A 200 anni dai moti carbonari il Risorgimento dimenticato

di  Giovanni Ranieri Fascetti

A duecento anni dai moti carbonari la storia del Risorgimento dell’Italia sembra dimenticata

Mentre la Grecia si appresta a celebrare i duecento anni dall’inizio della rivoluzione che restituì ai Greci l’indipendenza dall’impero Ottomano e dignità di nazione, il 2020 rischia di passare senza che l’Italia si ricordi di celebrare il 200° dei moti carbonari, prima scossa di quel Risorgimento dell’Italia che si è “concluso” con l’epopea della Resistenza, il Referendum e l’approvazione della Costituzione della Repubblica Italiana. Soltanto qualche comune del meridione dell’Italia ha provveduto a organizzare eventi per ricordare quegli uomini il cui sangue iniziò ad avvelenare la mala pianta del potere clerico-feudale che soffocava la dignità dell’uomo e che, da molti secoli, cresceva rigogliosa sul suolo della penisola.

Penso sia opportuno cercare di rispondere a due domande che sorgono spontanee: quale potrà mai essere il motivo di questa distrazione? Quanto rimane oggi nella identità del popolo italiano, dell’epopea rivoluzionaria e repubblicana?

La prima domanda impone l’analisi della coscienza/conoscenza della classe politica che guida il paese. La seconda riguarda il grado di coscienza/conoscenza del popolo italiano.

Lockdown, crisi economica, tensioni e agoni politiche potrebbero essere gli elementi che distraggono dall’occuparsi di questo tema, avvertito più come un argomento culturale, storico e certo non come una realtà con valenza politica. Soprattutto, nel celebrare questo anniversario ci si troverebbe costretti a celebrare la Carboneria che del Risorgimento dell’Italia fu la promotrice, una società segreta, una filiazione della Massoneria; insomma un qualcosa che per molti, che sono ignoranti di Storia, “sa… di brutto”. Infine l’argomento “rivoluzione” è sempre stato un tema per certi versi “indisponente”: c’è gente che urla, si agita, spara. Eppure in questa “antica” storia ci sono tutte le risorse e gli antidoti per tonificare l’idea della Repubblica e il Credo democratico.

Il carbonaro napoletano Guglielmo Pepe

Risorgimento e Carboneria contengono in sé una discreta quantità di idee che sicuramente potrebbero non piacere ad una parte dei nostri politici che sono intenti a coltivare forme di odio per la Democrazia, fantasie di suprematismo, di razzismo, di antieuropeismo; insomma, quella congerie di cose che si può tout court definire “barbara ignoranza”. Giusto per questo sarebbe opportuno aprire le pagine dei vecchi libri e dare la via a quella fiera, ancor viva, che essi contengono: la “belva” repubblicana che spaventa così tanto i reazionari contemporanei, come un tempo spaventava quelli dell’800 e quelli del ‘900. Si, perché non dobbiamo dimenticarlo, è vero che “se il popolo ha abbandonato i repubblicani, i repubblicani non abbandonano il popolo!” – per dirla con le parole di Victor Hugo – , allorché buona parte del popolo italiano si era fatto cieco discepolo del verbo fascista e il fascismo faceva a pezzi qualsiasi sorgente di Democrazia, compresa la Massoneria Italiana, la Carboneria, rimasta latente, una sorta di fiume sotterraneo nella coscienza della Nazione, si ridestò, proprio come un fuoco che ha covato sotto la cenere, e armò due brigate partigiane.

Filippo Buonarroti, pisano, capo della Carboneria e fondatore del Comunismo

Pensiamo al valore che nel prossimo anno avranno le celebrazioni greche: per prima cosa attireranno l’odio implacabile di chi vorrebbe rifondare l’antico Impero Ottomano. Probabilmente daranno fremiti di democrazia e di orgoglio ad un popolo che le potenze straniere vorrebbero imbelle ed asservito nel mentre progettano con tutta calma di renderlo schiavo, anche se solo dal punto di vista economico, visto che in altro modo in questi tempi moderni non si usa. Sicuramente le celebrazioni faranno riflettere i cittadini greci sul lungo cammino che loro hanno dovuto percorrere per arrivare alla Repubblica e alla Democrazia, cammino di dolorosi passaggi e cadute e che ha attraversato anche il periodo del Regime dei Colonnelli.

I due popoli, italiano e greco, furono fratelli al tempo in cui lo spirito democratico li indusse alla ribellione. Un rapporto meraviglioso legò Italia e Grecia, una bella storia che il Fascismo, nemico di ogni libertà e amore universale, procurò di sciupare con l’aggressione ingiustificata alla nazione Greca nel 1940. Mal gliene incolse dal momento che, anziché onore e gloria, il regio esercito italiano, messo a mal partito dai Greci, ricavò soltanto vergogna da questa azione. Un’infame aggressione che soltanto il sangue delle migliaia di martiri italiani trucidati dai nazisti a Corfù e Cefalonia nel settembre del 1943 ha in qualche modo lavato.

Lord Byron carbonaro e capo della Rivoluzione greca

Se leggiamo nell’iscrizione di Nauplia, prima capitale della Grecia indipendente, i nomi degli eroi stranieri che hanno combattuto nel Risorgimento greco, vi troveremo tantissimi italiani e, quasi tutti, furono Carbonari. Un segno dell’Universalità degli ideali della Carboneria. Città italiane come Livorno e Pisa ebbero un ruolo determinante nell’adesione italiana alla causa greca: fu a Pisa, nel palazzo di  Andrea Vaccà Berlinghieri, il chirurgo definito dai rapporti della polizia granducale “il capo della Massoneria e della Carboneria in Toscana” che il carbonaro Lord Byron incontrò il principe greco Alessandro Maurocordato, che sarà uno dei registi della Rivoluzione e, con questo incontro si infiammò di sacro amore per la causa dei Greci: “Eleftheria i Thanatos!”, “Libertà o morte”. Fu invece Firenze, negli anni Settanta del Novecento, ad ospitare un grande poeta greco, esule politico: Alexandros Panagulis.

Cospiratori, Rivoluzionari, Società Segrete, radici filosofiche, un apparato di idee troppo complesso perché la politica italiana se ne voglia occupare.

E il popolo? Tra i problemi contingenti di un quotidiano sempre più difficile anche per la classe media e di un cittadinanza sempre meno presente a se stessa, la quale sente un vago afflato patriottico solo in occasione della Champions League, potrebbe sembrare un’utopia il voler realizzare qualcosa che coinvolga la gente. Eppure, nel mese di giugno una “Cena carbonara” organizzata nella piazza della Repubblica del paese di Montecatini Val di Cecina ha riscosso un notevole successo di pubblico. Al centro della piazza, vicino al monumento ai Caduti, è stata montata una “vendita carbonara” con gli oggetti rituali, le bandiere della Carboneria, libri e documenti dell’800 in esposizione e, durante la cena, si è parlato dei moti Carbonari del 1820 – 21 e di tante storie collegate. Il pubblico si è mostrato entusiasta, infuocato, proprio come la fiamma che ardeva nel mezzo della torta “Rivoluzione!” che ha concluso la cena. Tutto questo ci fa ben sperare e proseguiremo ad organizzare le nostre piccole celebrazioni di una così grande Storia. W l’Italia, W la Repubblica!

Giovanni Fascetti – Giovanni Ranieri Fascetti, pisano, classe 1965, è uno storico dell’Urbanistica, archeologo, esperto di Gestione e Marketing del Patrimonio, Cittadino Onorario di Vicopisano e Premio Pegaso d’Oro della Regione Toscana, docente di materie umanistiche presso l’I.I.S. “Pacinotti-Galilei” di Pisa. E’ Presidente del Gruppo “Ippolito Rosellini”, direttore della Rocca del Brunelleschi a Vicopisano e Custode del Tempio di Minerva a Montefoscoli.

 

 

FONTE: https://www.toscanatoday.it/author/giovanni-fascetti/

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