1515 IMMIGRAZIONE: ESTERNAZIONI UFFICIOSE DI MEMBRI DEL NUOVO GOVERNO

20060608 16:36:00 webmaster

ROMA (Migranti-pressEminotizie) – Una serie di dichiarazioni di singoli membri del Governo in tema di immigrazione, per lo più in risposta a domande di giornalisti, ha caratterizzato i primi giorni del nuovo Governo, ed ha provocato il ripetuto richiamo del Primo Ministro a un maggiore riserbo, prima che il Governo stesso non abbia preso collegialmente la sua linea politica. Tuttavia qualche “esternazione” ha avuto una qualche conferma ufficiale e Prodi stesso non si è esentato dal fare alcune anticipazioni sia pure di carattere generale.

Dichiarazioni del Capo del Governo
L’attuale normativa sull’immigrazione ha bisogno di essere rivista. La politica dell’immigrazione “non si baserà né sull’emarginazione né sulla criminalizzazione; il nostro operato si baserà piuttosto su accoglienza, convivenza e garanzie e insieme sui doveri degli immigrati… Interi settori dell’economia italiana sarebbero già paralizzati senza il contributo dei lavoratori stranieri. I timori degli italiani per quanto riguarda la competizione sul lavoro e l’accesso ai servizi sociali non possono essere ignorati e noi non li ignoriamo, ma possono essere superati con un’immigrazione ordinata e controllata numericamente, che non leda i diritti di nessuno. Sistemi assurdi di accesso e il mancato governo di questo fenomeno favoriscono la clandestinità e impediscono la stabilizzazione e l’inserimento degli immigrati nella società… Occorre incoraggiare e favorire la piena integrazione alla cittadinanza. Chi vive e lavora nel nostro Paese deve sapere che, se lo vuole, anche per lui ci sarà un posto di cittadino nel completo rispetto dei diritti e dei doveri. L’acquisizione della cittadinanza italiana deve poter essere un traguardo certo dopo un congruo numero di anni di permanenza, perché la cittadinanza è anche il più efficace strumento di integrazione di cui la democrazia dispone ed è anche un potente fattore di sicurezza. Chi sceglierà di investire il proprio futuro e quello dei propri figli nel nostro Paese, chi saprà che qui ha possibilità di integrarsi per realizzare le sue aspirazioni, chi identificherà la sua convenienza nel successo della sua nuova patria, sarà sicuramente un cittadino fedele alle nostre istituzioni e rispettoso dei nostri ordinamenti”.
Parole abbastanza generiche, ma altrettanto chiare, che possono essere una chiave di lettura della linea del Governo che sui temi scottanti le diverse esternazioni di vari ministri e sottosegretari hanno toccato.

Una nuova normativa sulla cittadinanza
C’è una vasta concordanza, non soltanto dentro la maggioranza, sulla necessità di riformare la legge sulla cittadinanza, vero “rudere archeologico”, come è stato definito in occasione della presentazione del “Dossier Statistico Immigrazione 2005”, anche se varata appena una quindicina di anni fa, nel 1992. Sul testo della riforma stanno lavorando quattro Ministeri (Interno, Famiglia, Solidarietà sociale, Pari opportunità), tenendo come base una proposta di legge del 2001. La riforma dovrebbe essere certa e piuttosto rapida, perché è stata presentata fra le priorità, anzi fa parte del pacchetto dei primi cento giorni del nuovo Governo. Prodi si era impegnato per la riforma già in occasione delle primarie, quando aveva deciso di far partecipare anche gli immigrati nella scelta del candidato.
Attualmente prevale in forma quasi esclusiva lo “ius sanguinis”: lo straniero che entra in Italia deve aspettare dieci anni di presenza continua prima di presentare la domanda di cittadinanza che viene concessa dopo qualche anno non per diritto ma a discrezione del Ministero degli Interni; chi nasce in Italia da genitori stranieri, nasce “straniero” e deve attendere il 18° anno di età per poter optare per la cittadinanza italiana. La legge riformata dovrebbe contemperare “ius sanguinis” e “ius loci”, riducendo il periodo di attesa per gli adulti (da 10 a 6 o 7 anni) e tanto più per i bambini (ad esempio, dando facoltà ai genitori di chiedere la cittadinanza italiana al compimento del 5° anno di età del loro bambino o subito fin dalla nascita). Alcune associazioni stanno sensibilizzando la società italiana a questa “passo di civiltà”, anche con la sottoscrizione di un appello, come sta facendo la Comunità di S. Egidio.

Un secondo decreto flussi per il 2006 o un provvedimento di regolarizzazione/sanatoria
Diverse le esternazioni in proposito, ma anche una dichiarazione del Viminale che si può procedere a un secondo decreto sui flussi di ingresso, rimanendo nello spirito e dentro la lettera della legge in corso, che prevede appunto la possibilità di uno o più decreti annuali sui flussi. Come è noto, il decreto già emanato, del 15 febbraio, ha previsto per il 2006 l’ingresso in Italia di 170.000 lavoratori extracomunitari (e di altrettanti neo-comunitari). Di fatto non si trattava di “ingressi” dall’estero ma di stranieri già presenti in Italia con un lavoro in nero e un datore di lavoro disposto a regolarizzare il rapporto lavorativo. Si trattava dunque di fatto d’una regolarizzazione di soggiorno e di lavoro, benché la formalità fosse ben altra: il lavoratore avrebbe dovuto rientrare al suo Paese e chiedere al Consolato il visto di ingresso per motivi di lavoro, adducendo il nulla osta della questura e il contratto di lavoro col suo padrone. Entrata dunque per chiamata nominativa.
Delle 485.000 domande presentate (ufficialmente dai datori di lavoro) alle poste, solo le prime 170.000 potevano avere esito definitivo. Venivano pertanto esclusi gli altri 315.000 lavoratori per i quali i datori di lavoro aveva depositato la richiesta di assunzione. Proprio per questa grande massa di esclusi ora si prospetta la novità, ossia un nuovo decreto che consenta formalmente l’ingresso, che consenta di fatto la regolarizzazione di un soggiorno e di un rapporto di lavoro già in atto. Pare che tale progetto vada in porto perché oltre alle esternazioni di taluni membri del Governo, anche il Ministero dell’Interno di è espresso in senso sostanzialmente favorevole per chi “ha tutti i requisiti” per essere assunto.
Forte è stata la reazione della maggioranza anche con parole molto pesanti; una certa reazione anche dal Commissario Europeo Frattini, il quale ha fatto presente che un’operazione così ampia non interessa solo l’Italia ma l’intera U.E., dalla quale dunque un eventuale provvedimento di tale ampiezza dovrebbe acquisire una specie di nulla osta.

Proposta di amnistia
La proposta è partita tempestivamente dal nuovo Ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ma già con parere favorevole del Primo Ministro. La proposta-promessa è stata ripetuta in forma molto esplicita da Mastella il 2 giugno, durante la sua visita a Regina Coeli, assieme a Giulio Andreotti: “Proporrò l’amnistia e l’indulto… Ci muoveremo in tal senso perché è giusto farlo. Assicuro la mia volontà e spero che si raggiunga l’unità nella diversità”. Scroscianti applausi da parte dei detenuti, anche se finora frustrati e delusi da precedenti proposte e appelli svaniti nel nulla.
Pare si aprano buone prospettive anche se, per andare in porto, richiede la maggioranza qualificata dei due terzi nei due rami del Parlamento. La proposta interessa da vicino il mondo delle migrazioni non solo perché è alta la percentuale di detenuti stranieri, ma pure perché fra costoro è alta la percentuale di chi è in carcere per reati di minore rilievo o come misura cautelare o in attesa di giudizio definitivo; quale inoltre sia la vita degli stranieri dietro le sbarre, quali siano le condizioni spesso drammatiche che li penalizzano proprio per la loro condizione di stranieri sono state messe in rilievo dall’indagine condotta del 2003-2004 da Migrantes, Ispettoria generale dei cappellani penitenziari e dalla Facoltà di Scienze Sociali dell’Angelicum; i risultati dell’indagine sono raccolti nel volume “Il carcere degli esclusi” (Ediz. San Paolo, 2005).

Come è noto, un accorato appello per un atto di clemenza fu rivolto da Giovanni Paolo II nel 2000 in occasione del Giubileo del Carcerato e nel discorso a Montecitorio nel novembre 2002; è tornato a perorare questa causa anche il Presidente della CEI, il Card. C. Ruini, in apertura delle recente Assemblea generale dei Vescovi.
Naturalmente, quanto agli stranieri, c’è da domandarsi quale sarà la loro sorte una volta usciti dal carcere, se seguirà necessariamente l’espulsione. Un atto di clemenza dovrebbe prevedere che in determinati casi, di reati minori, quando risulti una concreta prospettiva di inserimento nella nostra società, si riapra loro la possibilità di farsi un progetto di vita in Italia. Vale soprattutto per questi casi l’invito “alla comunità cristiana di farsi accogliente nei confronti di coloro che usciranno dal carcere”, invito espresso da Mons. G. Caniato dell’Ispettorato generale dei cappellani delle carceri.

 

 

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