11992 Schiavizzati da Hitler… accantonati dai governi

20160407 12:07:00 redazione-IT

[b]di Pier Giorgio Danella[/b]
[i]Francoforte – Una ferita ancora aperta per molte famiglie di caduti italiani. “In questo cimitero riposano 4788 militari e civili italiani caduti durante la 2a guerra mondiale”.[/i]
Così recita una frase in lingua italiana sulla stele di pietra all’entrata del Cimitero di guerra italiano di Hausen, Francoforte sul Meno. Di questi 4788 caduti oltre 700 sono civili, uomini, donne, partigiani, deportati politici e lavoratori coatti. A 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, questi caduti attendono ancora di ottenere una giustizia terrena.

Il Cimitero di guerra italiano di Francoforte è uno dei quattro cimiteri di guerra italiani presenti sul territorio tedesco, insieme a quelli di Berlino, Amburgo e Monaco di Baviera. I caduti italiani ancora sepolti in Germania, secondo stime non ufficiali, ammonterebbero a circa 40.000, sparsi in diversi cimiteri tedeschi, di questi solo circa 14 mila sono stati raggruppati, durante gli anni 50, nei quattro cimiteri di guerra sopra menzionati. Il quartiere di Hausen sorto intorno agli anni ‘50 come quartiere periferico a nord-ovest di Francoforte, con un piano di edilizia popolare, è oggi un quartiere completamente integrato nella struttura cittadina e facilmente raggiungibile dal centro in soli 15 minuti di metropolitana.

Il Cimitero di guerra italiano è all’interno del cimitero di Hausen o Westhausen Friedhof. Questo è un piccolo parco naturale, con alberi secolari, ben curato e spesso soprattutto nelle giornate di sole, si possono incontrare famiglie con bambini che tranquillamente passeggiano tra i viali. Qui tutto è immerso nel verde e tutto sembra avere un proprio equilibrio naturale. Soltanto la chiesa sembra non rientrare in questo equilibrio, un edificio grigio, monotono, triste, quell’edilizia-moderna anni 60 fatta di blocchi di cemento. Entrando nel cimitero la chiesa è sulla sinistra, si costeggia, si supera e dopo nemmeno cento metri, sempre sulla sinistra si trova l’entrata del Cimitero di Guerra italiano.

È un giorno di ottobre del 2015.

Io sono qui ad assistere al rito della riesumazione dei resti dei caduti italiani, un rito ormai che si ripete da alcuni anni, sempre in ottobre. Resti, che una volta assolte tutte le procedure burocratiche, verranno trasferiti in Italia per essere tumulati nei vari cimiteri d’origine. Con me ad assistere alla riesumazione c’è Attilio Allevi nato nel 1951 e nipote di quell’Attilio Allevi morto nel campo di concentramento di Norimberga e sepolto qui. Porta lo stesso nome dello zio ed è nato come lui ad Acquasanta Terme (AP). È arrivato qui a Francoforte per seguire il rientro dei resti dello zio.

Oggi riporto i resti di mio zio nella nostra terra…

Durante la giornata, insieme ai resti del soldato Allevi saranno riesumati i resti di altri 11 caduti. Si scava, dopo alcuni minuti, tra la terra a circa un metro di profondità si vede riemergere un sacchetto di plastica di colore blu, è molto rovinato è li da circa 60 anni, ma contiene ancora i resti del soldato Allevi. Questi, pazientemente e minuziosamente, vengono tutti raccolti vicino la tomba per poi essere definitivamente collocati in una piccola bara, zincata dentro e di legno chiaro fuori. Nell’assistere a queste operazioni di riesumazione il nipote Allevi si commuove, si volta verso di me, mi guarda e sussurra… “Oggi riporto i resti di mio zio nella nostra terra, a casa, nella nostra casa, in quella casa dove lui è nato. Ad Acquasanta Terme ci aspettano mia zia di 104 anni e uno zio di 86 anni. Essi sono rispettivamente la sorella e il fratello di questo caduto”. Ancora con un leggero sospiro e ripetendo oggi…“Oggi per noi, per la nostra famiglia si chiude definitivamente il capitolo doloroso della seconda guerra mondiale“.

Per le famiglie dei caduti questo rito rappresenta veramente l’ultima pagina del libro drammatico della storia d’Italia. La pagina del nazifascismo quella pagina dolorosa, resa ancor più dolorosa dal fatto che questi caduti italiani, militari e civili, non sono morti in guerra. Qui si cerca ancora una verità sulla fine di questi, e di tanti altri italiani, fatti prigionieri dalle SS e dalla Wehrmacht, dopo il “tradimento” dell’Italia dell’8 settembre del 1943.

Gli italiani rinchiusi allora nei campi di concentramento sparsi per la Germania, su ordine di Hitler, e contravvenendo alle convenzioni dell’Aja e di Ginevra sui “prigionieri di guerra”, furono marchiati come “bottino di guerra” creando un nuovo status di prigionieri. Dai documenti che ho potuto visionare, molti prigionieri morirono per malattie e stenti, a causa purtroppo sia delle condizioni disumane in cui essi erano costretti a vivere e sia a causa del duro lavoro che essi dovevano svolgere nei campi di concentramento. Altri, numerosi, morirono sotto i bombardamenti delle stesse forze di liberazione, bombardamenti che andarono a colpire numerosi campi di concentramento sul territorio tedesco.

Dietro la storia drammatica di questi caduti italiani in Germania, si nasconde inoltre un conflitto.

Un conflitto politico-giuridico, istituzionale e internazionale, in atto tra l’Italia, la Germania, la Corte Costituzionale italiana e la Corte Internazionale di Giustizia. Un conflitto, mantenuto volutamente e politicamente nascosto, sul risarcimento dei caduti e di questi caduti per crimini commessi durante l’occupazione 1943-1945 dalle truppe tedesche. Nel passato, diverse richieste di risarcimento per gli atroci atti commessi dai nazisti in Italia, classificati come crimini di guerra e crimini contro l’umanità, sono cadute nel vuoto. Nel 2008 però la Corte di Cassazione di Roma, con due sentenze separate, giustamente, ha dichiarato lecita la denuncia per risarcimenti fatta sia da ex internati militari e lavoratori coatti e sia dai familiari di vittime dei massacri nazisti in Italia. La giurisprudenza italiana ha infatti affermato il principio che “in presenza di violazione delle norme che tutelano i valori fondamentali individuali, riconosciuti da tutta la comunità internazionale, l’immunità di uno stato deve venir meno”, soprattutto la Cassazione ha fatto notare che ad oggi il sistema internazionale non prevede nessun meccanismo giurisdizionale a cui i singoli cittadini possano rivolgersi quando essi subiscono simili violazioni, di cui la fondata necessità e il dovere ad agire a livello italiano.

Dopo vari passaggi presso la Corte Internazionale di Giustizia con sede all’Aja, una sentenza di questa del 2012 ha però di fatto condannato lo Stato Italiano a ripristinare lo “status quo” cioè la non “processabilità e immunità di uno Stato, in questo caso la Germania. La Corte Costituzionale italiana in data 22 ottobre 2014 ha però ribadito e rafforzato in sostanza le decisioni della Corte di Cassazione di Roma, asserendo che “il principio dell’immunità degli Stati, dalla giurisdizione civile di altri Stati, generalmente riconosciuta nel diritto internazionale, non opera nell’ordinamento italiano, qualora riguardi comportamenti illegittimi di uno Stato qualificabili e qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona garantiti poi dalla Costituzione”.

La dottoressa Giulia Landi, esperta di Diritto Internazionale, da me contattata ha aggiunto… “Considerando che queste sentenze possano andare a creare “un precedente” e vista l’enorme massa di richieste di risarcimento possibili, le sentenze stesse hanno generato una sorta d’insicurezza e smarrimento non solo in Germania ma anche in altri stati, inclusa l’Italia stessa”. Per quanto riguarda le sentenze italiane, la dottoressa ha ribadito la loro correttezza, solidità e fondatezza… “Tra l’altro le motivazioni della Corte Costituzionale potevano essere generalmente meglio spiegate. Da menzionare e d’importanza fondamentale come l’individuo, nel panorama giuridico internazionale, non sia singolarmente tutelato. Purtroppo di questo diritto fondamentale del cittadino la Corte Internazionale non ne ha tenuto conto”.

Inoltre la dottoressa Landi precisa…“La sentenza della Corte Costituzionale, va letta nel senso piú ampio, sicuramente non é una mera sentenza di condanna verso la Germania e indirettamente verso la Corte Internazionale di Giustizia, ma questa rimane fondamentale perché indirizzata alla comunità internazionale, andando essa a garantire l’applicazione dei principi sovrani del nostro ordinamento giuridico, quali il rispetto della dignità umana, art. 2 e 24 della Costituzione Italiana. Berlino al momento avrebbe una sola opzione, rivolgersi al Consiglio di Sicurezza per dare esecuzione alla sentenza della CIG del 2012 di condanna dell’Italia, ma la prassi in questo senso è assente e forse il tutto non è esente da rischi”.

Politicamente a Berlino e a Roma tutto tace, purtroppo la politica italiana latitante e approssimativa di qualche anno fa, leggasi Ministro Frattini, ha leggermente peggiorato la situazione. La stessa CIG già prima della sentenza del 2012, aveva suggerito alle parti di trovare un accordo extragiudiziale, appunto per evitare l’incrinarsi dei rapporti bilaterali, materia che purtroppo non è stata mai affrontata dal governo italiano. Al momento le possibilità di un accordo bilaterale sono scarsissime, dato che la Germania è forte del parere positivo, condanna dell’Italia, da parte della CIG.

Inoltre il governo italiano si trova nella scomoda posizione di dover scegliere se schierarsi dalla parte della nostra Corte Costituzionale, che garantisce i diritti del cittadino, e rischiando di andare contro i propri obblighi internazionali, o adottare un atteggiamento più morbido verso la Germania.

Nel 2009 l’allora ministro degli esteri Frattini, fu talmente morbido, che durante un’incontro con il ministro degli esteri tedesco Steinmeier a Berlino, sposò completamente la causa tedesca asserendo che “la Germania deve opporsi al risarcimento dei caduti italiani, e che un risarcimento di pochi euro, non risolve il problema…” (intervista al giornale Süddeutsche Zeitung). Il ministro sicuramente ignorava anche, che ieri come oggi, le famiglie di questi poveri caduti, non solo non hanno ancora ricevuto un risarcimento a loro dovuto e non solo moralmente, ma sono anche costrette a supportare di tasca propria le spese per il rimpatrio dei resti di questi caduti. Spese che annoverano anche tasse e autorizzazioni cittadine, come nel caso di Francoforte.

Fino a qualche anno fa la città di Francoforte esigeva solo di tasse circa 1500 euro per la riesumazione di ogni caduto. É stato solo grazie all’interessamento delle autorità italiane sul posto, che la città è scesa poi ad un compromesso di circa 700 euro. Considerando circa 250 rimpatri nel corso degli ultimi anni, più i circa 25.000 euro che il Ministero della Difesa Italiano paga annualmente per la manutenzione del cimitero di Guerra di Francoforte, mi viene da pensare che i pochi euro di cui parlava il ministro italiano, non siano purtroppo pochi euro per i tedeschi. Confidando nella giustizia italiana noi tutti aspettiamo fiduciosi di poter scrivere la parola “fine” alla tragica storia di queste vittime. Vittime due volte, ieri e oggi. Un mio pensiero e ringraziamento va ai nostri padri costituenti, lungimiranti. Grazie per i nostri diritti fondamentali!

http://www.corritalia.de/home/dettaglio/schiavizzati-da-hitler-accantonati-dai-governi/ba388b4ba52d57c3e62b3f31b93f5e48/

 

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