1559 INTERVISTA AL SOTTOSEGRETARIO MAE PER L'AMERICA LATINA, DONATO DI SANTO

20060612 19:29:00 webmaster

“Gente d’Italia” intervista il neo Sottosegretario agli Esteri per l’America Latina, Donato di Santo

ROMA – Competenza e discrezione. Sembra essersi ispirata a questi principi la strada che portato con un percorso originale l’abruzzese Donato di Santo dalle sezioni di partito di Lecco fino alla Farnesina. Il neo sottosegretario per l’America Latina, intervistato da Gente d’Italia il quotidiano delle americhe diretto da Mimmo Porpiglia , è nato a Bomba, piccolo paese in provicia di Chieti, nel 1958. A soli tre anni si è trasferito con la famiglia in Lombardia dove ha cominciato a lavorare a soli 15 anni per aiutare la famiglia.

"Quando ero ragazzo io il lavoro dei giovani, e anche dei bambini, era una una cosa normale – spiega – Per questo sono molto sensibile al problema del lavoro minorile e non sono tanto contro il lavoro minorile, quanto piuttosto contro il suo sfruttamento. La questione è che purtroppo in molti casi si tratta di bambini e adolescenti che mantengono intere famiglie. Bisogna eliminare il fenomeno, ma mettendo in moto tutta una serie di modfiche e trasformazioni per risolvere i problemi sociali che generano questi fenomeni. I bambini devono poter giocare e andare a scuola e nessuno deve aver bisogno di sfruttare il loro lavoro".

Come comincia la sua storia giovanile e quella politica?

“Sono nato in Abruzzo nel 1958 (a Bomba, in Provincia di Chieti) in una famiglia contadina. All’età di tre anni la mia famiglia si è trasferita in cerca di lavoro al nord, in Brianza. Sono entrato nel mondo del lavoro a quindici anni, come operaio metalmeccanico, lavoro che ho svolto per diversi anni in aziende dell’area lecchese e milanese, in alcune delle quali ha fatto parte del Consiglio di Fabbrica.

Ho sempre studiato in corsi serali, sia le Medie superiori (Istituto Tecnico per geometri) che i primi anni di Università, facoltà di Filosofia (non completato).

Ho cominciato presto a dedicarmi all’impegno politico e, dopo molti anni di militanza volontaria, ho lasciato il lavoro di operaio e sono stato assunto come funzionario politico a tempo pieno nella Federazione provinciale del PCI di Lecco di cui, nell’83, sono stato eletto Segretario provinciale, carica che ho mantenuto per due mandati congressuali, fino all’89. Dall’80 all’85 sono stato anche Consigliere Provinciale di Como.

Nell’89 sono stato chiamato a Roma, presso la Sezione Esteri della Direzione nazionale del PCI (diretta da Piero Fassino), come Responsabile per le relazioni politiche con l’America latina, incarico che ho ricoperto ininterrottamente anche nel PDS e nei DS, fino al 2004.

La mia esperienza internazionale, cominciata già nell’81 con una permanenza di sei mesi a Mosca, e nell’84 a Managua con l’Associazione Italia-Nicaragua, si arricchisce in questo lungo periodo con innumerevoli missioni politiche in tutti i paesi latinoamericani e caraibici, nei quali sono entrato in contatto con gli ambienti politici, sindacali, sociali, istituzionali e intellettuali.

Per una quindicina d’anni sono stato il delegato italiano nel Comitato America latina e Caraibi dell’Internazionale socialista.

Ho organizzato numerose missioni politiche in America latina di molti esponenti nazionali dei DS tra i quali D’Alema e Fassino.

Nel ’94, insieme a Giancarlo Summa, ho pubblicato il libro "Rivoluzione addio, il futuro della nuova sinistra latinomericana" (Ediesse edizioni), tradotto anche in Spagna.

Ho organizzato diversi Convegni e Seminari internazionali sulle tematiche latinoamericane dove hanno partecipato esponenti di primo piano italiani, europei e latinoamericani.

Ho pubblicato saggi ed articoli su: l’Unità, il manifesto, Limes, ItalianiEuropei, Quetzal, Amanecer, e su varie riviste latinoamericane.

Sono stato membro del Consiglio direttivo del CeSPI, Centro Studi di Politica Internazionale.

Dall’aprile 2004 fino alla nomina a Sottosegretario di Stato sono stato Presidente della Ong di cooperazione internazionale Movimondo.

La sua biografia parla di un ragazzo che si è dato da fare che ha cominciato presto a lavorare, ma che non ha rinunciato a studiare.

"Purtroppo, come ho detto prima, non ho potuto fare studi accademici. Ho fatto sempre delle scuole serali, sia le medie superiori (Isituto tecnico per geometri), che l’Università. Ho fatto Filosofia, ma non ho potuto ultimarla. Dopo aver lavorato come metalmeccanico per una decina di anni mi sono dedicato interamente all’attività politca. Ero tornitore come il presidente brasiliano Lula, ma come gli dico sempre, io ho salvato tutte le dita (ndr Lula ha invece perso un mignolo al tornio). Ho iniziato la militanza politica prima nel vecchio PCI a Lecco poi sono stato segretario della federazione provinciale del partito fino a quando, coltivando la passione per le tematiche latino-americane, non sono stato chiamato a Roma".

Un percorso quindi poco ortodosso e forse più interessante di altri che ha portato l’onorevole Di Santo ad essere scelto dal governo per ricucire i rapporti con l’America latina. Nel passato recente del sottosegretario c’è anche la presidenza di una organizzazione non governativa per la cooperazione allo sviluppo. Movimondo

Come spenderà queste esperienze dalla sua posizione alla Farnesina?

"Più che il rapporto con la cooperazione è un ventennio di rapporti con i sindacati con i partiti con i movimenti le associazioni e le università dell’America centrale e meridionale che vorrei mettere a disposizione del governo. Come ho detto a tutti i direttori generali del Ministero e allo stesso ministro vorrei contribuire con questa mia esperienza politica al perseguimento degli interessi nazionali e soprattutto per ripristinare tutta una serie di preziose relazioni internazionali che negli ultimi anni si sono affievoliti.

Quale piano di collaborazione ritiene prioritario. Quello economico, quello culturale o qaule altro ancora?

"Io credo che tutti gli aspetti siano importanti. In alcuni paesi è necessario riattivare e ridare slancio a collaborazioni di carattere principalmente economico. Nei prossimi mesi verrà in Italia una folta delegazione imprenditori brasiliani. Brasile, quindi, ma anche Argentina, Uruguay. Con tanti altri paesi ci sono le condizioni per rilanciare forte collaborazione economica. Ma ovviamente questo non è il Ministero delle Attività Produttuve, è un ministero che deve avere uno sguardo più complessivo. Questo atteggiamento è nel mio dna, quindi non sarà un problema metterlo in pratica. Confrontandomi ovviamente con gli altri sottosegretari e rispettando le competenze bisognerà anche vedere dove è necessario un rilancio di iniziative di cooperazione allo sviluppo. Sono anche pronto ad affrontare nei limiti delle mie competenze l’aspetto culturale. Un percorso che non può essere a senso unico. C’è bisogno di uno scambio a livello sia informativo, sia di approfondimento, sia di divulgazione. C’è stato un forte calo di attività negli ultimi anni. C’è bisogno di far conoscere non solo l’Italia che non è più quella di Rossellini, ma anche i paesi esteri agli italiani che spesso sono qui rappresentati con folklore e superficialità. Per questo vorrei puntare sul rilancio dell’Istituto italo-latinoamericano. E’ uno strumento prezioso e tra l’altro unico in Europa per le speciali caratteristiche di rapporto con i paesi latinoamercani. Io penso che sia fondamentale per rilanciare rapporti con il centro-sud America.

Nel 1994 lei ha scritto un libro. "Rivoluzione addio, il futuro della nuova sinistra latinoamericana" (Ediesse edizioni) in cui analizzava i cambiamenti del continente. Tante cose sono cambiate soprattutto nei governi oggi guidati dal centrosinistra.

"Quel libro, che ho scritto insieme al mio amico e grande conoscitore della realtà latinoamericana Giancarlo Summa, era fatto in due parti. Una parte era dedicata all’analisi, una alle interviste a personalità che ritenevamo emergenti. Alcuni di loro oggi sono presidenti, come Tabarè Vasquez che allora era un oscuro oncologo oggi è il primo presidente uruguayano del centrosinistra. Era un lavoro sul campo, non di superficie per questo siamo riusciti a prevedere alcune metamorfosi che poi si sono avverate. In America latina sempre di più forze politiche hanno scelto di abbandonare la lotta armata e di intraprendere la strada della democrazia, della politica, della pace. Una strada che può essere anche dura e radicale perchè la democrazia è anche una cosa complessa che può avere momenti di forte tensione, ma comunque è l’unica praticabile. Il presidente del Venezuela Chavez , ad esempio, quando ha tentato la strada del golpe nel febbraio del 1992 è andato in galera. Giustamente la società venezuelana lo ha rifiutato. Ora che ha scelto la democrazia, pur con le proprie idee che sono leggittimissime finché restano sul piano democratico, ha vinto e sta raccogliendo grande consenso nel suo paese e altrove. Io spero che lo stesso trend possa presto coinvolgere anche altri paesi come la Colombia. A Panama ora al governo c’è Martin Torricos, figlio dello storico presidente dell’indipendenza. Il segnale che arriva da questi paesi è che forze politiche che in forme diversificate possono ascriversi al centrosinistra, sono arrivati ad affermarsi per via democratica ed elettorale con una dialettica aperta. La speranza è che sia sempre così , che non ci siano passi indietro, che non ci siano spinte nazionalistiche e populiste che possano tradire la strada imboccata che vede non soltanto la possibilità per classi subalterne di avere una rappresentanza massima, ma permette anche ai dimenticati dell’America latina che sono gli indigeni di prendere finalmente la parola e la Bolivia è un esempio eclatante. Poi i problemi ci sono, le scelte si possono discutere come in tutti i sistemi democratici, ma credo che l’impostazione di fondo che ha prevalso è la migliore. Io ne sono contento".

Sottosegretario Di Santo, da dove è nata questa sua passione per quei paesi?

"Come per tanti della mia generazione dalla figura di Che Guevara, dai campi di lavoro volontario nel Nicaragua sandinista e dalle letture dei grandi autori sudamericani. Poi quando finì per me quel periodo di sei anni da segretario della federazione provinciale del PCI di Lecco arrivò l’invito da Piero Fassino di seguirlo a Roma per occuparmi dell’ America. Fassino cominciava allora, subentrando a Giorgio Napolitano, il nostro Presidente, ad occuparsi di relazioni internazionali per il partito. Per me è cominciata un’avventura straordinaria perchè io non avevo una formazione accademica, ma ho continuato a studiare molto a lavorare. Ce l’ho messa tutta fino alla nomina qui alla Farnesina".

Lei ha viaggiato molto, con i colleghi di partito ad esempio, ha incontrato anche tante comunità italiane all’estero, ha collaborato ad alcune iniziative di solidarietà per il popolo argentino. Continuerà a viaggiare?

"Vorrei viaggiare e mantenere i rapporti che sono stati troppo trascurati negli ultimi cinque anni. Berlusconi in tutto il suo lungo governo non ha mai incontrato una sola volta un presidente del Sud America. Bisogna colmare questo vuoto. E credo, anche dal discorso del nostro premier Romano Prodi, che questo governo è intenzionato seriamente a riprendere un rapporto che può essere molto proficuo per entrambe le parti".

(Gente d’Italia/Eminotizie)

 

 

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