1583 Referendum, vince il «no» tra i meridionali all'estero

20060614 15:00:00 webmaster

‘El senador’ Pallaro: Per noi la costituzione va bene così com’è, teniamo all’unità del paese Il viceministro Danieli: I nostri emigrati non vogliono regioni a diverse velocità

Eleonora Martini (da Il Manifesto del 14 giugno)

Ancora una volta l’ago della bilancia è lui. L’uomo che più di ogni altro sposta voti in tutta l’America latina potrebbe aiutare non poco l’Unione a portare a casa un altro successo nel prossimo referendum confermativo della «devolution» del 25 e 26 giugno. Ma l’italo argentino Luigi Pallaro ha deciso di attenersi al suo ruolo di «indipendente».

E infatti la sua campagna referendaria l’ha condotta invitando gli italiani residenti nel subcontinente, con un battage sui media e tramite la rete dell’emigrazione, a votare «con la massima partecipazione», «indispensabile» per un argomento così importante. Ma niente di più. Nessuna indicazione di voto. «Molte cose di questo referendum sono incomprensibili anche a me: è difficile spiegare come votare e perché», dice el senador. Cosicché ha lasciato libertà di coscienza – anche se, assicura, lui voterà per il No «perché per noi all’estero la costituzione va bene così com’è» – aggiungendo: «Se avremo maggiori informazioni ve le faremo arrivare al più presto». Insomma Pallaro ha scelto il profilo basso, come del resto ha fatto sia il centrosinistra che il centrodestra nella campagna elettorale all’estero per il referendum. Nulla a che vedere con il baillame delle politiche.
Anche perché se in Italia siamo ancora all’inizio, all’estero il tempo per la propaganda sul quesito referendario è terminato. Entro il 7 giugno infatti i consolati dovevano far arrivare i plichi a casa degli elettori iscritti all’Aire. I quali stanno già votando e hanno tempo fino alle 16 del 22 giugno per recapitare le schede compilate ai consolati. Entro la giornata del 23, poi, tutte le schede votate arriveranno in aerei scortati a Fiumicino. E questa volta per non ripetere il caos dello scrutinio delle politiche, quando un esercito di scrutatori e osservatori si concentrò in un hangar a Castelnuovo di Porto, a qualche chilometro da Roma, intasando persino la via Tiberina, – anche se ci si attende un numero decisamente inferiore di schede – il neo viceministro alla Farnesina con delega agli italiani all’estero, Franco Danieli, ha chiesto di attrezzare quattro strutture separate, una per ogni ripartizione elettorale (Europa; Sud America; Nord e Centro America; Asia, Africa, Oceania e Antartide).
Non è il primo referendum a cui partecipano i 2.890.000 elettori italiani della circoscrizione estero: l’hanno fatto nel giugno 2003 sull’articolo 18 e nel giugno 2005 sulla fecondazione eterologa. In entrambi i casi non si raggiunse il quorum: meno del 20%, ancora meno della già bassa soglia generale. «Probabilmente non sarà diverso stavolta», prevede il senatore Edoardo Pollastri eletto per l’Unione a San Paolo del Brasile, anche perché «ci voleva qualche soldo in più per informare meglio». Ma è convinto, e come lui anche Pallaro, che prevarrà il No, «anche perché – aggiunge – ho visto la destra abbastanza assente».
Eppure la cosa li riguarda eccome: con la modifica costituzionale, infatti, gli eletti nella circoscrizione estero salirebbero alla camera da 12 a 18, mentre sparirebbero dagli scranni del senato.
«Su questo abbiamo puntato la campagna per il Sì», dice Mirko Tremaglia. «L’articolo 120 che abbiamo fortemente voluto – precisa il deputato di An Marco Zacchera – richiama all’unità nazionale: ogni volta che una regione fa una norma non conforme all’interesse nazionale, si può ribaltarla». Ma secondo Zacchera «ci sarà una sostanziale parità tra i Sì e i No». «La vera differenza – accusa – è che questo referendum interessa poco e perciò nessuno andrà a tentare di inquinare il voto». Molto diversa la posizione di Forza Italia: «Restiamo contrari al fatto che si aumenti il numero degli eletti all’estero – dice Dario Rivolta, responsabile del settore per Fi – e quindi il loro peso decisionale su leggi che non li riguardano».
«Questa volta la campagna elettorale della destra non è compresa dai nostri connazionali – dice il viceministro Franco Danieli, appena insediatosi alla Farnesina – perché il loro interesse non sta tanto nelle argomentazioni più strettamente di natura istituzionale, ma nell’evitare che ci siano differenziazioni nella scuola, nel welfare, nelle pensioni o nello sviluppo delle competenze concorrenti come l’agricoltura e l’industria. La vecchia generazione di emigranti proviene soprattutto dal sud Italia e teme proprio che quelle regioni siano le più penalizzate. Questo perché esiste quella che i sociologi chiamano la catena regionale, cioè una forte identità localistica connessa però ad una visione di patria che non ha una valenza conservatrice». «La patria non è declinata nell’accezione patriottarda del fascismo, ma in chiave moderna e attuale. L’unità intesa nell’eguaglianza dei diritti e delle opportunità. E l’idea di regioni che procedono a diverse velocità non fa loro piacere», aggiunge Danieli che è stato emigrante in Svizzera e militante in Dp. Perché è importante il voto degli italiani all’estero? «Perché i parlamentari eletti all’estero sono molto utili a sprovincializzare la testa del parlamento italiano. Soprattutto sui temi dell’immigrazione e della cittadinanza, perché esiste un rapporto tra i 27 milioni di italiani che da 1875 al 1975 sono emigrati all’estero e gli immigrati che arrivano oggi in Italia. Occorre tempo per elaborare bene il fenomeno della migrazione: c’è voluto un secolo perché arrivassimo ad avere 390 parlamentari di origine italiana in 27 parlamenti di differenti nazioni», aggiunge il viceministro. Che lamenta dei ritardi nell’avvio della campagna referendaria dovuti anche «all’evidente ingorgo istituzionale»: «Ancora non sono state emanate direttive da parte della commissione di vigilanza Rai e quindi non c’è ancora una corretta ed esaustiva informazione. Ho chiesto un incontro col presidente della Rai».
«Pesa l’analfabetismo dell’Unione su questi temi: abbiamo fatto una campagna elettorale con soli 7 mila euro», aggiunge Luciano Neri, vice presidente della Margherita italiani nel mondo. Lo sottolinea anche Norberto Lombardi, responsabile del settore per il Ds: «Abbiamo organizzato incontri delle comunità con i nuovi eletti, soprattutto in Canada, in America latina e in Europa. Ma certo stiamo tirando un po’ il respiro dopo il recente impegno non solo politico ma anche finanziario».
Di sicuro i problemi riscontrati nella macchina organizzativa del voto ci saranno ancora tutti. Non c’è stato ancora tempo per Danieli che annuncia di voler costruire al più presto un Dipartimento italiani nel mondo. Non gli dispiace, dice, la carica di viceministro. «Sono più contento perché è un caso controcorrente e perché ho più strumenti: la scelta tra un ministero senza portafoglio e un viceministero con deleghe pesanti, è stata di pragmaticità. Non una poltrona-premio, ma strumenti veri».

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