8288 LA CANCELLIERA MERKEL CONTRO IL MULTICULTURALISMO

20101020 14:20:00 redazione-IT

[b]di Guido Ambrosino – BERLINO[/b]

Nessuna svolta strategica, la Cdu preferisce la «Leitkultur»

C’è in Germania, e non solo in Germania, una sciagurata tendenza a «etnicizzare» il conflitto sociale. Il demagogico lamento contro gli immigrati «che non si vogliono integrare» (come se dipendesse solo da loro), e pesano sui sistemi d’assistenza, è ricorrente, ma torna particolarmente utile in fasi di ristrettezza fiscale, quando i governi si accingono a risparmiare sul welfare. Per evitare effetti di solidarizzazione, meglio non parlare di «poveri» ma deviare l’attenzione sui migranti in fondo alla piramide: tanto bastonando loro si bastonano pure i tedeschi poveri.

Solo questa voluta strategia della diversione, dalla questione sociale a quella etnica, spiega perché ci si accalori tanto sull’immigrazione, mentre non c’è assolutamente un’emergenza migratoria. Nel 2009 hanno lasciato la Germania 734000 persone, ne sono arrivate 721000: il saldo è negativo. E spiega perché un libro razzista di Thilo Sarrazin, ex membro del direttorio della Bundesbank – vi si sostiene che il quoziente d’intelligenza è prevalentemente ereditario e che quello degli emigrati turchi e arabi è basso – abbia venduto in un mese un milione di copie.
Sebbene il clima sia avvelenato dal nuovo risentimento antislamico, è bene non vedere drammatiche svolte dove svolte non ci sono. Ma piuttosto una continuità con la tradizionale difficoltà tedesca a accettare il fatto dell’immigrazione. Nell’equivoco è caduto il Corriere della Sera del 18 ottobre, in un resoconto su un intervento di Angela Merkel al congresso dei giovani dell’Unione democristiana. Merkel ha tra l’altro ripetuto una dichiarazione standard della Cdu, e cioè che «l’approccio multiculturale ha fallito». Ogni democristiano lo dice da anni, ma per il Corriere è un gran rivolgimento. Il quotidiano scrive: «Svolta strategica di Angela Merkel. Il multiculturalismo modello tedesco – ha detto ieri – ha "fallito, fallito del tutto". Sono quarant’anni di politiche di integrazione degli immigrati, dall’inizio del primo miracolo economico tedesco, sui quali la cancelliera ha voluto mettere inaspettatamente una pietra». Qui ci sono parecchi equivoci da rettificare, a cominciare dalla cronologia.
Magari ci fossero stati «quaranta anni di politiche di integrazione». Nel 1955 gli italiani arrivarono come Gastarbeiter, lavoratori ospiti che avrebbero dovuto tornarsene quando Brandt, nel 1973, dichiarò che braccia straniere non servivano più. C’è voluto il governo rosso-verde per legge del 2004 in cui si parla per la prima volta di immigrazione, anche se solo per «pilotarla e limitarla». Il multiculturalismo, inteso come appello alla tolleranza e come rinuncia a pressioni omologatrici e assimilatorie, è un generoso progetto della sinistra verde tedesca, che non è mai diventato «modello» ufficiale. L’ultima traccia che ne resta è un ufficio per gli affari multiculturali creato nel 1989 a Francoforte da Daniel Cohn-Bendit. «Multikulti» vive soprattutto come bersaglio polemico della destra. Per la Cdu è sempre stato una bestia nera. Per esorcizzare questo spettro, sin dal 2000 i democristiani preferiscono parlare di Leitkultur, ovvero di «cultura guida tedesca», a cui i migranti dovrebbero per favore uniformarsi. Dal 2007 un atto di fede nella «cultura guida tedesca» si trova perfino nel programma della Cdu. Dunque niente paura: Merkel percorre i soliti binari quando dice che gli immigrati devono imparare il tedesco, e che un posto di lavoro a parità di qualificazione va dato prima a un tedesco (sta scritto in una legge voluta anche dalla Spd).
Ma perlomeno la cancelliera non vuole far tornare indietro la ruota della storia: ai giovani democristiani ha anche ricordato che il presidente della repubblica Wulff ha ragione quando dice che anche l’islam ha diritto di cittadinanza in Germania.

 

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