i lunghi anni di una semiomologazione liberistica e non liberale, distinte intenzioni che, auspicabilmente, diventino piattaforme elettorali contrapposte.

Sembra essenziale che si riponga al centro il lavoro delle persone e la giustizia sociale, che si rendano protagonisti tutti i cittadini che vivono del loro lavoro, che si uniscano per far cambiare il paese liberandolo da una gestione vincolata alla concentrazione di interessi del sistema finanziario.

L’impresa e la rappresentanza politica del mondo del lavoro devono fare un patto che riguarda la produzione e la redistribuzione della ricchezza ma anche la salvaguardia di un sistema di leggi che garantiscono le libertà di ognuno. La liberta’ comincia con l’educazione dell’uomo e si conchiude con l’affermazione di uno Stato di liberi, in parità di diritti e di doveri, in uno Stato in cui la liberta’ di ciascuno e’ condizione e limite della liberta’ di tutti".

Il problema che un sistema bloccato quale quello italiano si trova di fronte è quello della assenza di una convinta, piena rappresentanza del mondo del lavoro. Questa assenza che si coglie nei programmi elettorali che puntano alla conciliazione anche dell’inconciliabile e che si riconosce anche nella definizione del nome dato ai partiti a sua volta è anche mancanza di una necessaria sponda ( non collateralismo) per i sindacati disponibili e, auspicabilmente, per l’insieme del movimento sindacale.

Il sindacato non può troppo a lungo svolgere ruoli di supplenza , ha problemi di adeguamento alle modifiche avvenute nel corpo della sua rappresentanza come anche di revisione delle forma in cui si determina la volontà collettiva e si svolge il ruolo di direzione che deve essere collettivo e generare dal basso, dai posti di lavoro.

Quello che occorre è un appello alle qualità migliori di coloro che vogliono essere liberi cittadini di una nazione e di uno stato in grado di decidere il proprio rinnovamento che è prima di tutto morale dopo gli ultimi anni in cui la libertà propalata era quella dell’astensione dai fatti degli altri ed in economia quella della libertà del “”lasciar fare”.

Ognuno si deve preoccupare dell’altro e lo dobbiamo fare come comunità intendendo la nostra identità nazionale come condivisione dei principi della nostra Costituzione e non come condivisione localistica di un territorio. Dopo il topolino partorito a Mastricht bisogna avere il coraggio di far venire alla luce la federazione degli stati europei.
L’impotenza di fronte allo strapotere delle istituzioni finanziarie internazionali deve cedere il passo ad una presa di coscienza che, su diversi livelli, va ricostruito una sovranità nazionale ed una cittadinanza europea convintamente vissuta dalle istituzioni nazionali e da ogni singolo italiano.

C’è uno scontro reale con un moderno totalitarismo capitalista e con i cosiddetti mercati che l’Italia, non questo o quel partito politico, deve affrontare con una mobilitazione delle coscienze. Va cercata una via nuova che salvaguardi nella sostanza e nelle sue forme parlamentari l’istituto repubblicano continuamente picconato e distrattamente presidiato negli ultimi venti anni.

I tentativi di costituzionalizzare un semipresidenzialismo a preminenza del primo ministro attraverso una pseudo elezione diretta per ora non sono passati, hanno portato alle dimissioni del precedente primo ministro ed al governo Monti anzichè alle elezioni.

Giorni or sono il presidente della Repubblica in un messaggio al convegno di Cernobbio, peraltro sede non istituzionale, ha tracciato un indirizzo politico per il futuro governo. Non è in discussione l’intenzione a far bene quanto il fatto che, così , con atti concreti si modifica per prassi la stessa Costituzione.

Il tutto interagisce con una cornice di revisionismo interessato, e perciò non credibile, portato avanti ad iniziativa di quanti pensano che il nostro modello costituzionale repubblicano possa cedere il passo ad una forma moderna di costituzione nella quale i principi del vecchio liberalismo conservatore acquistino il massimo della forza mentre le tutele dei diritti soggettivi delle persone, di quelli sociali in genere vengano ridotti in un sistema in cui il bilanciamento dei poteri sia rivisto a vantaggio degli esecutivi e del potere personale.

In ogni sistema democratico l’organo che traccia l’indirizzo politico deve essere responsabile nei confronti del Parlamento( forma di governo parlamentare) o del popolo( forma di governo presidenziale). Nel nostro caso il presidente è costituzionalmente irresponsabile e non ha, a giudizio di chi scrive, il compito di tracciare l’indirizzo politico dei governi.

Anche l’attuale assetto delle autonomie locali – nella fase particolarmente sfavorevole del ciclo economico, che sembra destinata a perdurare, per il prolungarsi della distanza temporale tra stagnazione/recessione e ripresa – è tendenzialmente considerato soprattutto come una diseconomia da eliminare con le decisioni radicali necessarie a fronteggiare l’emergenza. Riordinare e non cancellare, esaltare le autonomie locali che sono autonomie costituzionali è essenziale. Al riguardo la strada della attuazione evolutiva della Costituzione indicata da Massimo Severo Giannini, da Cassese , da Bassanini considera da superare le province e le prefetture.

Si vorrà compiutamente porre mano ad una revisione che non può certo fondare le sue ragioni solo nella spending rewiew del governo dei professori e manager del mondo dell’Università cattolica di Milano e dintorni?

L’appello alle coscienze avanzato da italiani con “virtù” civili quali Calamandrei, Parri, Pertini, Guido Calogero ha portato al secondo risorgimento ed alla riconquista della democrazia nella giustizia e nella libertà.

Quei valori risorgimentali attendono oggi di essere ripresi e pienamente fatti propri da coloro che affermano di voler rinnovare il paese.

[Rino Giuliani è vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi]

(da santi news)

 

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