9557 Finisce il vertice di Durban Unica novità, il fallimento Onu

20111210 14:16:00 redazione-IT

[b]Si conclude oggi a Durban il 17° vertice delle Nazioni Unite sul clima. Nessuna novità sostanziale è emersa rispetto alle grigie previsioni, salvo una: il definitivo fallimento del ruolo delle Nazioni Unite.[/b]
[i]di Marica Di Pierri*[/i]

Si conclude oggi a Durban il 17° vertice delle Nazioni Unite sul clima. Nessuna novità sostanziale è emersa in Sudafrica rispetto alle grigie previsioni. O meglio, anche se non sul clima, un elemento di rilievo c’è. E’ il definitivo fallimento del ruolo delle Nazioni Unite e delle dinamiche negoziali multilaterali. Lo ha riconosciuto Ban Ki Moon non più tardi di due giorni fa, quando in conferenza stampa è stato costretto ad ammettere che stando così le cose l’Onu non ha le capacità di spingere gli Stati membri ad un accordo vincolante. Neppure su un tema di enorme urgenza come l’emergenza climatica, che rischia di mettere irreversibilmente in rischio gli equilibri ecologici del pianeta e in ginocchio i popoli.

Nulla è deciso dunque, almeno nulla che serva concretamente a contribuire all’unico obiettivo necessario: ridurre le emissioni di Co2 per evitare la catastrofe e farlo in tempi certi. Il protocollo di Kyoto, ultimo baluardo normativo vincolante esistente, per altro di per sè già poca cosa, arrivava qui a Durban in agonia. Manca appena un anno alla scadenza, e la questione della sua prosecuzione è vitale. Dopo 10 giorni di lavori nell’International Conference Centre e nessun serio tentativo di terapia intensiva, Kyoto è già roba del passato, come ha dichiarato il rappresentante del governo del Canada, non a caso uno dei principali inquinatori. Il protocollo muore anzitempo e senza una successione definita.
L’intenzione dei governi è quella di ricondurre la crisi ecologica e climatica all’interno dei meccanismi e delle regole del mercato. Per questo si salutano le partnership bilaterali sulla cooperazione economica nel campo della green economy come base e futuro della sostenibilità. Come avvenne a Cancun durante la 16° Cop, anche qui nessuna decisione è venuta fuori dai tavoli ufficiali, tutto si decide negli incontri e nelle cene organizzate a margine delle trattative. Ma non è costruendo eserciti di vetture ecologiche che salveremo il pianeta, anzi. C’è bisogno di tagliare le emissione e secondo sindacati, movimenti e organizzazioni sociali questo può accadere solo con un cambiamento radicale di modelli produttivi e stili di vita.
Gli ultimi 4 giorni di negoziazioni sono stati caratterizzati dalla presenza dei rappresentanti governativi, circa 130 i ministri arrivati, mentre appena 12 sono i capi di stato arrivati a Durban, neppure uno del G20. I paesi dell’ALBA, l’Alleanza Bolivariana per le Americhe, hanno chiesto uno sforzo maggiore ai paesi industrializzati e un sistema di controlli per garantire il rispetto degli impegni assunti. Gli stati insulari e l’Africa hanno sottolineato la situazione di grande vulnerabilità in cui la crisi climatica costringe i loro territori: destinati ad essere rispettivamente sommersi o desertificati con conseguenze devastanti a livello ambientale e sociale. Senza dimenticare che il clima causa la morte di 350mila persone ogni anno, oltre che crescenti e sempre più drammatici flussi migratori. Lo hanno chiaro molti dei 193 paesi qui rappresentati, ma non in grado di far ascoltare la loro voce. Lo ha chiarissimo la scienza, che parla del limite del 2015 per il picco delle emissioni. Lo ignorano invece i governi che hanno tirato fuori come date il 2015 o addirittura il 2020 per l’avvio di un accordo vincolante. Speriamo di no, perché sarebbe già troppo tardi.

* Associazione A Sud

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/6037/

 

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