1562 Franco Giordano (PRC): «Non siamo i servitori del Partito democratico…»

20060613 18:02:00 webmaster

«È lo spirito del programma che deve far vivere l´intera coalizione: che non ci sia in alcuno la tentazione di una tolda di comando in mano al costituendo partito democratico, e poi l´intendenza che segue. Questa operazione snaturerebbe la nostra coalizione». Franco Giordano, Segretario di Rifondazione comunista, mentre definisce il suo partito il «custode» del programma dell´Unione, un avvertimento alla coalizione lo lancia.

Segretario, lei sta raccogliendo l´eredità di un personaggio carismatico come Bertinotti. Con qualche difficoltà?

Basta prendere atto che Fausto è assolutamente inimitabile e irraggiungibile e far riferimento a una dimensione collegiale. Al congresso ho usato una metafora, che voglio ripetere: siamo in mare aperto, dobbiamo stare tutti al timone.

Sembra, però, che in realtà questa collegialità non funzioni ancora benissimo…Basta pensare alla posizione assunta da Alfonso Gianni sulla manovra bis. E alle minoranze, da sempre critiche sull´entrata del Prc al governo…

Alfonso ha posto attenzione alla natura della manovra, che per lui non era necessaria. E tutti insieme nel partito abbiamo posto i temi della redistribuzione del reddito e della giustizia sociale, come prioritari. Per quel che riguarda le minoranze, quello che succede ora, succedeva anche prima.

Sui temi economici, si sentono già delle divergenze tra voi e il resto dell´Unione…

Si sono messi in moto poteri che cercano di snaturare il programma dell´Unione. Penso alla presa di posizione di Confindustria che dice che il cuneo fiscale deve essere dato a tutti perché ha in testa solo l´inseguimento del costo del lavoro, che ritiene che la precarietà debba continuare a connotare il nostro modello sociale, e vorrebbe intervenire anche sulla flessibilità degli orari. Ma sono tutti temi che sono antinomici alle indicazioni del programma. Ho trovato molto condivisibile l´intervento di D´Alema sul taglio della rendita finanziaria. Così come le parole sia di Prodi, sia di Padoa Schioppa, che dello stesso D´Alema sul cuneo fiscale, che deve essere fortemente selettivo verso il sistema dell´impresa.

In quest´avvio di legislatura, le tensioni tra Rifondazione e il resto della coalizione si sono notate…

Devo dire che, pur con qualche smagliatura che si è notata, come la vicenda dei sottosegretari che non mi è piaciuta, i segnali che sono stati dati sia riguardo al ritiro delle truppe dall´Iraq, sia sulla necessità di avviare la politica della giustizia sociale, sono importanti. Ecco, metterei da parte la moderazione dei salari di Padoa Schioppa.

Ma c´è stata la vicenda della Presidenza della Commissione Difesa, l´intervista di Prodi a «Die Zeit», l´impuntatura di Ferrero sulle deleghe al suo ministero…

La vicenda Menapace mi limito a definirla trasformistica. Sull´intervista abbiamo chiesto a Prodi di riconoscere il contributo decisivo dato dalle forze della sinistra d´alternativa, e le risposte sono state soddisfacenti. Ferrero ha semplicemente detto che non era giusto spogliare il suo ministero di deleghe che gli sono proprie, visto che il Prc ha un ministero solo. Tutte queste cose sono state subite da noi e non viceversa.

Fino a che punto siete disposti ad arrivare per difendere i vostri obiettivi?

Siamo molto determinati a farli rispettare, perché li abbiamo presi tutti insieme.

Ma la vostra strategia sembra essere quella di procedere fino ad arrivare a un passo prima della rottura…

La nostra ambizione è quella di portare questo paese a un´alternativa di società, ricostruendo una relazione con il movimento pacifista, quello di lotta di questi anni, il movimento no-global, i tanti conflitti.

Ci sono punti in cui non c´è accordo nella coalizione. Prendiamo l´Afghanistan, che nel programma non c´è….

Proprio per questo bisogna aprire un confronto, che parte da un bilancio sereno della natura delle nostre missioni e della politica estera. Le priorità ora come ora ci vengono solo dagli interessi americani. Non vedo perchè non dobbiamo spostare la nostra attenzione su tragedie come il Darfur, il Congo o sul Medio Oriente. Dobbiamo rivedere la nostra politica estera, che non può essere impostata solo su interessi geopolitici altrui.

Definirebbe Rifondazione un partito di lotta e di governo?

È un´espressione passata. Dico solo che noi dovremmo garantire i livelli di autonomia dei movimenti e del conflitto sociale e sindacale e contempaneamente perseguire il programma dell´ Unione, sempre aperti al dialogo.

www.unita.it

 

 

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