10130 BRASILE – Colpo di scena sul rio Xingù

20120831 17:02:00 guglielmoz

Sottolinea che l’impatto della diga va oltre la questione degli sfollati, perché modificherà la navigabilità del Xingù, e così anche flora, fauna e clima della regione. Al principio della consultazione si era appellato il tribunale che due settimane fa ha ordinato di sospendere i lavori.Contrordine: il cantiere della diga di Belo Monte, sul fiume Xingù nell’Amazzonia brasiliana, può riaprire.

Colpo di scena sul rio Xingù
Contrordine: il cantiere della diga di Belo Monte, sul fiume Xingù nell’Amazzonia brasiliana, può riaprire. Lo ha deciso la Corte suprema del Brasile, che rovescia l’ordinanza emessa appena due settimane fa da un tribunale federale, il quale aveva ordinato l’immediata sospensione dei lavori alla controversa diga. Il tribunale argomentava che la popolazione indigena locale non era stata debitamente consultata, come è suo diritto, in merito all’impatto ambientale e sociale della diga prima che il progetto fosse approvato. La diga di Belo Monte, un borgo rurae lungo il tracciato della Strada Transamazzonica, nello stato di Parà, è uno dei progetti più controversi degli ultimi anni. La diga devierà l’80% dell’acqua del fiume Xingu, creando un lago artificiale che sommergerà 600 chilometri quadrati di foresta pluviale a monte della diga, mentre a valle prosciugherà una gigantesca ansa del fiume, un tratto di un centinaio di chilometri sulle cui sponde vivono centinaia di famiglie indigene e non. L’invaso alimenterà una centrale idroelettrica: Belo Monte è progettata per una capacità di 11.200 megawatt di potenza; costerà 11 miliardi di dollari e aspira a essere la terza centrale idroelettrica al mondo, dopo quelle delle Tre Gole in Cina (20.300 MW) e di Itaipù tra Brasile e Paraguay (14.000 MW).
Il progetto è allo studio fin dagli anni ’70 ma è stato definito nei ’90, provocando da subito ondate di critiche in Brasile e fuori – e di proteste lungo il Xingù. Molti hanno messo in questione l’impatto ambientale e sociale di un’opera così gigantesca, che formerà un lago grande due volte la Sicilia costringendo a sfollare 40mila abitanti locali, indigeni e coloni, oltre a distruggere gli habitat di numerose specie selvatiche. Senza contare lo stravolgimento umano e sociale: l’opera richiederà oltre 18 mila lavoratori con circa 80mila posti di lavoro indiretti, e si attende così l’arrivo di centomila migranti in municipi oggi abitati in tutto da 150mila persone. Tagliando corto su critiche e proteste, il Congresso (parlamento federale) brasiliano ha privato il progetto nel 2005, e nell’aprile del 2010 il governo di Brasilia ha infine dato la concessione al consorzio Energía Norte. Così i lavori preliminari sono cominciati. Dall’inizio dell’anno già 400 persone sono state sloggiate dalle loro case in alcuni dei quartieri più poveri della cittadina di Altamira, il capoluogo del distretto, per permettere la costruzione di un canale. Altre 25 famiglie sono state sloggiate presso il sito della diga, nel municipio di Vitória do Xingú. Ma è solo l’assaggio.
La battaglia non è finita. Per anni un movimento popolare animato principalmente dalle popolazioni indigene – e sostenuto da reti nazionali e internazionali di ambientalisti – si è battuto per fermare il progetto, tra proteste, petizioni e ricorsi legali. Il Movimento Xingu Vivo ha registrato qualche vittoria: come quando, in marzo, l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) ha affermato che il governo brasiliano non ha debitamente consultato le popolazioni indigene toccate dalla costruzione dell’impianto di Belo Monte prima che i lavori fossero avviati, e ha chiesto di farlo ora, prima che gli effetti negativi dell’opera diventino irreversibili. Già la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) e il Pubblico ministero federale avevano chiesto al governo di Brasilia di sospendere le opere. L’Oil ricordava al Brasile di aver aderito alla sua Convenzione 169 (uno dei documenti fondamentali a tutela delle popolazioni indigene), che obbliga il governo a consultare la popolazione indigena prima di avviare qualunque progetto di sfruttamento delle risorse naturali nelle loro terre. Sottolinea che l’impatto della diga va oltre la questione degli sfollati, perché modificherà la navigabilità del Xingù, e così anche flora, fauna e clima della regione. Al principio della consultazione si era appellato il tribunale che due settimane fa ha ordinato di sospendere i lavori. Con il pronunciamento della Corte suprema, tutto è di nuovo in gioco.di Paola Desai

 

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