10033 LUIGI SANDIROCCO: La piovra terra-industria-banca e la figura di Santi

20120713 20:23:00 redazione-IT

[b]L’intervento di Luigi Sandirocco, (Presidenza FILEF e FIEI) al Convegno per i 100 anni dalla nascita di Fernando Santi[/b] e la [b]Prefazione al libro di Antonio Rosini (Filef Abruzzo) sulle lotte sociali e contadine nel Fucino [/b]

[i]Interventoo al CConvegno per il centenario della nascita di Fernando Santi[/i]
"La mia sarà solo una semplice, breve testimonianza; la testimonianza di chi, all’inizio degli anni 50, molto giovane, ebbe la ventura e la fortuna di incontrare Fernando Santi, nell’esercizio del ruolo di dirigente sindacale che egli ricopriva a quei tempi: dirigente sindacale di caratura nazionale e internazionale.
Nel clima di quegli anni, segnato ancora dai disastri inumani e dalle lacerazioni della guerra, cui il fascismo aveva gettato il nostro paese, noi giovani impegnati nella lotta politica e sindacale, ci sentivamo totalmente immersi in una atmosfera di slancio ideale, di totale e intransigente partecipazione alla grande battaglia per il riscatto morale, civile, culturale, sociale e umano del nostro paese per assicurare all’Italia una prospettiva certa di rinascita, di rinnovamento profondo.

Al livello sindacale, noi giovani allora ci sentivamo diretti e guidati da uomini di straordinario affascinante carisma.
In questa battaglia, in questa prospettiva uomini come Giuseppe Di Vittorio e Fernando Santi rappresentavano il simbolo dell’Unità e la garanzia di un esito trascinante e vittorioso della lotta comune.

Anche dopo la rottura dell’unità sindacale del 1947, dovuta come sapete a pressioni di ordine politico, l’insegnamento di Di Vittorio e Santi era un insegnamento di unità, di rifiuto di ogni atteggiamento di chiusura, di recuperare, ad un livello più alto, dello sforzo unitario per l’avanzamento sociale, culturale e umano della classe operaia, dei lavoratori in genere, delle plebi arretrate del Mezzogiorno.

In questa temperie, in questo clima idealmente appassionato e infuocato avvenne nella mia regione d’Abruzzo, e precisamente nella plaga del Fucino e della Marsica, il primo incontro da parte nostra con Santi.

Eravamo allora impegnati nella grande lotta popolare, contadina e bracciantile per la riforma agraria del Fucino e per la Rinascita della Marsica.
L’economia e la società fucensi e marsicane erano dominate da una presenza ingombrante e oppressiva, la presenza del Principe Torlonia che, con la proprietà della terra ereditata fin dal 1875 con il prosciugamento del vecchio lago Fucino; con la proprietà monopolistica dell’industria di trasformazione dei prodotti fondamentali della terra (una terra particolarmente ferace e ricchissima proprio perché derivante dal prosciugamento del lago); con la proprietà dell’istituto finanziario (la banca del Fucino, attraverso la quale si legavano i contadini con un vincolo oppressivo per il pagamento dei canoni di affitto e per le spese di conduzione).

Questo triangolo: [b]terra-industria-banca (che veniva allora raffigurato come una piovra asfissiante), controllava, condizionava e, in un certo senso, bloccava ogni prospettiva di autonomia e libero sviluppo dell’economia fucense e della società marsicana più in generale.[/b]

Basti ripensare a “Fontamara” e ad altri testi di Ignazio Silone per avere il senso della condizione umana delle plebi fucensi di quel tempo; dei braccianti, dei piccoli affittuari, artigiani, modesti professionisti della corona di paesi del Fucino, da Avezzano a Celano, a Luco dei Marsi, a Trasacco, a Pescina, a S. Benedetto dei Marsi, Ortucchio, Lecce dei Marsi e così via.

In questa realtà sociale, dopo le prime lotte del primo scorcio del ‘900 (prima e subito dopo la prima guerra mondiale) che il fascismo bloccò durante il ventennio, garantendo al Torlonia il dominio definitivo dopo la liberazione dell’Italia, e con la istituzione della Repubblica e l’approvazione della sua Costituzione antifascista, riprendevano i grandi movimenti per la terra, il lavoro e per la Rinascita.

Si trattava di dirigere questi movimenti oltre che con spirito unitario, con il rifiuto di ogni massimalismo, facendo tesoro dell’esperienza delle lotte dell’inizio del secolo sempre segnate da sfoghi rabbiosi che lasciavano le cose del tutto immutate.

Qui l’aiuto dei dirigenti che ho citato e il loro insegnamento furono decisivi. Imparammo da loro, oltre che il senso del rapporto con il mondo del lavoro e la sensibilità umana nei confronti dei diseredati, anche la tecnica dell’organizzazione e della lotta, la necessità di mantenere sempre il collegamento con l’insieme della società, di puntare sempre, in questo rapporto, all’isolamento del nemico, dell’oppressore.

E così, quando da alcuni anni si era consumata la scissione e la rottura sindacale, nella Marsica riuscimmo a dare vita ad un Comitato per la Rinascita che dirigeva il movimento complessivo per la terra che comprendeva tutte le forze politiche democratiche, tutti i sindacati, l’insieme dell’associazionismo democratico maschile e femminile, gli studenti e il mondo della scuola, l’intellettualità e i professionisti di ogni orientamento ideale, politico e culturale.

Tutto questo fu anche il frutto, in buona parte, della presenza e dell’impegno con cui Santi partecipava alle nostre riunioni, dava indicazioni di lavoro, partecipava ad assemblee di braccianti e contadini, visitava le squadre di braccianti che operavano lo “sciopero a rovescio”. Il cosiddetto sciopero a rovescio, che consisteva nel lavoro per la sistemazione delle strade e dei fossi del comprensorio del Fucino, che Torlonia trascurava creando grandi difficoltà per i coltivatori piccoli affittuari.

Canali intasati, strade sconnesse e disastrate, e così via, rendevano ancora più difficoltoso e talora drammatico il lavoro dei campi. Allora lo sciopero a rovescio dei braccianti organizzati con squadre a gruppi di 9 (perché oltre i 9 c’era un’aggravante in caso di denuncia), con la partecipazione degli affittuari che portavano la breccia, le pietre e il materiale necessario per la sistemazione delle strade.

Dai paesi della corona fucense inoltre partivano le carovane della solidarietà, per portare alimenti, cibo, generi di conforto per i braccianti in lotta.
In queste condizioni il contributo di Santi fu anche determinante per costringere Torlonia a versare una cifra cospicua che fu utilizzata per pagare ai braccianti e agli affittuari il lavoro con lo sciopero a rovescio.

Potrei soffermarmi a lungo sui vari aspetti di questa grande battaglia meridionalistica di rinascita. Ma ho voluto solo rilevare e sottolineare l’apporto di Fernando Santi, e ricordare che l’aiuto, l’esempio suoi, la sua straordinaria sensibilità, la sua eccezionale capacità di interpretare e guidare i grandi movimenti di massa, aiutarono noi giovani a comprendere, ci aiutarono a crescere come uomini e come dirigenti.

Di questo io sono stato e sono tuttora e sempre riconoscente e grato a Fernando Santi."

………………………………………………..

Antonio Rosini: Le vicende del Fucino dal 1670 ai nostri giorni

Prefazione di Luigi Sandirocco

"Ho conosciuto Antonio Rosini verso la fine degli anni ’40 del secolo scorso, quando, da poco rientrato in patria dalla lunga prigionia di guerra in URSS (di oltre quattro anni), avevo iniziato nella Marsica l’attività di sindacalista della CGIL. Tonino era poco più che sedicenne. Un ragazzo colpito duramente dalle tragiche vicende della guerra: il padre perito nel disumano eccidio nazista di Capistrello, i famigliari in vario modo drammaticamente colpiti dalle vicende belliche, una famiglia fortemente unita che seppe evitare i seri pericoli della sua dissoluzione.

Ma il ragazzo appariva già adulto e forte, consapevole delle prove dure che avrebbero dovuto affrontare. Fra il
ventiseienne Sottotenente tornato dalla prigionia ricco di una tragica esperienza – quale io ero – e il sedicenne
alla ricerca di una ragione della sua esistenza, il rapporto di comprensione e di simpatia fu immediato.

Ciò che più preoccupava e irritava Rosini era la consapevolezza di una formazione scolastica insufficiente,
distorta e del tutto inadeguata. Questo lo induceva a tuffarsi nella lettura, a ricercare le vie più idonee ed efficaci per sopperire alla insufficienza scolastica e per conquistare una idonea formazione culturale.

Lo slancio politico e ideale, insieme alla ricerca che suggerivano le prime letture dei classici del marxismo e
della letteratura di impronta socialista e popolare, contribuivano a dare alla sua personalità una formazione
culturale, mentre la partecipazione alle vicende del mondo del lavoro, particolarmente complesse in una realtà
come quella del Fucino e della Marsica negli anni ’40 e ’50 del ‘900 contribuivano a caratterizzare la sua formazione umana più complessiva.

E’ in questa temperie formativa, umana e culturale, nell’ambito della collocazione politica e ideale che egli ha
consapevolmente scelto, che si sono affermate le sue capacità di ricerca e di scrittura, di produzione di saggi di notevole valore storico. Così, ad esempio, egli ha dato un contributo appassionato e decisivo alla piena
comprensione di fatti della seconda guerra mondiale che hanno coinvolto la nostra Marsica e l’Abruzzo, e in
particolare alla conoscenza delle cause e delle infami responsabilità dell’eccidio di Capistrello, che rimane una
pagina ignobile e agghiacciante delle disumane responsabilità del nazismo.

Ora, la nuova fatica di Rosini, con questo volume (e di vera e propria fatica si tratta, se si pensa alla molteplicità delle fonti consultate, alla ricerca appassionata e meticolosa degli scritti e dei riferimenti individuati) consente a tutti i ricercatori, agli appassionati, ma anche a tutti coloro che amano questa nostra terra, in particolare a tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno conosciuto le vicende del Fucino e della Marsica, che di Torlonia ricordano il detto famoso “o Torlonia prosciuga il Fucino o il Fucino prosciuga Torlonia”, agli uomini di cultura e di scienza, di avere uno strumento di conoscenza di un mondo umano ricco e consapevole.

Pur nella sovrabbondanza di qualche cifra forse, e comunque nella ricchezza di formule, schemi e tavole varie, si scopre il mondo di coloro che lavorano, che soffrono, che lottano per dare uno sbocco positivo a una vita di dura, implacabile sofferenza.

Tutto ciò nulla toglie alla serietà della ricerca e all’analisi rigorosa delle vicende storiche.
E’ sempre comunque presente nell’analisi di Rosini l’elemento di contraddizione fra il carattere grandioso
dell’opera che si compie con il prosciugamento del Lago e con la prospettiva che esso apre di una nuova fase di
progresso produttivo ed economico, ( proiettato però in un futuro incerto), e l’accentuarsi del malessere e della
sofferenza delle popolazioni del Fucino e della Marsica.

Rosini ricorda nel suo saggio che “ le popolazioni del Fucino dopo il prosciugamento si trovarono spogliate del loro bene principale, il Lago, dove pescavano, videro le colture dei loro terreni, extra Fucino, impoverire o scomparire; il clima ebbe un notevole cambiamento, con abbassamento permanente della temperatura che influì
negativamente, per alcuni aspetti, anche sulla salute degli abitanti.”

Una spinta irresistibile, comunque, promana dalla società della Marsica e dell’Abruzzo con le lotte popolari del
fine ottocento e la nascita delle leghe contadine e dei circoli socialisti. Si avvia così un processo che
contribuisce a stemperare il carattere puramente ribellistico ed estemporaneo delle rivolte contadine e popolari, per affidare alle lotte contadine una consapevolezza nuova, la consapevolezza di movimenti di massa volti a promuovere un rinnovamento democratico profondo della società meridionale.

E, siamo così agli anni ’50 del secolo scorso, ai grandi movimenti di massa per il lavoro, per la terra e per la
rinascita e alle conseguenze positive che questi movimenti determineranno: l’esproprio del territorio del Fucino, la riforma agraria con l’istituzione dell’Ente per la riforma, l’avvio di un processo di industrializzazione e di un graduale, ma intenso, sviluppo economico.

Si tratta di processi, anche questi, che hanno avuto le loro contraddizioni, incertezze varie e fasi di riflusso
negativo, ma di cui va colta la tendenza generale che è una tendenza positiva.

Oggi il Fucino e la Marsica presentano una realtà del tutto nuova, in cui spicca l’elemento della modernità, il carattere costruttivo e creativo delle sue popolazioni, un sistema produttivo avanzato, frutto di tanti sacrifici e di
una consapevolezza nuova, la consapevolezza di una società che ha saputo conquistare, certo a prezzo di sacrifici immani, traguardi di profondo rinnovamento e di progresso umano, sociale e culturale.

Pescara, novembre 2008

www.istitutosanti.org

 

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