20060606 14:05:00 webmaster
Una platea di imprenditori che si trasforma, ancora una volta, in una curva da stadio. Travolta dal tifo più fazioso e carico di rancori. Era toccato, in positivo, a Berlusconi, nel blitz contro le regole più riuscito della sua campagna elettorale. Ora tocca a Guglielmo Epifani fischiato e costretto ad interrompere il suo discorso ad una tavola rotonda organizzata all’assemblea degli industriali di Varese.
Una contestazione apparentemente ingiustificata, se è vero che Epifani è stato contestato nel momento in cui ricordava che «nella storia della Cgil la cultura dei doveri è sempre stata molto forte».
Forse ad irritare di più gli imprenditori del varesotto è stato un altro passaggio del discorso del suo discorso Quello in cui ha onestamente riconosciuto come la cosiddetta legge Biagi sia «per le imprese simbolo di libertà, ma per noi è un simbolo di precarietà. E questo è un problema». L´ostacolo di fronte alla necessità di un «azione comune, anche culturale, per contrastare la proliferazione della precarietà». A nulla è servito a Epifani ricordare che la «cultura del dovere» del sindacato abbia profonde radici storiche, e che «furono gli operai che nel ’43 difesero le fabbriche…». Alla fine, di fronte alle crescenti proteste, è stato costretto ad andarsene anzi tempo.
«Sono dispiaciuto, mancanza di rispetto a un pezzo di storia», commenta il segretario Cgil lasciando la sala del convegno. Poi un pranzo con il leader degli industriali Luca Cordero di Montezemolo, che nasconde l’imbarazzo minimizzando «l’importanza eccessiva che si è cercata di dare all’episodio». Cortesia fra i due commensali, ma posizioni ancora distanti. «Noi dobbiamo sederci presto in un triangolo importante, quello della concertazione tra governo, rappresentanti dei lavoratori e imprenditori», afferma il presidente di Confindustria. «Prematuro parlare di incontro fra sindacato e imprese – replica Epifani – ancora non abbiamo avviato il confronto con il governo».
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