8314 Kirchner, un protagonista

20101028 20:23:00 redazione-IT

di Tito Pulsinelli

[b]E’ morto l’uomo che ha ridato l’orgoglio agli argentini, che riportò l’Argentina alla superficie, facendola riemergere dal vortice in cui la affondarono gli scellerati privatizzatori, le marionette del FMI, gli estremisti dell’illusoria parità fissa del peso con il dollaro. "Stiamo finalmente nel primo mondo" biascicavano di fronte al monopolio mediatico i Cavallo e i Menem, coperti di lodi prezzolate, inebriate apologie del mercato che doveva arrivare fino al "zero Stato". Il sogno si infranse quando congelarono i conti in banca dei piccoli risparmiatori: avevano privatizzato tutto, in un’asta senza fine dove tutto passò in mano alle compagnie straniere con pochi spiccioli. Il barile era già stato raschiato tutto e i grassatori si attacarono ai conti correnti. Era troppo.[/b]

di Tito Pulsinelli

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L’ira popolare esplose, assediò le banche, si paralizzò il Paese, e l’incorporeo presidente in carica dovette fuggire in elicottero. Vari altri successori si avvicendarono, in un balletto frenetico ed effimero, bruciati dall’impossibilità di continuare a governare applicando quelle stesse ricette che -oggi- il FMI, banche centrali e la banca internazionale impone ai governi d’Europa.

Nestor Kirchner seppe imporre una rottura e riportò il baricentro del potere decisionale a Buenos Aires, osando sfidare e imporsi ai "poteri forti": no alla sacralità del debito; ritorno dello Stato al centro della vita nazionale; no al capestro con cui il potere finanziario strozza le nazioni e i suoi dirigenti coraggiosi e visionari. Don Nestor oggi viene pianto da tutti perchè è l’uomo che mantenne fisso il timone sulla rotta con cui l’Argentina lasciò alle spalle la mannaia del default.

Solo le élites e l’oligarchia agro-esportatrice non lo rimpiange. E neppure i residuali settori militari con le mani sporche del sangue dei torturati e dei desaparecidos della dittatura. Kirchner stabilizzò il Paese, aprì l’alveo di un nuovo corso economico, con misure coraggiose ed eterodosse, contro cui si lanciavano anatemi sia da Washington che da Bruxelles. Non sacrificò gli ultimi e i tartassati di sempre. Gli afoni cantori della monocorde "globalizzazione madre di ogni progresso", lanciavano fulmini ed improperi contro gli irresponsabili "populisti" sudamericani. Pretendevano dettare norme di condotta o elargivano interessati consigli, ma rimasero inascoltati.

Oggi, quando stanno mestamente ripiegando sulla linea Maginot di una "globalizzazione più giusta", si ritrovano con economie distrutte, alle prese con paradossali ed insensate schizofrenie: pretendere più anni lavorativi agli anziani mentre moltiplicano i giovani senza lavoro. Governi senza arte nè parte, privi di sovranità sull’economia, che debbono genuflettersi ai centri di potere esterno. Fino al punto di osare finanziare con denaro pubblico i banchieri o comprare stock esorbitanti del non incassabile debito degli Stati Uniti. E immediatamente dopo gettano sul lastrico le maggioranze, i più indifesi.

Kirchner non ha percorso questa strada, perciò ha concretato risultati ragguardevoli ed ha potuto contare sulla maggioranza degli argentini e su dei "compagni di strada" come Lula, Chávez, Evo Morales, Rafael Correa.

Assieme, uniti, accelerando l’integrazione regionale sudamericana, hanno alzato il livello della sfida contro la dittatura finanziaria, consolidando spazi di autonomia crescenti e vantaggiosi. I creditori di ieri sono i mega-indebitati di oggi, ostili a riflettere su come i debitori di ieri sono passati nella categoria degli ex. Kirchner lascia un Paese con un’economia più solida, sana, meno ingiusto, con scambi internazionali diversificati e relazioni intense con la Cina e Russia.

Il blocco sudamericano è una indiscutibile realtà emergente, invulnerabile al debito, meno ricattabile, con recuperata iniziativa ed autonomia sul terreno economico e finanziario, collegato con tutti i protagonisti della nuova realtà multipolare. Piaccia o no ai vedovi dell’unipolarismo ed agli annaspanti occidentali. L’Unasur deve molto a Nestor Kirchner, un peronista consapevole che il sole brilla sull’Argentina quando c’è la primavera della Patria Grande. E viceversa.[b]

www.selvasorg.blogspot.com

 

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