9903 Andarsene dall’Italia. Fuga per viltà o libera scelta? Disagio di un paese che non riesce a cambiare

20120626 18:26:00 red-roma

In una lettera a "La stampa", quotidiano di Torino, un non più giovane scrive…"quando sarà il giorno della mia pensione, lascerò l’Italia…andrò a vivere in un paese migliore…verrò apostrofato come codardo, anti italiano ma non mi importa…"
Il direttore de "La Stampa" risponde:…"sull’analisi si può essere d’accordo…Non è antitaliano chi pensa di lasciare l’Italia, ma chi non ha combattuto per un Italia migliore…"

Scrive il lettore Stefano D. delle considerazioni che in tanti stanno facendo nel nostro paese e non solo fra i più anziani, ma sopratutto tanti giovani condannati al lavoro precario o in nero, senza prospettiva di stabilità o di crescita professionale, culturale. Riportiamo di seguito la lettera e la risposta del Direttore, entrambi interessanti per rendersi conto e capire perchè l’emigrazione italiano nel mondo sta riprendendo, come abbiamo cercato di documentare ed analizzare su questa Agenzia, aprendo un dibattito che ci piacerebbe potesse continuare ed allargarsi.

LA LETTERA DI STEFANO D.
"Mi sono dato una scadenza semmai il destino vorrà farmela vedere: il giorno della mia pensione. Per quel giorno sono deciso a lasciare l’Italia"
"Me ne andrò. Voglio trascorrere la mia pensione in un Paese migliore. Lo so, verrò apostrofato come codardo, anti italiano ecc. Non mi importa. O un paesino tedesco o Londra saranno la sede del mio periodo di riposo. Non posso andarmene ora solamente per via del lavoro, il mio e quello di mia moglie. Altrimenti avrei preferito un sistema scolastico migliore per mia figlia.
Non sono anti italiano. Sono realista. Questo Paese non cambierà mai. Grazie alle mafie grazie alla sotto cultura, alle leggerezza con cui si affrontano le cose, al Sistema Italia, inteso come cattive abitudini e mentalità furbacchiona. Alla corruzione, alle raccomandazioni, al disprezzo per l’eccellenza e per il primo della classe. Al buonismo gratuito. Un paese Vecchio gestito da vecchi, che fa pensare da vecchi anche i giovani. Giovani che o sono bravi e se ne vanno all’estero o sono mammoni e lontani dall’arte dell’arrangiarsi.
Donne discriminate e con poco sostegno in caso di maternità. Donne che sono costrette a fare le casalinghe da mariti italiani ma dalla mentalità talebana. Italia dal cemento di sale e dai capannoni di carta.
Italia delle pornostar in regione e addette stampa di stato. Italia con le fabbriche che chiudono ma con ricchi sempre ricchi. Politici che pensano che lo stato sia qualcosa da spolpare. Italiani che non pagano le tasse che negano tutto, anche l’evidenza. Che non ammettono l’errore ma puntano il dito sempre verso qualcun altro. Non è questo il mio Paese. Non è questo che voglio per me e per i miei figli. Lo so, sto scappando. Ma da solo non riesco a cambiare nemmeno il mio vicino di casa. E non vedo grande partecipazione popolare per un reale cambiamento. Perché in fondo in fondo l’Italia così sta bene a tutti. Anche a chi si lamenta. A me no".

LA RISPOSTA DEL DIRETTORE M.CALABRESI
"Sull’analisi, almeno su una certa parte delle cose che racconta, si può essere d’accordo, sulla soluzione ho le mie perplessità.

Ma non perché consideri codardo chi pensa di andarsene (tentazione comune e comprensibile di questi tempi) ma perché ci sento dentro una rinuncia a combattere che dura da anni.

Non è anti-italiano chi pensa di lasciare l’Italia, ma chi non ha combattuto per un’Italia migliore e chi è vicino alla pensione è di certo molto più responsabile per la situazione nella quale ci troviamo di tutti quei ragazzi che escono da scuola pieni di ansie sul futuro e spaventati dal Paese. A parole tutti si lamentano per il nostro declino, ma è tempo che ognuno si carichi della sua quota di responsabilità senza scaricarla sempre sul vicino o sulla collettività".

 

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