1354 Emigrazione e partecipazione politica, di Norma Mattarei (Monaco)

20060512 12:50:00 webmaster

Integrazione significa oltre all’accesso alle risorse materiali del Paese ospitante anche partecipazione alla vita politica e sociale.
La presenza degli stranieri nello spazio pubblico è un obiettivo fondamentale di tutte le società multietniche. A questo proposito va subito sottolineato che in Germania
gli stranieri, proprio in base al loro status, sono esclusi da uno dei fondamentali diritti delle moderne
democrazie: in diritto di voto. Anche stranieri che vivono
qui da 40 anni, pagano tasse e contributi, hanno contribuito e contribuiscono con il loro lavoro al benessere del Paese, non possono scegliere e quindi influenzare la politica del Paese in cui vivono. L’unica
eccezione riguarda le comunali per i cittadini dell’Unione Europea.

D’altro canto, l’acquisizione della cittadinanza tedesca, come unica alternativa, anche dopo le agevolazioni
delle ultime leggi, è ancora legata all’adempimento di una serie di condizioni e presupposti, che vanno dalla durata della permanenza a dichiarazioni di fedeltà allo Stato.
A ciò si aggiunge la recente introduzione di sempre nuovi e complicati test linguistici e culturali con varie domande fra cui storia, filosofia, diritto del Paese ospitante. Chi non conosce Goethe e Schiller, Kant
e Hegel non è idoneo a diventare cittadino tedesco e nemmeno lo è se non dispone di un certo reddito.
Il risultato delle varie restrizioni è che la richiesta di cittadinanza è relativamente bassa e si aggira sulle
250.000 domande annue. Di conseguenza resta ridotto anche l’interesse per la politica da parte degli stranieri.
Da una recente indagine è emerso che mentre circa il 30% dei tedeschi ha un grande interesse per la politica istituzionale, solo il 15% degli stranieri è della stessa opinione.
Rispetto alle preferenze per i partiti, nella stessa ricerca, la maggioranza degli stranieri ha espresso
interesse per la SPD, circa il 74%; per la CSU/CDU il 18% e per i Grünen circa il 12%. Il campo in cui invece gli stranieri hanno maggiore accesso e che prendono anche
in considerazione è quello dei cosiddetti diritti civili, come la fondazione di associazioni, la partecipazione
ad Ausländerbeiräte, a partiti e sindacati, la partecipazione a manifestazione, scioperi, volantinaggi
e raccolte di firme. A questo proposito alcuni dati: il 25% degli stranieri sono organizzati nei vari sindacati. Nell’IG-Metall il 4,8% dei Betriebsräte sono stranieri.
Dei circa 650.00 membri della SPD circa 7000 hanno un’altra nazionalità.
Al comitato di rappresentanza dell’Università di Monaco
(Asta), dei dieci delegati, due sono stranieri. Altri stranieri sono attivi in consigli dei genitori, di anziani
e altre categorie. La loro presenza è in continuo aumento anche nelle camere di commercio, dell’industria e dell’artigianato. Gli stranieri si organizzano comunque
in prevalenza in gruppi e associazioni.
Questo tipo di struttura sembra essere anche molto adatto a
favorire il processo di integrazione.
I partecipanti, in questo tipo di organizzazione, ricevono informazioni, hanno contatti con altre persone e trovano riferimenti culturali.
Anche da varie indagini risulta che sempre più cittadini, sia stranieri che tedeschi, si incontrano e si attivano nel quartiere, nel vicinato, in gruppi nazionali o eterogenei.
Secondo il sociologo filippino Perlas ci sono in tutto il
mondo diversi milioni di persone che si organizzano in varie forme di democrazie di base. In un luogo concreto, partendo da bisogni reali e interessi comuni, trovano
sempre maggiore motivazione.
Non in istituzioni autoritarie e astratte, che mai rispecchiano le vere esigenze, bensì in varie forme
di autoorganizzazione, gli individui si trovano e si impegnano.
Partendo dalle proprie esperienze sviluppano nuove idee e
obiettivi e contribuiscono alla costituzione di una società civile e autodeterminata, che, superando
ideologie e mistificazioni, si faccia carico di bisogni e interessi reali. (Norma Mattarei)

 

 

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