n°41 – 15/10/2022. RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

00 – Liliana Segre*: PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PROVVISORIO LILIANA SEGRE. IL DISCORSO DI LILIANA SEGRE, LA VERTIGINE DEL CENTENARIO DELLA MARCIA SU ROMA. SENATO. IL DISCORSO PER LA SEDUTA INAUGURALE DELLA SENATRICE A VITA LILIANA SEGRE, PRESIDENTE PROVVISORIA DELL’AULA.
01 – Le nostre aspettative nei confronti della vita. VERITÀ NASCOSTE . La rubrica settimanale a cura di Sarantis Thanopulos*.
02 – Massimo Villone*: I due presidenti neoeletti mettono le mani sulla Costituzione – ELEZIONI. Le parole di La Russa e Fontana confermano che la Costituzione è gravemente a rischio. Magari anche con il concorso di quei 17 voti già andati in aiuto a La Russa.
03 – Giuliano Santoro*: « Non vogliamo un nuovo Medioevo, non torneremo indietro sui diritti». GIORNATA NERA. Le proteste di associazioni e movimenti Lgbtq dopo l’elezione di Lorenzo Fontana alla presidenza della camera
04 – Luca Nardi*: 10 domande (e risposte) sull’economia dello spazio. Tra colonizzazione di nuovi mondi e tecnologie satellitari sempre più avanzate. Ne parliamo con Simonetta di Pippo, astrofisica che ricopre ruoli istituzionali di spicco nell’ambito della space economy
05 – Fabio Salamida*: quello che non funziona nel nuovo Parlamento. Il combinato disposto tra la legge elettorale che fu voluta da Renzi e il taglio dei parlamentari messo in atto dal Movimento 5 Stelle rischia di rendere meno efficienti e più lente le commissioni parlamentari, rallentando ulteriormente l’iter delle leggi.

 

 

00 – Liliana Segre*: PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PROVVISORIO LILIANA SEGRE. IL DISCORSO DI LILIANA SEGRE, LA VERTIGINE DEL CENTENARIO DELLA MARCIA SU ROMA. SENATO. IL DISCORSO PER LA SEDUTA INAUGURALE DELLA SENATRICE A VITA LILIANA SEGRE, PRESIDENTE PROVVISORIA DELL’AULA.

(La senatrice Segre, presidente provvisorio ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del Regolamento, sale al banco presidenziale). (Applausi).
Per l’apertura della XIX legislatura
PRESIDENTE. Buongiorno a tutti, colleghe senatrici e colleghi senatori.

RIVOLGO IL PIÙ CALOROSO SALUTO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA E A QUEST’ASSEMBLEA (Applausi).

CON RISPETTO, RIVOLGO UN PENSIERO A PAPA FRANCESCO. (Applausi).

Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al presidente emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri, con la speranza di vederlo ritornare presto ristabilito in Senato. (Applausi).

Il presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi queste sue parole: «Desidero esprimere a tutte le senatrici e i senatori di vecchia e nuova nomina i migliori auguri di buon lavoro al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare, ai quali ho dedicato larga parte della mia vita».

Anch’io, ovviamente, rivolgo un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove colleghe e a tutti i nuovi colleghi che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dall’austera solennità di quest’Aula, così come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi.

Come da consuetudine, vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali.

Incombe su tutti noi, in queste settimane, l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore, in una follia senza fine.

Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La pace è urgente e necessaria. La via per costruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino». (Applausi).

Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva.

In questo mese di ottobre, nel quale cade il centenario della marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a me assumere momentaneamente la Presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.

Il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché – vedete – ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile, per me, non provare una specie di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare, oggi si trova, per uno strano destino, addirittura sul banco più prestigioso del Senato.

(L’Assemblea si leva in piedi). (Applausi).

Il Senato della XIX legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai diciotto ai venticinque anni, ma soprattutto perché per la prima volta gli eletti sono ridotti a duecento.

L’appartenenza a un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità, ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio.

Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con disciplina e onore, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse.

Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa Assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto (Applausi), interpretando invece una politica alta e nobile che, senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza.

Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte.

Il popolo ha deciso: è l’essenza della democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione; comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese e devono garantire tutte le parti.

Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.

In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione repubblicana che, come dice Piero Calamandrei, non è un pezzo di carta, ma il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943, ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti. (Applausi).

Il popolo italiano ha sempre dimostrato grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica. In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi.

Anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali (e purtroppo questo è accaduto spesso), la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte costituzionale e alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.

Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata, come essa stessa prevede all’articolo 138, ma consentitemi di osservare che, se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione, peraltro con risultati modesti, talora peggiorativi, fossero state invece impiegate per attuarla (Applausi), il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.

Il pensiero corre inevitabilmente all’articolo 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, che erano state l’essenza dell’ancien régime.

Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla Repubblica: «Rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Non è poesia (Applausi) e non è utopia. È la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere gli ostacoli.

Le grandi Nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria.

Perché non dovrebbe essere così per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date divisive, anziché con autentico spirito repubblicano (Applausi), il 25 aprile, festa della Liberazione (Applausi), il 1° maggio, festa del lavoro (Applausi), il 2 giugno, festa della Repubblica? (Applausi)

Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.

Altro terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico (Vivi e prolungati applausi) (L’Assemblea si leva in piedi) e contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.

Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso della passata legislatura. I lavori della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza.

Questi lavori si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo, segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.

CONCLUDO CON DUE AUGURI.

Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa Assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative e riaffermare, nei fatti e non a parole, la centralità del Parlamento.

Da molto tempo viene lamentata, da più parti, una deriva ed una mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell’abuso della decretazione di urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza.

Nella mia ingenuità di madre di famiglia, però, ma anche secondo un mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato. Per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei Governi quando era minoranza e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.

Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi certi per le votazioni. (Applausi).

Auspico, infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo, in collaborazione col Governo, un impegno straordinario ed urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese, che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’eccezionale impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che disuguaglianze ed ingiustizie si dilatino ulteriormente, anziché ridursi.

In questo senso, avremo sempre al nostro fianco l’Unione europea, con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.
Non c’è un momento da perdere. Dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere livelli di guardia e tracimare. (Applausi).

Senatrici e senatori, cari colleghi, buon lavoro.
*( Sen. Lilliana Segre,

01 – LE NOSTRE ASPETTATIVE NEI CONFRONTI DELLA VITA VERITÀ NASCOSTE . LA RUBRICA SETTIMANALE A CURA di Sarantis Thanopulos*.
Secondo il National Center Health Statistics l’aspettativa media di vita degli americani nel 2021 è scesa rispetto al 2019 da 79 anni a 76.
Le donne restano più longeve (79 anni) degli uomini (73 anni). La discesa non è solo colpa del Covid. Ha contribuito un aumento delle morti per incidenti, overdose, cardiopatie, cirrosi epatica. Robert Anderson, capo delle statistiche di mortalità al N.C.H.S, ha dichiarato al New York Times che «perfino piccole diminuzioni dell’aspettativa di vita, di uno-due decimi in un anno, indicano che a livello della popolazione globale molte più persone stanno morendo prematuramente rispetto a come dovrebbe essere». Negli Stati Uniti i conti con la morte prematura non tornano.
Povertà, difficoltà di accesso alle cure per una parte della popolazione a causa di sistema di salute frammentato e guidato dalla logica del profitto, cattiva dieta, fumo, facile accesso alle armi, smog sono tra le cause con cui gli esperti spiegano il divario negativo che separa l’aspettativa di vita degli americani da quella dei cittadini degli altri paesi ricchi. In Italia ad esempio l’aspettativa di vita attualmente è di 82,6 anni. Un po’ più alta della media Ue. Nei paesi più poveri l’aspettativa di vita è notevolmente più bassa con un divario che va dai 15 ai 20 anni.

Non conviene nascere in un paese povero, questo è scontato, ma non è il miglior affare nascere nel paese più ricco del mondo. Nell’Europa resiste uno stile di vita più equilibrato e un sistema sanitario più orientato all’interesse di tutti. Fino a quando l’Europa saprà difendere il suo paradigma di vita contraddittorio e per tanti aspetti iniquo, ma tutto sommato più umano? La velocità con cui si importano dagli Stati Uniti schemi comportamentali conformisti, inerziali e “cattive abitudini” non è incoraggiante. La democrazia più potente del mondo nel suo mantenere stabilmente la testa di un «progresso» che cammina ciecamente verso l’accumulo di ricchezza materiale e l’assoggettamento dell’umano al tecnologico, anticipa tutte le implicazioni distruttive dell’accecamento che chi le corre indietro raccoglie prontamente senza accorgersene.

Nelle statistiche sull’aspettativa di vita, il dato più rilevante è l’arresto della sua crescita esponenziale (nel 1990 si prevedeva che gli italiani nati nel 2030 avrebbero una vita media di 90 anni) e il suo lento ma continuo declino dappertutto. Questo declino è un indice poco considerato, perché non è così eclatante come la catastrofe ambientale ad esempio. È un’incongruenza che getta un’ombra ancora forse leggera, ma già assai preoccupante, sul nostro mondo super-tecnologico. È un sassolino nel meccanismo della rincorsa inconscia dell’immortalità: ci ammonisce che potrebbe portarci nella direzione opposta, nell’incapacità di poter prendere davvero cura di noi (il più potente nemico della medicina oggi è l’incuria nei confronti della propria salute).

Siamo così presi dalla materialità della vita da non rendersi conto della crescente anestesia nei confronti delle nostre esperienze affettive, culturali ed erotiche. Lo sviluppo economico e della tecnologia e la produzione di ricchezze materiali enormi hanno coinciso con un netto peggioramento delle condizioni soggettive del nostro vivere. C’è qualcosa di profondamente sbagliato nella disgiunzione della quantità dalla qualità: crea infelicità profonda, svuota di significato l’esistenza in modo molto più pervasivo e autodistruttivo della precarietà materiale. Soffriamo meno se siamo poveri di mezzi, di quanto soffriamo quando i mezzi prendono possesso della nostra anima. E la nostra aspettativa di vita può essere minacciata da un’inconscia spinta verso la morte (da tante morti premature per incidenti, overdose, condotte esistenziali imprudenti, motivate dal null’altro se non da una vocazione suicidaria silenziosa) se continuerà ad essere dissociata dalle nostre aspettative nei confronti della vita.
*( Fonte: il Manifesto Sarantis Thanopulos, è presidente della Spi, la Società psicoanalitica italiana; è approdato in Italia quando aveva 19 anni in fuga dalla Grecia…)

 

02 – Massimo Villone*: I DUE PRESIDENTI NEOELETTI METTONO LE MANI SULLA COSTITUZIONE – ELEZIONI. LE PAROLE DI LA RUSSA E FONTANA CONFERMANO CHE LA COSTITUZIONE È GRAVEMENTE A RISCHIO. MAGARI ANCHE CON IL CONCORSO DI QUEI 17 VOTI GIÀ ANDATI IN AIUTO A LA RUSSA.
PER ESSERE UNA PRIMA ASSOLUTA NELLA STORIA DELLA REPUBBLICA, LA DESTRA DI GOVERNO PARTE SECONDO IL COSTUME ANTICO, COLLUTTANDO SULLE POLTRONE. DAL TOTOPRESIDENTI SONO USCITI LA RUSSA (FDI) E FONTANA (LEGA), ELETTI CON 116 E 222 VOTI.

Persino a destra si poteva trovare di meglio. In specie, spetterà a La Russa sostituire il Presidente della Repubblica in caso di assenza o impedimento. Auguriamo all’occupante del Quirinale di godere ottima salute, e gli chiediamo di viaggiare il meno possibile, magari curando di esercitare le funzioni in remoto.
Il momento più alto di questo avvio di legislatura è stato il discorso di Liliana Segre. Le sue parole ci hanno fatto intravedere l’Italia che avremmo voluto. I nomi dei neo-eletti ci danno la misura di quanto ne siamo oggi lontani, e di quanto può essere difficile ritrovarla. Un obiettivo affidato alle opposizioni, che fin qui non hanno dato prova di esserne all’altezza. I discorsi di investitura dei presidenti sono stati in ampia parte, e fisiologicamente, scontati: centralità del parlamento, rapporto maggioranza-opposizioni, ruolo di chi presiede l’assemblea, emergenze da affrontare. Ma qualche punto va sottolineato.

Fontana ha parlato in pieno stile leghista, per di più in salsa veneta. Parte con un “ringraziamento personale” a Bossi, che già può considerarsi inappropriato per un presidente di assemblea, ed è particolarmente significativo venendo a valle del “comitato del Nord”. Ha poi insistito fortemente sulle autonomie, ricchezza dell’Italia “da valorizzare nelle modalità previste e auspicate dalla Costituzione”. Il riferimento all’art. 116.3 e all’autonomia differenziata è trasparente. L’omologazione – leggi il potere nazionale che limita l’autonomia – è espressione di totalitarismo. L’Italia non deve omologarsi a realtà estere più monolitiche e a culture che non diversificano.

Tanto valeva far parlare Zaia. Il discorso di Fontana è palesemente squilibrato e di parte. Colpisce poi che la sola diversità che riconosce ed esalta è quella territoriale. Altre diversità, non meno importanti e costituzionalmente protette, non contano. Il cattivo giorno si vede dal mattino. E trova almeno in parte conferma nel discorso di La Russa. Per un verso scontato, come quello di Fontana, e invece significativo sulle riforme: modificare la Costituzione nella seconda parte, mentre la prima viene definita intangibile (tesi che i legami tra le due parti dimostrano infondata); assemblea costituente o commissione bicamerale; volontà politica di riformare.

Anche La Russa meglio avrebbe fatto a tacere. Probabilmente pensa al presidenzialismo, ma non nega l’autonomia differenziata. E qui gioca anche il modo in cui è stato eletto. La non partecipazione dei forzisti al voto in Senato per l’errore di Berlusconi, sconfitto e colto nel vaffa, può solo indebolire la capacità contrattuale di Forza Italia nella rissa sui ministeri che ora è in agenda, consolidando la posizione della Lega. Poi, contano i nomi. Se ne parla molto con riferimento ai ministeri economici, cui guardano l’Europa e i mercati. Ma ci sono anche altri fronti.

Tra questi, si fa il nome della Stefani – leghista – per il ministero delle autonomie, che poco servirebbe pudicamente ribattezzare come ministero per gli affari regionali. Sarebbe grave se il ministro venisse da un partito che esplicitamente riprende come priorità la tutela degli interessi del Nord e la questione settentrionale. Preoccupazione accresciuta, nella specie, perché proprio la Stefani ha espresso la stagione peggiore dell’autonomia differenziata, ponendosi dichiaratamente al servizio delle pulsioni separatiste di Zaia & Co.

Le parole di La Russa e Fontana confermano che la Costituzione è gravemente a rischio. Magari anche con il concorso di quei 17 voti già andati in aiuto a La Russa. Renzi nega che ci siano anche i suoi, ma nessuno gli crede, anche per qualche segnale già dato alla destra. Sbaglia Cassese quando afferma che sono sufficienti gli argini posti alla revisione. E vorremmo poter essere d’accordo con Segre quando afferma che “Il popolo italiano ha sempre dimostrato grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica”.
Purtroppo, non è così. È almeno dal 1994 e dal I governo Berlusconi che una parte significativa del paese poco si riconosce nella Costituzione, cui paga un omaggio puramente verbale. Il voto del 25 settembre ne dà conferma. La Costituzione è oggi vicina più che mai ad essere stravolta.
*(Fonte Il Manifesto – Massimo Villone, è un politico e costituzionalista italiano. È professore emerito di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.)

 

03 – Giuliano Santoro*: « NON VOGLIAMO UN NUOVO MEDIOEVO, NON TORNEREMO INDIETRO SUI DIRITTI». GIORNATA NERA. LE PROTESTE DI ASSOCIAZIONI E MOVIMENTI LGBTQ DOPO L’ELEZIONE DI LORENZO FONTANA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
Si attendevano l’attacco da parte delle destre, ma probabilmente non si aspettavano che la minaccia arrivasse così presto, con la scelta di un presidente della camera come Lorenzo Fontana, che viene definito «omofobo», «fiancheggiatore della famiglia naturale».
Il timore diffuso è che si torni indietro sul fronte dei diritti e dei modelli culturali. E che la legittimazione alle istanze più reazionarie e intolleranti possa arrivare dall’alto, dallo scranno più alto della camera dei deputati, visto che Fontana in questi anni non si è mostrato aperto al dialogo ma ha condotto crociate integraliste che hanno occhieggiato all’estrema destra.
Fontana si attirò molte critiche già nel 2018, quando divenne ministro alla Famiglia e alla Disabilità nel governo Conte I. E ancora quando portò a Verona con il Congresso mondiale sulla famiglia. Quel convegno, ricorda oggi il segretario nazionale dell’Arcigay Gabriele Piazzoni, fu una delle pagine più «imbarazzanti» e «oscurantiste» degli ultimi anni. Del resto, dal circolo di cultura Mario Mieli, presidio storico delle lotte della comunità omosessuale, ricordano quel passaggio come «un medioevo dei diritti». Mario Colamarino, presidente del Mario Mieli promette: «Siamo pronti a scendere in piazza e a fare le barricate se vedremo che saremo attaccati per l’ennesima volta».
La condanna è bipartisan: anche Erico Oliari, presidente dell’associazione vicina al centrodestra GayLib mostra di non gradire l’elezione della terza carica dello stato. «Bisogna dire che Fontana – riconosce Oliari con un certo imbarazzo – non si è mostrato molto amico delle ‘nuove famiglie’. Mi auguro che se vuole rappresentare tutti, abbia un ripensamento, ci dia un segnale di apertura». Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay Lgbt che alle ultime elezioni si è alleato con il Movimento 5 Stelle, ricorda quando durante il congresso della Lega nel 2017 Fontana disse «vogliamo un Europa dove il matrimonio sia solo tra mamma e papà e altre schifezze non le vogliamo».
Per Vincenzo Miri, presidente della Rete Lenford che si occupa di fornire assistenza legale e difendere i diritti Lgbt, spiega: «Fontana non ha mai fatto mistero di appoggiare il modello familistico della Russia di Putin. È ovvio che non può rappresentare le istanze della comunità Lgbt che ha sempre osteggiato. Addirittura si era opposto alle Unioni civili e alla famosa ‘propaganda gender’ nelle scuole, che non esiste». Dalla Rete D.i. Re dei centri antiviolenza annunciano che non accetteranno passi indietro sui diritti. «La destra affida le cariche più elevate del parlamento a due uomini che non sono una garanzia per chi ha a cuore i diritti umani e per chi, come noi, presidia la libertà e i diritti delle donne – spiega la presidente Antonella Veltri – Auspichiamo che questo non preluda a un’involuzione dei diritti civili, soprattutto quelli conquistati dalle donne in tanti anni di lotte per l’autodeterminazione e per l’emancipazione dalle gabbie del lavoro domestico». «La seconda e terza carica dello Stato devono essere elementi di rappresentatività e garanzia – aggiungono dal Gay Center – risulta preoccupante per uno Stato di diritto che tali ruoli fondamentali possano essere in mano a persone di nostalgica memoria o che diffondono fake news complottiste, antiabortiste e omofobe».
Ieri a Roma, all’Università La Sapienza, hanno protestato anche i collettivi studenteschi e le militanti di Non Una di Meno: dopo avere attraversato la città universitaria in corteo hanno fatto irruzione in un convegno sulla famiglia al quale oggi era annunciata anche la presenza dell’ex parlamentare leghista Simone Pillon ed espresso la loro contrarietà all’elezione di Fontana.
*( Fonte: Il Manifesto, Giuliano Santoro, è un giornalista e scrittore italiano)

 

04 – Luca Nardi*: 10 DOMANDE (E RISPOSTE) SULL’ECONOMIA DELLO SPAZIO. TRA COLONIZZAZIONE DI NUOVI MONDI E TECNOLOGIE SATELLITARI SEMPRE PIÙ AVANZATE. NE PARLIAMO CON SIMONETTA DI PIPPO, ASTROFISICA CHE RICOPRE RUOLI ISTITUZIONALI DI SPICCO NELL’AMBITO DELLA SPACE ECONOMY

SPAZIO 10 DOMANDE SULL’ECONOMIA DEL FUTURO
La cosiddetta space economy, quell’insieme di attività legate allo spazio che producono valore economico per l’umanità, è qualcosa che investe in misura sempre maggiore i mercati e anche le nostre vite quotidiane. Basti pensare alla comparsa di attori privati come SpaceX e Blue Origin che muovono immensi capitali per gestire attività prettamente spaziali, come i lanci di vettori innovativi o la costruzione di megacostellazioni satellitari all’avanguardia. Ma si può pensare anche alle tecnologie che dipendono dalle costellazioni satellitari, come smartphone o strumenti di navigazione, servizi meteorologici e altro; oppure a quelle che trovano beneficio economico derivante dalle tecnologie satellitari, come l’agricoltura di precisione o la protezione dell’ambiente: anche questi ambiti sono legati alla space economy. “La space economy vale oggi a livello globale 469 miliardi di dollari, con previsioni di crescita percentuale a due cifre per i prossimi decenni. Ma ciò che più conta è che offrirà opportunità anche ai paesi meno sviluppati, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”, sono parole dal libro Space Economy – La nuova frontiera dello sviluppo (Egea-Bocconi University Press) di Simonetta di Pippo, direttrice dello Space Economy Evolution Lab di Sda Bocconi School of Management e in precedenza direttrice dello Human Spaceflight dell’Esa e dell’ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello spazio extra-atmosferico. Il libro tocca molti aspetti diversi della space economy, dalla più pura esplorazione dello spazio ai recenti sviluppi del turismo spaziale, passando per le comunicazioni al di fuori della terra, l’economia degli asteroidi, e la gestione della spazzatura spaziale. Ecco 10 domande a cui Simonetta di Pippo dà una risposta nel libro.

1 – QUANTO CAMBIERÀ IL VALORE DELLA SPACE ECONOMY DA OGGI A TRENT’ANNI?
“Abbiamo visto stime e valutazioni diverse. Ragionevolmente ci attestiamo sui 450 miliardi di dollari oggi e qualche migliaio di miliardi nel 2040-2050. Qualunque siano i numeri corretti in valore assoluto, sappiamo che si tratta di un settore in forte espansione, che non ci si aspetta alcuna flessione, anzi al contrario si potrebbero considerare le stime attuali come molto conservative. E sappiamo anche che c’è bisogno di una sistematizzazione dei dati e delle statistiche derivati da tali dati, per coadiuvare al meglio il forte interesse al finanziamento di idee e prodotti nuovi”.

2 – È REALISTICO PENSARE CHE POTREMO VIVERE IN STAZIONI SPAZIALI O SU ALTRI PIANETI?
“Più che realistico, appare quasi naturale. Sono molte le tecnologie da sviluppare e, come sempre accade quando c’è un obiettivo sfidante da raggiungere, si mettono in campo le migliori competenze per riuscire nell’intento. Del resto la nostra vita quotidiana è già oggi ‘impregnata’ di prodotti e servizi derivati dallo spazio”.

03 – SARANNO GLI ESSERI UMANI O I ROBOT A FARE LA MAGGIOR PARTE DEL LAVORO?
“L’interazione uomo-macchina sarà la chiave del futuro. Alcune funzioni saranno completamente robotizzate, per altre avremo bisogno di essere umani che detengano il pieno controllo delle operazioni, in altre situazioni sarà un approccio misto. La diatriba continua e continuerà ancora per molto. Per chi come la sottoscritta si è occupato di volo umano, un essere umano nello spazio è sempre un essere umano nello spazio, e vanno messe in campo tutte le azioni necessarie per farlo volare riducendo al minimo il rischio associato”.

04 – Quali saranno le industrie dominanti nella nuova space economy?
“Le risposte sono numerose. Se guardiamo al breve termine, lo spazio sarà il volano per un’economia green e sostenibile, per salvare il pianeta e per coadiuvare tutti i paesi del mondo nella loro lotta alle diseguaglianze e alla povertà, per uno sviluppo socio-economico che sia adeguato alle esigenze di una popolazione sempre più condizionata dalle sfide globali. La sostenibilità nello spazio, per avere orbite sicure e sostenibili, trainerà la filiera dell’in-orbit servicing, mentre il Made in Space, soprattutto in settori come quello della salute, si svilupperà in parallelo. A medio-lungo termine ci sarà una corsa all’estrazione mineraria di risorse, terre rare in particolare, passando per un’esplorazione sistematica del sistema solare che consentirà di aprire così tanti nuovi mercati che non li conteremo più”.

05 – LO SVILUPPO ECONOMICO NELLO SPAZIO SEGUIRÀ UN PIANO INTERNAZIONALE?
“Per rispondere a questa domanda dovremo monitorare attentamente le evoluzioni a livello sia locale che globale. Sarebbe auspicabile che venga definito un piano coordinato su scala globale, e a questo proposito il Summit del Futuro che si terrà nel settembre 2023 all’Onu rappresenta una tappa fondamentale. Se questo piano fosse accompagnato da un’assunzione di responsabilità da parte degli attori privati, cosa che sta già accadendo, potremmo essere fiduciosi che ci espanderemo nel sistema solare come specie umana e non come singoli paesi. D’altro canto, lo spazio è la provincia dell’umanità, no?”.

06 – LA SPACE ECONOMY SI ESPANDERÀ RAPIDAMENTE IN DIVERSE LOCALITÀ NEL SISTEMA SOLARE O LO SVILUPPO SARÀ LENTO E CONTROLLATO?
“Il processo di crescita della space economy non è stato lineare, pur essendo stato progressivo. Nelle prime fasi, dopo ingenti investimenti da parte dei governi, il settore privato, quando una tecnologia era ormai matura, l’ha fatta propria e ha cominciato a sviluppare prodotti e servizi secondo un approccio più imprenditoriale. Recentemente abbiamo assistito a un cambio di paradigma, con attori privati (pochi al momento) che non solo affiancano i governi e gli investimenti pubblici, ma anticipano obiettivi e sviluppi tecnologici. Pur avendo ancora molto bisogno degli investimenti pubblici, hanno tuttavia già le idee chiare sugli obiettivi da raggiungere. Una città su Marte, dice qualcuno. Stazioni spaziali private dove si vive, lavora e produce, dice qualcun altro. Il processo di industrializzazione dello spazio e la sua velocità di espansione sono quindi legati a due fattori principali: la consapevolezza politico-strategica che si tratta di una strada da seguire per migliorare la vita sulla Terra e un investimento adeguato sapendo che il ritorno sarà enorme”.

07 – LO SVILUPPO DELLA SPACE ECONOMY RIDEFINIRÀ LE RELAZIONI INTERNAZIONALI E CON I PRIVATI?
“Qualunque attività si voglia svolgere nello spazio, dovrà essere all’insegna della collaborazione internazionale. L’idea che sia ancora un terreno dove mostrare la propria superiorità come stato – che sia una superiorità politica, strategica, economica, di difesa, o di prestigio – non regge più. C’è troppo mercato lì fuori e il motore di certe scelte non può più essere l’affermazione del singolo paese. Occorre collaborare e fare in modo che le collaborazioni siano la spina dorsale della futura espansione della space economy e della specie umana oltre il pianeta Terra. C’è bisogno di diplomazia. E sì, le implicazioni della tradizionale geopolitica sulla Terra potrebbero diventare più labili, sino a dissolversi”.

08 – SARANNO I PRIVATI AD ARRIVARE PER PRIMI?
“I privati, soprattutto negli Stati Uniti al momento, in una serie di settori diversi, detengono un monopolio indiscusso e dettano le regole. Non ci sono segnali che ciò non avverrà anche nello spazio. Se la space economy si svilupperà come crediamo, la presenza di privati con ruoli importanti sarà più estesa, anche provenienti da altri continenti. Una partnership pubblico-privato non solo consentirebbe un piano di esplorazione più vicino ai bisogni dei cittadini tutti, ma creerebbe le condizioni per un’azione concordata e collaborativa”.

09 – I TRATTATI, GLI ACCORDI E LE LINEE GUIDA SARANNO APPLICATI NELLO SPAZIO?
“Senza dubbio. Sempre di più gli attori del settore si rendono conto che occorre avere un atteggiamento responsabile se si vuole preservare l’ambiente spaziale per consentire poi loro di avere un piano di attività ‘prevedibile’ e che assicuri la stabilità delle operazioni per i loro asset spaziali. Che si possa ricreare una situazione simile a quella dell’era gold rush è altrettanto possibile. Occorre vigilare, aumentare la consapevolezza, aumentare il numero di stati membri del Copuos, portare tutti gli attori, istituzionali e non, al tavolo delle discussioni per affrontare le questioni nel modo più aperto e inclusivo possibile. Si parla spesso di trovare un meccanismo per applicare eventualmente delle sanzioni a chi non dovesse comportarsi nel rispetto di trattati e linee guida. C’è più bisogno di astro-diplomazia che di sanzioni. Collaborazione, collaborazione, collaborazione”.

10 – COME SI PUÒ LAVORARE NEL SETTORE DELLA SPACE ECONOMY?
“Scegliere di lavorare nel settore spaziale è un’opzione piena di prospettive. Attenzione quindi alla preparazione di base, che può essere in una qualunque delle discipline Stem, e poi a un perfezionamento degli studi che guardi alle varie sfaccettature della space economy, con approfondimenti quindi nei settori del diritto spaziale, della biologia, dell’architettura, della leadership, del management, della diplomazia, dell’economia, delle scienze politiche, della finanza; o viceversa verticale su una di queste discipline complementari, perfezionata con conoscenze di tipo scientifico o ingegneristico. La domanda di formazione sarà sempre più circostanziata e ampia, e l’offerta si deve adeguare rapidamente. Occorre un approccio multidisciplinare, olistico, che guardi a che cosa fare nello spazio e allo stesso tempo a come usare il dato spaziale per servizi e applicazioni. A mano a mano che il settore del turismo spaziale si svilupperà, ci sarà bisogno anche di altri tipi di qualifiche, come piloti, assistenti di volo, esperti di gestione in termini di accoglienza e cibo in orbita”.
*(Fonte: Wired. Luca Nardi, giornalista. Contributor. Astrofisico e science content creator. Parlo di spazio ed esplorazione spaziale)

 

05 – Fabio Salamida. QUELLO CHE NON FUNZIONA NEL NUOVO PARLAMENTO. IL COMBINATO DISPOSTO TRA LA LEGGE ELETTORALE CHE FU VOLUTA DA RENZI E IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI MESSO IN ATTO DAL MOVIMENTO 5 STELLE RISCHIA DI RENDERE MENO EFFICIENTI E PIÙ LENTE LE COMMISSIONI PARLAMENTARI, RALLENTANDO ULTERIORMENTE L’ITER DELLE LEGGI

LA CAMERA DEI DEPUTATI
La diciannovesima legislatura inizierà ufficialmente il giovedì 13 ottobre, quando si terrà la prima seduta alla Camera dei deputati. E mentre tutti sono concentrati sulla lista dei ministri che Giorgia Meloni sottoporrà al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, passano un po’ troppo sotto traccia una serie di questioni apparentemente “tecniche” che potrebbero condizionare negativamente i lavori dei due rami del Parlamento, squalificando (e di molto) il lavoro delle elette e degli eletti. Problemi derivati dal combinato disposto tra una pessima legge elettorale, il famigerato “Rosatellum” di fabbricazione renziana e il taglio dei parlamentari fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle. Problemi che andavano probabilmente risolti prima dello scioglimento delle Camere intervenendo sui regolamenti ma che sono rimasti – insieme a molto, molto altro – degli irrisolti.

LE COMMISSIONI PARLAMENTARI – LE DONNE ELETTE – LE COMMISSIONI PARLAMENTARI

Il taglio dei deputati e dei senatori (i primi passano da 630 a 400, i secondi da 315 a 200), ridotti di un terzo rispetto a tutte le assemblee che si sono avvicendate dal 1948 ad oggi, influirà pesantemente sulla composizione delle commissioni nei due rami del Parlamento. Commissioni che – va ricordato – sono fondamentali per lo svolgimento dei lavori perché è in quelle sedi che vengono discusse ed emendate le leggi che poi arrivano nelle aule. Deputati e senatori nominati nelle commissioni dovranno occuparsi, tra le altre cose, della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Def), della Legge di bilancio, dei ddl varati dal precedente governo che andranno a scadere, dei pareri necessari all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

A Palazzo Madama, dove è stato modificato il regolamento, le commissioni passano da 14 a 10: saranno accorpate gli esteri con la difesa, l’ambiente con i lavori pubblici, l’industria con l’agricoltura, il lavoro con la sanità. Nulla di fatto a Montecitorio, dove, a causa di una serie di veti incrociati, non è stato fatto lo stesso provocando un pericoloso disallineamento tra le due aule che potrebbe rallentare i lavori, almeno fino a quando la nuova giunta per il regolamento, che farà capo al prossimo presidente della Camera, non darà la medesima sforbiciata. Tempi previsti: fine del 2022, a lavori già in corso.

Altra questione non da poco, sarà la qualità del lavoro dei nuovi eletti, soprattutto al Senato. Molti gruppi tra cui Azione-Italia Viva, Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Lega, avranno due senatori per ogni commissione, tradotto: molte più competenze discusse ed emendate da molti meno eletti. Questo provocherà inevitabilmente un aggravio dei lavori per gli uffici tecnici dei ministeri (che rischiano un effetto “imbuto”) e per i sindacati ispettivi (gli organi che certificano la validità e i conflitti di competenze dei testi presentati dai parlamentari). Insomma, ciò che avrebbe dovuto snellire, rischia di appesantire ulteriormente un sistema istituzionale già lento, rallentando la discussione delle leggi.

C’è poi il problema delle commissioni bicamerali: Copasir, Vigilanza Rai e Antimafia, dovranno calendarizzare le loro sedute evitando di sovrapporsi a quelle delle commissioni permanenti e, ovviamente, a quelle delle due aule. Un incastro non facile nella “settimana corta” che caratterizza da sempre i lavori parlamentari e anche in questo caso potrebbe ulteriormente rallentarli.

LE DONNE ELETTE
Giorgia Meloni sarà la prima donna a guidare un governo in Italia, ma come è stato fatto notare da più parti, il prossimo Parlamento sarà quello con meno presenza femminile, invertendo una tendenza di crescita verso l’agognata parità di genere che durava da oltre vent’anni. Dei 600 scranni assegnati tra Montecitorio e Palazzo Madama, solo 186 saranno infatti occupati da donne, appena il 31 per cento del totale. Un deciso calo rispetto all’ultima legislatura, quella con più elette della storia della Repubblica, dove le donne erano 334 su 945, ovvero il 35,3 per cento.

A far meglio di tutti l’alleanza Azione-Italia Viva con il 46 per cento di elette: una buona percentuale ma su un numero esiguo di eletti (14 donne su 30), quindi assai poco influente sul calcolo totale. Bene anche il Movimento 5 Stelle che raggiunge il 45 per cento (36 donne su 80), male il Partito Democratico, che si ferma al 28,6 per cento (34 donne su 119) e l’alleanza Verdi-Sinistra italiana, con il 31,3 per cento (5 donne su 16). Molto male le destre, dove la percentuale più alta la raggiunge il “piccolo” Noi Moderati con il 33,3% (3 donne su 9), seguono il 31,6 per cento di Forza Italia (19 donne su 60) il 31,5 per cento della Lega (30 donne su 95) e il 27 per cento di Fratelli d’Italia (50 donne su 185).

Anche in questo caso, a far danni il combinato disposto tra il pessimo Rosatellum e il taglio dei parlamentari. La legge prevede infatti il cavillo delle pluricandidature, che sono state utilizzate “abilmente” dai partiti per mettere gli uomini in posizioni migliori rispetto alle donne. Malgrado i listini prevedessero l’alternanza di genere, la maggior parte dei capolista, ovvero degli unici eletti certi (o quasi) piazzati dalle segreterie, erano uomini. E se a destra si rimanda al mittente l’accusa sventolando il vessillo della Giorgia nazionale, nella concitata direzione nazionale del Partito democratico, che ha affrontato la consueta analisi della sconfitta in un primo dibattito durato “appena” dieci ore, la questione femminile è quella che più ha animato la discussione insieme all’inossidabile “dobbiamo ripartire dai luoghi del disagio”.
*( Fonte Wired – Fabio Salamida, Giornalista e scrittore si occupo di politica e attualità)

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