9792 Cosa ci comunica il terremoto in Emilia Romagna. E’ ora di una svolta politica generale.

20120529 23:02:00 redazione-IT

[b]di Rodolfo Ricci[/b](*)

La Fiei esprime la sua vicinanza alle popolazioni dell’Emilia-Romagna colpite duramente, per la seconda volta in pochi giorni, dal terremoto. L’evento, del tutto inatteso per un’ area del paese ritenuta incredibilmente a basso rischio sismico, pone tutti di fronte alla necessità di dare priorità assoluta a scelte di investimento pubblico e privato orientate al riassetto del territorio, all’edilizia antisismica, a una riconversione industriale che metta di nuovo i bisogni delle persone al centro dell’attività economica e della politica, anziché verso inutili, faraoniche e dannose opere (come la TAV) che servono solo a ricapitalizzare grandi imprese e banche in fallimento.

Il fatto che il terremoto abbia colpito con effetti devastanti una delle zone più avanzate e più ricche del paese, ci conferma che l’intera Italia è a rischio, non solo “l’arretrato” meridione come ci si ostinava a dire.

(E pensare che la centrale nucleare di Caorso dista meno di 50 km dall’epicentro del sisma.)

Anzi, uno sviluppo spesso incontrollato e determinato da orientamenti univoci e produttivistici che hanno antropizzato fino all’eccesso territori delicati e in gran parte vocati all’agricoltura, dimostra, come già ci avevano indicato altri innumerevoli eventi ambientali catastrofici che negli ultimi anni hanno colpito il nord ricco d’Italia, che è ora di tornare ad occuparsi della vita delle comunità umane ed ecologiche e di abbandonare il paradigma sviluppista che ha improntato tutti i decenni trascorsi e che continua a caratterizzare l’azione del Governo Monti.

E’ ora di abbandonare la via di una competitività astratta definita dalle leggi del cosiddetto mercato che salassa i popoli e i lavoratori e destina imponenti risorse alla finanza speculativa; è ora di finirla con una spesa militare che destina decine di miliardi di euro per l’acquisto di cacciabombardieri e di missioni militari e guerre, è ora di finirla con la riduzione della spesa sociale, dell’educazione, della previdenza, della sanità, solo per pagare gli interessi su un debito pubblico che è stato messo nelle mani di pochi grandi operatori finanziari internazionali.

E’ anche ora di finirla con la favola di un’Europa che si è trasformata nel perfetto contrario di ciò che tutti i popoli europei hanno auspicato negli ultimi 60 anni. Se l’Europa è quell’entità che mette in ginocchio un paese come la Grecia e che rischia di fare altrettanto con Portogallo, Spagna e Italia, noi, questa Europa non la vogliamo. This is not Europa!

Se lo Stato è quello che deve salassare e derubare dei propri contributi milioni di pensionati, che costruisce un futuro di precarietà per decine di milioni di giovani, che riduce i diritti dei lavoratori, che emana norme per la libertà di licenziamento, che riduce la protezione sanitaria ad una pratica assicurativa con tanto di franchigia (che consentirebbe dai calcoli che hanno fatto, un “risparmio” di 90 miliardi di Euro a danno della gente e a miglior gloria delle banche), che si astiene dalla protezione delle sue popolazioni in caso di catastrofi (questo Governo ha appena decretato che in caso di catastrofi non si occuperà di ricostruire le abitazioni distrutte e che i cittadini sono chiamati a proteggersi con assicurazioni private), noi questo Stato non lo vogliamo.

Questa tipologia di Stato è infatti la negazione in sé della funzione pubblica.

Mario Monti e il suo governo (e chi in parlamento lo sostiene) sono alquanto imbarazzati dal terremoto in Emilia Romagna perché questa sventura viene a mettere in discussione la sua “opera di risanamento” e crea un inatteso buco che ora deve giustificare di fronte alla Troika che ci tiene sotto mira e che non compendia, tra i suoi penosi criteri di PIL, deficit, ecc. queste “banalità” ambientali e naturali.

Se il Parlamento, se il Governo, se lo Stato debbono servire a lavarsi le mani del destino di un intero popolo, questi istituti hanno terminato, oggettivamente, la loro funzione. Per ben altro sono nati e sono stati costruiti attraverso la lotta di intere generazioni.

Le istituzioni democratiche valgono nella misura in cui contribuiscono al benessere generale, altrimenti sono destinate alla scomparsa.

E’ doveroso ricordare che sotto i capannoni crollati dell’Emilia Romagna sono morti diversi lavoratori immigrati; in una percentuale molto alta rispetto al resto.
Ciò dà un’idea delle condizioni di sfruttamento in cui anche nella progredita e progressista Emilia, essi sono relegati.

Al di là delle chiacchiere ufficiali con cui le massime cariche dello Stato inondano quotidianamente le case degli italiani dalle tv e dai giornali, questo è lo spaccato nazionale che anche il terremoto in Emilia ci ripropone.

Il 2 giugno si festeggia la nascita della Repubblica.
Sarebbe bene recitare un discorso frugale e gettare molta cenere sulle teste istituzionali di questo paese.

E speriamo vivamente che ci venga risparmiata la penosa parata delle forze armate tra il Colosseo e Piazza Venezia.

Le forze armate potrebbero, in questa difficile congiuntura, essere indirizzate a operare come forze di protezione civile e di ricostruzione materiale del paese. A partire dalle zone disastrate dal terremoto.
Altro che Spending Review !

[i](*)- Segretario della Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione[/i]

 

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