9480 Sul berlusconismo

20111113 22:45:00 redazione-IT

[b]di Roberto Musacchio[/b]

[i]Naturalmente sono contento che Berlusconi non sia più presidente del consiglio. Ma non riesco ad essere sereno, come si è quando una brutta cosa è ormai alle spalle e puoi guardare diversamente il futuro. Il futuro sarà sicuramente diverso, come sempre lo è, ma ciò che mi turba non è l’impresa immane della ricostruzione quanto le ombre pesanti che non riesco a diradare. Intendiamoci: sempre la storia non è bianca o nera e mai si presenta con la purezza dei “ buoni contro i cattivi “. La rivoluzione non è un pranzo di gala, si diceva ai vecchi tempi. Appunto, i vecchi tempi: non vorrei nemmeno rimanere prigioniero di un passato che non c’è più, nostalgico di una idea di cambiamento non più scritta nella storia. Eppure sento che ciò che mi turba non è pura biografia personale. Prendiamo il berlusconismo. Se ne è parlato tanto ed è difficile aggiungere cose. Ma occorre riflettere, se veramente ce ne vogliamo liberare, su come ci comportiamo nel momento in cui appare declinante e sconfitto.[/i]

[i]Per molti Berlusconi sembra quasi un accidente della storia, il “ cancro estirpato “, orrenda metafora, l’uomo nero. Già c’è una disinvoltura nei paragoni storici che non può essere accettata supinamente. Il ventennio berlusconiano come il ventennio mussoliniano. Un parallelo inaccettabile per quello che di tragico e unico il fascismo ha rappresentato e che non si può banalizzare.

E poi perché si salta il piccolo particolare che durante questi 17 anni di Berlusconi sono stati quasi la metà quelli in cui non ha governato lui ma, in varie forme, l’altro campo. E se si dice che però il problema è che comunque ha regnato nell’egemonia reale il berlusconismo, cosa per altro vera, la questione si fa più grave perché si deve pur dar conto del perché non si è riusciti a contrastarlo efficacemente.

Per giunta, ancora prima di questi 17 anni, è cominciata quella transizione che, tra la caduta del muro di Berlino, Tangentopoli, la fine dei grandi partiti del dopoguerra, ha preso il nome di seconda repubblica. Una seconda repubblica ampiamente voluta anche dalle forze opposte al berlusconismo che si sono ostinate a negare un rapporto tra essa e l’egemonia berlusconiana.

E’ proprio così? Finito Berlusconi, la seconda repubblica, fatta di maggioritario, partiti coalizione centrati sul governo e condivisione del medesimo approccio compatibilistico agli elementi portanti del sistema può finalmente dispiegarsi nelle sue virtù?

Sarebbe bene porsi il tema visto che ancora una volta si apre una transizione affidata ad un soggetto “ esterno “ alla politica, come fu 20 anni fa Ciampi ed ora è Monti, e che viene considerata tanto obbligata per quanto è incerta sulle finalità.

A proposito di berlusconismo, se devo ricercare i necessari elementi della nostra storia patria che gli hanno fornito materiali importanti, ben prima del craxismo, li trovo in quegli elementi distorsivi che Gramsci studiò attentamente.
Il trasformismo, la doppiezza, il sovversivismo dall’alto delle classi dirigenti, il populismo. Tutti tratti salienti del berlusconismo ma da cui l’antiberlusconismo non può dirsi esente o immune.

Strano che questo Paese, che ha avuto Gramsci, ma anche il Gattopardo di Tommaso da Lampedusa, non riesca mai veramente a riflettere su se stesso con consapevolezza matura. E a vedersi un po’ più inserito nel mondo. Anche il fascismo non fu pura tragedia italiana, ma si accompagnò ad altre dittature, all’orrore del nazismo e alla crisi europea che tutto travolse per la debolezza delle democrazie.

Oggi, possiamo parlare di come uscire dal berlusconismo se non guardiamo al contesto in cui è maturata prima la sua forza ed ora la sua crisi? E il contesto è quello della rivoluzione conservatrice neoliberista, nel Mondo e in Europa.

Essa prima ha incubato i populismi di cui il berlusconismo è una variante particolare ma non avulsa e li ha lasciati governare anche per spiantare dalle fondamenta le forme della democrazia organizzata a partecipazione di massa ( e c’è da dire che se questo processo si è spinto particolarmente a fondo in Italia qualche riflessione le sinistre dovranno farla ); e ora svolta verso una gestione che nella crisi si fa tecnocratica e a democrazia deprivata di alternative sostanziali.

Come questo si esprime è anche diverso da Paese a Paese, anche se l’indicazione prevalente è per governi di grande coalizione. Ma questa è la sostanza. Sarà bene rifletterci ora che comincia una nuova transizione italiana prima di trovarsi nuovamente impotenti e subalterni per un altro ventennio. E per rifletterci occorre avere una chiave di volta, un proprio punto di vista, una propria autonomia. Quello che mostrano di avere più i movimenti che le sinistre europee.

La chiave è il domino del potere finanziario che produce l’incontrollabilità da parte della politica. Oggi la massa finanziaria in azione è enormemente superiore al pil mondiale ed alle risorse accumulate: un milione di miliardi di dollari ( più di 600 mila solo di titoli derivati a fronte di un Pil mondiale che è di 67 mila miliardi di dollari ). Come se in agricoltura si fossero coltivate 4 o 5 volte le terre disponibili o in edilizia si cementificassero 2 pianeti o ugualmente in industria.

E questa crescita finanziaria senza senso non accetta regolamentazione alcuna, da quando, e fu Clinton a farlo e no Berlusconi, fu liberalizzata in America. È essa che crea strutturalmente il default degli stati e, ricordiamocelo, della natura.

Il debito cosiddetto sovrano è alimentato dalla spirale della speculazione che sciama su di esso come sciama sul grano o sul petrolio. Altro che pensioni e salari. E’ l’ABC della alternativa alla BCE, ma senza di questo diverso vocabolario non si va da nessuna parte.[/i]

 

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