1605 Le mie prigioni, il libro di un ex detenuto di Guantanamo

20060616 18:41:00 webmaster

Bruno Marolo (da l’Unità)

La Jihad ha trovato il suo Silvio Pellico. Moazzam Begg, liberato un anno fa da Guantanamo, ha pubblicato le sue memorie ed è diventato il simbolo del movimento che si batte per la chiusura del campo di prigionia. Varie università in Europa lo hanno invitato come conferenziere. «Chiedo solo che sia applicata la legge degli Stati Uniti – ha dichiarato l’ex detenuto – se ho commesso un crimine come sostiene il governo americano, ho diritto di essere processato». L’autobiografia di Moazzam Begg sarà pubblicata negli Usa l’11 settembre. È intitolata: «Combattente nemico: le mie prigioni a Guantanamo, Bagram e Kandahar». La stampa britannica ne ha anticipato ampi estratti e ha definito l’autore «un uomo di devastante ragionevolezza». Dopo averla letta il ministro della Giustizia britannico, Peter Goldmsmith, ha chiesto la chiusura di Guantanamo .

La forza di Mozzam Begg sta nel fatto che non somiglia per niente allo stereotipo dell’estremista islamico. È un uomo minuto, beneducato, che non alza mai la voce e sostiene i suoi argomenti senza fare appello alla fede religiosa. Nel racconto degli anni trascorsi a Guantanamo non usa mai la parola «tortura». Non conferma le rivelazioni degli altri ex prigionieri che hanno denunciato abusi sessuali e umiliazioni di ogni sorta. Al contrario, precisa di avere fatto amicizia con alcuni carcerieri, e dimostra comprensione per le difficili condizioni in cui svolgono il loro compito ingrato. Descrive con un linguaggio misurato la brutalità di alcuni militari e la gentilezza di altri, la disperazione dei detenuti chiusi in gabbie di rete metallica e i lunghi periodi trascorsi in isolamento. Mozzam Begg è nato in India da una famiglia musulmana. Il padre, direttore di banca, era un uomo di raffinata cultura, che componeva poesie in lingua urdu. Non riteneva le scuole coraniche abbastanza buone per il giovane Mozzam, che è stato educato nella scuola ebraica di Birmingham in Inghilterra, dove tutti gli allievi indossavano una uniforme con la stella di Davide.

Il libro di Moazzam Begg racconta queste cose, ma sorvola sulla sua giovanile amicizia con personaggi come Omar Said Sheikh, il terrorista pakistano che si è fatto riprendere in un video mentre tagliava la gola dell’inviato del Wall Street Journal Daniel Pearl. Gli agenti americani hanno soprannominato Moazzam Begg «Hemingway», e sostengono che egli si è arruolato volontario tra i talebani in Afghanistan come lo scrittore americano nella brigate internazionali in Spagna. La Cia ha seguito la sua pista dal 1999 fino alla cattura in Pakistan nel 2002. Dopo l’arresto Moazzam Begg ha firmato una confessione ma oggi sostiene che gli è stata estorta. Nel 2005 il presidente Bush ha ordinato la sua liberazione e quella di altri 5 cittadini britannici detenuti a Guantanamo, in seguito a una richiesta del premier Tony Blair. Il Pentagono e l’Fbi avevano presentato raccomandazioni contrarie, e descritto Moazzam Begg come «reclutatore e finanziatore di terroristi». Il segreto che il governo americano si ostina a mantenere sulle prove contro i prigionieri rende più efficace la propaganda dei suoi nemici. Il 23 giugno arriverà nelle sale americane un film inglese, «La strada di Guantanamo», che raffigura i combattenti della Jihad come perseguitati politici crudelmente maltrattati dalle guardie americane.

 

 

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