9467 Siamo al sequestro della politica in nome delle “larghe intese”

20111110 21:59:00 redazione-IT

[b]di Andrea Fabozzi[/b]
[i]Napolitano protagonista assoluto, preannuncia l’investitura di Mario Monti alla guida di un governo tecnico dietro il quale ora si schierano tutti, compresi i berluscones, già in caccia di poltrone. La Lega si sfila.[/i]
«Basta giochini», anche se il giochino è il parlamento. Gioca uno solo. Giorgio Napolitano rallenta il crollo della borsa, rassicura l’Europa e i mercati, spiega che Berlusconi andrà via davvero, presto. Poi accelera regalando a super Mario Monti il laticlavio che vale come un distintivo: è lui il prescelto per realizzare le misure di guerra firmate ieri da Tremonti. E le altre che saranno necessarie. Il Pd può solo ritirarsi a bordo campo, assistere a braccia conserte allo spettacolo dell’approvazione rapida di un’altra manovra economica. Dedicarsi al totoministri. Informarsi sul programma che dovrà sostenere, tra qualche giorno. Tendere l’orecchio a Bruxelles. Il paese non è commissariato, è sequestrato. Si salverà così? Intanto si perde la sostanza e anche la forma della democrazia parlamentare. Le consultazioni si fanno in borsa, le verifiche sul mercato dei Btp. L’unica opposizione è quella della speculazione.

Ci affidiamo ai patrioti che comprano bond dello stato facendo buoni affari.
La nomina di Mario Monti a senatore a vita è il segnale più forte che il capo dello stato può lanciare ai giudici dei nostri conti. Il cuore oltre l’ostacolo: potesse il capo dello stato gli affiderebbe già subito l’incarico di formare il nuovo governo delle larghe intese. Ma ovviamente non può. Deve aspettare le dimissioni di Berlusconi, eppure il prescelto c’è ed è già al lavoro. Ed è senza limiti la doppiezza con la quale i politici che assistono allo spettacolo commentano la nomina. Il primo è Casini, poi tutti appresso si congratulano per il prestigio che il professore conferirà al parlamento. Lo aspettano in aula, dicono. Come se Monti fosse destinato lì.
A un certo punto si congratula anche Denis Verdini, l’uomo partito di Berlusconi, quello che martedì ha sbagliato il conto dei voti alla camera. «La nomina di Monti è un bel segnale», esclama. Tutto sta cambiando nel Pdl. La prospettiva di allungare la legislatura fa a fette il partito di maggioranza, gruppi sempre più ampi di disponibili al governo tecnico abbandonano Berlusconi. La possibilità di conservare il posto presentandosi come difensori dell’interesse nazionale infonde coraggio, si moltiplicano i casi di responsabilità. Berlusconi convoca vertici su vertici ma assiste impotente allo sgretolamento del suo partito, costruito in un attimo e in un attimo crollato.
Si annunciano nuovi gruppi che però rischiano di ritrovarsi sulla stessa linea del gruppo di origine. I traditori di ieri assomigliano già a delle avanguardie, nei corridoi del palazzo sono tornati ad avvicinarsi ai vecchi amici, l’addio è durato solo qualche ora. Alcuni ex di An sono gli ultimi pretoriani del voto anticipato, il resto del Pdl è già con il governo tecnico. È bastato l’annuncio delle dimissioni del capo per scoprire praterie di pensiero autonomo, ieri prima che facesse buio sia Fabrizio Cicchitto che Maurizio Lupi dissentivano dal cavaliere. Formigoni, Alemanno, Frattini, Fitto sono già dall’altra parte, forse persino già nel totoministri. Nella saletta del governo di Montecitorio si assiste all’incredibile: un vertice del Pdl senza Berlusconi. Dove Alfano, immediatamente mollato da tutti, non è riuscito a mettere d’accordo neanche i ministri della stessa corrente.
Per Berlusconi c’è il problema Bossi. Almeno sulla carta, perché la Lega è fermamente decisa a non entrare nel governo che dovrà affrontare i guai che ha combinato Tremonti. Adesso vuole l’opposizione per «rifarsi la verginità». Il senatur spera nella memoria corta dei padani e soprattutto non può lasciare a Maroni l’esclusiva del partito di lotta. Resiste, anche all’anagrafe; gli interesse ancora più il partito che la possibilità di nominare i nuovi parlamentari. Dunque Berlusconi non vuole rompere con l’alleato storico, non si vede bene in maggioranza con l’altro all’opposizione. Però la convenienza potrebbe essere reciproca ed è possibile che si intenderanno. Del resto il cavaliere non ha più margini di manovra. Gli è bastato un giorno da dimissionario in pectore per rendersi conto che il suo colpo «geniale» gli è esploso tra le mani.
Più forte di tutto è stata la disastrosa accoglienza dei mercati alle decisioni di ieri sera. L’assalto ai titoli del debito pubblico nazionale. Il cavaliere un po’ dentro e un po’ fuori piaceva solo agli speculatori e terrorizzava il resto dell’Europa. La cancelliera Merkel si è presa lo sfizio di dare il benservito al non amato collega con qualche giorno di anticipo, apprezzando le dimissioni di Berlusconi. Allora è intervenuto Napolitano. Con una nota da puro stato d’emergenza, in quattro punti. Premessa: «Nella mia qualità di capo dello stato tengo a chiarire quanto segue, al fine di fugare ogni equivoco o incomprensione».
E cioè: Berlusconi si dimetterà sul serio un attimo dopo che il parlamento avrà approvato la legge di stabilità. Al punto in cui stanno le cose avrebbe potuto dimettersi anche subito, ma comunque, scrive Napolitano, «non esiste alcuna incertezza sulla sua scelta». E poi: la finanziaria si approverà «nel giro di alcuni giorni», tre giorni appena si scoprirà poco dopo. Senza alcun ostacolo da parte dell’opposizione che ritira ogni emendamento proprio come aveva fatto ad agosto con la prima manovra. E pazienza se il Pd aveva avuto occasione di pentirsene, visto che quella manovra fu bocciata dai mercati. Pazienza se solo la settimana scorsa Bersani era andato a dire al Colle che questa volta non si poteva chiedere lo stesso sacrificio ai democratici perché «abbiamo già dato». Dovranno ridare.
Nella nota Napolitano aggiunge che anche le consultazioni saranno immediate e rapide e che «entro breve tempo o si formerà un nuovo governo o si scioglierà il parlamento» per andare alle elezioni «entro i tempi più ristretti». Affermazione impegnativa con dicembre alle porte e con tutte le difficoltà di votare in inverno. Ma comunque non ce ne sarà bisogno. Da lunedì proverà a giocare super Mario, versione senatore.

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/5779/

 

Views: 0

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.