N°51 – 23/12/23 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Sen. Francesca La Marca*: La Senatrice La Marca presenta alcuni emendamenti a favore degli italiani nel mondo al DDL Made in Italy
02 Carlo Lania*: Le elezioni spingono l’Unione a trovare un accordo sui migranti. Via libera alle modifiche al Patto. Vincono le destre, ma l’Ungheria si mette di traverso
03 – Riccardo Piccolo *: Perché l’Italia deve “licenziare” i padroni. È la provocazione dell’ultimo libro di Marco Bentivogli che, dallo smart working all’intelligenza artificiale, riflette sui cambiamenti nel mondo del lavoro.
04 – Michele Giorgio*: Dopo 20mila morti riparte la trattativa per tregua e ostaggi. GAZA. Delegazione di Hamas al Cairo. Gli Usa chiedono «operazioni militari più mirate e localizzate». Ma anche ieri il solito massacro
05 – Enrico Paventi*: Da Bismarck a Hitler, gli armeni e gli ebrei. «Giustificare il Genocidio», di Stefan Ihrig per Guerini. Un volume a cura di Antonia Arslan che trova nessi e riprende il dibattito degli anni Venti.
06 – Chiara Giorgi*: Il compleanno del servizio sanitario nazionale. 23 DICEMBRE 1978. Quarantacinque anni fa, il 23 dicembre 1978 Tina Anselmi, prima donna italiana al ministero della Sanità, appose la firma alla legge numero 833, istitutiva del tanto atteso Servizio sanitario nazionale. […]
07 – Sinistrainrete Giacomo Gabellini*: Un Vietnam israeliano?

 

 

01 – Sen. Francesca La Marca*: LA SENATRICE LA MARCA PRESENTA ALCUNI EMENDAMENTI A FAVORE DEGLI ITALIANI NEL MONDO AL DDL MADE IN ITALY

LA MARCA A.S. 958 Emendamento Art. 26
Al comma 2, dopo le parole: “di valorizzare le imprese culturali e creative” aggiungere le seguenti: “che operano sia sul territorio nazionale, sia fuori dai confini dell’Italia per valorizzare l’eccellenza del Made in Italy all’estero.
LA MARCA A.S. 958 Emendamento Art. 29
Al comma 1, dopo le parole: “promuove e sostiene gli investimenti sul territorio nazionale,” aggiungere le seguenti: “e sul territorio estero, qualora l’ente di provenienza italiana fosse riconosciuto nel suo valore di promotore del Made In Italy nel mondo”
LA MARCA A.S. 958 Emendamento Art. 31
Al comma 1 dopo le parole: “e da un delegato dell’Associazione nazionale comuni italiani,” aggiungere le seguenti: “e da un rappresentante del settore turistico-imprenditoriale o culturale per ciascuna ripartizione estera”
LA MARCA A.S. 958 Emendamento Art. 32
Al comma 1, dopo le parole: “ha facoltà di effettuare, nell’anno 2024, assunzioni” aggiungere le seguenti: almeno 100 unità di
Conseguentemente, al comma 2, sostituire le parole:” nel limite di 2 milioni di euro per l’anno 2024″ con le seguenti:” pari a 8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024″
A.S. 958
Emendamento
Art. 31
LA MARCA
Dopo l’articolo 31 Inserire il seguente:
«Art. 31-bis
(Misure per incentivare il turismo)
Al fine di incentivare la ripresa dei flussi di turismo di ritorno, nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è istituito un fondo con una dotazione di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, per consentire, nei limiti delle disponibilità del medesimo fondo, ai cittadini italiani residenti all’estero, che attestino la loro iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, l’ingresso gratuito nella rete dei musei, delle aree e dei parchi archeologici di pertinenza pubblica, di cui all’articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo anche al fine del rispetto del limite di spesa annuo individuato al comma 1.
Al fine di garantire la tutela e la valorizzazione delle aree di particolare interesse geologico o speleologico, nonché di sostenerne lo sviluppo e la gestione ambientalmente sostenibile e di promuoverne la fruizione pubblica, è istituito presso la Presidenza dei Consiglio dei ministri un apposito Fondo, con una dotazione di 4 milioni di euro per l’anno 2021.
Il Fondo di cui al comma 3 è volto al finanziamento, in favore dei complessi carsici a vocazione turistica, degli interventi di riqualificazione e di adeguamento degli impianti di illuminazione ordinaria, di sicurezza e multimediale, sia di superficie che degli ambienti sotterranei aperti alla fruizione pubblica, anche mediante la sostituzione e il rinnovo degli stessi con tecnologie che garantiscano la sicurezza delle persone, l’efficienza energetica, la tutela dell’ambiente con l’eliminazione delle sorgenti inquinanti e la conservazione del patrimonio ipogeo.
Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, le risorse del fondo di cui al comma 3 sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio siano presenti grotte naturali turistiche aventi le seguenti caratteristiche:
un percorso visitabile, esclusivamente mediante l’accompagnamento da parte di personale autorizzato, della lunghezza minima di 2 chilometri;
una media annua di almeno 300.000 visitatori nel periodo 2015-2019;
ubicazione in siti di interesse comunitario.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano trasferiscono, nell’ambito delle proprie competenze in materia di valorizzazione dei beni culturali e ambientali, le risorse spettanti agli enti gestori dei complessi carsici di cui al comma 5.
Ai maggiori oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, pari a 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.»

Roma, 18.12.2023 – La settimana scorsa, La Senatrice La Marca ha presentato diversi emendamenti al disegno di legge c.d. “Made in Italy” che domani sarà all’esame della 9ª Commissione in Senato (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione alimentare).
Tra gli emendamenti presentati vi sono: l’ingresso gratuito ai musei e alla rete dei parchi archeologici per gli italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire che intendano tornare a visitare le bellezze del nostro territorio, approvato già in un emendamento a prima firma La Marca presentato alla legge di bilancio del 2021; l’assunzione di almeno 100 unità di personale a contratto per il 2024 nelle sedi diplomatico-consolari nel mondo.
Il disegno di legge “Made in Italy” prevede inoltre, l’istituzione di un comitato nazionale che si occupi di promuovere l’Italia come destinazione turistica nel mondo. La Senatrice La Marca, sul tema, ha presentato un altro emendamento che chiede di inserire all’interno di questo comitato anche un rappresentante del settore turistico-imprenditoriale o culturale per ciascuna ripartizione estera così da garantire la corretta rappresentazione dell’intero comparto turistico italiano.
Gli altri due emendamenti presentati mirano a valorizzare il ruolo delle tante associazioni culturali italiane all’estero chiedendo di includere quest’ultime all’interno dell’albo delle imprese culturali che viene istituito in questo disegno di legge.
“Questo Governo ama dire che difende il patrimonio italiano ma dimostra in concreto di non valorizzare gli italiani nel mondo. Voglio sperare che domani in 9ª Commissione, riconoscendo il valore degli emendamenti da me presentati, la maggioranza scelga di approvarli per dare un segnale reale di attenzione e per dimostrare una volta per tutte che il beneficio economico e culturale di queste misure è immensamente superiore al costo che questi emendamenti possano comportare”.
*(Sen. Francesca La Marca – 3ª Commissione – Affari Esteri e Difesa – Electoral College – North and Central America)

 

02 Carlo Lania*: LE ELEZIONI SPINGONO L’UNIONE A TROVARE UN ACCORDO SUI MIGRANTI. VIA LIBERA ALLE MODIFICHE AL PATTO. VINCONO LE DESTRE, MA L’UNGHERIA SI METTE DI TRAVERSO
Cambiare tutto per cambiare poco e quel poco anche in peggio. L’accordo raggiunto la scorsa notte tra Europarlamento e Consiglio Ue sulle modifiche da apportare al Patto immigrazione e asilo non modifica il regolamento di Dublino e instaura un finto meccanismo obbligatorio di ricollocamento dei migranti lasciando liberi gli Stati di scegliere tra accoglienza o contributi economici, ma in compenso restringe il diritto di asilo con il rischio concreto di peggiorare notevolmente le condizioni di quanti cercano un futuro in Europa. Un brutto accordo sul quale certamente ha avuto un peso determinante l’imminenza delle prossime elezioni europee, appuntamento al quale nessun governo, né di destra e tanto meno di sinistra, vuole arrivare senza poter rivendicare come un successo con il proprio elettorato l’aver cambiato le politiche migratorie dell’Unione.
Peccato che il risultato finale sia un cedimento di fatto alle destre europee che infatti cantano quasi ovunque vittoria. Con l’unica eccezione, per ora, di Ungheria e Slovacchia, da sempre contrarie ad accogliere migranti o contribuire economicamente. «Finché questi governi saranno in carica a Bratislava e Budapest, tutti a Bruxelles possono essere certi che rifiuteremo le quote obbligatorie di reinsediamento e non permetteremo che i nostri Paesi siano sopraffatti da masse di migranti illegali», ha chiarito il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjartó.
Dopo oltre due anni di tentativi naufragati (il patto venne presentato dalla Commissione Ue nel 2020) alla fine l’accordo è stato raggiunto al termine di una trattativa durata più di 48 ore tra i negoziatori del parlamento europeo e del Consiglio. Con i primi, più attenti ai diritti dei migranti, che hanno dovuto cedere alle richieste dei secondi. «La linea del parlamento europeo è stata pragmatica», spiega non a caso la presidente Roberta Metsola. «I miei colleghi sono riusciti a trovare un equilibrio tra solidarietà e responsabilità nei vari dossier. Non è stato facile ma rende questo risultato ancora più importante». Pressoché unanimi nell’esprimere soddisfazione i commenti degli altri vertici europei, i presidente di Consiglio e Commissione Ue Charles Michel e Ursula von der Leyen, con quest’ultima che parla di «accordo storico» e rivendica come ora «saranno gli europei a decidere chi verrà nell’Ue e chi potrà restarvi, non i trafficanti».
L’obiettivo del Patto, che prima di diventare operativo deve essere approvato dalla Commissione Libertà civili, dalla plenaria del Parlamento Ue e dal Consiglio europeo, è quello di superare gli approcci nazionali uniformando le regole tra gli Stati membri nonché di accorciare i tempi nella verifica di quanti, tra i richiedenti asilo, abbiano i requisiti per ricevere la protezione internazionale. E in caso contrario provvedere ai rimpatri.
Tra le novità che vengono introdotte c’è l’obbligo di identificare entro sette giorni i migranti che si presentano alle frontiere dell’Unione o che vengono salvati in mare. Le persone che non soddisfano i requisiti di ingresso verranno sottoposte a una procedura che prevede l’identificazione, la raccolta dei dati biometrici nonché controlli sanitari e di sicurezza in appositi «centri di accoglienza» allestiti nei pressi del confine. Anche ai bambini di sei anni (prima il limite di età era di 14) potranno essere prese le impronte digitali «per garantire loro una migliore protezione» è scritto nell’accordo. I dati dei soccorsi effettuati in aree Sar (ricerca e salvataggio) verranno registrati separatamente per scopi statitici.
Inoltre i migranti che provengono da Paesi che hanno una percentuale di riconoscimento di richieste di asilo inferiore al 20%verranno richiusi in Centri di permanenza speciali senza poter uscire e la loro domanda di protezione dovrà essere esaminata entro tre mesi. In caso di esito negativo il migrante dovrà essere rimpatriato al massimo entro altri tre mesi. Sono escluse da questa procedura le famiglie con bambini e i minori non accompagnati.
Il patto prevede inoltre una quota di 30 mila ricollocamenti l’anno e introduce la cosiddetta «solidarietà obbligatoria», vale a dire una divisione dei migranti tra gli Stati membri. Chi si rifiuta di accogliere può però contribuire con misure finanziare calcolate sulla base della popolazione (50%) e del suo Pil (50%). Prevista inoltre la possibilità di rimandare un migrante al quale è stato negato l’ingresso nell’Ue, nell’ultimo Paese terzo sicuro attraversato prima di arrivare in Europa. In questo caso, però, il migrante deve avere sempre «un collegamento ragionevole» con il Paese in questione.
«L’approvazione del Patto è un grande successo», ha commentato ieri il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, mentre per il cancelliere tedesco Olaf Scholz in questo modo limitiamo la migrazione irregolare e alleggeriamo il peso sui paesi particolarmente colpiti, compresa la Germania. Di segno opposto, e decisamente preoccupate, le reazioni delle organizzazioni umanitarie. A partire da Amnesty international per la quale il patto provocherà «un aumento della sofferenza umana». «Dal modo in cui le persone verranno trattate dai Paesi extra unione europea – prosegue l’organizzazione – al loro accesso all’asilo e all’assistenza legale alle frontiere europee, fino all’accoglienza all’interno dell’Unione europea, questo accordo è progettato per rendere più difficile l’accesso alla sicurezza».
Per Refugees Welcome Italia il nuovo Patto è il fallimento di un’idea di Europa in grado di garantire protezione e sicurezza a chi fugge da guerre e persecuzioni». Il rischio di nuove tragedie in mare viene invece sottolineato da una serie di ong. «Il nuovo Patto Ue legalizza gli abusi alle frontiere esterne dell’Unione e causerà più morti in mare», scrivono Sea Watch, Sea Eye, Maldusa, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, Resq People Saving People, Alarm Phone, Salvamiento Maritimo Humanitario. «Verrà mantenuto il fallimentare sistema di Dublino e si continuerà invece nell’isolare i rifugiati e i richiedenti asilo, trattenendoli in campi remoti. Sempre più persone – concludono le ong – cercheranno di fuggire via mare, scegliendo rotte sempre più pericolose».
ERRATA CORRIGE
Barriere, controlli, respingimenti. L’Ue trova l’accordo sul patto immigrazione e asilo ed è un trionfo delle destre. Italia sconfitta, restano le regole di Dublino. Anche ai bambini di sei anni saranno prese le impronte. Von der Leyen parla come Meloni: «Decidiamo noi chi entra»
*(Fonte: Il Manifesto. Carlo Lania Giornalista)

 

03 – Riccardo Piccolo *: PERCHÉ L’ITALIA DEVE “LICENZIARE” I PADRONI. È LA PROVOCAZIONE DELL’ULTIMO LIBRO DI MARCO BENTIVOGLI CHE, DALLO SMART WORKING ALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, RIFLETTE SUI CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL LAVORO.
Nel suo recente libro Licenziate i padroni – Come i capi hanno rovinato il lavoro, (Rizzoli, 2023) Marco Bentivoglio sferra un attacco alla classe dirigente italiana, colpevolizzandola per la crisi del mercato del lavoro nel nostro paese. Bentivogli, ex segretario dei metalmeccanici della Cisl, critica la persistenza della “mediocrazia” al potere, la resistenza alle nuove strutture organizzative, e gli effetti del digitale e dei social sul mondo del lavoro. Ma non bisogna avere paura della tecnologia, ci ricorda il sindacalista, anzi, l’arrivo di nuovi strumenti come l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione ha affrancato il lavoro da molte mansione ripetitive rendendo il contributo della mente umana più importante e le mansioni più flessibili. Rimane il fatto, però, che l’AI e la tecnologia in generale nei prossimi anni, “spingerà la polarizzazione del lavoro tra le persone che la utilizzeranno e chi, per scelta o condizione, ne sarà escluso”, contribuendo a generare nette disuguaglianze.

L’AI, per esempio, sta trasformando le mansioni lavorative, generando una crescente domanda di competenze specifiche in tutti i settori, con lavori correlati che offrono salari più alti. Tuttavia i reali guadagni nella produttività, ricorda Bentivogli, saranno possibili solo con manager e “architetti del nuovo lavoro” capaci di utilizzare la tecnologia per creare valore attorno alla persona e non per sostituirla. Tantomeno è auspicabile un atteggiamento tecnofobico – qualcosa che già attecchisce in Italia – anche perché “nel nostro Paese c’è sempre un approccio reazionario al cambiamento”, ricorda l’autore. Questo significa che il successo delle aziende dipenderà dalle competenze tecnologiche, dalle nuove idee e soprattutto dall’impegno e dalla passione dei “padroni” nel fare bene il loro lavoro.

LO SMART WORKING
Uno dei discorsi più interessanti che fa Bentivogli riguardo al rapporto tra le aziende e l’innovazione è quello sui nuovi spazi di lavoro. Per esempio la questione dello smart working, rappresenta un’opzione sempre più allettante per i lavoratori, poiché consente loro di lavorare da remoto in modo flessibile, aumentando la loro libertà e autonomia di scelta. Il problema, soprattutto in Italia è che, nella fase successiva al Covid-19, “in epoca di polarizzazione e di pensiero binario”, l’approccio a questo tema ha avuto due schieramenti contrapposti: tutti e sempre in presenza, oppure tutti in smart working, sempre. “In generale, i due approcci sono entrambi sbagliati”, dice l’autore.
L’implementazione del lavoro smart richiede anche una nuova cultura e nuovi tipi di contratti. “Non si tratta di replicare il lavoro in presenza, ma di cambiare il modo in cui si pensa al lavoro stesso”, sostiene il sindacalista. Per questo motivo, molti sostengono che si debba passare da una cultura del controllo a una visione basata su obiettivi condivisi.
Questo cambiamento, in Italia, non sembra essere ancora avvenuto. “La riduzione dell’orario lavorativo è (al momento) una delle promesse tradite della grande trasformazione digitale del lavoro”, spiega amaramente l’autore. La riflessione sull’ineguale distribuzione del tempo e della ricchezza che fa Bentivogli è molto condivisibile. Le attuali dinamiche lavorative evidenziano una polarizzazione che si manifesta attraverso orari eccessivamente rigidi e prolungati da una parte, e dall’altra attraverso lavori part-time obbligatori.
Ma esiste anche un rischio dal lato opposto, quello che l’autore chiama “cottimo digitale”. Abolendo l’orario di lavoro per un approccio più agile, si dà mano libera ai capi di abusare ancora di più dei propri dipendenti richiedendogli di fato un incessantismo lavorativo, con la proliferazione di videoconferenze non realmente utili e lo sdoganamento dei device – diventati perfino indossabili (pensiamo agli smartwatch) – che rendono i dipendenti costantemente reperibili per attività straordinarie.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L’intelligenza artificiale è uno di quegli strumenti che cambierà davvero il mondo del lavoro nei prossimi anni. Come ricorda Bentivogli, le analisi dei dati del mercato del lavoro in tutti i paesi del mondo mostrano un aumento della domanda assoluta e relativa di competenze relative all’AI in tutti i settori industriali e gruppi occupazionali.
Ma se è vero che “dopo la globalizzazione e i migranti, gli impresari della paura sembrano convergere sulla fine del lavoro a opera dei robot e dell’intelligenza artificiale” Bentivogli rimane convinto che l’AI se sfruttata al meglio possa fare bene al mondo del lavoro: “Nell’ultimo secolo, la tecnologia ha creato più posti di lavoro di quanti ne abbia rimpiazzati”. Tenendo sempre a mente che la conoscenza e la buona gestione di questo strumento è di fondamentale importanza, dato che rischi e sfide legati all’implementazione dell’AI sono dietro l’angolo. Due su tutti: i bias degli algoritmi e la privacy dei dati personali.
Gli algoritmi possono aiutare a essere più obiettivi nella scelta delle persone, per esempio nel recruiting, ma al contempo potrebbero incorporare pregiudizi inconsapevoli – mette in guardia Bentivogli –, mantenendo inalterati i comportamenti sbagliati che già applicano gli esseri umani. Un altro problema importante riguarda la gestione dei dati sul lavoro. Oggi, le AI sono sempre più dipendenti da un flusso costante di informazioni personali per addestrarsi in modo più accurato e offrire servizi personalizzati. La raccolta dei dati, spiega il sindacalista, dovrebbe essere limitata alle informazioni strettamente necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati evitando violazioni della privacy.
Sebbene l’AI possa migliorare la produttività e la supervisione del lavoro, ciò non implica che tutto debba essere affidato a essa. Senza un adeguato focus sul benessere delle persone, responsabilità che comunque rimane in capo al manager, si potrebbero verificare maggiori livelli di stress e un carico lavorativo più intenso.
*(Fonte: Wired. Riccardo Piccolo. Giornalista freelance. Milan. Wired Italia)

 

04 – Michele Giorgio*: DOPO 20MILA MORTI RIPARTE LA TRATTATIVA PER TREGUA E OSTAGGI. GAZA. DELEGAZIONE DI HAMAS AL CAIRO. GLI USA CHIEDONO «OPERAZIONI MILITARI PIÙ MIRATE E LOCALIZZATE». MA ANCHE IERI IL SOLITO MASSACRO.

Antony Blinken è un disco rotto. Anche ieri ha ripetuto, come fa da settimane, che le forze armate israeliane devono passare ad «operazioni militari più mirate e localizzate» nella Striscia di Gaza e «concentrarsi sulla leadership di Hamas e la distruzione della rete di tunnel», utilizzata dai combattenti islamisti, per limitare i rischi per i civili palestinesi. Poi, come il presidente Joe Biden e il resto dell’Amministrazione Usa, non fa l’unica cosa che può salvare vite innocenti a Gaza: chiedere il cessate il fuoco generale e approvare le risoluzioni dell’Onu volte a fermare la guerra e ad aiutare concretamente i civili palestinesi gettati dai bombardamenti aerei e dell’artiglieria nella disperazione totale. L’ultima risoluzione in quella direzione, in discussione da giorni al Consiglio di Sicurezza, anche ieri non è stata votata – se ne parlerà di nuovo oggi – per disaccordi sul testo tra paesi arabi e Stati uniti pronti ad usare di nuovo il potere di veto pur di garantire la continuazione dell’offensiva israeliana.

Le bombe e i missili che l’Amministrazione Biden fornisce da oltre due mesi a Israele uccidono in media un bambino ogni dieci minuti a Gaza, aveva denunciato ai primi del mese l’Oms. Parole cadute nel vuoto. E la striscia di sangue ha continuato ad allungarsi anche ieri per bambini e adulti. Più di 40 palestinesi, ha riferito l’agenzia Wafa, sono stati uccisi e decine feriti in bombardamenti israeliani su Khan Younis e Rafah nel sud di Gaza. All’ospedale Nasser sono stati portati almeno 32 cadaveri. Almeno altre dieci persone sono state uccise nell’attacco alla moschea Ali bin Abi Talib, nelle vicinanze dell’ospedale kuwaitiano a Rafah. Gli aerei hanno bombardato una casa a Shaboura, provocando la morte e il ferimento di civili. Video giunti da Rafah mostrano esplosioni devastanti e alte colonne di fumo nero che si alzano dagli edifici colpiti. Bombe anche sul nord di Gaza, ancora su Jabaliya e il suo campo profughi. I morti e i feriti sarebbero decine. Martedì sempre a Jabaliya, 16 palestinesi erano stati uccisi dai bombardamenti e più di 70 feriti. Un bambino è morto in una casa presa di mira a Khan Yunis. L’artiglieria israeliana ha bombardato i quartieri di Tuffah, Daraj e Shuja’iya, a est di Gaza City e Sheikh Radwan. I morti palestinesi, solo ieri, secondo fonti locali, sarebbero almeno 100. Ma in serata si parlava anche del recupero dei corpi di una settantina di persone a Thalathini (Gaza city) dopo il ritiro dei reparti corazzati israeliani. Altre 27 palestinesi sarebbero stati uccisi a Moammar e Jargoun. Dal 7 ottobre sono 20mila i morti palestinesi, a cui si aggiungono oltre 50mila feriti e migliaia di dispersi. Hamas da parte sua afferma di aver distrutto o danneggiato decine di veicoli israeliani e di aver ucciso o ferito 25 soldati nelle ultime 72 ore. Da parte israeliana non ci sono conferme. Le Brigate Qassam, l’ala militare di Hamas, ha diffuso un video in cui si vedono i suoi uomini che producono armi e munizioni.
Sembrano più concreti in queste ore i passi verso una tregua temporanea e forse uno scambio tra i 129 israeliani nelle mani di Hamas a Gaza e i prigionieri politici palestinesi. Non è detto però che producano risultati nei prossimi giorni. Il capo dell’ufficio politico del movimento islamico, Ismail Haniyeh, ieri è arrivato al Cairo per colloqui con l’intelligence egiziana. Il passo sembra coordinato con il Qatar, il principale interlocutore (e sponsor finanziario) di Hamas. Israele vuole il rilascio degli ostaggi, cominciando da quelli civili, e in cambio offre la cessazione temporanea dell’attacco a Gaza per una settimana. Hamas vuole due settimane di tregua, si dichiara «pronto a negoziare con chiunque» e a raggiungere un «grande compromesso» per lo scambio di ostaggi e prigionieri con Israele ma solo quando terminerà la guerra. Un suo portavoce, Ghazi Hamad, ha detto che non sono nell’interesse di Hamas o dei palestinesi le «brevi pause» nei combattimenti. La visita di Haniyeh al Cairo, insieme a una delegazione del Jihad islami, giunge dopo gli incontri tra i vertici dell’intelligence Usa (Cia), israeliana (Mossad), con il ministro degli Esteri del Qatar, Mohamed bin Jasim al Thani.
Secondo il quotidiano Haaretz i negoziati sono «lontani dall’essere maturi» e l’enfasi che il premier Netanyahu mette sulla ripresa delle trattative avrebbe lo scopo di rassicurare le famiglie degli ostaggi sull’impegno del suo governo mentre è difficile si raggiunga un’intesa. Le parole di Netanyahu non lasciano dubbi sulle intenzioni del gabinetto di guerra. «Continueremo la guerra fino alla fine – ha ribadito ieri il premier israeliano – continuerà finché Hamas non sarà distrutto fino alla vittoria…Chiunque pensi che ci fermeremo è lontano dalla realtà».
Ieri in Cisgiordania durante un raid dell’esercito nel villaggio di Husan è stato ucciso Mahmud Zaoul, un ragazzo di 16 anni.
*( Fonte; Il Manifesto, Michele Giorgio, giornalista, da anni vive in Medio oriente da dove è del quotidiano Il Manifesto.)

 

05 – Enrico Paventi*: DA BISMARCK A HITLER, GLI ARMENI E GLI EBREI. «GIUSTIFICARE IL GENOCIDIO», DI STEFAN IHRIG PER GUERINI. UN VOLUME A CURA DI ANTONIA ARSLAN CHE TROVA NESSI E RIPRENDE IL DIBATTITO DEGLI ANNI VENTI.

Dopo aver dato alle stampe, nel 2014, il pregevole Atatürk in the Nazi Imagination, lo storico tedesco Stefan Ihrig ha continuato ad analizzare le affinità ideologiche che caratterizzano il rapporto tra la Germania imperiale, quella di Weimar e la Turchia kemalista per riflettere su un tema: la relazione esistente tra i vari stermini che hanno segnato la storia del Novecento. Più precisamente, l’autore intende fare luce sul nesso che legherebbe il Genocidio armeno (Metz Yeghérn) e la Shoah: un’interdipendenza – a suo dire – spesso ampiamente ignorata o, nel migliore dei casi, minimizzata.

LO STUDIOSO, direttore del Centro di studi germanici ed europei dell’Università di Haifa, individua invece legami assai profondi tra i due eventi e arriva a sostenere come tali avvenimenti, piuttosto vicini sotto l’aspetto temporale, siano stati intimamente connessi. E giunge a questa conclusione attraverso una ricerca che prende le mosse da un’attenta disamina della politica estera di Bismarck e Guglielmo II, passa poi a tratteggiare quella degli anni Venti e analizza infine le posizioni prese sulla questione armena dal regime nazista. Una ricerca che gli consente di istituire un parallelo tra i destini dei due popoli.

Dal momento che in questo saggio dal titolo Giustificare il Genocidio. La Germania, gli Armeni e gli Ebrei da Bismarck a Hitler (Guerini e Associati, pp. 492, euro 35, a cura di Antonia Arslan), Ihrig considera il Metz Yeghérn «parte della nostra storia e del nostro patrimonio mondiale» nonché «forse il peccato originale del XX secolo; anzi, un doppio peccato originale», visto che i responsabili dell’annientamento di un intero popolo sono rimasti in seguito impuniti. È importante mettere in rilievo, al riguardo, come l’idea dello sterminio non sia nata all’improvviso nella mente dei Giovani Turchi ma sia stata nutrita dal tradizionale atteggiamento anti-armeno che caratterizzava anche molti contenuti della stampa e della letteratura tedesca: il caso di Karl May, narratore in quel periodo popolarissimo, non è certo isolato.
È INOLTRE NOTO come il II Reich abbia assunto a lungo una posizione filo-ottomana. Il legame tra i due imperi fu stretto e trovò il suo perno nella collaborazione in ambito militare: le truppe turche furono per esempio istruite per anni dal generale Colmar von der Goltz, che ottenne per questo il titolo di «Pascià».
Il cuore del libro è però costituito dal dibattito che si sviluppò nel corso degli anni Venti. Fu infatti allora che, in seguito alla dissoluzione dei due imperi, ebbe origine un profondo risentimento nei confronti di coloro che ne venivano considerati i rispettivi, ostili corpi estranei: ebrei e armeni. Da ciò nacque l’idea secondo la quale, scrive l’autore, «il genocidio non era soltanto concepibile nella Germania dell’epoca, ma fu anche ampiamente discusso attraverso il prisma della visione del popolo armeno come uguale, simile o peggiore di quello ebreo».
Quello sterminio fu dunque accettato, in Germania, alla stregua di un costo «ragionevole» imposto dai dettami della realpolitik.
ACCADDE successivamente che esso fu prima negato e poi giustificato tanto dai nazionalisti quanto dai nazisti, Questi ultimi, in particolare, condivisero e misero in pratica il seguente principio: un governo può fare ciò che vuole dei propri sudditi indipendentemente dal fatto che si tratti di donne, anziani e bambini inermi. Che da questo si arrivi all’idea dell’annientamento non deve meravigliare; e non deve stupire nemmeno che la persecuzione antiebraica sia stata sostanzialmente tollerata dalla comunità nazionale tedesca.
Insomma, il modo in cui il Metz Yeghérn venne recepito in Germania rappresentò un’enorme «motivazione», rafforzata per di più dall’assenza di una qualsiasi condanna. Nel concludere la sua monumentale opera, Ihrig si chiede se il mondo, dopo l’epilogo della Seconda guerra mondiale, «abbia fatto abbastanza per dissuadere gli Stati dal massacrare le popolazioni civili».
Una domanda alla quale è difficile rispondere in maniera affermativa.
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06 – Chiara Giorgi*: IL COMPLEANNO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE. 23 DICEMBRE 1978. QUARANTACINQUE ANNI FA, IL 23 DICEMBRE 1978 TINA ANSELMI, PRIMA DONNA ITALIANA AL MINISTERO DELLA SANITÀ, APPOSE LA FIRMA ALLA LEGGE NUMERO 833, ISTITUTIVA DEL TANTO ATTESO SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE. […]

La nascita del SNNsegnò per il paese un grande salto di qualità, a partire dal suo obiettivo principale: il passaggio dalla cura della malattia, concepita per lo più come sofferenza individuale, alla tutela e promozione universale della salute, fisica e psichica, individuale e collettiva.
Il nuovo servizio fu caratterizzato da un’impostazione integrata dell’intervento sanitario e di quello sociale, dalla priorità dell’attività di prevenzione, da un’organizzazione decentrata e territoriale, da un approccio capace di investire le questioni legate alle condizioni di lavoro, alla tutela dell’ambiente, al benessere umano complessivo.

I PRINCIPI CON CUI NASCEVA ERANO RADICALI.
Universalità di copertura: non solo ai cittadini italiani ma a tutti, senza alcuna discriminazione, era garantito il diritto alle cure. Equità di accesso e uguaglianza di trattamento; globalità e uniformità territoriale delle prestazioni erogate; impiego coordinato delle moderne tecniche di prevenzione, cura e recupero. E ancora, centralità dell’azione preventiva; decentramento territoriale; unicità di gestione dei servizi da parte delle Unità Sanitarie Locali (Usl), concepite come strumenti di un intervento integrato a tutela della salute che comprendeva molteplici aspetti.
Partecipazione e controllabilità democratica; programmazione dell’offerta dei servizi e della spesa; finanziamento tramite la fiscalità progressiva generale.
Nella sua architettura, esso capovolgeva il precedente assetto sanitario, spostando potere e risorse dall’inefficiente edificio delle Casse Mutue e degli enti ereditati dal fascismo, a istituzioni più vicine ai cittadini, con un finanziamento che passava dal vecchio meccanismo assicurativo alla fiscalità progressiva. In questo modo il principio di equità veniva realizzato con un finanziamento che era parte dei meccanismi redistributivi e solidaristici del welfare e con un’erogazione di servizi fondati sui bisogni di salute indipendentemente dai contributi versati e dal reddito.
L’istituzione del Servizio sanitario nazionale fu il risultato del fermento sociale, politico e culturale degli Anni Sessanta e Settanta, delle mobilitazioni del movimento operaio e di quello femminista, delle pressioni sindacali e dei partiti della sinistra. Sperimentazione di innovativi servizi socio-sanitari, collettivi, decentrati, universali, pubblici, piena consapevolezza dei nessi che legavano la salute ambientale e l’organizzazione capitalistica del lavoro, ripensamento delle finalità e dei dispositivi della scienza, attuazione della Costituzione furono altresì centrali nella costruzione del SERVIZIO SANITARIO.
Determinante l’impegno per la salute che caratterizzò molte iniziative ed esperienze degli anni Settanta, quale dimensione concreta dell’affermazione dei diritti sociali e di libertà, delle pratiche di partecipazione, dell’elaborazione di nuovi saperi condivisi.
La riforma sanitaria del 1978 va ricordata oggi perché costituì la più importante realizzazione universalista del welfare italiano, segnato ancora da logiche occupazionali, strategie patriarcali, forte frammentazione e approccio categoriale.
Furono necessari anni di discussioni, conflitti e sperimentazioni, un’intensa stagione di azione collettiva all’insegna delle istanze di liberà e uguaglianza che in quel decennio trasformarono nel profondo l’assetto del paese.
*(Chiara Giorgi è Professoressa associata in Storia Contemporanea (M-STO/04) presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Filosofia,)

 

07 – Sinistrainrete Giacomo Gabellini*: UN VIETNAM ISRAELIANO?
https://www.sinistrainrete.info/estero/27025-giacomo-gabellini-un-vietnam-israeliano.html?idU=1&utm_source=newsletter_1993&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-sinistrainrete&acm=8045_1993

Qualche giorno fa, il «Washington Post» ha rivelato (https://www.sinistrainrete.info/index.php?option=com_acymailing&ctrl=url&subid=8045&urlid=106814&mailid=1993) che, a partire dallo scatenamento
dell’Operazione Spade di Ferro ( https://www.sinistrainrete.info/index.php?option=com_acymailing&ctrl=url&subid=8045&urlid=106815&mailid=1993
), Israele ha lanciato contro la Striscia di Gaza oltre 22.000 bombe messe a disposizione dagli Stati Uniti, come si evince dai dati di intelligence di
cui il Congresso ha recentemente autorizzato la divulgazione. Entro l’arco temporale in oggetto, Washington avrebbe fornito a Israele circa 15.000
ordigni (comprese le bombe anti-bunker da 2.000 libbre) e più di 50.000 proiettili di artiglieria. Un tipo di munizionamento smaccatamente
incompatibile le cosiddette “operazioni chirurgiche”, ma perfettamente coerente con una campagna di bombardamenti a tappeto come quella che le forze israeliane stanno conducendo contro la Striscia di Gaza.

ALL’11 DICEMBRE, IL MINISTERO DELLA SANITÀ DI GAZA QUANTIFICAVA (https://www.sinistrainrete.info/index.php?option=com_acymailing&ctrl=url&subid=8045&urlid=106816&mailid=1993 ) in oltre 18.200 morti e circa 47.000 feriti il numero delle vittime palestinesi mietute dagli attacchi israeliani, senza distinguere tra civili ed effettivi di Hamas. All’interno di un rapporto stilato dall’Israeli Defense Force, invece, si giudica “verosimile” un ammontare complessivo pari a circa 15.000 morti, tra cui “oltre 5.000” membri di Hamas. Un rapporto di due vittime civili per ogni miliziano di Hamas assassinato, che secondo (https://www.sinistrainrete.info/index.php?option=com_acymailing&ctrl=url&subid=8045&urlid=106817&mailid=1993 ) il portavoce dell’esercito israeliano Jonathan Conricus certificherebbe il successo delle operazioni militari. A suo avviso, «qualora, come credo, i nostri numeri verranno confermati, si tratterebbe di un bilancio straordinariamente positivo e forse unico al mondo, se si confrontano questi dati con quelli afferenti a qualsiasi altro conflitto combattuto in territorio urbano tra un esercito e un’organizzazione terroristica incorporata nella popolazioni locale che utilizza i
civili come scudi umani».

Leggi tutto (https://www.sinistrainrete.info/estero/27025-giacomo-gabellini-un-vietnam-israeliano.html?utm_source=newsletter_1993&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter-sinistrainrete&acm=8045_1993 )
*(Fonte:Sinistrainrete. Giacomo Gabellini (1985), saggista e ricercatore indipendente specializzato in questioni economiche e geopolitiche.)

 

 

 

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