9811 R.Ricci (FIEI): Una grande assemblea autoconvocata dall’ emigrazione italiana nel mondo

20120601 23:42:00 redazione-IT

[b]di Rodolfo Ricci[/b] (*)

Mentre veniva presentato il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, che richiamava l’attenzione delle istituzioni sulla ripartenza massiccia dei flussi emigratori dall’Italia confermando quanto già da alcuni mesi le organizzazioni aderenti alla FIEI stanno sostenendo, il Presidente Napolitano promulgava il Decreto Legge del Governo a firma Monti e Terzi di Sant’Agata che, con motivazioni manifestamente infondate se non grottesche, rimanda di altri due anni il rinnovo degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero: CGIE e Comites.
La verità non detta nel decreto è che si vogliono risparmiare i 16 milioni di Euro necessari per finanziare le elezioni degli organismi democratici che il Parlamento ha istituito dopo decenni di rivendicazioni delle collettività emigrate, all’inizio degli anni ’90, subito dopo lo svolgimento della seconda Conferenza Nazionale dell’Emigrazione. Certo, questa penosa verità non può essere scritta in decreto legge – sarebbe scarsamente costituzionale -, ma tutti sanno che è così, dal Presidente della Repubblica (se glielo hanno detto) fino ai consiglieri dei cento e passa Comites nelle corrispondenti circoscrizioni consolari.

La domanda è la seguente: che credibilità dobbiamo continuare a riconoscere ad istituzioni che arrivano a legiferare nei modi e con le motivazioni scritte nel DL ?
L’attenzione agli italiani emigrati è arrivata davvero a zero. A zero la considerazione che si dovrebbe a quel 7 per cento di connazionali (oltre 4,2 milioni di persone) che vivono nel mondo, ma anche ai loro rappresentanti che siedono nel Parlamento repubblicano.

Di ciò si deve finalmente prendere atto e da ciò si dovrebbero tirare delle conclusioni molto semplici e ovvie: non si tratta di assumere posizioni corporative o recriminatorie, questo sarebbe del tutto fuori luogo. Si deve prendere atto invece che questa decisione è in perfetta continuità con quanto avvenuto sotto il governo Berlusconi che ha tagliato di oltre il 65% le poche risorse che erano destinate alle politiche verso l’emigrazione; che gli italiani all’estero essendo fuori dai confini e dunque incapaci di mettere in campo proteste concrete e mobilitazioni efficaci dal punto di vista mediatico, non hanno alcun potere contrattuale, analogamente agli immigrati in Italia che, essendo dal loro canto, privi di cittadinanza, risultano del tutto ininfluenti sul piano elettorale.

Infatti, sono proprio queste due componenti dei circa 65 milioni di concittadini, che sono stati e saranno tra i più penalizzati dalle scelte di questo governo: il Decreto Legge di cui si parla viene infatti dopo i tagli massicci relativi a scuola e lingua all’estero, assistenza sociale agli indigenti, riduzione dei servizi della rete consolare, sospensione dei programmi di formazione personale , ecc.; vengono dopo le norme iper-penalizzanti per emigrati ed immigrati attuati con la riforma pensionistica della Ministra Fornero, delle norme relative all’IMU – per la quale la prima casa posseduta dagli emigrati in Italia viene assimilata a seconda casa -, delle procedure emanate dall’INPS sull’esistenza in vita dei pensionati, ecc. ecc.

Un calvario di misure assunte senza che le proteste dell’associazionismo, dei patronati, dei sindacati, del CGIE, del Comites, dei singoli parlamentari eletti all’estero, abbiano sortito alcun effetto, né sui partiti che sostengono il Governo, né sui loro capigruppo, né, tantomeno sul Governo.

Si deve prendere atto che una stagione di concertazione (o presunta tale) è finita. Che il governo Monti, al di là delle chiacchiere che ogni tanto ipnotizzano qualche componente del Comitato di Presidenza del CGIE, non ha alcuna intenzione di valorizzare la “grande risorsa emigrazione”, casomai ha intenzione di incentivare la “mobilità nazionale ed internazionale” della forza lavoro qualificata secondo quanto lo stesso Monti ha affermato nel suo discorso di investitura, cosa che, come ha affermato anche il Ministro Plenipotenziario Carla Zuppetti intervenendo alla presentazione del Rapporto Italiani nel mondo, “chiamiamo mobilità, ma sempre di emigrazione si tratta”.

D’altra parte la recessione imposta dalle politiche restrittive, l’emergere delle nuove aree di sviluppo (Brics, ecc.) e di nuovi equilibri geopolitici, configurano scenari completamente diversi da quelli che ci sembravano duraturi fino a prima del 2008. Tornano in vigore linee interpretative che recuperano una sorta di continuità con i processi migratori del dopoguerra, almeno per l’Italia e gli altri paesi del sud Europa, dopo la breve parentesi degli anni degli ultimi 30 anni.

I flussi migratori seguono i grandi spostamenti di capitale e la velocità delle variazioni della direzione dei flussi è proporzionale alla velocità dei cambiamenti nella dislocazione dei capitali internazionali. Gli uomini seguono gli spostamenti di denaro. E’ di nuovo il nostro turno ! ed è ciò che manifestamente auspicano coloro che vedono un pericolo nella presenza di masse giovanili disoccupate e inoccupate dentro i confini nazionali.

Il capitalismo italiano, perennemente arretrato e subalterno a quello nord-europeo, non ha la capacità di valorizzare i milioni di giovani acculturati e laureati, figuriamoci se lo sfiori l’ambizione di valorizzare chi è già all’estero da decenni.

Una politica inesistente e totalmente succube dei dettami delle elites tecnocratiche che hanno prodotto disastri, ma che si ostinano a restare in sella, non ha altro da sostenere che la modernizzazione del paese si fa attraverso l’approfondimento di quegli stessi strumenti che invece sono la causa fondamentale della crisi: ieri, la capogruppo del PD al Senato, ha gioito per l’ennesimo voto di fiducia che ha consentito l’approvazione della controriforma del lavoro Fornero. Supponiamo con il voto convinto dei senatori eletti all’estero.

Altri giubili e alleluia sono pronti a levarsi per le altre misure in programma del governo tecnico, a partire dalla cosiddetta Spending review, che il supertecnico Bondi sta mettendo a punto.

Oggi, per la prima volta, dopo mesi di accondiscendenza, i parlamentari estero del PD, evidenziano mestamente i risultati di questa pratica a partire da ciò che conoscono meglio: i tagli approntati al bilancio del MAE che proprio sugli italiani all’estero si sono scaricati e si scaricano.

La questione è: come si fa a sostenere e ad approvare misure macro a livello nazionale e poi restare attoniti per un destino cinico e baro che cancella dalla politica nazionale gli italiani all’estero ? Non passa per la mente che si tratta della stessa cosa e che una volta riconosciuta la validità del principio, esso venga applicato ancora meglio – e definitivamente – per un settore la cui rilevanza è ritenuta così secondaria ?

E anche, come si fa a non reagire alle decisioni di gruppi parlamentari e partiti che ignorano caparbiamente – e da anni – l’esistenza dei parlamentari della Circoscrizione Estero, aderenti agli stessi partiti e altri stessi gruppi di maggioranza ?

Si sogna ancora qualche corsia privilegiata per il solo fatto di votare sì ad ogni decisione assunta dai vertici ? La teoria che i peones possano acquisire qualche vantaggio (a parte quelli di natura personale a noi ignote) è destituita di qualsivoglia fondamento ove trattasi, come si tratta, di rappresentare un ambito di cittadinanza extraterritoriale che per sua natura non ha a che fare con appalti, piani di sviluppo locale, ecc., che peraltro, anche dentro i confini sono ormai bloccati.

C’è solo una cosa che invece resta intatta come campo di negoziazione e questa si chiama dignità, sia che riguardi i componenti del CGIE, sia che riguardi quella dei parlamentari dell’estero.

Non è un richiamo alle qualità individuali, ma più correttamente al fatto che si sta rappresentando il 7 per cento degli italiani. E questo è un dato ineludibile.

Ed inoltre, si deve aggiungere, si sta rappresentando (o lo si dovrebbe) tutti coloro -i tanto corteggiati giovani – che sono in procinto di partire e che sicuramente partiranno. Purtroppo, essi saranno visibili nelle statistiche ufficiali solo tra 4 o 5 anni. E sarebbe ridicolo occuparsi di loro solo a fuga avvenuta.

Ci sentiamo di lanciare una proposta: indiciamo insieme una grande assemblea internazionale autoconvocata per il mese di ottobre, che faccia il punto su tutte queste questioni.

Al di là di un riconoscimento istituzionale che non ci sarà, bisogna riacquisire la consapevolezza che i processi migratori sono al centro delle contraddizioni della fase storica che stiamo attraversando. La marginalità politica inghiottirà chi non lo comprende.

La prossima riunione dell’Ufficio di Presidenza del CGIE potrebbe dare un segnale importante.

(*)- Segr. generale della FIEI

 

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