
di Vittorio Stano
La guerra in Ucraina è persa per l’Occidente. Il paese guida, gli Stati Uniti, sta ripetendo il copione afghano: avendo capito di non poter vincere… sceglie di uscire dalla guerra, negozia con il nemico e… tira sberle ai vassalli che hanno seguito pedissequamente i “consigli/ordini” ricevuti negli anni, per far loro capire che le “regole” sono cambiate e a decidere sono sempre loro.
Nello studio ovale della Casa Bianca ha avuto luogo una surreale, drammatica messa in scena mediatica in cui l’attorucolo ucraino veniva messo con le spalle al muro e cinicamente accusato di voler continuare la guerra con una potenza nucleare, facendo rischiare a tutti un cataclisma planetario.
È evidente, la classe dirigente trumpiana vuole vendicarsi dell’Ucraina, paese fallito ben prima del 2014, foraggiato dall’amministrazione Biden per condurre la guerra per procura. Spregiudicatamente Trump scaricando Zelensky addebita a Sleepy Joe la colpa del disastro politico, economico e militare. Contemporaneamente chiama i vassalli europei a pagare il conto della ricostruzione dell’Ucraina e li accusa impunemente di voler continuare la guerra, mandando addirittura propri soldati al fronte, dove neppure gli ucraini vogliono più combattere. Sprezzante, il buzzurro americano accusa gli ucraini di sfruttare l’Occidente che paga per ogni giovane ucciso in combattimento. L’orgoglio razzista gli fa anche dire che i morti ucraini valgono di meno del malloppo che i governanti hanno ricevuto e che, ora, devono restituire con la consegna dei loro minerali.
È dolorosamente manifesta la sconfitta economica, politica, diplomatica e militare dell’EU che ha tentato, per obbedienza agli USA e ambizione di potenza di sconfiggere la Russia.
È tutto l’Occidente che ha perso, nessuno lo può più negare.
La sconfitta è duplice. C’è la sconfitta esterna, la guerra in Ucraina, ma soprattutto è quella interna: il declino demografico, morale ed economico delle società occidentali.
Sono chiamate in causa le classi dirigenti dell’Occidente, in primis gli Stati Uniti, con il conflitto russo-ucraino a fare da lente d’ingrandimento e a contrapporre una Russia stabilizzata, di nuovo grande potenza, a un Occidente in preda al nichilismo e in crisi irreversibile di egemonia.
In Occidente si è affermato da tempo il potere e la brutalità del più forte, l’oscenità del più milionario, la crudeltà del più arrogante.
La politica funziona senza valori, animata dal vuoto, un pericoloso vuoto di pensiero e d’idee, condito dall’ossessione per il denaro e il potere, i quali non possono essere dei fini, dei valori.
Questo vuoto conduce all’autodistruzione, al militarismo, in sostanza al nichilismo.
Il nichilismo quando si trasforma in una sorta di “missione” (… salvare l’Umanità!, vorrebbe Musk), quasi una sorta di religione, tende a negare la realtà, quindi a rifiutarla. Allora il nichilismo si esprime nel bisogno di distruzione di sé e degli altri.
Il deterioramento interno, quanto la megalomania esterna (… i resort di Gaza , dopo il genocidio sionista) ci permette di comprendere sia il “fenomeno” Trump che la politica estera di Biden. La dinamica è la stessa di quella tedesca degli anni Trenta con l’avvento del nazismo.
La guerra in Ucraina ha devastato l’Europa e condannato l’EU all’irrilevanza. Dopo lo scontro nello studio ovale in cui Zelensky è stato preso a sberle da Trump, l’Europa ha riconfortato il presidente ucraino promettendo un fenomenale riarmo e una guerra fredda a guida europea, questa volta.
Il Piano Riarmo Europa presentato dalla von der Leyen conferma un esborso di 800 mld di euro in 4 anni. Una parte dei fondi europei destinati alla coesione sociale, territoriale ed ambientale sarà dirottata verso il riarmo. L’EU vuole rimanere sul confine orientale con il cerino della guerra acceso in mano. Il pericolo, oggi, è dunque l’EU, non Trump. Il nemico dell’Europa è il riarmo di Ursula che vorrebbe trasformare il green dell’impegno per la sostenibilità ambientale , alla retorica guerrafondaia per potenziare il complesso militare industriale. Ursula e l’estone Kaja Kallas (rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la sicurezza), due russofobe incendiarie, vorrebbero dare una passata di vernice verde marcio-militare a un’economia europea con l’acqua alla gola, facendo pagare il sacrificio ai soliti poveracci sottraendo i soldi allo stato sociale: educazione, infrastrutture, sanità, pensioni,…
L’Europa non abbracci un’economia di guerra. Oggi sono necessarie scelte chiare, coraggiose, determinate. Chi la pensa a questo modo deve ritrovarsi nelle piazze dei Paesi europei e spiegare bene in quale direzione andare. La nostra direzione è contrastare il Piano di riarmo.
La priorità dell’Italia è investire sul futuro delle nostre generazioni. L’Europa non ha bisogno del primato militare. L’Europa deve caratterizzarsi per la cultura del welfare, non del warfare. I popoli europei non vogliono la guerra, ma un continente libero e unito. Niente Pace attraverso la forza. Il nazionalismo e la sovranità assoluta degli Stati europei furono le cause profonde dei totalitarismi e delle guerre mondiali. Bisogna combattere i nazionalismi europei risorgenti dicendo un chiaro NO! a una Unione Europea guidata da tecnocrati guerrafondai, veri mostri politici, forieri di disgrazie future.
L’attuale EU non è uno Stato, ma un’alleanza di nazioni che hanno ceduto sovranità nel nevralgico campo della finanza pubblica, attraverso la moneta unica. Questa aderisce a un mondo globalizzato, cavallo di Troia del dominio della finanza americana. Black Rock, State Street e Vanguard sono i veri padroni del mondo. Questi gruppi finanziari hanno acquisito, nell’intero Occidente, un potere tanto grande da far saltare il banco ovunque. Con l’entrata in vigore dei trattati di Maastricht e Lisbona il mercato unico europeo si è estremizzato con l’euro e l’imposizione del rigorismo teutonico. Così ha vinto l’aggressione del capitale al mondo del lavoro, eretta a legge “sacra” dell’Europa. Non di una Europa federale, spinelliana, come si evince dal Manifesto di Ventotene. I Ventotene-boys non si dichiaravano liberali. Per loro le forze economiche non avrebbero più dominato gli uomini. Le nazionalizzazioni su scala vastissima avrebbero redistribuito in senso egualitario le ricchezze dei popoli privilegiati. Pensavano a un’economia di piccoli e medi proprietari, per i quali il mercato unico avrebbe pacificato le società. Ma non è andata così. Maastricht ci ha portati in un apparente vicolo cieco.
Ma i Trattati si possono rivedere. Non siamo obbligati a riarmarci fino ai denti. Al posto del ReArm Europe ci vorrebbe l’opposto: una patrimoniale per i ricchi per finanziare il welfare dei 27 Paesi EU. Questo non dispiacerebbe ai Ventotene-boys, ritornati prepotentemente al centro dell’attenzione dopo le oltraggiose e provocatorie esternazioni della premier Meloni in parlamento. La visione degli antifascisti del Manifesto di Ventotene è quasi identica a quella della Costituzione Italiana. La premier ha giurato sulla Costituzione, quindi è obbligata a rispettarla e difenderla. Se non ne è capace, o non vuole difenderla (… la vostra Europa non è la mia!), occupa un posto a lei non adatto.
VITTORIO STANO
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