9532 ELEZIONI IN EGITTO: un servizio di Elisa Ferrero

20111201 19:16:00 redazione-IT

30/11/2011- Lo spoglio delle schede elettorali sta procedendo a pieno ritmo. Anche se i risultati ufficiali saranno annunciati solo domani, è già chiaro che si profila una netta vittoria islamista, come da programma. Ricordo che si tratta del primo turno delle elezioni parlamentari per l’Assemblea del Popolo, che sarà seguito da altri due turni, l’ultimo dei quali a gennaio. Questa tornata (che prevede i ballottaggi il 5 dicembre) ha coinvolto nove governatorati: il Cairo, Alessandria, Damietta, Kafr el-Sheykh, Fayyoum, Port Said, Assiut, Luxor, Mar Rosso.

Tenuto conto che il Cairo e Alessandria messe insieme contano più di venticinque milioni di abitanti, su un totale di circa ottanta milioni, questa prima tornata elettorale è un bel test. Le grandi megalopoli, inoltre, erano quelle con più chances per i liberali. Ma non c’è bisogno di aspettare i risultati finali per sapere che gli islamisti hanno vinto, anche se con varie sfumature a seconda dei distretti (che sarà interessante analizzare nei prossimi giorni).

In molte zone la vera battaglia è stata tra Fratelli Musulmani e salafiti, mentre i liberali (sostanzialmente la coalizione del Blocco Egiziano) è rimasta indietro. La Rivoluzione Continua, cioè la coalizione più espressiva dei giovani del 25 gennaio, risulta essere la più penalizzata. Anche questo come da programma.

Ora, assodata la vittoria islamista al primo turno (ed escludendo un recupero miracoloso dei liberali ai prossimi turni), cominciano a delinearsi alcuni scenari degni di attenzione, che probabilmente domineranno la scena politica nei prossimi mesi. Ne vedremo delle belle, credo. Il primo scenario è quello di un braccio di ferro – già iniziato, per la verità – tra Fratelli Musulmani e Consiglio Militare sulla formazione del prossimo governo. Entrambi rivendicano il diritto di nominarlo, i primi perché legittimati dalla vittoria elettorale, i secondi perché rivestono le funzioni di Presidente della Repubblica (e l’Egitto, fino a prova contraria, è ancora una repubblica presidenziale). Il secondo scenario è quello che vede i Fratelli Musulmani svolgere il ruolo del "centro moderato" nel prossimo Parlamento: a destra i salafiti e a sinistra i liberali/secolari. Come ha fatto notare Issandr al-Amrani nel suo blog, l’entità della vittoria salafita sarà tra i dati più interessanti di queste elezioni, perché determinerà fortemente la politica dei Fratelli Musulmani, con i quali condividono l’elettorato. Più i salafiti saranno forti, più è probabile che i Fratelli Musulmani si sposteranno su posizioni estremiste. Viceversa, se i salafiti saranno più deboli, i Fratelli Musulmani saranno più propensi ad adottare una politica moderata, seppur conservatrice.

E mentre i Fratelli Musulmani, in particolare, si godono questo momento storico, dopo decenni di persecuzioni, i liberali esprimono sgomento, anche se c’era da aspettarselo. Oggi, sui social networks, la preoccupazione si è espressa soprattutto attraverso lo scherzo e il sarcasmo ("Tiriamo fuori i cammelli!"). Ma c’è stato anche chi ha ridimensionato la sconfitta come un fatto inevitabile, perché gli islamisti hanno lavorato duro, in questi anni, per prepararsi a questo istante di gloria. I liberali, invece – anche questo viene loro ricordato – non hanno fatto nulla per restare in contatto con la "strada", persi nelle loro discussioni infinite sulla laicità dello stato, argomento poco sentito (e per nulla compreso) dalla stragrande maggioranza degli egiziani, impegnati piuttosto a raccattare qualcosa da mangiare ogni giorno.

I meno preoccupati per la vittoria islamista sembrano proprio i boicottatori delle elezioni. Infatti, molti ritengono che questo Parlamento non avrà autorità alcuna, perché sottoposto ai militari, oppure che lasciare agire gli islamisti sia la via più breve per toglierseli di torno, nella convinzione che la loro ipocrisia e il loro opportunismo politico saranno presto svelati pubblicamente a tutti, con un fallimento clamoroso del loro governo. Ma ci sono anche altre opinioni, come quella della candidata Gamila Ismail, che ha scritto su Twitter: "Non è importante chi vince, ma come si vince". Ovverosia, non importa chi è il vincitore, ma che il sistema che lo ha portato alla vittoria sia una reale competizione democratica. Su questo punto, tuttavia, esistono numerosi dubbi. Un tweet di @NNegma, ad esempio, ha inquadrato la situazione con poche parole: "Un governo dimissionario sovrintende a delle elezioni illegittime di un parlamento provvisorio senza alcuna autorità, elezioni nelle quali la gente vota in favore di coloro che affermano che la democrazia è haram". Il dibattito continuerà e senza dubbio si infiammerà ancora di più nei prossimi giorni.

E piazza Tahrir? Sempre meno affollata, nei giorni scorsi è rimasta a guardare. Il sit-in continua, ma appare indebolito. Il plauso per le forze armate e la polizia, che solo qualche giorno fa erano fortemente sotto accusa, è stato generale, avendo gestito le elezioni pacificamente e tutto sommato correttamente. Eppure ieri sera, appena chiusi i seggi, piazza Tahrir è stata attaccata violentemente dai baltagheya. Come previsto del resto, perché è uno schema ripetuto. Appena i numeri calano, la piazza si inquina e iniziano gli attacchi, che spesso precedono uno sgombero violento. Non se ne è parlato molto in mezzo al fermento elettorale, tuttavia i feriti degli scontri di ieri sera sono stati 108. Certo non pochi. Tahrir, allora, prova a rispondere, chiamando a una nuova manifestazione, per venerdì prossimo, in onore dei martiri della settimana passata.

Nel paese si sta profilando un confronto tra Consiglio Militare e Parlamento (il che equivarrà, molto probabilmente, a uno scontro militari-islamisti), ma nessuno dimentichi il terzo incomodo, cioè proprio piazza Tahrir, perché la piazza è il vero elemento di novità che la cosiddetta Primavera Araba ha portato alla luce. E i liberali che ruolo avranno in tutto questo? Beh, avranno molto da lavorare e su cui riflettere… Intanto è il turno degli islamisti. Poi, forse, se questi falliranno, toccherà a loro.

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29/11/2011- Secondo giorno di elezioni parlamentari in Egitto, e ultimo giorno del primo turno. Anche oggi si sono riviste le lunghe code di ieri, ma esistono dati contradditori sull’affluenza. Alcuni sostengono che ci sia stato un calo rispetto a ieri. Testimoni parlano di seggi completamente vuoti. Altri invece, tra i quali alcuni esponenti del Consiglio MIlitare, prevedono che l’affluenza, alla fine, supererà il 70%. I meno ottimisti dicono che non si supererà la percentuale del 40%. I Fratelli Musulmani, intanto, hanno fatto i loro sondaggi. Sul loro sito web ufficiale hanno dichiarato che l’affluenza di ieri è stata del 30%. Quel che è certo, confermato da numerose parti, è l’enorme partecipazione delle donne, tutte accorse a votare per reclamare i propri diritti. Donne velate con il hijab o il niqab, donne dall’abbigliamento moderno ed emancipato oppure tradizionale, donne di tutte le età. Ognuna intende i propri diritti a suo modo, ma tutte sentono l’uguale necessità di rivendicarli, pensando che votare sia un primo importante passo. Chissà se avranno votato per candidate donne, però.

Ora sono iniziati lo spoglio delle schede e il conteggio dei voti. Neanche oggi, per fortuna, si sono riscontrate violenze o irregolarità sistematiche. Ci sono stati, tuttavia, molti problemi, per i quali sono giunte le scuse ufficiali del Ministero degli Interni. Alcuni seggi non hanno nemmeno aperto, in altri ha regnato la confusione, con urne non sigillate portate di qua e di là e gente che votava senza alcuna privacy. Anche oggi, poi, è continuata la propaganda politica fin dentro i seggi. E’ probabile che la Commissione Elettorale dovrà gestire numerosissime denunce nei prossimi giorni e mesi. Tuttavia, il feldmaresciallo Tantawi e il nuovo Primo Ministro Ganzouri si sono mostrati visibilmente soddisfatti. Stanno arrivando anche i voti dall’estero, ma i risultati non saranno annunciati se non assieme a quelli delle elezioni in patria. Questo ha fatto infuriare alcuni votanti, che temono che i propri voti vadano persi o subiscano brogli. E’ questo, infatti, il momento più delicato per i brogli. Era improbabile che avvenissero durante le votazioni, la gente si sarebbe ribellata con forza questa volta. Ma tra lo spoglio delle schede e l’annuncio dei risultati chissà… Gli osservatori stanno facendo una grande fatica a far accettare la propria presenza e il proprio ruolo. Inoltre, pare che il garante della regolarità delle elezioni sia lo stesso giudice accusato di aver ratificato in passato i brogli di Mubarak. Non una grande garanzia, dunque.

Comunque sia, il successo delle elezioni ha oscurato piazza Tahrir. E’ ancora piena di manifestanti, ma non come nei giorni precedenti le elezioni, cosa che ha guastato il clima, perché quando i numeri diminuiscono si infiltra gente estranea. I piccoli scontri tra venditori ambulanti e addetti alla sicurezza che sono scoppiati questa sera ne sono un segno, dicono i giovani di Tahrir. Sarà nei prossimi giorni, però, che piazza Tahrir sarà nuovamente messa alla prova. Con uno scarso numero di manifestanti e le telecamere di tutto il mondo ormai rivolte altrove, piazza Tahrir rischierà di più. Un nuovo sgombero violento, ad esempio.

Ma nel paese non si è del tutto spenta la rabbia per la brutale repressione dei manifestanti della settimana scorsa. Oggi c’è stato un ammutinamento dei lavoratori della dogana di Suez, che si sono rifiutati di far scaricare un container da sette tonnellate di gas lacrimogeno fresco fresco, proveniente dagli Stati Uniti. Purtroppo l’ammutinamento ha fermato il gas solo per poche ore, poi il container è stato trasportato al Cairo. Intanto, però, si è indagato sulla ditta che produce questi lacrimogeni. E’ stata individuata in Pennsylvania. I rivoltosi egiziani hanno subito contattato i giovani del movimento di protesta statunitense per chiedere aiuto e questi hanno già organizzato una protesta. La solidarietà internazionale è attiva e funzionante, come si vede. Purtroppo, però, sembra che sia riuscito a scappare il giovane ufficiale delle Forze di Sicurezza che nei giorni scorsi è diventato famoso per essersi divertito a sparare direttamente negli occhi dei manifestanti. Se ne sono perse le tracce, con rabbia e sgomento generale.

Intanto, l’economia va a picco. Si stanno esaurendo le scorte alimentari e la sterlina egiziana ha raggiunto il minimo storico degli ultimi sette anni. L’entusiasmo elettorale si esaurirà presto, temo.

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28/11/2011 – Dopo una settimana di scontri che hanno fatto 41 vittime e più di tremila feriti, per quanto se ne sa finora, sono finalmente arrivate le elezioni, delle quali molti auspicavano il rinvio. Si vota, oggi e domani, per il primo turno delle elezioni dell’Assemblea del Popolo e i ballottaggi (per la quota maggioritaria) si terranno il 5 dicembre.

Fino a ieri sera, in piazza Tahrir, il dibattito tra i dimostranti sull’opportunità o meno di boicottare il voto è stato feroce. I fautori del boicottaggio ritengono che queste elezioni siano una farsa, concepite in modo da dare soltanto maggior legittimità al Consiglio MIlitare e campo libero alla vittoria degli islamisti. Inoltre, dopo i morti dei giorni scorsi, a molti pare quasi un insulto, o un’ipocrisia, partecipare allo spettacolo democratico allestito dal Consiglio Militare, per di più sotto la protezione di quelle stesse forze di polizia che, fino a pochi giorni fa, li uccidevano senza pietà. I sostenitori del boicottaggio, oltre a essere convinti dell’inutilità del voto, non hanno nessuna fiducia nemmeno nella sua regolarità. A questo gruppo di persone appartengono, in primo luogo, i movimenti di sinistra.

Sul fronte opposto, invece, si trovano quelli che credono che, nonostante tutto, alla gara elettorale si debba partecipare comunque, per tentare di strappare quanti più seggi possibili alle forze islamiste e controrivoluzionarie. La tesi, in questo caso, è che qualsiasi spazio democratico si crei, per quanto imperfetto, debba essere occupato. Gli avversari, islamisti o elementi del vecchio regime che siano, devono essere combattuti attivamente su ogni terreno disponibile, senza ritirarsi dalla lotta con un atteggiamento da duri e puri. E la scelta di votare non impedisce comunque di continuare la lotta per la democrazia anche attraverso le proteste di piazza. Anzi, le due cose possono andare in parallelo, perché l’una non esclude l’altra. In questo gruppo si contano soprattutto i liberali.

Gli islamisti, dal canto loro, non hanno nessun dubbio. Hanno aspettato con ansia e trepidazione questo momento, pertanto affluiranno in massa per votare (specialmente domani, secondo le direttive del movimento, perché temono che nella notte i voti possano andare persi per qualsiasi motivo). Si sono comunque perfettamente organizzati per proteggere i seggi da eventuali attacchi dei baltagheya.

Finora, a giudicare dall’affluenza alle urne, sembra che il partito pro-elezioni abbia vinto la partita. Il boicottaggio si è limitato a pochi gruppi e movimenti. Anche piazza Tahrir si è in parte svuotata, perché molti dimostranti, facendo i turni, si sono recati a votare. Non credo sia giusto attribuire questa grande affluenza solo alla paura della multa di 500 pound. C’è davvero, nonostante le molte disillusioni e la consapevolezza del valore limitato di queste elezioni, un sincero desiderio di partecipare con il proprio voto al processo democratico. Chi va a votare non è necessariamente un sostenitore del Consiglio Militare o un nostalgico del vecchio regime, ma esprime una speranza, non volendo perdere anche la più minima occasione di cambiare le cose.

Pertanto, questa mattina alle 8 i seggi hanno aperto le porte per accogliere fiumane di gente. Le code sono state più lunghe di quelle già viste in occasione del referendum costituzionale di marzo. Molte persone hanno atteso sei o sette ore per votare, a volte sotto la pioggia. Per adesso non si registrano le violenze temute, per fortuna, solo qualche baruffa o litigio. In alcuni seggi, infatti, ci sono state vivaci proteste per il ritardo dei giudici o delle schede elettorali. Le irregolarità riscontrate, a dire il vero, sono molte, ma non sistematiche. Molte, secondo me, sono dovute alla disorganizzazione di base di queste elezioni che, fino all’ultimo, non si era nemmeno sicuri di tenere. Le violazioni più frequenti riguardano la propaganda politica, che è proseguita anche durante le votazioni, con la spudorata distribuzione di volantini persino alla gente in coda. Tuttavia, non sono stati solo i Fratelli Musulmani a farlo. Questa volta molti testimoni affermano che anche i "secolari" si sono dati da fare. E la propaganda nei giorni scorsi, sempre secondo i testimoni, è avvenuta in egual misura nelle moschee e nelle chiese.

Ore infinite d’attesa per votare, dunque. Persino lo sheykh di al-Azhar ha insistito per fare la coda come gli altri. Non ha fatto lo stesso, però, il nuovo Primo Ministro Ganzouri, che si è recato a votare superando una fila di 500 persone. Gli impegni di governo, si sa… Ma questo non gli ha guadagnato molte simpatie. Altri illustri personaggi, come Amr Hamzawi, si sono invece fatti coinvolgere in animate discussioni con il seggio su varie irregolarità. Per segnalare le irregolarità, comunque, sono stati istituiti appositi numeri di telefono gratuiti.

Vista l’enorme affluenza, l’apertura dei seggi è stata posticipata alle 9 di sera e domani mattina riprenderanno le votazioni. Questa notte, intanto, sarà un momento delicato. I seggi con le schede già votate dovranno essere adeguatamente vigilati.

Oggi, tuttavia, è anche iniziato lo spoglio dei voti in alcuni paesi esteri (domani inizia quello in Italia). Alcune indiscrezioni, che andranno confermate, rivelano che la coalizione liberale del Blocco Egiziano sarebbe in testa nei paesi europei, con il 70-90% dei voti favorevoli al Partito degli Egiziani LIberi, guidato dal tycoon copto Naguib Sawiris. In Arabia Saudita, invece, vincerebbero i Fratelli Musulmani. Ma come ho detto, sono notizie non confermate per ora.

Un particolare sfuggito a molti, tuttavia – ma non agli attenti ragazzi di Tahrir – è che le elezioni si stanno svolgendo sotto le eterne leggi di emergenza. Il Consiglio Militare aveva promesso di revocarle poco prima delle elezioni, ma non l’ha fatto, neanche questa volta. Ma si sa, dopo gli scontri di Tahrir…

 

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