11 aprile 2020 – NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI

A TUTTI I NOSTRI LETTORI TANTI AUGURI DI BUONA PASQUA

 

01 – Olanda, il «poliziotto cattivo» che piace alle multinazionali. Europa. Un paradiso fiscale nascosto che attira capitali per un valore pari a 5 volte il suo Pil.

02 – L’Eurogruppo ha trovato una prima intesa Non tutto è definito. Aspetti importanti sono rinviati alla riunione dei capi dei governi europei, dopo Pasqua .
03. – SEGRETERIA DEPUTATI Pd Estero – deputate pd estero: chiediamo il finanziamento immediato e adeguato degli enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana nel mondo

04 – Conte rilancia: regole più morbide o faremo a meno dell’Europa Italia . Il premier alza i toni sperando in un compromesso che accontenti anche i 5S. Mentre Confindustria e Iv premono per le riaperture. L’appello: il Paese rischia di spegnere il motore, molte aziende non saranno in grado di pagare gli stipendi.

05 – Schirò (Pd) – agevolazioni fiscali per rimpatriati: non è necessaria l’iscrizione all’aire. Tra i miei impegni prioritari in questa legislatura va annoverato quello riguardante le agevolazioni fiscali a favore dei lavoratori rimpatriati

06 – Coronavirus | Foti (Presidente Comites Ecuador): “Rimpatriati circa 100 italiani, grazie a Sottosegretario Merlo, Ambasciatrice e Farnesina”

07 – Schirò (Pd) – esistenza in vita: l’INPS non sospenderà i pagamenti all’estero per i ritardatari.

08 – La catastrofe liberista della democrazia americana Stati Uniti. L’epidemia sta devastando un paese in cui 30 milioni di cittadini non accedono a cure mediche.

09 – Schirò (Pd): necessaria una riforma per le pensioni basse, anche per gli italiani all’estero

10 – Alfiero Grandi. Una svolta politica per guidare l’Italia fuori dalla pandemia e dalla crisi. Per un periodo non breve la priorità resta evitare i contatti interpersonali per cercare di spezzare la diffusione del virus.

11 – Coronavirus | Sottosegretario Merlo(MAIE) : “Farnesina in prima linea per riportare in Italia i connazionali bloccati all’estero”,

12 – Coronavirus | Sottosegretario Merlo (MAIE): “Oltre 10mila connazionali rimpatriati dalla Spagna”: “Si è trattato di una massiccia operazione di rientro, nella quale il Sistema Italia ha brillato per efficienza e organizzazione.

13 – La Casa bianca conosceva i rischi del Covid-19 ma ha mentito. Stati uniti. Un memo di Peter Navarro, consulente commerciale di Trump, aveva avvertito la Casa Bianca già a fine gennaio che non contenere un focolaio di coronavirus sarebbe costato agli Usa trilioni di dollari e avrebbe messo milioni di americani a rischio di malattia o morte

14 – Borghese (MAIE): “Forza presidente Conte, avanti Italia!”:

15 – La Marca (Pd): anche dal Canada sosteniamo la croce rossa italiana – aiutiamo l’Italia

16 – CREATIVI. Fino a qualche settimana fa i CILENI RIEMPIVANO LE STRADE DI SANTIAGO ogni venerdì per protestare contro l’aumento del costo della vita.

17 – CORONAVIRUS | Borghese (MAIE): “Centinaia di voli di rientro per gli italiani all’estero, bene Sottosegretario Merlo e Farnesina”

 

 

 

01 – OLANDA, IL «POLIZIOTTO CATTIVO» CHE PIACE ALLE MULTINAZIONALI. EUROPA. UN PARADISO FISCALE NASCOSTO CHE ATTIRA CAPITALI PER UN VALORE PARI A 5 VOLTE IL SUO PIL.
Nel teatro europeo, l’Olanda sta svolgendo la parte del «BAD COP» ed è accusata di aver bloccato il varo dei Coronabond, cioè una garanzia comune dei debiti. Ma dietro l’Olanda c’è la Germania, oltre ad Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia. Cioè ci sono governi – di varia tendenza politica – che per il momento restano molto prudenti sulla risposta alla crisi della pandemia.

Dai paesi che adesso puntano il dito contro l’Olanda molte multinazionali hanno trovato qui un terreno fiscale favorevole. Sfilano qui i grandi nomi mondiali, Mitsubishi, Sony, Shell, Airbus, Renault-Nissan, Ikea, Caterpiller, General Electric, Heinz, Uber, Nike, Tesla, Foot Locker.
Anche il capitale italiano non disdegna il fisco del «poliziotto cattivo»: c’è la prima filiale di STMicroelectronics, oltre a Fca (Fiat-Chrysler), e la sede olandese è stata anche scelta per la holding della futura unione Psa-Fca.
Mark Rutte, primo ministro olandese accusato dall’opposizione di sinistra di essere un «broker del grande capitale», è un liberale, arrivato al suo terzo mandato, che ha ereditato un paese in deficit e lo ha portato a rispettare i parametri di Maastricht (54% del pil di debito pubblico, deficit al 2,2%), con un tasso di disoccupazione al 3,7%.
Rutte, che è in coalizione con tre partiti democristiani (Cda, D66, Uc) e che nel passato ha anche governato con i socialdemocratici, deve fare i conti all’interno con l’estrema destra di Gert Wilders, che resta potente.
L’Olanda segue una linea pragmatica e, secondo i francesi, quando la Germania cambierà posizione, Amsterdam seguirà.
Il dibattito esiste anche in Olanda. Un ex banchiere centrale, Nout Wellink, ha messo in guardia in questi giorni: «Se il sud crolla, il nord opulento cesserà di esistere». L’Unione europea e l’euro sono stati favorevoli all’Olanda, che propone un modello di alta qualificazione e di forti infrastrutture. Amsterdam ha anche forzato la mano al destino, come hanno rivelato i Paradise Papers: ai limiti delle regole – e a volte oltrepassandole – ha manovrato per attirare capitali, non solo dai partner europei, grazie a tutti i meandri dell’ottimizzazione fiscale.
L’Olanda attira capitali per un valore che equivale a 5 volte il suo pil. Con la Brexit, molte società sono emigrate da Londra. Nella Ue non c’è l’armonizzazione fiscale e in questo delicato settore ci vuole il voto all’unanimità (cioè c’è diritto di veto). La piazza olandese è così diventata, con il Lussemburgo, l’Irlanda, Cipro, Malta, un paradiso fiscale nascosto.
Le multinazionali scelgono l’Olanda per stabilire la loro sede sociale, grazie non solo a una tassa sulle società al 25,5% (e al 19% fino a 200mila euro di utili), ma anche – e soprattutto – per i ruling, cioè accordi dietro le quinte che danno ancora più vantaggi e permettono di eludere le tasse, una cifra tra i 5 e i 10 miliardi l’anno per la Ue nel suo complesso.
Ma qualcosa si sta incrinando su questo fronte. Quattro anni fa, la Commissione ha condannato l’Olanda per i troppi favori fatti a Starbucks. Poi è stata aperta un’inchiesta che riguarda Nike, che attraverso un sistema complesso dal 2006 al 2015 ha ottenuto vantaggi che Bruxelles equipara a «aiuti illegali di stato».
Nel novembre 2018 era scoppiato lo scandalo Shell, 13 miliardi di utili non tassati, perché la compagnia petrolifera gravava i conti con le perdite delle filiali per occultare i profitti. Qualche anno fa, Rutte è stato al centro di una forte polemica politica, perché ha difeso, prima di dover fare marcia indietro, un progetto di azzeramento delle imposte sui dividendi degli azionisti. Secondo Oxfam, l’Olanda è il quarto «peggiore paradiso fiscale», dopo Isole Vergini, Bermude e Caiman.
Ma oggi ci sono «progressi» afferma l’organizzazione. È l’effetto di un voto al Parlamento europeo che un anno fa ha messo l’Olanda, assieme e Lussemburgo, Irlanda, Cipro e Malta, nella «lista nera» dei paradisi fiscali. Nel 2009, il presidente statunitense Obama aveva designato l’Olanda come il «campione dei paradisi fiscali per le multinazionali Usa», che assieme alle Bermuda e all’Irlanda, attira circa un terzo dei profitti fatti all’estero da società statunitensi.
Nel mirino di Usa e Bruxelles c’è la Cv, la commandita vennootshap, un tipo di società senza personalità giuridica, semplice partner di società estere, che permette di sfuggire alle tasse. (di Anna Maria Merlo da Il Manifesto)

 

02 – ALFIERO GRANDI. L’EUROGRUPPO HA TROVATO UNA PRIMA INTESA NON TUTTO È DEFINITO. ASPETTI IMPORTANTI SONO RINVIATI ALLA RIUNIONE DEI CAPI DEI GOVERNI EUROPEI, DOPO PASQUA. L’intesa fin qui raggiunta dai Ministri dell’Economia europei (eurogruppo) è un compromesso con aspetti importanti, nodi – per ora – non risolti e aspetti scivolosi, tanto che il Ministro Gualtieri ha messo le mani avanti precisando che l’Italia non userà il Mes, una dichiarazione impegnativa. Il Mes è senza condizioni solo per le spese sanitarie e comunque per l’Italia vale 36 miliardi in tutto, la Bei può concedere prestiti fino a 200 miliardi alle imprese, grazie ad un fondo implementato dagli stati, il fondo Sure, chiamato impropriamente cig europea, arriva a 100 miliardi ma con 25 che dovrebbero versare gli stati, infine i corona bonds non sono citati ma secondo una versione sarebbero presenti nel fondo per investimenti proposto dalla Francia che dovrebbe arrivare a 500 miliardi, di cui per ora si sa poco altro. Era difficile per i governi europei non tentare un’intesa, per quanto ancora approssimativa, di fronte alla virulenza e all’estensione della pandemia del coronavirus e alle gravissime conseguenze economiche.

Un fallimento dopo la Brexit avrebbe sancito un’altra svolta negativa per l’Unione europea, ma non a causa di significative pressioni dall’esterno quanto per il rischio di un’implosione per incapacità dei protagonisti interni. Conte ha detto con forza agli altri governi, intervenendo direttamente sulla stampa degli altri paesi, che è in gioco il futuro dell’Europa. È un argomento importante, forte, per certi aspetti decisivo, ma lo è per tutti, anche per Conte e per l’Italia. La conseguenza è che nessun governo si può assumere la responsabilità di un fallimento e quindi anche l’Italia ha dovuto partecipare alla ricerca di un punto di intesa. Infatti l’intesa è un compromesso. Per la prima volta un gruppo consistente di paesi europei ha sostenuto una posizione politica comune per un intervento solidale europeo – non accadde per la Grecia – per fronteggiare le pesantissime conseguenze economiche della pandemia. Una maggiore attenzione a cercare una linea unitaria dell’Europa su come affrontare la pandemia sarebbe importante, ma per ora ogni paese procede da solo. Tanto che settori imprenditoriali, che premono per l’apertura ad ogni costo delle aziende, usano le decisioni di un paese contro gli altri. Come ha detto un importante imprenditore: prima di tutto viene la salute. Per ora in solitudine nel suo mondo. Se Salvini avesse un ruolo di governo dovrebbe vedersela con i sovranisti del nord, i più strenui avversari di una politica europea solidale. La sua contrarietà al Mes oggi è urlata, ma non esisteva quando il governo di cui faceva parte ne discuteva. Ancora una volta pura strumentalità. Del resto la sua capacità di aggregare alleanze si è vista con la rottura con tutti i governi europei.
BENE O MALE QUESTO GOVERNO HA CERCATO DI STRINGERE ALLEANZE, CON QUALCHE RISULTATO, SEPPURE NON ANCORA DEFINITIVO.
Ferma restando la validità della scelta Europea, non c’è dubbio che l’Unione non può restare come la conosciamo oggi. Ad esempio le risposte comuni debbono arrivare in tempi rapidi per dare fiducia e risorse. Sarebbe un errore concentrare l’attenzione solo sulle misure per affrontare l’emergenza, per quanto importanti. Per cambiare l’Europa occorre altro. Occorre affrontare i fondamentali. Il trattato di Mahastricht e la sua traduzione in patti successivi vanno ridiscussi. Mentre si discute di questo occorre mettere sul tavolo alcuni aspetti che già stridono con i trattati vigenti. Ad esempio la concorrenza fiscale intraeuropea. L’Olanda è un paradiso fiscale, come altri paesi. Finora è stato consentito a gruppi multinazionali, ad esempio FCA, di autoridursi le imposte facendo base in Olanda. In questa situazione l’Italia non può permetterselo, o rientrano nel paese, o debbono essere costretti a pagare come se avessero sede in Italia. La stessa questione della stabile organizzazione va rovesciata, fino a prova contraria c’è. L’elenco completo dei paradisi fiscali dentro l’Unione è noto da tempo e sono la via per non pagare dei colossi del web. Così occorre intervenire con severità verso quanti non hanno fatto ritornare i capitali esportati illecitamente neppure dopo gli ignobili condoni, purtroppo approvati da troppi governi. Sono arrivati elenchi di evasori che vanno perseguiti senza perdere tempo, avanti tutta, se qualcuno farà qualche giorno di galera, oltre al sequestro dei beni, sarà di esempio. L’evasione è un male con radici antiche in Italia, mai estirpata, questa è l’occasione, l’opinione pubblica capirà e appoggerà.
Altre risorse possono arrivare dalla necessaria severità sugli appalti, qualche novità positiva c’è, meno chiaro è chi prenderà il posto di Cantone contro la corruzione. I beni sequestrati alle mafie possono essere usati, altrimenti venduti o ceduti, con il vincolo di un risequestro automatico se risultasse un riacquisto mafioso. Queste ed altre risorse debbono entrare in un fondo nazionale per lo sviluppo di investimenti ed opere di interesse pubblico da usare con rapidità a sostegno della ripresa. Questi fondi potrebbero essere di sostegno, insieme ad altri, per fare rientrare in Italia produzioni oggi necessarie. Ad esempio la produzione di dispositivi sanitaria, fin troppo necessaria. Occorre un progetto per riportare in Italia le produzioni decentrate. Il controllo sugli acquisti dall’estero di società deve essere fatto con durezza attraverso uno strumento giuridico di interesse nazionale, compresa una norma che obblighi la Consob ad intervenire prima che la speculazione faccia danni, come è accaduto, sia vietando vendite allo scoperto che sospendendo i titoli sotto attacco ribassista. Anche la gestione del nostro debito pubblico può migliorare. In passato ci sono stati errori che confermano l’utilità di uno strumento specializzato, creatura del Tesoro, per gestire il debito pubblico sul modello dell’Agenzia tedesca. Ne ha scritto Minenna, più confusamente sembra farvi riferimento Tremonti. Se funziona perché non imitare la Germania? Questo strumento potrebbe offrire anche altre opportunità e aiutare a mettere in campo proposte per attirare risparmio privato nazionale a lunga scadenza, come ha proposto Monti

L’elenco potrebbe essere lungo. In sostanza è evidente che per uscire dalla stretta attuale occorre mettere in discussione dei tabù e decidere scelte innovative, usando gli spazi esistenti e aprendo una seria discussione sulle modifiche ai trattati. Per inciso la questione del primo approdo dei migranti è stata alleggerita, non risolta. Il “faremo da soli” di Conte obbliga il governo ad avere un progetto di sviluppo, un programma di interventi per guidare il cambiamento economico e sociale. L’innovazione va programmata e guidata, facendo partecipare attivamente la società e gli interventi debbono prendere risorse da chi le ha e sostenere chi non ne ha. Tornando all’intesa nell’eurogruppo, in attesa di capire cosa lascerà vedere la nebbia che per ora avvolge alcune decisioni come il fondo per la ripresa, il cui valore è dato tra 500 e 1000 miliardi, occorre una strategia complessiva e la capacità di trasformare l’intesa tra un gruppo di paesi in un progetto capace di cambiare il volto dell’Europa.
Una riunione difficilmente può bastare. Una crisi profonda come questa richiede un lavoro di lunga lena e una piattaforma politica ed economica chiara che guarda all’Europa (e all’Italia) del futuro. Altrimenti saranno guai seri, di Alfiero Grandi

 

03 – SEGRETERIA DEPUTATI PD ESTERO – DEPUTATE PD ESTERO: CHIEDIAMO IL FINANZIAMENTO IMMEDIATO E ADEGUATO DEGLI ENTI GESTORI DEI CORSI DI LINGUA E CULTURA ITALIANA NEL MONDO, 10 APRILE 2020, di Francesca, Angela
“Mentre tutte le migliori energie del Paese continuano ad essere spese per contrastare il contagio e salvare vite umane, il Governo ha preso giusti provvedimenti per contenere gli effetti sociali ed economici provocati dalla pandemia. Ricordiamo sempre che lo sguardo deve essere rivolto senza distinzione a tutti gli italiani, a quelli che risiedono in Italia e a quelli che risiedono all’estero, iscritti o non iscritti all’AIRE.
L’integrazione nel Decreto Cura Italia di 5 milioni per l’assistenza diretta e indiretta dei connazionali che si trovino in stato di difficoltà è certamente un passo che va in questa direzione. Restiamo convinte, per altro, che rispetto alle misure contro la disoccupazione e per il sostegno assistenziale che si stanno prendendo in ambito UE ogni stato debba essere chiamato a prendersi cura di tutti coloro che risiedono nel proprio territorio e che fuori dall’ambito europeo analoghe misure possono essere concordate in termini bilaterali.
L’Italia, poi, non può permettersi di lasciare per strada, sia pure per obiettive difficoltà, i suoi punti di eccellenza nel mondo. Si stanno destinando somme importanti alla internazionalizzazione, ma purtroppo non c’è un’analoga attenzione per la promozione culturale nel mondo.
In questo ambito, i corsi organizzati dagli enti promotori sono sicuramente l’asse portante di una rete di straordinaria importanza che oggi corre evidenti rischi di arretramento, se non di collasso.

Gli enti gestori, nel 2020, non hanno ricevuto alcuna anticipazione di risorse, pur prevista dalle normative in vigore. Sono allo stremo e rischiano, dopo la sospensione dei corsi in presenza, anche la chiusura amministrativa. In ogni caso, il ricorso per questi gravi ritardi alle anticipazioni bancarie, ammesso che senza determinazioni ministeriali sia possibile, peserà sui bilanci e sugli equilibri finanziari degli enti.
A situazioni di eccezionale gravità, quali quelle che stiamo vivendo, non si può rispondere con le consuete cadenze burocratiche, ma si deve reagire con decisioni pronte e adeguate. Per questo chiediamo che nel modo più urgente, gli enti gestori siano rifinanziati nella misura massima consentita dalla normativa vigente e si operi per salvare una rete che risponde alle esigenze di centinaia di migliaia di utenti e che assicura una presenza qualificata dell’Italia nel mondo”.
Le deputate PD elette all’estero: Francesca La Marca (Nord-Centro America) – Angela Schirò (Europa)

 

04 – CONTE RILANCIA: REGOLE PIÙ MORBIDE O FAREMO A MENO DELL’EUROPA ITALIA . IL PREMIER ALZA I TONI SPERANDO IN UN COMPROMESSO CHE ACCONTENTI ANCHE I 5S. MENTRE CONFINDUSTRIA E IV PREMONO PER LE RIAPERTURE. L’APPELLO: IL PAESE RISCHIA DI SPEGNERE IL MOTORE, MOLTE AZIENDE NON SARANNO IN GRADO DI PAGARE GLI STIPENDI, di Andrea Colombo da Il Manifesto
È quasi un pronunciamento in piena regola quello degli industriali. Una «agenda» compilata da Confindustria di Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, quattro regioni che valgono in 45% del Pil, per invocare e quasi imporre la riapertura delle aziende. Altrimenti «il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore» e gli effetti si vedranno subito: «Molte aziende finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese». È un grido di allarme ma anche una minaccia, alla quale fa seguito una condizione precisa: «Concretizzare la Fase 2 definendo una roadmap per una riapertura ordinata e in piena sicurezza».
È UNA POSIZIONE opposta a quella sulla quale martellano medici e tecnici, convinti che si debba invece procedere con i piedi di piombo, pena un nuovo dilagare del contagio. È un dilemma, perché entrambe le aree hanno solidi argomenti da squadernare. Conte verifica una volta di più quanto difficile sia coniugare le confliggenti esigenze quando, a pranzo, convoca i capidelegazione al governo. Speranza dà voce all’opinione dei tecnici.
La renziana Bellanova a quelle delle aziende. Il premier, fosse per lui, sarebbe probabilmente più sensibile al richiamo degli industriali, anche perché mette nel conto le dimensioni ciclopiche delle difficoltà che lui e tutto il Paese dovranno affrontare una volta superata l’emergenza virus. Ma per ora non decide, e non lo farà fino a quando i segnali positivi sul fronte del contagio non si saranno consolidati. Forse qualcosa dirà quando, venerdì o più probabilmente sabato, prolungherà di altre due settimane le misure di distanziamento, probabilmente allargando però l’area delle aziende esonerate dall’obbligo di chiusura. Passata la pasqua, però, tutto lo spinge a decidere entro la fine di aprile la riapertura generale. Anche perché decine di migliaia di imprese, nelle regioni del nord, stanno già praticando l’obiettivo con le autocertificazioni. Per cittadini e negozi, però, il percorso sarà ben più lungo.
EPPURE IN QUESTE ORE non è questo il cruccio principale di Conte. Prima bisogna chiudere la partita europea ed è una sfida difficilissima. Tanto che il premier, in un’intervista alla tedesca Bild mette in campo l’ipotesi più estrema: «Io chiedo un ammorbidimento delle regole di bilancio. Altrimenti dobbiamo fare senza l’Europa e ognuno fa per sé». In serata Conte convoca una riunione a tre, senza capidelegazione o capigruppo, con il ministro dell’Economia Gualtieri e il ministro degli Esteri, ma soprattutto quanto di più vicino a un leader ci sia nel M5S, Di Maio. In agenda un solo punto chiave: come comportarsi nell’Eurogruppo di oggi pomeriggio. Conte sa di dover accettare una mediazione ma sa anche che reggerla non sarà possibile senza la compattezza della maggioranza e quella coesione dipende tutta dalla disponibilità europea ad allentare i vincoli del Mes.

FRANCIA E GERMANIA premono sull’Olanda, la cui intransigenza sulle condizioni del Mes aveva paralizzato dopo 16 estenuanti ore l’Eurogruppo. Fanno sapere che il documento finale, oggi, potrebbe contenere un accenno ai «coronabond», per la verità molto timido, una formula vaga sull’uso di «strumenti innovativi». In cambio, però, chiedono all’Italia di accettare un compromesso: condizionalità diverse da quelle rigide invocate dall’Olanda, di fatto la verifica dei conti pubblici italiani a emergenza terminata, ma pur sempre condizioni, mentre l’Italia, in questo caso isolata, vorrebbe cancellare ogni riferimento a vincoli futuri (oltre a quelli comunque impliciti nel Mes).

MA PERCHÉ SI ARRIVI a un compromesso a Bruxelles è necessario che prima lo si trovi a Roma, o almeno che se ne individui la possibilità. Se i 5S, tallonati dall’offensiva di Salvini, insistono nel loro pollice verso nei confronti di qualsiasi condizione per accedere al Mes, a ballare non saranno solo le istituzioni della Ue ma anche la maggioranza in Italia e la stabilità del governo. Certo non subito, ma di qui a pochi mesi. Dunque Conte da un lato fa balenare di fronte ai partner europei la possibilità di una frattura forse insanabile. Ma dall’altro, con la maggioranza, cerca una formula che eviti il disastro sia a Bruxelles che a Roma. Come per esempio accettare la formula europea ma assicurando la volontà di non chiedere il prestito, o di chiederne solo una parte molto limitata e facilmente restituibile nei tempi dati.

 

05 – SCHIRÒ (PD) – AGEVOLAZIONI FISCALI PER RIMPATRIATI: NON È NECESSARIA L’ISCRIZIONE ALL’AIRE. TRA I MIEI IMPEGNI PRIORITARI IN QUESTA LEGISLATURA VA ANNOVERATO QUELLO RIGUARDANTE LE AGEVOLAZIONI FISCALI A FAVORE DEI LAVORATORI RIMPATRIATI.
I nostri giovani che sono emigrati negli ultimi anni all’estero alla ricerca di lavoro devono essere considerati un grande patrimonio umano, culturale ed economico da non disperdere ma da valorizzare. Ecco perché ho sollecitato e accolto con favore tutte le misure legislative che hanno introdotto una serie di sconti fiscali sui redditi di coloro i quali rientrano in Italia a lavorare.
Visto che sono molti in questo contesto determinato dalla emergenza coronavirus gli espatriati che rientrano, ritengo opportuno ricordare che, in seguito alla recente entrata in vigore delle nuove norme agevolative, l’Agenzia delle Entrate, con due risposte ad altrettanti interpelli ha chiarito che per poter accedere agli incentivi previsti (detassazione fino al 90% del reddito imponibile) per lavoratori, docenti e ricercatori, non è più necessaria l’iscrizione all’AIRE ma è sufficiente avere avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi. Quindi le nuove norme recentemente introdotte stabiliscono che per comprovare il requisito della residenza all’estero prima del rientro sono sufficienti i criteri dettati dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia dal periodo di imposta 2020 (ma secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate anche per il periodo di imposta 2019).
L’Agenzia ha risposto al quesito di un interpellante che era andato a lavorare nel Regno Unito nel 2016 ma non si era iscritto all’Aire, mantenendo quindi teoricamente la sua residenza fiscale in Italia e perdendo così il diritto alle agevolazioni previste per il rientro. Ebbene l’Agenzia ha sostenuto che (interpretando le nuove recenti norme) qualora il lavoratore, nonostante la mancata iscrizione all’Aire per due periodi di imposta (come richiesto dalla legge) precedenti il trasferimento nel territorio dello Stato italiano, sia comunque in grado di provare la sua residenza estera ai sensi di quanto previsto dall’articolo 4 (che disciplina il domicilio fiscale di un lavoratore a prescindere dall’iscrizione all’Aire) della Convenzione tra Italia e Regno Unito per evitare le doppie imposizioni (ratificata con la legge n. 329/1990) e sempreché risultino soddisfatti gli altri requisiti richiesti dalla norma, nulla osta alla fruizione del beneficio fiscale previsto.
Credo però che sia giusto osservare che l’iscrizione all’AIRE è comunque un adempimento obbligatorio da eseguirsi entro 90 giorni dall’espatrio se si intende trasferire la propria residenza all’estero per un periodo superiore ai 12 mesi, e che oltre ad avere tutta una serie di vantaggi politici ed amministrativi, l’iscrizione è utile anche i fini fiscali in quanto consente, in genere, di non essere considerati fiscalmente residenti in Italia. Quindi l’estensione delle agevolazioni fiscali ai rimpatriati non iscritti all’Aire da parte del legislatore va interpretata non come un incentivo a violare la legge ma come una forma di “sanatoria” (giuridicamente avallata dalle convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali) per coloro i quali per tutta una serie di motivi hanno “dimenticato” l’iscrizione.
Angela Schirò
Deputata PD – Rip. Europa –
Camera dei Deputati

 

06 – CORONAVIRUS | FOTI (PRESIDENTE COMITES ECUADOR): “RIMPATRIATI CIRCA 100 ITALIANI, GRAZIE A SOTTOSEGRETARIO MERLO, AMBASCIATRICE E FARNESINA”. “ALTRI PARTIRANNO LA SETTIMANA PROSSIMA”. “DESIDERO RINGRAZIARE SOPRATTUTTO IL SOTTOSEGRETARIO MERLO, PERCHÉ FIN DALL’INIZIO SI È MESSO A DISPOSIZIONE E SI È INTERESSATO PERSONALMENTE AL CASO”
“Sono tanti gli italiani rimasti bloccati in Ecuador a causa della chiusura delle frontiere dovuta all’emergenza coronavirus. Ora più che mai è arrivato il momento di lavorare uniti”. E’ quanto dichiara in una nota Salvatore Foti, presidente del Comites di Ecuador.
“L’Ecuador ha lanciato un SOS e Roma ha risposto – prosegue Foti -. Il Sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo, infatti, sostiene le iniziative volte al rimpatrio di connazionali bloccati nel Paese; grazie al prezioso lavoro coordinato con l’Ambasciatrice Caterina Bertolini e la Farnesina saranno rimpatriati circa cento italiani, tra turisti, studenti, lavoratori. Altri partiranno la settimana prossima”.
“Desidero ringraziare pubblicamente soprattutto il Sottosegretario Merlo, perché fin dall’inizio si è messo a disposizione e si è interessato personalmente al caso. Con un rappresentante degli italiani nel mondo di questo livello all’interno delle massime istituzioni noi italiani all’estero ci sentiamo molto più sicuri e tutelati. Lavoriamo tutti insieme per tutti i nostri connazionali – conclude Foti -, perché solo combattendo questa battaglia uniti ne verremo fuori”

 

07 – SCHIRÒ (PD) – ESISTENZA IN VITA: L’INPS NON SOSPENDERÀ I PAGAMENTI ALL’ESTERO PER I RITARDATARI, 7 APRILE 2020. L’Inps dopo aver recentemente comunicato che a causa dell’emergenza sanitaria internazionale per il Coronavirus è stato deciso di posticipare al mese di agosto 2020 l’avvio della seconda fase della campagna di verifica dell’esistenza in vita dei pensionati residenti all’estero, ha ora deciso, anche su richiesta delle parti sociali in rappresentanza delle nostre collettività, di non sospendere i pagamenti, a partire dalla rata di aprile, ai pensionati che non sono ancora riusciti a completare il processo di verifica della prima fase dell’accertamento generalizzato dell’esistenza in vita, riferita agli anni 2019 e 2020, per i pensionati residenti in Africa, Oceania ed Europa.
Come è noto e come precisato dall’Inps, la prima fase dell’accertamento era stata avviata da Citibank, a partire dal mese di ottobre 2019, con l’invio ai pensionati INPS residenti nelle aree geografiche suindicate, della modulistica necessaria all’attestazione di esistenza in vita.
Le attestazioni, debitamente compilate, sottoscritte dal pensionato e avallate da un “testimone accettabile” (quale un rappresentante di un ufficio consolare o di un’Autorità locale legittimata a tale adempimento) dovevano essere restituite alla banca entro il 13 febbraio 2020.
L’Inps ha informato che per i casi in cui il processo di accertamento dell’esistenza in vita non è stato completato entro il suddetto termine, Citibank ha effettuato il pagamento della sola rata di marzo 2020 attraverso Western Union. Tuttavia in caso di mancata riscossione personale presso la Western Union o di mancata produzione dell’attestazione di esistenza in vita entro il 19 marzo 2020, il pagamento delle pensioni sarebbe stato sospeso a partire dalla rata di aprile 2020.
È noto che molti pensionati sono purtroppo impossibilitati a recarsi da “testimoni accettabili” o nelle locali agenzie di Western Union (in alcuni casi addirittura chiuse) per la riscossione della rata di marzo, che costituisce valida prova dell’esistenza in vita. In particolare i patronati hanno evidenziato che, a causa del diffondersi del contagio da COVID-19, in diversi Paesi interessati dalla prima fase dell’accertamento sono state imposte restrizioni alla libertà di movimento dei cittadini ivi residenti, specialmente se di età avanzata, che non permettono a costoro di completare il processo di verifica con le consuete modalità.
Pertanto l’Istituto previdenziale ha fatto sapere con un recente messaggio che non sospenderà i pagamenti a partire dalla prossima rata di aprile e di includere i pensionati che non sono riusciti a completare il processo di verifica tra i soggetti che saranno interessati dalla seconda fase dell’accertamento generalizzato dell’esistenza in vita.
La seconda fase si dovrebbe svolgere da agosto a dicembre 2020, prevedendo, ove l’attestazione non sia prodotta, il pagamento della rata di gennaio 2021 in contanti presso le agenzie Western Union del Paese di residenza. ove possibile e l’eventuale sospensione in caso di mancata riscossione personale o produzione dell’attestazione di esistenza in vita a partire dalla rata di febbraio 2021. Ovviamente in seguito alla produzione dell’attestazione dell’esistenza in vita il pagamento della pensione avverrà con le consuete modalità, a meno che non pervenga a Citibank una esplicita richiesta di continuare a incassare la pensione presso Western Union.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – – Camera dei Deputati

 

08 – LA CATASTROFE LIBERISTA DELLA DEMOCRAZIA AMERICANA STATI UNITI. L’EPIDEMIA STA DEVASTANDO UN PAESE IN CUI 30 MILIONI DI CITTADINI NON ACCEDONO A CURE MEDICHE, di Luca Celada da LOS ANGELES
L’immagine è spiazzante perfino fra le surreali panoramiche che sta producendo la pandemia, inquadrature di un mondo svuotato e città spettrali. Nel parcheggio di un vecchio centro congressi dismesso nella periferia di Las Vegas è stata tracciata una griglia rettangolare.
Sembrano linee bianche per posti macchina ma sono state tracciate sull’asfalto per parcheggiare esseri umani.
OGNI LOCULO DIPINTO per delimitare lo spazio adibito ad un homeless. Molti degli spazi sullo scacchiere sotto al cielo plumbeo sono effettivamente occupati da figure supine o rannicchiate contro il freddo, circondate di misere cose sparpagliate. Gli uomini sono fra quelli, circa 500, provenienti da un ricovero della catholic charities, sgomberato dopo che uno degli assistiti era risultato positivo al contagio.
La foto che ha fatto il giro del mondo è diventata una simbolica rappresentazione della collisione frontale della pandemia con la democrazia più ricca e più diseguale del mondo industrializzato.
Una nazione con incredibili livelli di povertà pur all’apice di quello che era stato, fino ad un mese fa uno dei boom economici più duraturi della sua moderna storia, nelle cui città all’ombra delle gru e dei cantieri dormono all’addiaccio più di mezzo milione di persone (58.6000 stando all’ultimo censimento).
DOPO DECENNI di intenzionale erosione delle reti sociali, spesso basta una bolletta maggiorata o, caso tipico, un conto sanitario imprevisto, per subire uno sfratto dopo il quale si apre la voragine della strada – capolinea di una discesa repentina ai margini della società.
La piaga degli homeless rimane uno degli aspetti più vergognosi di una società dirottata sull’arricchimento di una oligarchia che detiene ora anche il potere esecutivo. Ma quella che ha portato alla foto di Las Vegas non è l’unica «debolezza strutturale» dell’America liberista su cui il virus ha puntato un riflettore.
Oltre alle problematiche gestionali connesse al federalismo (almeno quando alla Casa bianca c’è un demagogo nazional populista e la sua inetta dinastia di impresentabili galoppini), l’epidemia globale sta investendo un paese in cui 30 milioni di cittadini non hanno ricorso a cure mediche.
In cui non sussiste una sanità pubblica ne è acquisito il concetto di salute come diritto di cittadinanza. Accettato è invece che gli ospedali siano aziende sanitarie che rispondono ad esigenze di bilancio, e in altre circostanze l’afflusso di pazienti paganti sono un dato positivo sul loro bilancio.
Purtroppo, come lamentano apertamente molti direttori sanitari, le epidemie con le loro massime esigenze e stress su attrezzature e personale, non si conformano al business model. Non solo ma danneggiano il «core business» di cure, operazioni e visite fatturabili. La controparte di questo meccanismo fatale sono le assicurazioni private – un ipertrofico colosso industriale da 900 miliardi di dollari il cui fatturato dipende dalle malattie dei cittadini, e sostenuto da un imponente lobby che a Washington assicura il favore politico.
GLI ASSICURATORI hanno già annunciato che, al di la di possibili rateizzazioni, non saranno previsti sconti sulle cure – ogni malato dovrà pagare premi e franchigie.
LA MORTE DEL DICIANNOVENNE di Lancaster in California che sembrava in un primo momento avvenuta dopo le dimissioni per mancanza di assicurazione, sembra essere avvenuta in realtà nell’ambulanza che lo stava trasportando.
Ma ogni americano sa che è questione di tempo perché casi simili si verifichino in un paese dove nei pronto soccorso la prima visita al capezzale, dopo il rilevamento della febbre, è spesso quella del financial specialist che misura i conti in banca dell’assistito.
La sanità privatizzata era insomma già un emergenza horror prima della pandemia (l’aspettativa media di vita per chi vive instrada per dire è di 45 anni). Al dramma sanitario è destinata a sommarsi ora una catastrofe sociale.
Si è solo agli inizi di un fenomeno che metterà alla prova il «darwinismo sociale» che applica alla salute una perversa meritocrazia.
NON È INUSUALE sentire espressa da commentatori di Fox News o da parlamentari repubblicani, l’idea che un eccessiva assistenza sociale e sanitaria induca i soggetti deboli (di carattere) ad approfittarne.
È l’impianto ideologico si cui si innestano i ragionamenti suprematisti ed eugenetici, ora apertamente articolati, su immunità di gregge e sacrificabilità di deboli ed anziani.

Come previsto la pandemia sta per sovrapporsi a tutto il cinismo di un sistema virato verso una insostenibile disuguaglianza, che ha trovato nel trumpismo l’ultimo capitolo di una guerra ai poveri i cui danni stanno per diventare evidenti.
Un sistema che come comparto privato deve ottimizzare i profitti e minimizzare le spese, produrrà prevedibilmente effetti come quello rilevato dal Los Angeles Times: il tasso di contagio risulta di gran lunga più alto nei quartieri benestanti che nei ghetti neri ed ispanici. Perché a West Hollywood o Beverly Hills pazienti facoltosi possono acquistare tamponi inesistenti nelle cliniche pubbliche.
IN MOLTE CITTÀ AMERICANE gli homeless sono rimasti gli unici frequentatori delle strade deserte, ma la pandemia ha fatto molti altri orfani: ambulanti, giornalieri, manovalanza microeconomica e tutto l’arcipelago di cittadini-consumatori marginali ed emarginati che sono il necessario complemento al boom digitale finanziario del capitale liberista.
Se da un lato il Covid 19 è destinato rivelare oltre ogni dubbio le iniquità strutturali di un sistema predicato su crescita e profitto a scapito degli inermi, i briefing orwelliani di pubblica autocelebrazione alla Casa bianca dimostrano che nulla verrà risparmiato per strumentalizzare questa crisi e volgere a proprio favore il disastro

 

09 – SCHIRÒ (PD): NECESSARIA UNA RIFORMA PER LE PENSIONI BASSE, ANCHE PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO
Emergenza coronavirus ma anche emergenza pensioni basse. Mentre infatti il Governo giustamente introduce tutta una serie di misure economiche e fiscali a favore dei lavoratori e delle imprese per fronteggiare la crisi innescata dalla pandemia, il grave problema dei pensionati in difficoltà economiche non sembra essere ancora una priorità.
Sono basse milioni di pensioni italiane e decine di migliaia di pensioni erogate all’estero ai nostri connazionali. I motivi sono storici e variegati ma la causa principale è il sistema previdenziale italiano da sempre caratterizzato da privilegi e da iniquità, da un sistema di calcolo ingiusto, da un’evasione contributiva diffusa e ignorata (quanti sono gli italiani all’estero ai quali il datore di lavoro, soprattutto negli anni ’50 e ’60 non ha versato i contributi?); sistema al quale solo le recenti riforme hanno dato una connotazione più equa, soprattutto con il passaggio dal calcolo con il sistema retributivo a quello con il sistema contributivo che valuta più obiettivamente i contributi versati.
Certamente la tutela previdenziale degli italiani all’estero, è innegabile, si è realizzata grazie anche alle politiche dello Stato italiano che nel corso degli anni ha deciso saggiamente di stipulare convenzioni bilaterali e multilaterali con i Paesi di emigrazione; convenzioni che hanno consentito a centinaia di migliaia di lavoratori emigrati di ottenere un pro-rata di pensione italiana. Tuttavia gli importi di queste pensioni sono spesso irrisori, come sono irrisori gli importi di milioni di pensione erogate agli italiani in Italia.
I dati di quest’anno dell’Istat ci dicono che in Italia il 36,3% di pensionati riceve una pensione inferiore ai 1.000 euro lordi e il 12,2% non supera i 500 euro. L’Istat ci dice inoltre che un quinto dei pensionati inghiotte quasi la metà della torta complessiva (293 miliardi di euro). La maggioranza dei pensionati italiani non riesce a condurre una vita dignitosa e può considerarsi a tutti gli effetti ‘povera’.
Per quanto riguarda le pensioni erogate all’estero, che sono circa il 40% delle pensioni in regime di convenzione internazionale per un totale di 331.000 pagamenti nel 2019, gli importi medi non sono certo alti: ciò è dovuto all’esiguo numero dei contributi versati in Italia ed al fallace, ai fini del calcolo, meccanismo della rivalutazione dei contributi versati in tempi remoti. Si va infatti da un importo medio mensile di appena 117 euro delle pensioni erogate in Québec (Canada) ad un importo medio di 505 euro delle pensioni erogate nella UE.
Giova ricordare che in molti Paesi extracomunitari gli importi delle pensioni sarebbero di poche decine di euro se non fosse per il fatto che alcune prestazioni ora inesportabili nella UE, come il trattamento minimo e le maggiorazioni sociali, sono invece in quei Paesi non europei ancora esportabili. Insomma, una volta risolto – auspichiamo tutti al più presto – il problema del coronavirus bisognerà occuparsi delle categorie più svantaggiate tra le quali, come i sindacati stanno facendo notare da diverse settimane, rientrano sicuramente i pensionati che percepiscono assegni minimi, per i quali si continua a chiedere a gran voce una riforma, e lo dovremo fare anche noi per le pensioni degli italiani all’estero.
Angela Schirò Deputata PD – Rip. Europa –

 

10 – ALFIERO GRANDI. UNA SVOLTA POLITICA PER GUIDARE L’ITALIA FUORI DALLA PANDEMIA E DALLA CRISI. PER UN PERIODO NON BREVE LA PRIORITÀ RESTA EVITARE I CONTATTI INTERPERSONALI PER CERCARE DI SPEZZARE LA DIFFUSIONE DEL VIRUS.
È un sacrificio più che compensato dall’evitare una crescita ulteriore dei morti, già tantissimi, e per consentire alle strutture sanitarie, soprattutto agli ospedali, di fronteggiare l’aumento dei ricoveri per Covid-19, in particolare lo stress delle terapie intensive, con pesanti conseguenze e morti tra i medici, gli infermieri e il resto del personale. Al termine dell’emergenza si dovrà fare il punto sul futuro del sistema sanitario italiano, che ha retto, ma con un carico altissimo sul personale ed ha mostrato carenze strutturali e serie difficoltà. Il sistema sanitario deve essere pubblico per garantire piena attuazione all’articolo 32 della Costituzione, mentre in alcune regioni come la Lombardia lo spazio dei privati è cresciuto fino a ricevere il 40% delle risorse pubbliche. Il settore privato ha contribuito ben poco e in ritardo all’impegno contro la pandemia, perché la sua essenza è occuparsi di ciò che può dare profitto, mentre il sistema sanitario pubblico ha l’obiettivo di garantire livelli di assistenza e cura per tutti, emergenze comprese.
Occorre un sistema pubblico nazionale e quindi non hanno senso i 20 servizi sanitari regionali, sempre più divaricati. Talune iniziative delle regioni sono state più convincenti di altre, ma non possono certo essere patrimonio esclusivo di un’area più “fortunata”, occorre un modo per condividere ed estendere le sperimentazioni come parte di unico disegno sanitario. La crisi del Covid 19 non deve diventare l’alibi per rilanciare istanze separatiste, al contrario è di tutta evidenza che occorre riportare ad una sede nazionale unica le decisioni. Anche regole diverse che si sovrappongono fanno confusione. Ci sono stati errori, altri forse ce ne saranno, ma il loro superamento deve essere nella direzione di un sistema sanitario nazionale unitario.
Le modifiche del 2001 al titolo V della Costituzione sono state un errore, va ammesso. L’esperienza che stiamo vivendo non lascia dubbi. Va archiviato l’errore di proporre un’autonomia regionale differenziata che – se attuata – avrebbe indebolito la capacità di reazione dell’Italia alla pandemia. Angela Merkel che sta faticando non poco a unificare la risposta tedesca è un monito per l’Italia a non mettersi nella stessa situazione. Anche il ricorrente scaricabarile di alcune regioni, in particolare sul governo, con atteggiamenti rivendicativi, con un uso discutibile dei poteri rappresenta un uso strumentale delle difficoltà quasi a cercare di fare dimenticare le proprie responsabilità ed inefficienze. La Lombardia, ad esempio, con le ultime dichiarazioni (“abbiamo ricevuto solo briciole”) conferma un atteggiamento irresponsabile. Verrà il tempo per ricordare. Basta pensare alla pressione per lasciare aperte le attività anche quando era ormai evidente che questo avrebbe favorito il contagio, salvo diventare in seguito i duri rivendicanti di chiusure scaricando le decisioni su altri. Oppure la farsesca questione delle mascherine che si è arrivati a far produrre con il logo della regione, esplicitamente per i propri abitanti, fuori da ogni logica di solidarietà. Miopia diffusa.
Il governo ha fatto errori? Certamente. Ultimo, la confusa disposizione sulla possibilità di condurre figli di età indefinita (minori? bambini?) a fare una passeggiata di 200 metri, che fa correre più rischi di quanto sole faccia prendere ai bambini. Era preferibile avere il coraggio di ammettere che questa circolare a normative invariate è sbagliata e andrebbe ritirata, invece c’è stato un rincorrersi di interpretazioni una più improbabile dell’altra, fino a quella di portare con sé i figli a fare la spesa, non solo pericolosa ma rigidamente fissata per una sola persona. Quindi ci sono errori, forse non sono finiti, ma il centro del problema sanitario è rifinanziare il sistema sanitario nazionale, ridotto ai minimi termini dai tagli, pur costituendo fonte di guadagno per i privati. Se la Germania può accogliere decine di malati gravi è perché le sue terapie intensive e i posti letto non sono stati tagliati selvaggiamente come in Italia. 37 miliardi in meno in 10 anni. Nel fronteggiare il virus si sono distinti con coraggio e capacità i medici e il resto del personale sanitario, che stanno pagando un prezzo di vittime e di infetti inaccettabile. La forza della risposta è fondata sul personale, malgrado l’impoverimento per avere lasciato andare in pensione senza sostituirlo una parte importante di medici e infermieri. Trovandosi con personale inferiore alle esigenze e dovendo fare ricorso a nuovi medici e infermieri volenterosi ma non specializzati. Bene la solidarietà arrivata da altri paesi, che non si misura solo in attrezzature, ma ancora di più in competenze professionali disposte a fare la loro parte fino in fondo.
Balza agli occhi che il rapporto tra ospedali e strutture territoriali è centrale, sia perché se tanti malati riescono a smaltire l’infezione a casa evitano di intasare gli ospedali ma insieme occorre una rete in grado di fare arrivare con rapidità all’ospedale chi dovesse peggiorare. Il rapporto tra ospedale e territorio è entrato in crisi da tempo, ancora di più con una pressione forte come questa. I privati hanno tardato ad entrare in campo e, salvo eccezioni, lo hanno fatto malvolentieri perché la loro ottica è il guadagno, che non c’è in una occasione così drammatica. Fino al nodo Case di riposo e Rsa che sono diventate centri di infezione e di morte per incompetenza e volontà di nascondere la verità. I racconti sono ormai disponibili e diverse situazioni gridano vendetta, ci sono anziani morti in massa, personale infettato per assenza di protezione e occultamento della verità, Asl che non hanno vigilato come dovevano. Quando l’emergenza lo permetterà dovremo rimettere al centro la sanità e ricostruire un vero Sistema Sanitario nazionale pubblico, solidale tra le persone e tra le aree territoriali, finanziato in modo adeguato. Il sistema deve essere unico, le regioni possono essere un utile soggetto per evitare che qualche area territoriale venga dimenticata, qualche problema sottovalutato. Un sistema sanitario unico non è di per sé in contraddizione con un ruolo attivo delle regioni ma è ora di chiudere l’epoca di 20 sistemi sanitari regionali sempre più diversi.
Va riscritto il titolo V della Costituzione, stabilendo la preminenza dello Stato e ridefinendo il ruolo delle regioni all’interno della legislazione nazionale. Non serve che Renzi continui ad inseguire il sogno della sua riforma, bocciata dagli elettori. Invece si deve costruire un nuovo sistema sanitario nazionale degno di questo nome, stanziando le risorse necessarie e mettendo in campo una linea politica alternativa alla destra secessionista, che ha contribuito in modo decisivo a togliere risorse alla sanità pubblica e ha spinto in Lombardia la privatizzazione a livelli inaccettabili.
Occorre un grande sogno per uscire dall’incubo della pandemia.
Ricostruire un sistema sanitario nazionale fondato sulle competenze e sul coraggio del personale che si è prodigato è un grande sogno, che può migliorare la vita di tutti noi e può essere un primo tassello del futuro dell’Italia. Questo tassello deve essere parte di un progetto pubblico per guidare i cambiamenti e le innovazioni indispensabili nel nostro . paese facendo perno sulla partecipazione attiva. E’ il momento per proporre un futuro realizzabile con un impegno corale chiudendo la fase della protesta fine a se stessa.( di A. Grandi)

 

11 – CORONAVIRUS | SOTTOSEGRETARIO MERLO: “FARNESINA IN PRIMA LINEA PER RIPORTARE IN ITALIA I CONNAZIONALI BLOCCATI ALL’ESTERO”, RICARDO MERLO, SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI: “E’ partito ieri il volo della compagnia aerea italiana NeosAir, organizzato con il ministero degli Esteri, con a bordo i primi turisti italiani bloccati in Perù. Altri voli charter di questo tipo verranno organizzati nei prossimi giorni per riportare a casa i nostri fratelli italiani: nessuno verrà lasciato solo”
Come governo italiano, con la Farnesina in prima linea e in collaborazione con le diverse compagnie aeree, continuiamo a lavorare per riportare in Patria quegli italiani rimasti bloccati all’estero in piena emergenza coronavirus”. Lo dichiara in una nota il Sen. Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri e presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero.
“E’ partito ieri, per esempio, il volo della compagnia aerea italiana NeosAir, organizzato con il ministero degli Esteri, con a bordo i primi turisti italiani bloccati in Perù – prosegue Merlo -, dal momento che il governo peruviano ha decretato la chiusura dei confini come prima misura per contenere il contagio. Grazie agli sforzi dell’Ambasciata d’Italia in Perù, guidata dall’Ambasciatore Giancarlo Maria Curcio, che ringrazio, è stato possibile organizzare questo straordinario ponte aereo che ha consentito questo volo speciale per Milano”.
“Prima del volo – continua il Sottosegretario Merlo – i connazionali in partenza sono stati convocati dall’Ambasciata fuori dalla sede diplomatica italiana per effettuare i controlli sanitari necessari in vista del viaggio e per riunire tutti i passeggeri al fine di fornire loro i permessi necessari per viaggiare”.
“Altri voli charter di questo tipo verranno organizzati nei prossimi giorni per riportare a casa i nostri fratelli italiani: nessuno verrà lasciato solo”, assicura in conclusione l’esponente del governo italiano. Fonte: ItaliaChiamaItalia.

 

12 – CORONAVIRUS | SOTTOSEGRETARIO MERLO (MAIE): “OLTRE 10MILA CONNAZIONALI RIMPATRIATI DALLA SPAGNA”: “SI È TRATTATO DI UNA MASSICCIA OPERAZIONE DI RIENTRO, NELLA QUALE IL SISTEMA ITALIA HA BRILLATO PER EFFICIENZA E ORGANIZZAZIONE
“Prosegue il lavoro del governo italiano, con la Farnesina in prima linea, per riportare a casa gli italiani bloccati all’estero a causa dell’emergenza coronavirus. Dalla Spagna, nelle ultime settimane, secondo stime dell’Ambasciata d’Italia a Madrid, hanno fatto rientro in Patria oltre 10mila connazionali”.
“I connazionali sono potuti rientrare in Italia, dunque, grazie al supporto dell’Unità di crisi della Farnesina, ma anche con la collaborazione di alcune compagnie aeree e di traghetti. Ovviamente la priorità, per il rientro, viene data a persone residenti in Italia e ai connazionali più deboli e a rischio contagio, dunque i più anziani. L’Ambasciata di Madrid, per far fronte all’emergenza, ha subito attivato una task force e numeri di telefono dedicati, in modo tale da prestare assistenza agli italiani che ne avessero bisogno”.
“I numeri parlano chiaro – prosegue il Sottosegretario Merlo -: dalle Canarie sono partiti in queste settimane 13 aerei speciali (dal 16/03 al 26/03) della compagnia aerea Neos: in tutto, ne hanno usufruito circa 2200 passeggeri. E sono oltre 2mila le persone che hanno viaggiato in questi giorni sui voli speciali Madrid-Roma. Dal 19/03 al 26/03 è stato operato un volo speciale Alitalia Malaga-Roma: circa 750 passeggeri si sono imbarcati su questi aerei di rientro in Italia. Senza contare i rientri via mare: circa 4mila connazionali si sono imbarcati sulle navi della Grimaldi per poter tornare in Italia”.
“Si è trattato – conclude il Sottosegretario – di una massiccia operazione di rientro, nella quale il Sistema Italia ha brillato per efficienza e organizzazione. Sappiamo che tanti altri connazionali sono in attesa di tornare a casa propria e per questo continuiamo a lavorare senza sosta per riportarli in Patria

 

13 – LA CASA BIANCA CONOSCEVA I RISCHI DEL COVID-19 MA HA MENTITO. STATI UNITI. UN MEMO DI PETER NAVARRO, CONSULENTE COMMERCIALE DI TRUMP, AVEVA AVVERTITO LA CASA BIANCA GIÀ A FINE GENNAIO CHE NON CONTENERE UN FOCOLAIO DI CORONAVIRUS SAREBBE COSTATO AGLI USA TRILIONI DI DOLLARI E AVREBBE MESSO MILIONI DI AMERICANI A RISCHIO DI MALATTIA O MORTE, di Marina Catucci da NEW YORK

Un memo di Peter Navarro, consulente commerciale di Trump, aveva avvertito la Casa Bianca già a fine gennaio che non contenere un focolaio di coronavirus sarebbe costato agli Usa trilioni di dollari e avrebbe messo milioni di americani a rischio di malattia o morte.
A riferirlo è stato il portale Axios e la notizia ha trovato cassa di risonanza nel New York Times che ha riportato stralci del memo dove si legge:«La mancanza di protezione immunitaria o di una cura o di un vaccino, lascerebbe indifesi gli americani nel caso di un vero e proprio scoppio di coronavirus sul suolo degli Stati Uniti». Axios ha ottenuto una copia del memo datato 29 gennaio ed indirizzato al Consiglio di Sicurezza Nazionale.
Il 23 febbraio Navarro aveva inviato un secondo memo ancora più allarmante, parlando di 2 milioni di americani che sarebbero potuti morire a causa del virus e 100 milioni essere infettati. Sin dal primo memo il consulente raccomandava di avviare dei negoziati con il Congresso: «Questo non è il momento di fare economie o trattative prolungate».
Nel secondo memo si stimava che l’epidemia potesse avere una durata da i 4 a i 6 mesi, e che per affrontarla sarebbero state necessarie «almeno un miliardo di mascherine, 11mila ventilatori e 25mila respiratori elettrici». Questa notizia smentisce la narrativa di Trump secondo il quale l’emergenza «è arrivata dal nulla», e nessuno se la poteva aspettare.
Nonostante ciò per molte settimane Trump in pubblico ha preferito non condividere l’allarme espresso da Navarro, ed è arrivato ad affermare che il coronavirus sarebbe stato un bene per l’economia Usa visto che gli americani non sarebbero andati all’estero ed avrebbero speso all’interno degli Stati Uniti, che tutto era sotto controllo e il Covid-19 era una banale influenza pompata dai democratici per danneggiarlo.
Il nervosismo di Trump per la sua disastrosa gestione dell’emergenza è evidente nelle conferenze stampa dove è sempre più offensivo con i giornalisti, e nei licenziamenti improvvisi dei collaboratori. Dopo aver cacciato un altro ispettore generale dell’Intelligence, Michael Atkinson, Trump ha silurato Glenn Fine, il capo del un nuovo gruppo di controllori incaricato di sorvegliare le spese per la pandemia.

 

14 – BORGHESE (MAIE): “FORZA PRESIDENTE CONTE, AVANTI ITALIA!”: “Ai 400 miliardi del decreto imprese vanno sommati i 350 miliardi già previsti nel decreto cura Italia, per un totale di 750 miliardi di euro, una vera iniezione di capitale fresco per consentire all’economia italiana di rialzarsi il prima possibile” , “Con il cosiddetto decreto imprese firmato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a cui anche il MAIE ha lavorato intensamente, il governo mette a disposizione degli imprenditori 400 miliardi di euro, disponibili da subito per prestiti a tasso zero o garantiti dallo Stato”. Lo dichiara in una nota l’On. Mario Borghese, vicepresidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero.
“Ai 400 miliardi del decreto imprese – prosegue il deputato eletto nella ripartizione estera Sud America – vanno sommati i 350 miliardi già previsti nel decreto cura Italia, per un totale di 750 miliardi di euro, una vera iniezione di capitale fresco per consentire all’economia italiana di rialzarsi il prima possibile”.
“Dice bene il presidente Conte – conclude Borghese -: lo Stato c’è e mette subito la sua potenza di fuoco nel motore dell’economia. L’Italia si rialzerà presto e tornerà a correre più veloce di prima

 

15 – LA MARCA (PD): ANCHE DAL CANADA SOSTENIAMO LA CROCE ROSSA ITALIANA – AIUTIAMO L’ITALIA – 8 APRILE 2020,
Mentre la pandemia causata dal Coronavirus continua la sua devastante diffusione in tutto il mondo, in Italia si conduce ormai da settimane una battaglia senza tregua. Migliaia di persone sono già morte e migliaia combattono ogni giorno contro le conseguenze di questa terribile malattia. Medici, infermieri, operatori sanitari e volontari sono in prima linea e mettono la propria vita in pericolo per aiutare e sostenere i malati e i cittadini più fragili e vulnerabili. L’esperienza che in Italia si sta facendo, per altro, è molto utile ai Paesi che ora si trovano ad affrontare gli stessi problemi, compresi i nostri.
Gli impatti umani ed economici di questa pandemia, tuttavia, si fanno sentire nell’intera società italiana e le esigenze sono enormi.
La Croce Rossa Italiana, nell’ambito del Dipartimento della Protezione Civile, è in prima linea nella risposta all’emergenza sanitaria e sociale.
Per questa ragione, in qualità di italo-canadese e di deputata eletta nel Parlamento italiano per la ripartizione Nord e Centro America, aggiungo il mio appello a quello dell’Ambasciata d’Italia in Canada per la raccolta fondi in favore della Croce Rossa Italiana, con la collaborazione della Croce rossa canadese.
Le donazioni raccolte aiuteranno i cittadini più vulnerabili a ricevere cure e sostegno urgenti e forniture mediche e sanitarie.
Invito tutti a visitare la pagina per saperne di più e a fare una donazione, utilizzando questo LINK.
E’ possibile anche utilizzare il numero telefonico: 1-800-418-1111.
Aiutiamo la Croce Rossa italiana! Aiutiamo l’Italia!
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America – Electoral College of North and Central America
Ufficio/Office: Roma, Piazza Campo Marzio, 42 . Tel – (+39) 06 67 60 57 03 Email – lamarca_f@camera.it

 

16 – CREATIVI.

Fino a qualche settimana fa i CILENI RIEMPIVANO LE STRADE DI SANTIAGO ogni venerdì per protestare contro l’aumento del costo della vita.
A HONG KONG PER OTTO MESI MIGLIAIA di persone hanno manifestato chiedendo più democrazia.
A febbraio DECINE DI MIGLIAIA DI DONNE ARGENTINE SONO scese in piazza appoggiando una proposta di legge per la legalizzazione dell’aborto. In India per mesi ci sono state proteste contro l’emendamento alla legge sulla cittadinanza che discrimina la comunità musulmana. In Iraq, in Libano e in Algeria fino a metà marzo c’erano grandi manifestazioni contro i rispettivi governi.
Tra gli effetti collaterali del covid-19 c’è quello di aver spento di colpo qualunque forma di protesta. Con grande sollievo per i regimi autoritari e i governi impopolari, ma non solo loro. Il sociologo francese Geoffroy de Lagasnerie parla di una “sottomissione nazionalista”: il sentimento di appartenenza a un corpo nazionale nei cui confronti ognuno sente di avere degli obblighi, con tutti i pericoli di scivolamento autoritario che ne derivano.
L’emergenza di queste settimane fornisce il pretesto per alimentare il controllo sociale, rafforzare i poteri di polizia, ridurre al silenzio le voci critiche, mettere a rischio intere categorie di lavoratori in nome di un interesse nazionale. La risposta a tutto questo non può che essere creativa e prevedere la sperimentazione di nuovi modi di esprimere il dissenso, come quelli suggeriti dal collettivo di artisti cileni Depresión intermedia che ha pubblicato su Instagram un manuale per protestare da casa; come quelli di MILIONI DI BRASILIANI CHE HANNO MANIFESTATO CONTRO BOLSONARO battendo pentole e coperchi dai balconi di casa; come i QUASI SEICENTOMILA ISRAELIANI che hanno seguito in diretta su Facebook una protesta contro Netanyahu; come Greta Thunberg, che ha spostato online il suo sciopero della scuola con l’hashtag #digitalstrike (di Giovanni De Mauro da Internazionale)

 

17 – CORONAVIRUS | BORGHESE (MAIE): “CENTINAIA DI VOLI DI RIENTRO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO, BENE SOTTOSEGRETARIO MERLO E FARNESINA”
“Centinaia i voli speciali che sono stati organizzati per riportare in Patria connazionali da ogni parte del mondo. Con la Farnesina in prima linea e il Sottosegretario Merlo che, instancabile, ha lavorato senza sosta, e continua a farlo, per fare in modo che nessun italiano bloccato oltre confine sia lasciato solo”
“I numeri dell’emergenza coronavirus, per quanto riguarda il rientro dei nostri connazionali dall’estero, parlano molto chiaro. Oltre 60mila italiani sono rientrati in Patria grazie al lavoro del governo, con la Farnesina e il Sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo in prima linea, in collaborazione con la rete consolare italiana nel mondo. E altri ancora ne arriveranno. Si calcola che nei prossimi due o tre mesi più di 100mila italiani faranno ritorno in Italia”. Lo dichiara in una nota l’On. Mario Borghese, vice presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero.
“Continua dunque senza sosta il lavoro del ministero degli Esteri – prosegue Borghese -, che in questo periodo ha ricevuto fino a 7mila richieste di rientro al giorno. Tanti i voli speciali organizzati, altrettanti quelli che saranno organizzati nelle prossime settimane.
Snocciola alcuni dati, il vicepresidente Borghese: “Sono già oltre 500, per esempio, gli italiani rientrati dalla Repubblica Dominicana. Altri sono ancora bloccati nel Paese dei Caraibi e proprio per questo giovedì 16 aprile un aereo della Blu Panorama atterrerà a Santo Domingo, dopo essere stato a Cuba, e riporterà in Italia oltre 200 persone”.
“Sono oltre 10mila gli italiani già rientrati dalla Spagna attraverso voli ‘ferry’ o grazie alle navi della compagnia Grimaldi. Per sabato 11 aprile sono previsti voli straordinari per Milano e Roma dalle Canarie, che si aggiungono a quelli già fissati che riporteranno i nostri connazionali in Italia da Valencia (12 aprile) e Madrid (17 aprile). Mentre mercoledì 15 aprile un volo della compagnia Neos partirà da Lisbona, Portogallo, per fare scalo a Roma e giungere infine a Milano”.
Ancora: “Tra il 18 e il 22 aprile, è previsto un volo da Fortaleza (Brasile) a Roma Fiumicino. Tanti i voli speciali organizzati dall’Argentina verso l’Italia: da Cordoba, Rosario, Buenos Aires. E dal 21 marzo l’Ambasciata d’Italia a New Delhi, in stretto raccordo con l’Unità di crisi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha curato il rimpatrio di 522 connazionali dall’India. Altri italiani in India sono interessati al rientro nello Stivale e per questo l’Ambasciata d’Italia annuncia che sono in via di programmazione ulteriori”.
“Quelli citati – sottolinea l’On. Borghese in conclusione – sono soltanto alcuni esempi. Centinaia i voli speciali che sono stati organizzati per riportare in Patria connazionali da ogni parte del mondo. Con il Sottosegretario Merlo che, instancabile, ha lavorato senza sosta, e continua a farlo, per fare in modo che nessun italiano bloccato oltre confine sia lasciato solo”.

Fonte: ItaliaChiamaItalia

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