1601 Referendum, Fedi: “L’informazione non è stata insufficiente, ma inesistente”

20060615 18:23:00 webmaster

(da 9colonne) ROMA – Anche se “campanelli di allarme” erano già echeggiati in occasione di due referendum e delle elezioni dei Comites, prime prove del voto per corrispondenza attuate dopo l’approvazione della legge 459 del 20 dicembre 2001, è stato il voto politico di aprile a destare grande preoccupazione. Unanime, di conseguenza, la volontà di riconsiderare, di rivedere il sistema di voto. Un’esigenza che Marco Fedi, eletto alla Camera nella circoscrizione Estero nelle liste dell’Unione, ribadisce mentre i nostri connazionali all’estero stanno votando per il referendum di modifica costituzionale.

“La questione dell’esercizio in loco del diritto di voto deve essere posta, oggi più che mai che in passato, in termini molto chiari. Le disfunzioni organizzative, i miglioramenti da apportare alla legge ordinaria per rendere il sistema elettorale più efficiente, e quindi meno soggetto a dubbi e speculazioni post-elettorali, e più rispondente al dettato costituzionale per quanto attiene a segretezza e personalità del voto espresso, rappresentano un aspetto di razionale analisi post-elettorale, ancorché per dovere di cronaca dobbiamo ripetere che abbiamo fatto queste analisi in ogni occasione post-voto con scarsa attenzione dal governo di centro destra; un’analisi alla quale non ci sottrarremo, anche lavorando verso obiettivi ed ipotesi di miglioramento delle norme della legge 459/2001. Altra cosa è invece porre in discussione la soluzione della circoscrizione estero. Sostengo che questa soluzione è particolarmente opportuna per l’Italia – in una vicenda politica che vede il sistema paese in arretramento sul fronte economico e commerciale, che vede difficoltà per quanto riguarda la diffusione di lingua e cultura nel mondo, che è intento a modificare le regole democratiche con estrema facilità, che si occupa ogni giorno di questioni morali e deve ogni giorno riaffermare la laicità dello Stato – in questo Paese la rappresentanza parlamentare degli italiani all’estero può contribuire a riflettere su temi e soluzioni concrete, con un originale contributo di idee che partono dall’esperienza dell’emigrazione italiana nel mondo per arrivare all’integrazione ed alla maturazione di un’identità nuova e composita. Parlamentari senza vincolo di mandato che non si sottrarranno al compito di essere rappresentanti del popolo italiano, di una nazione grande quanto il mondo. Nel proporre soluzioni normative ordinarie, dovremo affrontare anche il tema dei tempi e delle modalità di voto. In ogni caso, a qualsivoglia soluzione si arrivi, dobbiamo renderci conto che la rete consolare deve essere rafforzata e che non è più possibile ignorare il problema delle risorse”.
Anche se l’appuntamento con il voto politico è arrivato cinque anni dopo l’approvazione della legge, numerosissime sono state le disfunzioni dovute ad una scarsa conoscenza delle modalità di voto, delle “regole” per l’estero e soprattutto delle date. Una conseguenza di una informazione inadeguata, se non errata. Ma questa volta, all’appuntamento con il referendum si arriva con la presenza di ben 18 parlamentari eletti all’estero. Qual è stato il loro contributo nel “pretendere” una adeguata, “dovuta” informazione? “Abbiamo sollecitato – spiega Fedi – un intervento straordinario in occasione di ogni competizione elettorale. Abbiamo alle nostre spalle due referendum, il rinnovo dei Comites, le elezioni politiche ed ora il terzo referendum: in ciascuna di queste occasioni l’informazione non è stata insufficiente ma inesistente. Vorrei rilevare due questioni per capire meglio questa forte critica: il compito dell’informazione istituzionale viene assolto da un ministero degli Affari Esteri che non ha disponibilità economiche per la campagna informativa e ciò, generalmente, si traduce nel classico comunicato stampa per la carta stampata che ha un impatto scarsissimo e l’informazione qualitativa (con grafici, voce fuori campo, esempi concreti) si riduce a ben poco. Rai International non riesce ad articolare un vero e proprio piano d’informazione che scatti ogniqualvolta si entra in una logica elettorale e, soprattutto, non riesce a costruire al proprio interno una redazione elettorale, soluzione questa necessaria fin quando Rai International rimane l’unica informazione televisiva italiana fruibile all’estero. Dovremo affrontare insieme le questioni di Rai International a partire dai problemi più immediati che riguardano la precarietà del personale fino alla qualità dei programmi e dell’intero palinsesto”.
Così, ad informare sul referendum, la stampa specializzata ed i parlamentari, affiancati dagli organismi di rappresentanza all’estero. Per quanto riguarda il personale contributo, l’invito al voto di Marco Fedi è votare “no” alla proposta di modifica costituzionale: “Il no di oggi per costruire, insieme, i cambiamenti di domani: su questo presupposto ho contribuito ad avviare anche in Australia la campagna referendaria per il ‘no’. Si tratta di un referendum confermativo, per il quale non è richiesto il quorum, e per il quale la partecipazione elettorale per il no da parte degli italiani all’estero è decisiva. I cittadini italiani e gli elettori comprendono una questione con grande immediatezza: modificare la Costituzione, come scriverla e viverla, è compito di tutti i cittadini attraverso le istituzioni, attraverso i partiti, attraverso la partecipazione attiva alla vita democratica. Per questa ragione le regole devono essere condivise da larghe maggioranze, due terzi del Parlamento se si vuole evitare il rischio referendum. Per questa ragione, nel passato, le scelte sulla forma dello Stato e sulle regole della democrazia, sono state ampiamente condivise o affidate a Commissioni bicamerali. Le modifiche costituzionali, come ad esempio quelle che il centrosinistra ha introdotto per la circoscrizione “estero”, sono state votate trasversalmente da un ampio schieramento di forze politiche, anche se non sempre condivise da tutti i parlamentari.
Le modifiche ipotizzano in qualche modo un nuovo modello di Repubblica, trasferendo poteri dal presidente della Repubblica, che diventa una sorta di notaio, al presidente del Consiglio che può sciogliere il Parlamento e che, di fatto, assume un ruolo centrale ed autonomo da ogni vero controllo democratico. Un cambiamento di questa portata richiederebbe una riflessione attenta, da non confondere invece con l’ipotesi di federalismo che andrebbe tenuta distinta.
Il Federalismo vero, quello fiscale, che deve essere alla base un modello praticabile di decentramento amministrativo e gestionale, non è annunciato e regolato, aprendo la strada ad una totale disuguaglianza, a una ingiustificabile disparità di trattamento e di accesso ai servizi tra cittadini residenti in Regioni ricche e povere, tra nord e sud, in aree importantissime come la sanità, la scuola e la formazione, la sicurezza. A ciò si aggiunge il conflitto di competenze e di attribuzioni tra Stato e Regioni che – in questo modello – è destinato a moltiplicarsi. E’ necessario, infine, che sulle regole (per il funzionamento dello Stato, la legge elettorale, il conflitto d’interessi) maggioranza ed opposizione trovino un accordo serio. Con il no a questo referendum sarà possibile riprendere un percorso comune. Gli italiani all’estero, che hanno dimostrato quanto amano l’Italia con la partecipazione al voto politico, vogliono un’Italia unita, efficiente, solidale. Un’Italia che offra analoghe opportunità e qualità dei servizi a chi vive o rientra, sia in Lombardia che in Sicilia o in Umbria. Un’Italia che sviluppi un modello ‘federalista’ e non separatista. Per trasferire alle Regioni le competenze e le risorse su aspetti importanti che toccano la vita dei cittadini, quali la sanità, la scuola e la formazione, l’assistenza, la sicurezza, non solo occorre una riflessione più attenta da parte di tutte le forze politiche ma si rende necessario verificare, prima dell’applicazione pratica, che il modello funzioni, che non si creino disuguaglianze sociali tra i cittadini, che il nuovo ‘modello’ federalista funzioni anche sul piano ‘fiscale’ e quindi – conclude Fedi – della ripartizione delle risorse e della solidarietà”.

 

 

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