1287 ENRICO PEYRETTI: PER IL RISPETTO DEI SOLDATI MORTI A NASSIRYA

20060428 13:20:00 webmaster

Tutti i giorni muoiono in Iraq decine e decine di persone, nella guerra civile terroristica, provocata dalla guerra terroristica statale. Fuori dai riflettori dell’informazione muoiono ogni giorno nel mondo per violenza armata e per violenza economica, una infinita’ di persone, titolari dello stesso diritto alla vita che hai tu e che ho io, che abbiamo tutti.
Ora che sono morti due italiani tra quanti il governo di destra ne ha spediti, perche’ lo hanno richiesto, a partecipare a quella guerra e occupazione, sentiamo uno speciale dolore e piu’ forte pieta’.

Cio’ e’ comprensibile: ogni giorno sappiamo di morti sulle strade o sul lavoro, ma solo se accade ad un amico o ad un parente il fatto ci sconvolge. E’ un limite reale e scusabile della nostra sensibilita’, che pero’ non puo’
limitare il nostro pensiero e la nostra azione responsabile. Quando la morte viene per fatalita’ o per fatto involontario, il dolore non puo’ accusare nessuno. Ma quando la morte viene per volonta’ politica di
partecipare ad un’azione bellica palesemente ingiusta, come e’ questa, inducendovi giovani senza altre possibilita’ di pacifico lavoro, il dolore si fa rinnovato giudizio politico.
La chiarezza di tale giudizio e la conseguente pronta decisione, seppur tardiva, di ritiro italiano da quella guerra e dall’occupazione militare ed economica della terra irachena – per coraggio della verita’, e non per
paura! – saranno l’unico modo serio di rispettare e onorare i morti italiani di oggi.
Non rendera’ loro onore la prevedibile retorica ipocrita del coro nazionalista, militarista e giustificazionista. Solo chi mette nuovamente in luce la falsita’ del motivo per cui erano la’, esposti alla morte che ogni guerra moltiplica, rende giustizia ai morti di oggi. Chi di noi crede in Dio, invoca per loro perdono e pieta’.
Chi li ha uccisi e’ colpevole di guerra, come chi la guerra ha provocato, ma con l’attenuante di una difesa disperata. I condizionamenti generali delle politiche e delle culture non hanno permesso loro di conoscere e praticare i mezzi gandhiani con cui, in non pochi casi storici, diversi popoli hanno saputo difendersi da un’aggressione senza duplicare, a loro stesso maggior
pericolo, la violenza.
Il popolo iracheno, nella tragica situazione in cui e’ stato gettato, certo non migliore della violenta dittatura di Saddam, ha sicuramente bisogno dell’aiuto internazionale: ma l’unico aiuto possibile e lecito potra’ venire dall’intera comunita’ dei popoli, e non da una potenza militare interessata a sfruttare ad ogni costo quel territorio, non dagli stati come l’Italia governata dalla destra, che ha giustificato e sostenuto l’aggressione
ingiustificabile.
Ha titolo per un intervento di aiuto cosi’ difficile solo chi e’ disinteressato; solo chi agisce con mezzi civili e pacifici, non militari; solo chi e’ legittimato – come l’Onu – ad azioni di polizia legale e non di guerra sempre illegale; solo chi e’ mosso da una cultura di collaborazione tra i popoli per i diritti umani di tutti, e non chi intende imporre la propria cultura e il proprio sistema.
Il nuovo governo italiano, che attendiamo con urgenza, incontra in questa circostanza di piu’ acuta gravita’, la sua prima prova, nella necessaria prospettiva di una matura politica di pace.

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[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey@libero.it) per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e’ uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu’ nitidi della cultura e dell’impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e’ ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell’Ipri (Italian Peace Research Institute); e’ membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita’ piemontesi, e dell’analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e’ membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la’ del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall’albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e’ pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov’e’ la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita’. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e’ disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e’ in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu’ volte riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu’ ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e’ nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

 

 

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