1622 SCANDALO Savoia, interrogati i collaboratori del "Principe"

20060619 18:03:00 webmaster

Dopo il diluvio di intercettazioni che ha travolto la rete di corruzioni tessuta attorno a Casa Savoia, alla procura di Potenza è il giorno dei primi interrogatori. Il gip Alberto Iannuzzi ascolterà Rocco Migliardi, Gian Nicolino Narducci, Massimo Pizza e Achille De Luca, i più stretti collaboratori di Vittorio Emanuele, gli uomini che gestivano i suoi affari. Il Principe verrà interrogato martedì e ha trascorso la seconda notte nel carcere di Potenza. Le sue condizioni di salute, nonostante la caduta dal letto a castello nella notte fra sabato e domenica, sono buone.

Secondo l’avvocato Bardi il principe, arrestato venerdì pomeriggio, ha ribadito di essere «assolutamente innocente» e «si sente raggirato da qualcuno che gli stava vicino». In una delle ultime intercettazioni rese note si parla di «quattro sacchi di soldi» che Vittorio Emanuele di Savoia manifestava il suo pressante interesse alla conclusione della trattativa per l’affidamento a Ugo Bonazza dell’incarico di procacciatore di clientela per il casinò di Campione d’ Italia. «E poi dopo andiamo anche a picchiare Venezia». Tramite intercettazioni telefoniche come questa, gli inquirenti sono risaliti a presunti episodi di corruzione, falso e sfruttamento della prostituzione.

«Si tratta di un’inchiesta delicata, che, al di là nei nomi che propone, riguarda reati molto gravi, rispetto ai quali è stato raccolto un amplissimo materiale probatorio», ha detto il Procuratore della Repubblica di Potenza, Giuseppe Galante. «Non è un caso – sottolinea Galante – che l’ordinanza di custodia cautelare si componga di 2.200 pagine. Non posso entrare nel dettaglio delle accuse per rispetto al segreto di indagine, ma posso dire che ogni capo di imputazione è supportato da un ampio capitolo di prove accusatorie». «Sono emerse alcune gravi irregolarità – spiega – che ci hanno condotto ad un gruppo di persone, che è risultato in contatto con elementi della criminalità siciliana. Il passaggio successivo dell’ inchiesta ci ha portati in altre zone d’ Italia. In definitiva, abbiamo accertato che in Basilicata arrivavano nulla-osta falsificati per le schede elettroniche dei videogiochi. L’ inchiesta è partita di lì e ci ha consentito di scoprire un associazione per delinquere. Poiché non vi sono elementi specifici per stabilire dove tale associazione si sia costituita, abbiamo proceduto all’ iscrizione della notizia di reato che ha radicato la nostra competenza ad indagare anche su fatti avvenuti anche in altre regioni».

In tutto l’operazione riguarda 17 persone, delle quali per sette, tra le quali il principe, è stato disposto l’arresto cautelare in carcere, per altre sei i domiciliari e per altre quattro delle misure interdittive. Tra gli indagati ai domiciliari figura anche Salvatore Sottile, portavoce dell’ex ministro degli Esteri e leader di An Gianfranco Fini, quest’ultimo naturalmente estraneo all’inchiesta. Per Sottile le accuse sono di concussione sessuale e corruzione.

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Scandalo Savoia: le intercettazioni

La beneficenza e le «belle donnine»
Personalità «inquietanti» – per il gip di Potenza – sono quelle che emergono dalle intercettazioni telefoniche rivelate dall’Ansa. Il primo colloquio tra Vittorio Emanuele e Gian Nicolino Narducci, suo stretto collaboratore, si svolge prima di una manifestazione filantropica, nel settembre del 2005. Durante l’evento, sarebbero stati raccolti fondi a favore di un’associazione milanese che assiste minorenni vittime di abusi sessuali e maltrattamenti in famiglia.

Gian Nicolino Narducci: «Speriamo che ci sian delle belle bambine, così le s…»

Vittorio Emanuele: «Subito, sì, urlando!»

Il gip di Potenza, Alberto Iannuzzi, nell’ ordinanza di custodia cautelare, ha definito «oggettivamente raccapriccianti» i termini usati dal principe e dal suo assistente.

Dopo la tragedia di Baghdad
Vittorio Emanuele commenta così la liberazione di Giuliana Sgrena e l’«incidente» all’aeroporto di Baghdad, in cui perse la vita di Nicola Calipari:

Vittorio Emanuele: «Quel pezzo di m… di quella vecchia t…. mestruata»

Gian Nicolino Narducci: «Comunista di m…»

E in un altro colloquio Vittorio Emanuele ritorna a parlare di Giuliana Sgrena, la giornalista del Manifesto rapita in Iraq:

Vittorio Emanuele: «Quella comunista f… che scrive su quel giornalaccio che non è buono neanche per pulirsi il c… perché c’è l’inchiostro»

Commenta il gip di Potenza: «Le parole e il tono utilizzati da Vittorio Emanuele e Narducci appaiono emblematici della loro personalità. Il contenuto di alcune conversazioni è davvero inquientante, alcune non è il caso che ve le ripeta».

«Per l’Eritrea farmaci a bassissimo costo»
Il colloquio si svolge tra un avvocato di Torino – in vena di filantropia – e a Gian Nicolino Narducci. L’avvocato cerca persone pronte a spendere «cifre rilevanti» per l’acquisto di farmaci da inviare in Eritrea. Per l’avvocato doveva trattarsi «non dico di roba tarocca, ma roba di basso costo in barba a qualsiasi brevetto». Narducci, il collaboratore del principe, si dimostra subito «entusiasta dell’affare» e pensa di coinvolgere «il capo» insieme l’imprenditore Pierpaolo Cerani, che ha una azienda farmaceutica con sede a Trieste. Durante il colloquio con l’avvocato, Narducci pensa all’invio di flebo.

Avvocato di Torino: «Però tieni conto che deve essere roba di bassissimo costo perché è per il Terzo mondo»

Nicolini acconsente: «Bassissimo costo! Quella è acqua! Acqua e zucchero»

Altri insulti a Giuliana Sgrena
Intercettazioni riportate sulla Stampa da Guido Ruotolo. I due (Gian Nicolino Narducci e Vittorio Emanuele, ndr) cominciano a parlare del delitto Calipari.

Vittorio Emanuele: «Senta: che casino che è venuto fuori, eh!»

Narducci: «Ma di che, che cosa?»

Vittorio Emanuele: «È meglio che non si faccia vedere in giro, eh! Quella che…»

Narducci: «Chi è?»

Vittorio Emanuele: «Quella merda lì che è stata, ehm, che ha fatto morire il nostro capo dei servizi segreti»

Narducci: «Ah sì! Quella lì è una merda! Comunista di merda quella lì!»

Vittorio Emanuele: «Le televisioni l’hanno distrutta! Le televisioni di Berlusconi e il Tg2»

Narducci: «Sì, sì, sì»

Vittorio Emanuele: «L’hanno distrutta!»

Narducci: «Ah sì?»

Vittorio Emanuele: «Sì»

Narducci: «Ah sì, ah sì, mi fa, mi fa ridere, mi fa ridere Emilio Fede che ha detto che lei guardava dal finestrino e contava le pallottole che sparavo gli americani!» (ride)

Vittorio Emanuele: «E poi è meglio che non vada ad abbracciar la vedova: no, no. Glielo sconsiglio!»(ride)

Narducci: «Eh, ma guarda è una, sono merda quella gente lì! È gente che! Comunque non ci va più in Iraq, ha detto che non ci va più, eh!»

Vittorio Emanuele: «Ma è meglio che ci andasse, così la fan fuori!»

Narducci: «Così la tolgono dai piedi, eh! Comunque!»

Vittorio Emanuele: «No, ma come si chiama quel giornale lì?»

Narducci: «Il Manifesto, il Manifesto»

Vittorio Emanuele: «Hanno detto che era un agguato fatto dagli americani! Ma figuriamoci! Quel pezzo di merda di quella vecchia troia»

Narducci: «Bisognerebbe portarla in una caserma di alpini e poi darla agli alpini che se la sollazzino!»

Vittorio Emanuele: «No, ma poi dopo la buttano giù! La buttano giù! La buttano giù dalla montagna, morta a pezzetti!»

«Mandami su il pacco con la ragazza»
Intercettazione riportata dalla Stampa. 7 marzo 2005: Gian Nicolino Narducci annuncia al principe l’arrivo di un «pacco fresco», una ragazza bellissima…

Narducci: «E mi ha detto che la settimana prossima, se lei ha piacere, veniamo su a Gstaad»

Vittorio Emanuele: «Sì»

Narducci: «Con un pacco»

Vittorio Emanuele: «Esatto. Giusto, eh!»

Narducci: «Eh! Sì, sì giusto, però poi bisogna vedere dove andare, eh!»

Vittorio Emanuele: «È un pacco moderno?»

Narducci: «Nuovo, fresco»

Vittorio Emanuele: «Come?»

Narducci: «Eh, giusto, giusto, giusto. Mi ha detto che è una ragazza bellissima»

Vittorio Emanuele: «Sì?»

Narducci: «Bruna, bellissima, bellissima»

Vittorio Emanuele: «Sì, eh?»

Narducci: «Sì, sì, sì, sì. Settimana prossima se lei ci dice l’ok»

Vittorio Emanuele: «Sì, o se no giù a Ginevra»

Narducci: «Ehm. Oh a Ginevra. Se la principessa è sù, forse è meglio, eh!»

Vittorio Emanuele: «Sì»

Narducci: «Eh, perché così non ci sono controlli»

Il Principe e le case della mafia
Emanuele di Savoia vuole comprare un appartamento confiscato ad un boss della mafia al centro di Roma. Lo fa per il figlio, Emanuele Filiberto, che vuole una casa di prestigio nella Capitale. Lo appoggia, anche questa volta, il suo braccio destro Achille De Luca, il faccendiere in odore di servizi segreti, grazie ai «suoi contatti e le sue aderenze, in particolare, con un soggetto legato alla Direzione Nazionale Antimafia», scrivono i magistrati. «È un bene dello Stato. Appartiene allo Stato e per motivi molto particolari… I prezzi sono un quarto di quello che vale», spiega il fido Achille al vorace principe. È un tale Roberto Rossi a consentire l’affare. Rossi è uno che sa tante cose: «Io sono… a fare scorta praticamente a una persona che è sotto interrogatorio da circa un mese e mezzo… e lo devo portare da un Hotel all’altro perché non lo interrogano dentro le Magistrature, hai capito?». È lo stesso Emanuele Filiberto ad interessarsi del vantaggioso acquisto in una telefonata del 13 aprile 2005.

Emanuele Filiberto: va bene! Dimmi una cosa…

Achille De Luca: agli ordini

Emanuele Filiberto: raccontami un po´ di quella casa…

De Luca: allora, si tratta di un bene dello Stato…

Emanuele Filiberto: sì

De Luca: eeee… c’è una, una procedura particolarissima che preferisco parlarne di presenza

Emanuele Filiberto: ok

De Luca: e prima la vedete e poi se ne parla. Il costo è quello che ho detto

Emanuele Filiberto: non è lì che ci voglion fare un favore?

De Luca: sì, praticamente sì

Emanuele Filiberto: è dunque accettandolo ci inculano sulle altre cose?

De Luca: no, no, non c’entra niente, non sanno neanche che dipende, che è roba che può interessare a voi

Emanuele Filibertoi: va bene. Dov’è a Roma?

De Luca: è sulla Trionfale

I segreti di Pera
Quanti buoni rapporti aveva il principe. Soprattutto con la destra italiana e con quei suoi esponenti ben piazzati nelle istituzioni. L’ex Presidente del Senato, Marcello Pera, è uno di questi. Ecco cosa racconta Vittorio Emanuele in una telefonata del 12 gennaio 2005 al suo segretario Gian Nicolino Narducci.

Vittorio Emanuele: allora devo chiedere a Nathalie di fare ancora una telefonata. Gian Nicolino Narducci: sì. A chi?

Vittorio Emanuele: A Pera! Perché Pera lo vado a vedere alle cinque (…) Sa che me l’ha dato subito, la, la l’udienza? Ha detto: «Ma con gran piacere!»

Narducci: eh!

Vittorio Emanuele: «non c’è nessun problema, anzi sono contentissimo!»

Narducci: uhm, è interessante, è interessante.

Vittorio Emanuele: e poi, senta, beh e di quello il Presidente del Senato, Pera, io avevo qua, dei piccoli segreti con lui che non posso dire.

Narducci: Pera è un signore.

Vittorio Emanuele: ma non puttane eh, dei veri segreti (ride). Ci siamo intesi al telefono prima.

Narducci: non pucchiacchiere (ride)

Vittorio Emanuele: no no, prima di conoscere. È un segreto tra lui e me, giurato, dunque.

Narducci: e così e così deve e così deve rimanere!

Vittorio Emanuele: Sì, per la storia del rientro! A (tossisce) cosa è succe… ho detto a Laura di, di chiamare il Senato. Son tutti gentili.

Narducci: sono persone di buon rango.

Vittorio Emanuele: sì, ma anche Veltroni!

Narducci: anche Veltroni è un comunista, però è molto intelligente, eh?

Vitorio Emanuele: sì, e infatti!

Narducci: è molto molto…

Vittorio Emanuele: e infatti mi aspetta con tutte le pompe in Campidoglio.

Gli affari del Principe
Slot-machine, casinò. Ma anche affari nel settore sanitario in Bulgaria, grazie alla mediazione di Simeone Saxe Coburg, cugino del Savoia. Affari nel settore del gioco da Las Vegas fino alla Nuova Zelanda. Insomma: «la società criminosa di servizi», come la chiamano i magistrati dell’inchiesta, puntava ad allargarsi all’estero. Soprattutto dopo il lucroso affaire delle 400 slot-machine. Quando Ugo Bonazza, l’imprenditore veneto suo amico, gli prospetta il business delle macchinette mangiasoldi e gli dice che si tratta di 3 milioni di euro, il principe risponde quasi come Garibaldi: «Va bene». E offre la sua protezione. Di soldi, il Savoia è avido, almeno quanto avido è di donne. Sul casinò di Campione – scrivono i pm – appare «spasmodicamente allettato dalle prospettive di lauti guadagni». E lo spiega all’amico Bonazza. «Io ci tengo molto a ‘sta storia eh di Campione! li sono un, un, un, quattro sacchi di soldi, sa!».

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