1579 Referendum, l'Unione dice NO alle minacce di Bossi

20060616 12:32:00 webmaster

Torna la Lega che lotta e minaccia. Torna Bossi. E spezza la fragile unita del centrodestra sul referendum. Per il leader del Carroccio, intervistato dal Tg1, se vince il No al referendum del 25-26 giugno sulla riforma costituzionale, vorrà dire che «il Paese non cambierà mai più democraticamente». E allora «bisognerà trovare altre vie». Che, evidentemente, democratiche non saranno. Toni da guerra civile. «Stavamo meglio quando eravamo sotto l’Austria – afferma Bossi – Se lo avessero saputo quelli che sono andati a combattere sul Piave, forse giravano i fucili dall’altra parte».
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Le ire del senatur smuovono in primis le istituzioni. Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, invita tutti a rispettare le regole della democrazia. «Ci sono parole che non possono essere usate -ammonisce Bertinotti- neppure a fini propagandistici, se non provocando un’erosione nella convivenza democratica. Agli esponenti della Lega e al suo leader andrebbe rivolto un appello a contribuire affinchè le regole democratiche e la sostanza della democrazia non siano messe in discussione da alcuno».

In difesa della Costituzione si muove il presidente Giorgio Napolitano. «La Costituzione è un’autentica tavola dei valori e dei principi in cui riconoscersi, dei diritti e dei doveri da rispettare – sottolinea Le sue disposizioni, a 60 anni dalla loro approvazione, continuano, nella proiezione ideale voluta dai padri costituenti, a manifestare la loro attualità». Insorge il centrosinistra, ma insorge anche il centrodestra. Almeno in parte. La sparata del leader leghista non piace ai centristi, sostenitori di un Sì tiepido alle riforme e divisi al loro interno: « Le parole del leader della Lega sono inaccettabili non solo per la sinistra, ma anche per noi» afferma il segretario dell´Udc Lorenzo Cesa.

Di tutt´altro avviso il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi, per il quale «Bossi, commentando è andato direttamente al nocciolo della questione politica che le prime settimane di governo dell’Unione stanno facendo emergere in tutta la sua drammaticità». Il problema, per Bondi, non è solo «la sorte delle riforme», e tanto meno le minacciose «vie non democratiche» del leader del Carroccio, ma la solita litania sulla «pericolosa deriva di una sinistra che ha già occupato tutte le istituzioni e ora tenta di normalizzare il Paese sfidando e umiliando la metà degli italiani che si riconosce nella Cdl».

Difende Bossi anche il leader di An, Gianfranco Fini, che mette sullo stesso piano la sortita del senatur alla riforma del centrosinistra. «La sinistra anziché criminalizzare un’espressione fuori luogo, certamente eccessiva, di Bossi farebbe bene a interrogarsi su quanto scritto dal costituzionalista Augusto Barbera: "bisogna riconoscere che è toccato a un ministro leghista rimediare ai pericoli per l’unità nazionale del federalismo sgangherato del Titolo quinto dell’Ulivo"».

Replica duro il ministro per i rapporti con il Parlamento Vannino Chiti: «Ho aspettato, a questo punto devo dire ingenuamente, che dii leader della destra venisse una piena condanna alle sconcertanti parole di Bossi. Ma non è avvenuto». Le condanne arrivano invece dal centrosinistra. I Verdi denunciano che dal leader del Carroccio arrivano «minacce eversive», mentre il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, Luciano Violante, afferma che «quelle di Bossi sono parole gravi, in sostanza un ricatto e i ricatti vanno respinti democraticamente con il voto. Tutti quelli che sostengono il Sì lo facciano con argomenti democratici e non con i ricatti». Il presidente dei senatori dell’Ulivo, Anna Finocchiaro, è dell’avviso che Bossi è fuori dalla grammatica democratica e chiede «quale sarebbe l’altra strada: l’insurrezione popolare? Sparare su quelli che stanno dall’altra parte del Piave?».

www.unita.it

 

 

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